GIULIANO BONFANTE PIA FERRERÒ | Accademico dei Lincei Docente Liceale Docente Universitario : ' ; ■ ' , GRAMMATICA LATINA per le Scuole Medie Superiori Teoria Con indice analitico e cartine geografiche fyo/ ò- Signorelli/Milano x , Presentazione © 1987 by Carlo Signorelli Editore, Milano Elemond Editori Associati ! Tutti i diritti riservati '/ 'ì Edizioni: 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1994 1995 1996 1997 % Questo voltane è stato stampato presso le Arti Grafiche Battaia, Rozzano (Milano) Con questa seconda edizione proponiamo a Golleghi e Studenti una GRAM MATICA LATINA di più facile consultazione (mediante Vindice analitico e qual .Stampato in Italia - Printed in Italy che ritocco), che sia ancora rigorosamente impostata sul piano scientifico, facilmente accessibile alla comprensione media dei giovani liceali ed aperta a una didattica operativa. Poiché la conoscenza dei rapporti fra lingua latina e lingua italiana è fondamen tale per il buon uso di quest’ultima, vi dedichiamo alquanto spazio nell’intro duzione, intitolata Dal latino all’italiano: storia, e nell’ultimo capitolo, il 31°, in titolato Dal latino all'italiano: strutture, oltre che nella trattazione sistematica di fonetica, morfologia e sintassi, com’è naturale. Certe anticipazioni di regole relative alla sintassi (per es. nel capitolo sui Pro nomi) si giustificano con il fatto che la grammatica, nel nuovo ordinamento sco lastico, si rivolge a giovani di età più matura. Sarà compito dei Docenti scegliere il momento più opportuno per far uso delle varie nozioni. Oggi la traduzione dal latino ha assunto prevalenza netta sulle esercitazioni dal l’italiano in latino, che erano proprie del vecchio insegnamento. Anche per que sta ragione nel nostro metodo si parte, di preferenza, dall'esempio affinché gli studenti pervengano loro stessi all’intuizione delle regole, che saranno via via enun ciate. Pure per questo scopo le Letture (a partire da p. 273) sono distribuite cosi che ogni Docente le sfrutti con assoluta libertà di metodo, quali spunto per discussioni deduttive, o per altra esercitazione. Le fonti sono date con esattezza (per es. Cic. De fin. 2, 15, 49: autore, opera, libro, capitolo, paragrafo). Questa seconda edizione porta.; rilevanti innovazioni nella Parte Praticajì e Parte Pratica 12 (in luogo del volume unico precedente), con particolare attenzione alla parte introduttiva allo studio del latino (Parte Pratica/l) e con un Glossario dei termini retorici di uso più frequente nel commento degli autori, seguito da un Dizionarietto di mitologia, a chiusura del tomo Parte Pratica/2. Roma-Pavia, gennaio 1987. GLI AUTORI 5 INTRODUZIONE Bibliografia A. DrXoer, Historische syntax der lateinischen V. Pisani, Testi latini arcaici e volgari, Torino. Sbrachi, Lipsia, I, 1878 (II ed.); II, 1881 1950. (II ed.). V. Pisani, Grammatica latina storica e compara Dal latino aH’italiano: storia. E. Seelmann, Die aussprache des latein nach tiva, Torino, 1962 (III ed.). physiologisch - historischen grundsàtzen, Heil- V. Pisani, Storia della lingua latina, I, Le origini bronn, 1885. e la lingua letteraria fino a Virgilio e Orazio, W. M. Lindsay, The Latin Language, Oxford Torino, 1962. l1’a8u94to r(eT,r aLdip. stiead, e1sc8a9 7d).i H. Nohl, riv. dal F. dAenl thanefiàmn,g eGn escbhiisc htzeu dmer lbaetgeiinnnis chdee rs prlaitcehrea tvuorn, lB’aan nciot tià Rdoi mRaonmi caa lfcuo lfàovnadnaot al,a sleocroon èdroa l(ail t2r0a0d iaz.i oun. ec,. , nceiol è7 a5b3 uar.b eC c.o,n de itda,a sqarueebl E. Diehl, Pompeianische wandinschriften und ver- Francoforte sul Meno, 1951. E. wDanidethesl, , BoVnunl,g àr1l9a1te0i.nische inschriften, Bonn, F. 1B9l5a2t.t, Précis de syntaxe latine, Lione-Parigi, btreo, vpateir ae Rs.,o mneal (nnoeslt rFoo rcoa)l esnedpaorlicori cpriiùs tiaanntoic hili d55i 3d uae. oC .t)r.e Msèac oilni, erde aèlt àce rsti os ocnhoe 1910. E. Diehl, Altlateinische inschriften, Berlino, 1911 G. anDd . LBatuinc,k ,C hCicomagpoa,r at1i9ve5 2G (rVom meda.r) .of Greek il luòfo fu abitato prima del 753 a. C., e forse proprio dai Latini. (II ed.). OhI., B1e9n10n, etItI,, S1y9n1t4a.x of Early Latin, Boston, A. laMtineei,l lPeatr,i gEi,s q1u9is5s2e d(’VunI e ehdis.t)o.ire de la langue partLèna gloinngou aan lcahtein Va itèà luicno a( —d eollsec oli-nugmuber od)e l1 , ciel pvpenoè fdiceo,t tiol ciènltdicoo,e iul rgeorpmeàoni coa, clou sil aavpo-, R. KChner, Ausfuhrliche grammatik der latei A. Meillet-J. Vendryes, Traiti de grammaire nischen sprache, neu bearb. v. F. Holzweissig comparée des langues classiques, Parigi, 1960 il bàltico, il tocario, l’indo-irànico, Γarmeno, Vittita, il greco, l’albanese, il messàpico e il und C. Stegman, Hannover, 1912-14 (II (III ed.). siculo (omettendo gruppi minori), in altre parole quasi tutte le lingue d’Europa, ed.); I, Elementar-, formen- und wortlehre; II, A. Ernout, Morphologie historìque du latin, Pa 1-2. iSatzlehre (III ed. a cura di A. Thierfelder, rigi, 1953 (III ed.). e parecchie dell’Asia, appartèngono a questo gruppo. Il pòpolo che originaria Darmstadt, 1955). A. Ernout, Recueil de textes latins archaiques, mente parlava Yindoeuropeo viveva intorno al 3000 a. C. in Germania o da F. Sommer, Handbuch der lateinischen laut- und Parigi, 1953 (II ed.). formenlehre·, Heidelberg, 1914 (II-III ed.). A. Ernout-F. Thomas, Syntaxe latine, Parigi, quelle parti. Poi migrò, parte a Occidente, parte a Oriente, come fécero poi, F. Sommer, Kritische erlauterungen zur lateinischen 1953 (II ed.). per es., i Germani in època stòrica. Vi furono naturalmente varie ondate: i Latini laut- und formenlehre, Heidelberg, 1914. A. Maniet, L évolution phonétique et les sons du M. Leumann-J. B. Hofmann-A. Szantyr, latin ancien, Parigi, 1957 (III ed.). rappresèntano una delle ondate più antiche ed entràrono in Italia intorno al 2000 Lateinisches grammatik auf der grundlage des A. Traina, L'alfabeto e la pronunzia del latino, a. G. (età del bronzò). Circa mille anni dopo entràrono in Italia gli Itàlici werkes aon F. Stolz und J. H. Schmalz'. I, M. Bologna, 1.957. Leumann, Lateinische laut- und formenlehre, M. Niedermann, Précis de phonétique historìque (Osco-Umbri), portando il ferro. Nella penisola italiana lunga e stretta i due pòpoli 1963 (= V rist., Mònaco, 1926-28); A. du latin, Parigi, 1959 (IV ed.). si accostàrono e infine si fùsero. L'italiano è in gran parte il risultato di questa nSazcaon, ty1r9,6 5L.ateinische syntax und stilistik, Mò E. 1G95. 9W. oodcock, A new Latin syntax, Londra, fusione. E. mKit iebcerkUerckss, icHhtiigsutonrgi scdhees lvautelginàirslcahtee ingrsa munmda tdiker, W.1 9E6i0s.enhut, Die lateinische sprache, Mònaco, Il latino è rigorosamente il dialetto della città di Roma e fu anche chiamato rleohmrea,n i1sc9h3en0 ; spIrIa, chFeonr.m Menlòenhraec, o1 9d3i 1B. ., I, Laut- M.d aBllo’Anniotilchi,i tLà aa lp Rroinnuasncciima endteol, lIa,t iTnoo rninelole, 1sc9u6o2le. a"l inFgàulale rdii oR oFmaal"e 2r.i i A( aP rceinrceas te6 0( ak mcir.)c,a a4 0L aknmu.v dioa (R3o0 mkam),. ) a siN poarbrlaà v(aan 4o5 dkiamle.t)t,i E. GrHeek. aSntdu Lrtaetivna, nFti,l adTelhfei a, Pr1o9n4u0n ci(aItIio ne d.o).f G. Tagliavini, Fonetica e morfologia storica del senza dubbio affini al latino, ma certo molto diversi; per non dire di Velletri, latino, Bologna, 1962 (III ed.). G.l oDgneva,o t1o9,4 4S t(oIrIia edde.l)l.a lingua di Roma, Bo W. Sidney Allen, Vox latina. A Guide to thè a 42 km. da Roma, dove si parlava il volsco, che è un dialetto àe\Vumbro. La riva G. Devoto, Problemi di storia della lingua la P19ro6n5u.nciation of Classical Latin, Cambridge, destra del Tèvere era occupata da un pòpolo straniero, gli Etruschi (trans Tiberim ctiunara, dini EIn. tBroidgunzoinonee, Malilala nfiolo,l o1g9ia5 1.classica, a J. Collant, Grammaire du latin, Parigi, 1966. peregré vènum Ire voleva dire « èsser venduto all’èstero » : era la punizione dei G. Devoto, Gli antichi Italici, Firenze, 1951 G. B. Pighi, Storia della lingua latina, in "En debitori insolventi). (II ediz.), 1967 (III ed.). ciclopedia classica", voi. VI, t. I, Torino, R. G. Kent, The Sounds of Latin, Baltimora, 1968. Che la lingua di una sola città, Roma, si potesse espàndere in quasi tutta l’Eu 1945 (III edL). F. Stolz - A. Debrunner -W. P. Schmid, Storia ropa meridionale ed esercitaffe un influsso importantissimo su tutte le lingue R. 19G4.6 .Kent, The Forms of Latin, Baltimora, Bdeellrali nlion,g u1a9 6l6a)ti.na, Bologna, 1968 (IV ed., d’Europa (e poi del mondo intero), à del miracoloso. È tuttavia un fatto, che A. Tovar, Gramàtica histórica latina. Sintaxis, V. VXX.N&NEN, Le latin vulgaire des inscriptions ci lascia stupiti. Certo moltissimo contribuì a ciò il rispetto rigoroso delle leggi Madrid, 1946. pompéiennes, Berlino, 1966 (III ediz.). (talvolta severissime), il patriottismo profondo dei Romani. M. Bassols de Climent, Sintaxis ,històrica de A New Latin Dictionary, Founded on Freund’s la lengua latina, Barcellona, I, 1945; II, 1948. Latin-German Lexicon, Edited by E. A. Sintaxis latina, 2 voli., Madrid, 1956. Andrews, Revised by Ch. T. Lewis and Ch. Fonètica latina, Madrid, 1971 (II ed.). Short, New York-Cincinnati-Chicago, 1907. 1 La separazione del latino dall’itàlico (sempre entro l’indoeuropeo) è una bellissima scoperta C. Battisti, Avviamento allo studio del latino Thesaurus linguae latinae, Lipsia, 1900-1968 di G. Devoto. volgare, Bari, 1949. (incompleto), lèttere a-m (circa, con lacune). 2 Tale è il titolo di un bel libro del nostro Devoto. 