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Gramsci in Europa e in America PDF

180 Pages·1995·8.053 MB·Italian
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Hobsbawm Gramsci in Europa e in America con scritti di: J. Buttigieg C. N. Coutinho F. Fernandez Buey O. Fernandez Dîaz D. Forgacs I. Grigor'eva F. Rosengarten A. Tosel Sagittari Laterza Digitized by the Internet Archive in 2022 with funding from Kahle/Austin Foundation https://archive.org/details/gramsciineuropae0000unse © 1995, Gius. Laterza & Figli Traduzioni di Luca Falaschi (Introduzione di E.J. Hobsbawm), Rosanna M. Giammanco Frongia (saggio di J. Buttigieg), Antonio A. Santucci (saggi di A. Tosel, F. Fernandez Buey, O. Fernandez Diaz) Prima edizione 1995 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, com- presa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non dan- neggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la scienza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi co- munque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cul- tura. Eric J. Hobsbawm Gramsci in Europa e in America con scritti di Joseph Buttigieg Carlos Nelson Coutinho Francisco Fernindez Buey Osvaldo Fernindez Diaz David Forgacs Irina Grigor'eva Frank Rosengarten André Tosel a cura di Antonio A. Santucci Editori Laterza Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel gennaio 1995 nello stabilimento d’arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari CL 20-4585-0 ISBN 88-420-4585-3 INTRODUZIONE Probabilmente chiunque si accinga oggi a leggere un libro sull’in- flusso esercitato da Gramsci nel mondo concorderà con l’afferma- zione del suo primo campione in Spagna, citata dal professor Fernandez Buey:«Gramsci è un classico, cioè un autore che ha di- ritto di non essere mai di moda e di essere letto sempre». Eppure, ogni capitolo di questo libro testimonia un paradosso: le fortune in- ternazionali di questo classico hanno oscillato ai venti delle mode che hanno investito la sinistra intellettuale. Così, negli anni Ses- santa la moda di Althusser in America Latina fu in gran parte di ostacolo alla diffusione del pensiero gramsciano, mentre proprio in Francia la posizione di rilievo assunta da Althusser risultò un fat- tore di diffusione anche per il pensatore italiano, fino ad allora po- co noto, e che Althusser giudicava positivamente, pur sottoponen- dolo a critiche. L'elemento della moda si faceva particolarmente evidente nella misura in cui la ricezione di Gramsci coincideva in gran parte con lo sbocciare delle «nuove sinistre» degli anni Ses- santa e Settanta, che mostrarono una considerevole capacità di con- sumare quella che Carlos Nelson Coutinho chiama una «zuppa eclettica», composta di ingredienti intellettuali tra loro incompati- bili. Ma l’elemento della moda risalta ancor più negli anni Novan- ta, quando ex appartenenti alla sinistra trasformatisi in neoliberali non sopportano che si ricordi loro qualunque cosa possa rievocare antichi entusiasmi. Come nota Irina Grigor’eva a proposito della Russia dopo il 1991, «l’intero patrimonio ideale che fa riferimen- to al marxismo si trova sotto processo». Così, nel 1994 la Russia è «forse il paese meno “gramsciano” del mondo». È del pari evidente che Gramsci non sarebbe potuto divenire una figura di primaria importanza sulla scena intellettuale del mon- V do se, nei quarant'anni successivi alla sua morte, non si fosse ve- rificata una complessa concatenazione di circostanze. Egli sarebbe rimasto del tutto sconosciuto se non fosse stato per la determina- zione del suo compagno e ammiratore Palmiro Togliatti a conser- vare e pubblicare i suoi scritti, e a conferire ad essi una funzione centrale nel comunismo italiano. Sotto lo stalinismo questa era una scelta tutt’altro che pacifica, soprattutto se si considera la nota ete- rodossia di Gramsci, anche se è vero che la linea dettata dal VII congresso dell’Internazionale la rendeva un po’ meno rischiosa. Quali che siano state le critiche fatte successivamente alla visione che Togliatti dava di Gramsci, la sua preoccupazione di «sottrarne gli scritti alle traversie del presente e garantirli per “la vita avve- nire del partito”» (P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, Ro- ma 1988), ed il suo insistere, dal momento del suo ritorno in Ita- lia, sulla centralità di Gramsci, furono le basi delle successive for- tune del pensatore sardo. Le pecche e le omissioni editoriali degli anni dell’immediato dopoguerra furono il prezzo pagato perché Gramsci venisse conosciuto: oggi possiamo dire che ne valeva la pena. Grazie alla determinazione di Togliatti, e al nuovo prestigio del Pci, almeno le Lettere furono pubblicate in vari paesi, compre- se alcune «democrazie popolari», prima della morte di Stalin. Do- ve i partiti comunisti non provvidero a farlo, nessun altro lo fece. Nonostante che fossero state approntate quasi subito ottime tradu- zioni inglesi, ci vollero decenni prima di trovare editori per le Let- tere in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Tuttavia, se si eccettuano alcuni stranieri che avevano ricordi personali della Resistenza italiana o amicizie nell’ambito della si- nistra italiana del dopoguerra, la Rezeptionsgeschichte di Gramsci inizia col XX congresso del Pcus. Per un ventennio essa costituì un aspetto del tentativo del movimento comunista internazionale di emanciparsi sia dall’eredità staliniana che da quella dell’Interna- zionale comunista. All’interno del «campo socialista» ciò si rifletté nel quasi immediato riconoscimento ufficiale di Gramsci come pensatore politico