© 1999, Gius, Laterza & Figli Prima edizione 1999 Quarta edizione 2007 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Mario Vegetti GUIDA ALLA LETTURA DELLA REPUBBLICA DI PLATONE EDITORI LATERZA Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel gennaio 2007 Poligrafico Dehoniano - Stabilimento di Bari per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-5895-3 RINGRAZIAMENTI Le premesse metodologiche di questo lavoro sono state discusse in seminari tenuti nel marzo del 1998 presso l’Istituto di Studi filosofici di Napoli, che ringrazio per la generosa disponibilità. Ringrazio inoltre tutti gli amici e colleghi che collaborano al commento alla Repubblica in corso di pubblicazione presso l’editore Bibliopolis, con i quali ho discusso molte delle prospettive esegetiche presentate in questo libro. M.V. GUIDA ALLA LETTURA DELLA “REPUBBLICA” Capitolo primo GENESI DELL’OPERA 1. Data di composizione La tradizione ha da sempre riconosciuto nella Repubblica probabilmente il più importante, e senza dubbio il più controverso, fra i dialoghi di Platone. La sua stessa ampiezza, seconda soltanto alle Leggi, e la complessità dei suoi contenuti, che non ha certamente rivali, rendono pressoché insolubile il problema della data, o meglio del periodo, della sua composizione. Il vecchio consenso che assegnava alla Repubblica una ‘data di pubblicazione’ intorno al 375 è certamente insostenibile, perché nessuna opera antica è stata ‘pubblicata’ in modo definitivo in un determinato anno, quasi si trattasse di un libro a stampa, perché nulla sappiamo delle modalità di circolazione e di diffusione dei dialoghi platonici, e perché più in particolare un grande dialogo come la Repubblica è stato certamente composto, e forse parzialmente reso noto, lungo un esteso periodo di tempo. È però possibile identificare con una certa sicurezza un termine cronologico che antecede la composizione della Repubblica, o almeno della sua parte centrale. Proponendo di assegnare alle donne funzioni politiche e militari simili a quelle maschili, che comportano fra l’altro la nudità negli esercizi ginnastici, Platone afferma nel V libro di temere la derisione dei comici professionisti. È difficile non vedere in questa allusione un riferimento alle Ecclesiazuse di Aristofane, una memorabile commedia che fu rappresentata nel 392/1 e che forse satireggiava a sua volta idee di tipo comunistico diffuse, nel dibattito intellettuale della fine del V secolo, dagli ambienti sofistici e anche socratici. Secondo l’autotestimonianza della VII lettera (che viene generalmente considerata come autentica), il primo viaggio di Platone in Sicilia, nel 388/7, sarebbe stato ispirato anch’esso da un’idea centrale del V libro, la necessità di risanare le città affidandone il governo a filosofi o a potenti convertiti alla filosofia. È dunque probabile che a quest’epoca Platone avesse già presenti le idee centrali della filosofia politica della Repubblica, e che l’elaborazione del dialogo abbia dunque avuto inizio verso il 390 o più probabilmente dopo il ritorno dalla Sicilia, intorno al 387. Molto più difficile l’identificazione del periodo in cui avrebbe avuto termine la composizione del testo. Si tratta anzi di un problema in linea di principio mal posto, visto che sappiamo da buone fonti antiche che Platone non avrebbe mai cessato, fino all’ultimo giorno di vita, di rielaborare l’inizio del dialogo (cfr. Diogene Laerzio III 37, Dionigi di Alicarnasso de comp. verb. 25). È certo tuttavia che Platone considerava ormai nota la Repubblica, o almeno parti di essa, all’epoca della composizione del Timeo, un dialogo che si finge accaduto due giorni dopo quello che avrebbe dato luogo al racconto socratico della Repubblica, e che riassume i contenuti politici dei libri V e VI (21 a, 17 c-19 a). Riassunti simili compaiono anche in altri dialoghi tardi di Platone, il Crizia (110 c-d) e le Leggi (IV 739 b-d). Ma la Repubblica potrebbe esser stata data per nota anche prima del Timeo, se a essa può venir riferita l’espressione «mitologizzare intorno alla giustizia» del Vedrò (276 e), che riprende il tema del mythologein sulla nuova città ricorrente nel dialogo (376 d, 501 e). E vero che tutti questi riferimenti concernono soltanto il nucleo più strettamente politico della Repubblica, e cioè i libri IV-V o nell’ipotesi più ampia il gruppo I-V (con l’appendice VIII-IX). Ma ciò può dipendere non tanto dall’esistenza di due strati compositivi, il secondo dei quali (VI-VII, X) sarebbe nettamente più tardo (ma il fatto che esso venga ignorato anche nelle Leggi, notoriamente l’ultima opera di Platone, rende l’ipotesi infondata), quanto piuttosto dai contesti in cui viene rievocata la Repubblica, e senz’altro dal fatto che le sue proposte politiche erano le più controverse e dibattute già durante la vita di Platone. La Repubblica o una sua versione sarebbe dunque stata nota in ambiente per lo meno accademico prima del Timeo, o forse anche del Vedrò. Anche la cronologia di questi due dialoghi è naturalmente incerta, ma non sembra