7 6 Ma non basta. Anche entro le mura di Roma penetrò l’influsso itàlico. Il ratto giorno d’oggi (se prescindiamo dalla pronuncia di alcuni suoni). Questo vale delle Sabine contiene senza dubbio un nùcleo stòrico, in quanto simboleggia — però per il latino' delle classi superiori; il latino del pòpolo continuò invece la con la fusione delle due stirpi, i Latini ed i Sabini (di lingua osca) — un sinecismo sua evoluzioni, qtìi più ràpida, là più lenta, fino a sfociare nelle lingue romanze, antichissimo. Tito Tazio e Ròmolo fécero la pace e sanzionàrono i matrimonii che finirono per gareggiare con il latino, divenuto lingua quasi esclusivamente seguiti al ratto, il primo come xe dei Sabini, il secondo come re dei Romani. In scritta, e poi lo spodestàrono quasi del tutto come lingua letteraria. fatti anche nel latino vero e proprio della città di Roma troviamo tutta una serie A partire dal III sècolo a. C. il latino si espande prima all’Italia, poi a tutto il di parole o forme di origine sabina, soprattutto parole di caràttere rustico, come bacino mediterràneo, trionfando delle Magne preromane (ibèrico, gàllico, ligure, bós,furnus, ouis, lupus, ursus, turdus, ànser, wbur, rùfus, uirga; oltre a moltissimi nomi etrusco, venètico, sardo, corso, siculo, umbro, osco, rètico, illirico, trace, bèrbero, pùnico) di persona, come Pompilius, Pompónius, Petrònius, Rùfus, ecc. e in gran parte eliminàndole. Soltanto di fronte ai Greci, la cui superiorità Verso la fine della monarchia Roma fu senza dubbio conquistata dagli Etru intellettuale non fu quasi mai messa in discussione, il latino non avanzò : neppure schi, molto superiori a quei tempi per civiltà (soprattutto per aver più rapida un palmo di territorio di lingua greca fu acquisito alla latinità. Perfino in Italia mente assimilato la cultura greca) ; benché gli stòrici romani (in primis Livio) si sopravvivono ancora oggi, pare, i resti delle colonie greche che vi si installàrono ostinino a negarlo per orgoglio nazionale. Gli ùltimi re (Tarquinio Prisco, Servio a partire dall’VIII sècolo a. C.1 Quando con Diocleziano (imperatore dal 284 Tullio, Tarquinio il Superbo) sono senza dubbio re etruschi: a Roma resti al 305 d.C.) l’immenso impero fu diviso in due parti, d’Occidente e d’Oriente, archeològici pròvano che la città fu politicamente etrusca, benché la lingua lati la metà orientale adottò come lingua ufficiale il greco e presto dimenticò il poco na resistesse alPassimilazione (Palfabeto però mostra almeno una traccia sicura latino che vi era penetrato. L’Impero d’Oriente, solidissima creazione politica d’influsso etrusco). L’Etruria è — scrive un dotto eminente, il Pallottino — « il romana di lingua greca, sopravvisse all’impero d’Occidente per quasi dieci sè solo faro di civiltà che irraggi fin da un’època piuttosto remota su popolazioni coli, fino al 1453 d.C. (l’impero d’Occidente cessò di esistere nel 476 d.C.). generalmente arretrate; e soltanto si contrappone ad esso [...] l’influsso greco che risale dalle coste dell’Italia meridionale é della Sicilia ». Basti ricordare le Ma l’influsso greco sulla civiltà latina divenne fortissimo già nel IV sècolo 10.000 e più iscrizioni etnische e compararle con i miseri resti (là dove li abbiamo !) a. C. e non cessò dall’aumentare in ogni campo, tanto che si parla con ragione di delle altre lingue d’Italia, incluso (fino al III sècolo) il latino. La rivoluzione civiltà greco-romana. La mètrica latina, per es., è quasi interamente d’origine del 510 a. C., che portò alla Repubblica, fu dunque assai più una rivoluzione greca. Greche furono le ùltime parole di Cèsare morente (citate a torto come nazionale (dei Latini contro i re etruschi) che non sociale, come si è voluto crédere. Tu quoque, Brute, fili mi!) ; Augusto scrisse in latino e in greco il suo famoso Purtroppo conosciamo troppo poco l’etrusco per poter valutare il contributo testamento; Marco Aurelio (imperatore dal 161 al 180) scrisse in greco i cèlebri — senza dubbio grandissimo, soprattutto nelle cose appartenenti all’aruspicina libri A sé stesso. Orazio non si stancava di esortare alla lettura degli autori greci. e al culto — che esso dette alla lingua latina. Sarebbe tuttavia grave errore crédere che la letteratura e il pensiero latino siano null’altro che traduzioni o riflessi della civiltà greca. Plauto, Cèsare, Cice Il latino arcaico, attestato per es. dal Cippo del Foro (fine del VI sècolo), dal rone, Orazio, Petronio, Tàcito e tanti altri mostrano, benché educati sui libri dei vaso di Dueno (VI sèc.?) e da altri scarsissimi monumenti, è una lingua indoeu Greci, una profonda originalità; satura tòta nostra est, proclamava Quintiliano ropea straordinariamente conservatrice: sakros, deiuos (vaso di Dueno), deico, (fine del sèc. I d. C.). Creazione puramente romana è il diritto romano, che oinos, iouestod, quoi (o qoi, v. sotto), recei (leggi regei), sied, uirom, ecc. sono forme permise di unire ed amministrare con saggezza l’immenso impero (anche la parte idèntiche a quelle che ricostruiamo per la madre lingua indoeuropea del 3000 a. G. di lingua greca), tanto che tutti i pòpoli soggiogati da Roma finirono con l’amarla Una profondissima rivoluzione fu portata invece dall’intensità iniziale, i e si sentirono fieri