e come martire: ne sono testimonianza la pub- blicazione di un’antologia delle opere in tre volumi apparsa in Unione Sovietica nel 1957-59, la presenza sovietica al primo con- vegno gramsciano nel 1958 e la congrua delegazione, di orienta- mento chiaramente riformista, che prese parte al secondo (1967). In verità, come emerge da questa raccolta di saggi, tra gli autori VI non italiani che scrissero su Gramsci nei vent'anni successivi al 1956 erano davvero pochi coloro i quali non fossero marxisti o non lo fossero stati in passato. È anzi difficile trovare dei non marxisti in questo campo di studi prima della fine degli anni Settanta, se si escludono lo storico americano H. Stuart Hughes (che aveva un in- teresse particolare per l’Italia) e lo storico inglese James Joll (spe- cialista di storia della sinistra). Alla lunga, ovviamente, Gramsci era comunque destinato a farsi strada nella letteratura accademica. Più precisamente, fuori dall'Italia Gramsci fu oggetto d’atten- zione prima di tutto in quanto pensatore comunista che offriva una strategia marxista adatta a paesi in cui la Rivoluzione d’ottobre po- teva fungere da ispirazione, ma non poteva rappresentare un mo- dello, e cioè ai movimenti socialisti che si muovevano in ambien- ti e contesti non rivoluzionari. Il prestigio e il successo raggiunti dal Pci negli anni compresi tra il memoriale di Jalta e la morte di Enrico Berlinguer estesero indubbiamente l’influenza di un pensa- tore che veniva da tutti considerato l’ispiratore delle strategie dei comunisti italiani. L’influsso di Gramsci a livello internazionale pervenne al suo zenit in quella parte degli anni Settanta caratteriz- zata dall’ «eurocomunismo», e calò in certa misura negli anni Ot- tanta, tranne forse nella Repubblica Federale Tedesca, dove la sco- perta avvenne piuttosto in ritardo, e l’interesse toccò il punto più alto nella prima metà degli anni Ottanta. Laddove la sinistra non aveva ancora abbandonato la speranza di utilizzare le più classiche strategie dell’insurrezione e della lotta armata, preferì altri padri spirituali. Da qui, come dimostrano i saggi di Fernindez Dfaz e di Coutinho, la curiosa storia «a due stadi» della penetrazione di Gramsci in America Latina: dapprima come parte dell’ «apertura» del marxismo dei partiti comunisti dopo il 1956-60, e poi dopo il fallimento delle strategie basate sulla lotta armata negli anni Set- tanta. A quanto sembra, la discussione internazionale su Gramsci è ri- masta in larga parte avulsa dal vivace dibattito svoltosi in Italia sul maggior pensatore marxista italiano. I più importanti libri italiani su Gramsci non sono mai stati tradotti in inglese, a parte la bio- grafia di Fiori, anche se non mancano introduzioni alla letteratura critica in italiano, come nelle opere di A. Showstack Sassoon e C. Mouffe e in quelle a loro cura cui fa riferimento Forgacs nel suo saggio su Gramsci in Gran Bretagna. Ciò non sorprende. E inevi- VII tabile che gli stranieri leggano un pensatore di tipo nazionale, pur se universale nei suoi interessi, in modo diverso dai lettori interni alla sua cultura, e quando il pensatore in oggetto è, come Gramsci, così strettamente connesso con la sua realtà nazionale, è ancor più probabile che i due percorsi di lettura divergano. Comunque, alcu- ne delle problematiche discusse con maggior coinvolgimento in Italia rappresentavano non tanto dispute su Gramsci, quanto prese ‘ di posizione pro o (più spesso) contro questa o quella fase della po- litica del Pci. Tutto questo non era sempre di grande interesse per uno straniero che non si occupasse in modo specifico delle vicen- de italiane. In ogni caso, è importante rilevare come ciò che ha in- fluenzato i lettori non italiani siano stati i testi gramsciani piutto- sto che la letteratura critica e le interpretazioni accumulatesi su di essi in Italia. Si tratta cioè del Gramsci di un’epoca in cui diven- nero disponibili le prime antologie di una certa importanza nelle diverse lingue o, facendo ancora un passo indietro, di quando i pri- mi «gramsciani» di un certo peso cominciarono ad apparire sulle scene intellettuali dei vari paesi introducendovi un pensatore fino ad allora non tradotto. Riassumendo, possiamo dire che la ricezio- ne gramsciana fuori dai confini italiani è stata quella del Gramsci del periodo 1960-76. Questa ricezione internazionale è stata, e tuttora rimane, sog- getta agli alti e bassi delle fortune della sinistra politica. In certa misura sarà così anche per il futuro, e dovrà esserlo, dato che Gram- sci è stato par excellence il filosofo della prassi politica. La mag- gior parte degli astri di prima grandezza del cosiddetto «marxismo occidentale» possono essere visti, per così dire, come degli acca- demici, cosa che molti tra loro erano o avrebbero potuto essere: Lukàcs, Korsch, Benjamin, Althusser, Marcuse e altri. Essi scrive- vano mantenendo una certa distanza dalle concrete realtà politiche, anche quando, come Henri Lefebvre, erano in un modo o nell’ al- tro immersi in esse in qualità di organizzatori politici. Gramsci non può essere tenuto separato da queste realtà, dato che persino le sue più ampie generalizzazioni sono sempre in rapporto con la ricerca delle condizioni pratiche per trasformare il mondo con la politica nelle specifiche circostanze in cui egli scriveva. Come Lenin, non era destinato alla carriera accademica, ma al contrario di Lenin era un intellettuale nato, un uomo che provava un’attrazione quasi fi- sica per le idee. Non per nulla egli fu (se si eccettua il molto me- VII

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