irragionevole pensare che il nostro dialogo abbia cominciato a circolare in una forma simile a quella che noi leggiamo non dopo il 375 o al più tardi il 370. Il periodo di composizione avrebbe dunque occupato circa dieci anni nell’ipotesi più stretta (385-375), una ventina in quella più ampia (390-370). Non è probabilmente necessario scendere, come ha proposto Thesleff, fino al 360. Per quanto riguarda la posizione della Repubblica all’interno della cronologia degli scritti platonici (senza dubbio l’aspetto più importante della questione), si può concludere con un ragionevole grado di sicurezza che il dialogo nel suo insieme segua la composizione del Gorgia (anche se una versione del I libro, forse sotto il titolo di Trasimaco, può esser stata redatta in precedenza per venire poi rifusa nel corpo dell’opera), e preceda quella del Fedro. In rapporto invece alla biografia di Platone, l’elaborazione del dialogo è probabilmente posteriore al primo viaggio in Sicilia (387), coincide con il processo di costituzione dell’Accademia (forse a partire dal 385), e precede il secondo viaggio in Sicilia (366), anche se il libro X potrebbe esser stato aggiunto dopo questo viaggio. 2. Data drammatica e ‘società del dialogo’ I dialoghi platonici contengono spesso indicazioni relative alla loro data ‘drammatica’, cioè al periodo in cui si sarebbe svolto, secondo la finzione letteraria, il dialogo narrato. Non è tuttavia facile stabilire questo tipo di datazione per la Repubblica, che, accanto a un’indicazione sufficientemente precisa (la prima celebrazione delle Bendidie, che può forse venir fissata al 429/8), contiene altri suggerimenti anacronistici rispetto a essa. Gli studiosi si sono divisi fra due possibili datazioni: il 411 e il 425, o 422/1. La prima, meno plausibile per la sua distanza dalla data inaugurale delle Bendidie, avrebbe un grande interesse interpretativo, perché coinciderebbe con la profonda crisi della democrazia ateniese e il conseguente tentativo di instaurare una costituzione di carattere aristocratico a opera di Teramene: un momento, dunque, in cui il dibattito politico e costituzionale era particolarmente acceso. La seconda datazione farebbe invece coincidere il dibattito della Repubblica con un momento alto della storia ateniese: i successi nella guerra del Peloponneso e la conseguente pace di Nicia. A quella antica pace potrebbe corrispondere, al livello della effettiva composizione della Repubblica, la pace di Antalcida (386), che pure apriva lo spazio per una radicale riflessione sul destino della città e sulle riforme necessarie a garantirle un futuro migliore. Molto più importanti, e di significato non dubbio, sono le indicazioni platoniche sull’ambiente in cui il dialogo ha luogo, e sui suoi personaggi, parlanti o muti, che costituiscono una vera ‘società dialogica’. Il dialogo si svolge nella ricca casa del meteco Cefalo al porto del Pireo: un luogo geograficamente e socialmente contiguo ma esterno alla polis ateniese, dunque un punto di osservazione critica sui suoi fallimenti, le sue difficoltà, le sue possibilità di rifondazione politica e morale. Il momento è ancora più significativo: il dialogo si svolge nella notte in cui viene celebrata la festa in onore della dea tracia Bendis. Un contesto straniarne, notturno e barbarico: la discesa di Socrate al Pireo può venire simbolicamente interpretata come quella discesa (katabasis) in un mondo infero, che la tradizione attribuisce ai sapienti arcaici come Pitagora e Parmenide. La visita al Pireo rappresenterebbe dunque per Socrate un momento iniziatico, necessario all’acquisizione di una sapienza, che non viene però rivelata da una divinità, come appunto nel caso di Parmenide, ma acquisita in un duro confronto dialettico con le figure che popolano la casa di Cefalo, fra le quali primeggia, come vedremo, quella del sofista Trasimaco (il cui nome significa ‘violento combattente’). Solo dopo essersi messo alla prova nel mondo notturno e ostile del conflitto politico e culturale, Socrate potrà dunque compiere la risalita (anabasis) alla città, arricchito del sapere necessario a riorientarne il destino; di anabasis si parla infatti nel libro IV (445 c), una volta completato il disegno di riforma costituzionale, e nel libro X al termine del dialogo (621 c-d). In questa luce, il viaggio di Socrate al Pireo comporta che egli ne esca diverso, più consapevole e ricco di sapere, rispetto a quello che vi è disceso: una sorta di ‘romanzo di formazione’ del personaggio Socrate, dunque, in cui si può benissimo leggere anche l’itinerario del distacco di Platone dalle iniziali posizioni socratiche, quali sono rappresentate, probabilmente con una certa fedeltà storica, nel dibattito sulla giustizia del I libro. I personaggi che agiscono nel dialogo accanto a Socrate costituiscono uno spaccato fortemente rappresentativo della società ateniese della fine del V secolo, con i suoi giovani aristocratici, i suoi ricchi, i suoi intellettuali, i suoi artigiani di origine straniera (meteci). Uno spaccato tanto più