di èssere Romani. cui effetti si cominciano a far sentire intorno al 500 a. C. e non cèssano che in torno al 250 a. G. Si ebbe cosi Pabbreviazione delle vocali non iniziali (per faciδ di Dal flòrido ceppo della lingua latina derivàrono poi le lingue romanze, che venne perfido, ad + altus divenne adultus, uiros divenne uir), i dittonghi si mono- òccupano ancora quasi tutta la parte occidentale d’Europa (ma anche la Romania tonghizzàrono o tèsero verso la monottonghizzàzione (ai>ae, oi>ù, ei>i, ou>ù), si vanta a ragione della sua discendenza latina, che risalta anche dal nome). l’-i finale scomparve nei polisillabi (tremontì>tremunt), il -d finale cadde dopo vo Anche sulla loro formazione fu fortissima l’influenza del greco, che filtrò non cale lunga (oquoltod>occultò). Cosi trasformato il latino è quello dell’età clàssica (Cicerone, Cèsare, Catullo, Virgilio, Orazio, Livio, ecc.) che, per l’eccellenza dei suoi scrittori, si fissa come lingua letteraria e resta inalterato o quasi fino al 1 È questa l’opinione che noi sosteniamo con validissimi argomenti; altri pensa che si tratti di colonie di època bizantina. 8 solo nella lingua dell’aristocrazia, come abbiam visto, ma — attraverso i mari Abtyreviaziòni. nai e gli schiavi orientali, che parlàvano quasi tutti greco — anche e più nella / lingua del popolino. L’uso dell’articolo sia definito (il, la) sia indefinito (un, una), il passato pròssimo (ò fatto), il condizionale composto con avere (far-ei, far-ebbe, ecc.), il nuovo futuro con avere (far-ò, far-ai, ecc.), le particelle affermative e negative si e no sono tutti fenòmeni d’imitazione greca, senz’alcun dubbio "di materia latina e di spirito greco", come del resto moltissime parole, espressioni, ecc. Il cristianésimo, che arrivò in Italia portato da ebrei di lingua L'asterisco * indica "forma ricostruite" e non attestata in EUTR. - Butropìo (sèc. IV d. C.). Scrive il Breviarium ab greca, rinforzò la corrente ellenistica nelle lingue romanze (diàcono, battésimo, alcuno dei testi a noi pervenuti. Urbe condita. GELLIO - Aulo Geìlio (130-175 circa d. C.). Raccoglie noti pàrroco, papa, diòcesi, ecc. sono parole di origine greca). zie erudite nella miscellànea Noctes Attiene, in 20 libri. AGOST. - Agostino di Tagaste, in Numidia (354-430 d. C.). LEGGI XII TAV. - (Leggi delie XII Tàvole, 451-450 a..C.). Le invasioni barbàriche non èbbero grande influenza sullo sviluppo della lin Conf "Le Confessioni", in 13 libri. LrV. - Tito Livio, di Pàdova {59 a. C. - 17 d. C.). Scrìve' gua latina. Mentre i Latini, gli abitanti di Roma, impósero la loro lingua a tutta CATO - Marco Porcio Catone il Censore, di Tùscolo (234- Ab Urbe condita (142 libri, di cui rèstano i primi 45, tranne 149 a. C.). la seconda deca). l’Italia e poi a tutto l’impero, i bàrbari (Goti, Longobardi e Franchi) adottàrono Agr. De agricultura (trattato). LUCANO - M. Anneo Lucano, di Còrdova (39-65 d. C.). sùbito il latino per le loro leggi, per diplomi e atti notarili di ogni gènere, rico CATULLO - Gaio Valerio Catullo, di Verona (87-54 a. C.). Scrive il Bellum civile (Pharsalia), in 10 libri. Scrive 116 Carmi. LUCIL. Gaio Lucilio di Suessa Aurunca (148-12 a. C.). noscendo cosi implicitamente la superiorità della lingua e della civiltà di Roma. CÈS. - Gaio Giulio Cèsare, di Roma (?) (100-44 a. C.). Scrive Saturae in 30 libri, di cui abbiamo alcuni fram B.C. De bello civili, in 3 libri ; menti. Il portoghese, lo spagnolo, il catalano, il provenzale, il francese, Vitaliano, il sardo, B.G. · De bello Gallico, in 8 libri. MARZ. - Marco Valerio Marziale, di Bilbitis in Ispagna il romeno (per non parlare che delle lingue letterarie) sono ancor oggi testimo ClAdc. .- MAacracdoem iTcau;llio Cicerone, di Arpino (106-43 a. C.). E(4p5i-g10r.4 c"irEcpa idgr. aCm.)m.i*, in 12 libri. AdQ.fr. Ad Quintum fratrem, in 3 libri (lèttere del periodo nianza vivente della grandezza di Roma, della sua straordinaria capacità di NEP. - Cornelio Nepote, di Ticinum (?) (100-25 circa a. C.) espansione e di assimilazione. 6AA0rt-dt5.b 4. aA. dPC rA.o) ;Attircuchmia, pione ta1, 6o rlaizbiroin e(l;èttere del periodo 68-44 ACrlmis.t . ACirmisotind es Con. Conon La civiltà romana non appartiene a nessun pòpolo, perché è universale. In Ar Ba. rC. .) B;rutus (òpera retòrica) ; Spam. Epaminondas gentina e in Giappone, negli Stati Uniti e in Isvezia si studia il latino, si vènera, CCaaernl. i, Pfrr.o Mfr.a Cmamelieon, toi rdaezii oCnaer;mina; EHoamnn. . EHumanenniebs al dal De viris illustribus la grandezza smisurata di quella civiltà, di cui siamo tutti figli. CCalat.. P'Croa tAili. nCalruican*li,o ,o ovrvaezroio nIne; L. S. Catilinam, 4 orazioni; MPaitlt.e . MPilattiuaadnesi as C. M. Calo Maiior de senectute; Timoth. Timotheus De dlv. De divinatane, in 2 libri; Tbraff. Thrasybulus La conoscenza della lingua latina è fondamentale per la comprensione dei caràt De fin. De finibus honorum et malorumf in 5 libri ; OR. - Quinto Orazio Fiacco, di Venosa (65-8 a. C.). teri fonètici, lessicali, morfològici, sintàttici delle lingue romanze. Per quanto Deiot. Pro rege Deiotaro, orazione ; A. P. Ars Poetica; De or. De oratore, in 3 libri (òpera retòrica) ; Ep. Epistulae, in 2 libri ; riguarda l’italiano in questo volume, oltre a méttere in evidenza vuoi le affinità Dlv. in Caecil. Divinatio in Caecilium, orazione (apre la Odi "Odi" (da lui chiamate Carmina), in 4 libri; serie delle 7 Verrine) ; Sat. "Sàtire" (da lui chiamate Sermones), in 2 libri; vuoi le differenze che intercorrono fra il latino e la nostra lingua, si danno, nel Fam. Ad familiares, in 16 libri (lèttere del periodo 62-43 OV. - Publio Ovidio Nasone, di Sulmona (43 a. C. - 18 d. C.). cap. 31°, a mo’ di conclusione, notizie sulle strutture della lingua italiana, ere aF.U C. .)”;Le Filippiche*, ovvero Jn M. Antomum orationes Phi- Am. Amores, elegie in 3 libri; ditate o meno dal latino. liFilpo.pn ictaP. er, oP 1Lr4o. oFMriaa.z cFicooo,nn oit;eriaioz, ioonraez;ione; AEFa.p eA. . .e xAF. rPass oatinm, tai.n n d6iE; lpibistrui;lae ex Ponto. Her. Heroides, elegie mitològiche; Inv. De inventione (òpera retòrica) ; Met. "Metamòrfosi" (Metamorphoseon libri), in 15 libri; Lael. Laelius de amicitia; Leg. De le gibus, in 3 libri; PETR. - Petronio Àrbitro (morto nel 66 d. C.), scrive if Marc. Pro M. Marcello, orazione ; Satyricon (ce ne è giunta solo una parte). Mi. Pro T. Annio Milonet orazione; Ma, Pro L. Murena, orazione; PLAU. - Tito Maccio (?) Plauto, di Sàrsina nell’Umbria N. D. De natura Deorum, in 3 libri ; (254 circa - 184 a. C.). Off. De Officiis, in 3 libri ; , Am. Amphitruo, la commedia di Anfitrione; Or. Orator ad M. Brutum (òpera retòrica) ; As. Asinaria, la commedia degli àsini, venduti per libe Par. Paradoxa stoicorum ; rare una fanciulla con il denaro ricavato; Pie. In L. Pisonem, orazione; ^ i Au. Aulularia, la commedia delle péntola; Piane. Pro Cn. Piando, orazione; Bacdh. Bacchides, la commedia delle due sorelle Bàcchidi; Pro Qainct. Pro P. Quinctio, orazione; Cas. Casina, la comm. di Càsina, ragazza dell’isola di Pomp. De imperio Cn. Pompeii, orazione ; Casos ; R, Am. Pro Sexto Roseto Amerino, orazione; Cmpt. Captivi, la comm. degli schiavi (dramma dell’amor Rep. De republica, in 6 libri; paterno) ; Sest. Pro P. Sestio, orazione; Ci. Cistellaria, la comm. della cassetta (vi furono messi i Soli. Pro P. Sulla, orazione ; balocchi di una bimba che ne permettéssero il ricono TToopse. . TTopuisccau l(aònpaee rdais preuttòatriiocnae)s ;(òpera filosòfica), in 5 libri; sCciamree.n toC) u:reulto, la comm. del parassita (gorgoglione = Vai. In P. Vatinium testem interrogano, orazione; verme che rode il frumento) ; Verr. Actio prima in C. Verrem, orazione (seconda delle Men. Menaechmi, la comm. dei due fratelli idèntici, Me- Verrine) ; neemo I e Menecmo II; Verr. act. Actio secunda in C. Verrem, in 5 orazioni. Mer. Mercator, la comm. dei mercante; COLUM. - L. Giunio Moderato Columella, di Càdice (sèc. Mil. Miles gloriosus, la comm. del soldato smargiasso; X d; C.)· Scrive De agricultura, in 12 libri. Most. Mostellaria, la comm. degli spiriti (mastella); 11 10 Ptoes.i daP eprsear,s ialan oc;omm. dello schiavo Sagaristione, travesti SVAEuTg.. - CAauiogu sStuvse to1nio Tranquillo (70-140 circa d. C.). parte prima Poe. Poenulus, la comm. del "Cartasinesuccio"; Pgaanenaa»t orPes)e ;udolus, la comm. dello schiavo Psèudolo (= l'in TCilbL.· . CTCibheuriduisu s Jf dalle Vitae in 8 libri FONÈTICA Ha. Rudens, la comm. della gómena (vita marinara) ; Stich. Stichus, la comm. dello schiavo Stico (comm. della TÀACg.r .- PAubglriioco Clao;rnelio Tàcito (55-120 circa d.' C.). fedeltà coniugale) ; Aim, Annali ovvero Ab excessu Divi Augusti, in 16 libri; TTrrui.. TTrirnuucumlemnulus,s , lal ac ocmommm. .d edlleel stererv om osenlevtaeg g(inou m{tmruic)u -; Germ. Germania; Or. Dialogus de oratoribus; Untus). PLIN. - Gaio Plinio Secondo, il Vecchio, di Como (23-79 St. "Storie" (da Galba a Domiziano, probabilm. in 14 d. C). libri). Le Storie e gli Annali ci sono giunti incompleti. N. H. Naturali* historia> enciclopedia di 37 libri. TER. - Publio Terenzio Afro, di Cartàgine (185 circa - 159 PLIN. IL Q. - Gaio Plinio Cecilio Secondo, il Gióvane, di a. C.). Como (61-113 d. C.), nipote del precedente. Ad. Adelphoe, la commedia dei fratelli? Ep. "Epistole", in 9 libri (scritte dal 96 al 110 ca.) + 10° And. Andria, la comm. della fanciulla dell’isola di Andros; libro del ili ο 112. E un. Eunuchus, la comm. del gióvane innamorato trave stitosi da eunuco; PROP. - Sesto Properzio, umbro, probab. di Assisi (50-15 Heaut. Heautontimorùmenos (= il punitore di sé stesso); a. C.). Scrive "Elegie", in 4 libri. Hec. Hecyra, la comm. della suòcera; QUINT. - Marco Fabio Quintiliano, di Calagurris, in Ispa- Phor. Phormio, la comm. del parassita Formione. gna (35-96 d. C.). TIB. - Albio Tibullo, di Gabii (?) (60-19 a. C.), scrive "Ele I. O. Insiitutio oratoria, trattato retòrico in 15 libri. gie", in 2 libri. RHET. HER. - La Rhetorica ad Herennium, òpera anònima VELL. - Velleio Patèrcolo, oriundo della Campania, I sèc. dell’età di Cicerone. d. C. Scrive Ad M. Vinieium libri duo (storie). SALL. - Gaio Sallustio Crispo, di Amiterno in Sabina (86-35 VIRG. - Publio Virgilio Marone di Andes presso Màntova a. C.). (70-19 a. C.). Cat. De coniuratione Calilinae; Egl. "Ègloghe" (= poesie scelte), in lat. Edogae; lag. De beilo Jugurthino; En. "Eneide", in 12 libri, ovvero Aeneidos libri. St. "Storie". G. "Geòrgiche", in 4 libri, ovvero Georgicon libri, SÈN. - Lucio Anneo Sèneca il Rètore, di Còrdova (55 a. C. - 40 circa d. C.). Contr. Controversiae da Oratorum et rhetorum sententiae, divi- siones, colores, òpera retòrica. SÈN. - Lucio Anneo Sèneca, il Filòsofo, di Cordova (1 a. C. Per le òpere di Cicerone abbiamo seguito l’edizione Teùbne- - 65 d. C.), figlio del precedente. riana, per quelle di Plauto l’edizione del Lindsay, per Virgilio Ep. "Epistolario morale" Ad Lueilium, in 20 libri; l’edizione Oxoniense. De tranq. animi De iranquillitate animi; Facciamo precèdere da al nome dell’autore, quando il passo Ira De ira, in 3 libri; non è idèntico a quello da lui scritto, bensì è lievemente modi-' Nat. Qoaest. Naturales quaestiones, in 7 libri. fìcato per necessità didàttica. Il che accade rarissimamente.;' Sistem a degli accenti italiani. Il sistema di accenti italiani che abbiamo c) invece i, u tònici davanti a vocale sono seguito non è che l’estensione di un uso già segnati con l’accento acuto: farmacia, glotto corrente in Italia: logia, terapia, ambediìe (tutti scrivono regia). a) tutte le parole sdrùcciole ànno l’accento (mol tissimi scrivono sùbito); Per il tipo di accento usiamo: b) però i, u àtoni davanti a vocale ànno valore di consonante: scriviamo perciò Italia, ine a) il grave per à e per le vocali è ed ò quando dia, continua senz’accento, perché nelle pa sono aperte, cioè pili vicine ad a; role di questo tipo l’accento tònico cade sulla penùltima sillaba (sono perciò parole b) l’acuto per i ed ή e per é ed ó chiusi, che piane); sono piti vicini ad i, u. Usiamo le forme ò, ài, à, ecc. (per ho, hai, ha, ecc.) perché più cònsone al sistema generale dell’ortografia italiana (in cui l’accento, nei monosillabi, à valore semàntico: là: la, dà·, da, è: e, ecc.). Tale è la grafia adoperata da molti, tra cui, per es,, il Petrocchi (Dizionario della lingua italiana). Chi scrive ho, hai, ha, hanno, serba l’A (storico) scomparso in huomo, honore, ecc. 12 Lfalfabét© latino. Nozioni- eli fonètica® CAPITOLO 1 § 1. L’alfabeto latino. Le lèttere dell’alfabeto latino sono ventitré: maiùscole: A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y Z minùscole : ab cdefgh iklm iiopqrstuxyz. L’alfabeto latino à dunque tre lèttere in più di quello italiano (k, x,y) e manca della consonante v, perché i Latini posi avévano tale suono. Nella parola uinum, per es., essi non pronunciàvano v (come nell’italiano vino), ma u, come nell’inglese wine, che dal latino deriva ed à conservato l’antica pronuncia. È il suono dell’w nell’italiano uomo. Le létteref dell’alfabeto latino rappresèntano però soltanto 20 suoni o fonemi perché k q e x non sono fonemi autònomi. Le lèttere y e z si ùsano solo per le parole greche1. Osservazioni: Nel 1524 un cèlebre letterato e grammàtico italiano, Gian Giorgio Trissino, sostituì nell’itaUano il segno u con v (quando aveva valore di fricativa) e fu un’òttima idea; fu invece un’idea tristissima di altri quella di estèndere tale uso al latino, in cui esso è illegittimo. Consideriamo, per es., le parole uva (== l’uva), vàs (= il vaso), conviva (— il convitato), vivere (verbo). Se vogliamo scriverle e pronunciarle come veramente fùrono dette e scritte dai Latini, dobbiamo restaurare u al posto di v, e avremo ima, uàs, conuiua, utuere, ecc. con la pronuncia che l’« à nell’italiano uomo, uovo, buono. Dunque i Latini scrivévano solo il suono « (cioè quello che pronunciàvano) e lo scrivévano con il segno n (minùscolo) e con V (maiùscola epigràfica). Nei testi e nei vocabolari pubblicati in Italia si trova quasi sempre la grafia con la v [uva, ecc.), invece in varii paesi (Francia, Inghilterra, Stati Uniti, ecc.) prevale ormai là grafia uua, conuiua, ecc. (per es. nelle famose edizioni delle Belles Lettres, di Oxford, ecc.). La v entrò poi di pieno diritto nell’alfabeto italiano, tedesco, francese, inglese, ecc. 1 L’imperatore Augusto usava ancora un alfabeto di 21 lèttere (escluse Vy eia z). u § 2. Storia dell’alfabeto. Rifatti i Latihi attinsero (attraverso Cuma) ad un alfabeto un po’ diverso da quello iònico. L’alfabeto latino deriva dall’alfabeto greco, che nel X sècolo circa sostituì in Grecia la Nell’alfabeto che, essi conóbbero ed usàrono esisteva ancora al sesto posto il F Q scrittura sillàbica micenea. L’alfabeto greco a sua volta deriva, com’è noto, da quello (digamma, abbandxmàto dagli Ioni, che non lo pronunciàvano) e al 18° posto fenicio. Le iscrizioni latine più antiche sono del VI sècolo (Cippo del Foro) ; ma l’intro la koppa, che gli Ioni non usàvano e che divenne la q latina. duzione dell’alfabeto è certo più antica. Inoltre tale alfabeto non conosceva la η (i lunga aperta) né 1’ω (ò lunga aperta), Diamo l’alfabeto greco perché anche lo studente che non conosce la lingua greca possa fare ed i Latini ignoràrono tali lèttere. Il segno di η maiùscola era usato per l’aspi le sue osservazioni di raffronto tra i segni (ne conosce certo alcuni attraverso lo studio razione (H). della matemàtica e della fisica). Il segno a croce (X) aveva in questo alfabeto il valore di x (k + s), valore X L alfabeto greco dell età clàssica (iònico) consta di 24 lèttere (chiudiamo in un rettàngolo serbato presso i Latini, mentre nell’alfabeto iònico aveva il valore di eh (k quelle cadute in disuso) : aspirato). Il segno fenicio chiamato dai Greci san fu usato assai raramente Maiùscolo Minùscolo Nome Pronunzia dai Greci stessi (eccetto che come numerale). Era una spece di 5. A a alpha a (ancipite: breve o lunga) B β bèta b Evoluzione dell’alfabeto latino. Γ V gamma g, velare, come nell’italiano gatto Δ δ delta d ® Poiché l’etrusco non distingueva sorde e sonore, la terza lèttera, che in greco C? § E ε é psilón è (breve e chiusa) era una sonora (g gamma, pronunciata velare come in gatto), divenne una {F digamma) u come in uomo, uose sorda in etrusco e, per influenza etnisca, c in latino. Z ζ zèta Z come la z sonora di zoologia In latino c fu usata a lungo sia per c sia per g (sul Cippo del Foro si legge recti, certamente pronunciato regei). Dato che i Latini distinguévano nettamente H V Sta è (lunga e aperta) nella pronunzia c e g (pronunziati come nell’italiano cane e gatto), si decisero Θ 0 thèta th t aspirato (come nell’inglese take) intorno al 250 (su iniziativa, pare, di Spurio Carvilio Ruga) ad introdurre I ι iòta i (ancipite: breve o lunga) una nuova lèttera g, che otténnero con una lieve modifica della C, e cioè G. K κ cappa c velare, come in cane Questa G prese nell’alfabeto il posto lasciato vacante dalla pèrdita (tem Λ λ lambda l porànea) della Z, e cioè il sèttimo posto; di conseguenza l’órdine delle lèttere M μ my m dnieslul’saol fa(tboelttoo nkoalnen vdaaer,i òK. aLrtah Slègott)e.ra k, usata nell’alfabeto arcaico, cadde poi in N V ny n m Diversa è la storia della Z, che i Latini un tempo (fino al III sècolo a. C.) 2 Ξ ξ csì cs, come x latino usàvano per l’s sonoro (con il suono dell’italiano sdebitate, snidare, rosa, ecc.). 0 ο ó micrón δ (breve e chiusa) Quando nel III sècolo tale suono, sempre intervocàlico, passò a r (mutazione Π π Pi t> che si chiama rotacismo, cfr. pàg.161) come in er-am (cfr. es-se), Venus Veneris, fg |Λ ecc., la lèttera z fu eliminata dall’alfabeto latino come inutile, e il suo posto ' ? coppa k velare, usato davanti ad o ed u fu preso dal nuovo segno G, come abbiam detto sopra. Quando poi i frequenti P 6 rhò r contatti con il greco (nel I sècolo a. C. : Catullo, Virgilio, ecc.) introdùssero Σ ο, ς sigma s nuovamente in latino la lèttera x, essa fu relegata alla fine dell’alfabeto, dove T X tau t ancora adesso si trova (italiano). Le accadde come a chi perde il posto nella fila. Y V y psilón fi, come « frane, o fi lombar. o piemont. o tedesco ® La sesta lèttera dell’alfabeto greco era il cosiddetto F (chiamato digamma jp Φ Ψ phì ph aspirato (come nell’inglese pit, point) per la sua forma di doppio gamma), perso in àttico e iònico, ma conservato X % chi eh, k aspirato (come nell’inglese cat, kid) in molti altri dialetti. Questo F aveva la pronuncia del latino u consonàntico (come in ualeo, auidus e dell’italiano u in uomo, buono, quale). Per tale valore il Ψ Ψ psi P* latino si serviva, invece, di V (a semiconsonante) che aveva la stessa forma Ω ω δ méga δ (lunga e aperta) dell’u vocale (di murus, unus, lupus). Il segno F era quindi inutile per i latini. Ma accoppiato con l’H (il primo esempio è FHEFHAKED a Preneste, VII Osservazioni: sècolo, a 40 km da Roma) esso fu usato per rappresentare il suono di f, che Tra Palfabeto latino e Palfabeto greco che s’impara a scuola (che è quello iònico, adottato ad nell’alfabeto greco non esisteva, perché i Greci non avévano tale suono (il loro Atene nel 403 a. G.) vi sono alcune differenze importanti. φ era pronunciato ph, cioè p seguito da aspirazione, come si vede nelle 16 17 trascrizioni latine φιλοσοφία = lat. philosophia non *filosofia!). Dato che in Si à il dittongo, come dice la parola stessa (dal greco di-phthongos = doppio suono), latino il segno F non aveva altro valore, si fini con l’abbandonare l’uso ormai qukpdo due vocali costituiscono una sola sillaba e si pronunciano insieme; inùtile del digramma FH, e F prese il valore che à in latino e in italiano. quando, invece, clue vocali s’incóntrano e formano due sillabe diverse, si pro • Màncano all’alfabeto latino le aspirate χ, θ, φ, che il latino non possedeva ch,th, nunciano leggermente staccate. come suoni e che furono trascritte con ch, ih, ph da Cicerone in poi (prima di lui si usava c, t,p, rispettivamente). Però ch si trova anche prima di Cicerone |)n Quando ae, o© non formano dittongo, si tròvano scritti talvolta con la dièresi: in alcune parole come pulcher, * es. aer, poeta1; ® Anche Y (greco u, in àttico il) è importato dalla Grecia e usato quasi sol eia, ei, ui, tranne che nelle parole precisate qui nella nota alla pagina prece tanto nelle parole greche (pronuncia u). y dente, non formano dittongo, perciò le due vocali si pronùnciano legger mente staccate : es. de-tis, de-l, me-l, tu-i, fu-l, ecc. § 3. Vocali e dittonghi. ■ 4 Le vocali sono sei: a e i o u (jy). § 4. Consonanti. Le prime cinque si pronunciano come nella lingua italiana. Troviamo la vocale jv, da pronunciarsi ii, quasi solo nelle parole derivate dal greco (es. Olympia = Iprite le 6 vocali dai 20 fonemi dell’alfabeto latino rèstano 14 consonanti. "la città di Olimpia", femm. sing.). Le consonanti si dividono in: La grafia j (es. Julius) per i semiconsonante è errata. Si deve scrivere Iulius. Del resto anche in italiano è errato l’uso del segno j, perché non è fonema, come sonore: 1, r (vibranti) ; m, n (nasali) ; dimostriamo nella nostra Grammàtica Italiana (Milano, 1971). fricative sorde: s, f (il lat. clàssico non aveva fricative sonore; per la s sonora v. sopra) ; Il latino usava i e u con valore sia di consonante {iugum, ualed) sia di vocale affricate sonore: z (suono greco); (;uided, exilis). occlusive (sorde e sonore) : tutte le altre. Le vocali si articolano per mezzo delle corde vocali; esse sono mùsica, puro suono, e senza di esse non esiste linguaggio. A seconda degli òrgani prevalentemente usati nella loro pronuncia, le conso Per non causare disorientamento negli alunni usiamo anche noi la nanti si dividono in : grafia con v (vinum, vivere, ecc.), pur ribadendo il concetto che in latino era r . f c . [ ancora 1 che però non pronunciata e scritta u (e cosi dovrebbe èssere scritta e pronunciata). velari: c (k, q) g u scritto n + j g velare, come m j mgulus j è fonema; I dittonghi sono otto: labiali: p b f m; ae es. Caesar pronuncia esatta àe; pron. tradizionale cattòlica e dentali: t d n. oe » poena » » òe; » » » e au » aurum » » àu Possiamo ancora distinguere le consonanti in : eu » Europa » » èu1 occlusive sorde: c, t, p; occlusive sonore: g, d, b; occlusive aspirate: th, ch, ph (solo di uso molto raro: nelle parole greche o etrusche, tolto ch). ei es. hei pronuncia esatta èi 2 Sono consonanti doppie x che vale cs o* » proinde » » èi z che Vale d + s sonora (come nell’it. snaturato). ui » huic » » ώ ί3 yi » Harpyia » » iii (solo in parole greche). H è segno di aspirazione, perciò Hannibal si deve pronunciare con una lieve aspirazione. Uh è il "puro soffio", ma è vicino alle velari. 1 eu si trova soltanto in ceti, neu, seu, heu, eheu, heus, neuter, neutiquam e in nomi proprii di origine straniera, come Eurus, Europa. 8 ei, oi in prosa formano dittongo soltanto nell’interiezione hei ed in deinde e proinde, coitns. Essi sono bisillabi per sinizesi; dein e proin sono calcolati di una sola sillaba sempre per sinizesi (dal greco synizèsis = condensazione, detta anche sinèresi = contrazione di due vocali contigue che non costituiscono dittongo ed, eccezionalmente, danno luogo ad una sola sillaba, dal greco synàiresis). 3 sii forma dittongo solo in huic, cui, spesso monosillabi. 1 Dièresi = separazione (dal greco diàiresis), è il contrario della sinèresi. 18 19 § 5. Pronuncia del latino. y L’y greca si pronunciava il (come in francese mar). I · Olympia, Syràcusànus / li latino naturalmente si pronunciava come si scriveva. Di conseguenza : Le vocali lunghe,si pronuhciàvano lunghe e cosi bisogna pronunciarle: è bene la c e la g avévano sempre il suono velare, che ànno c g distinguere nella pronuncia màlum "il male" e màlum "mela", uénit "viene" e uènit conservato in cane e gatto, mai il suono palatale di cena, giro capra, céld, "venne". La pronuncia lunga delle vocali esiste anche in italiano (pani: panni, (suono che sorse dopo il V sècolo davanti a vocale palatale, Cicero, comes1 fato: fatto) ed à valore fonemàtico in tedesco (Staat "lo Stato": Stadt "la città"), Gallia, genus, e, i). Ancora San Girolamo (n. 347, m. 420 d. C.) e Sant’Ago- in francese (maitre "il maestro* : mettre "méttere") e in molte altre lingue (non gigds, gula 2 stino (n. 354, m. 430) pronunciàvano c e g velari. però in italiano). gn Si deve aver cura di pronunciare àmicitìà in 5 sillabe, pàtria in 3 sillabe, cioè di Il gruppo gn si leggeva g + n (due suoni), con la g di gatto pronunciare la i di -tia, -ria e simili come una vera vocale. Ciò è chiaramente magnus, gignd3 e la n di nano. indicato dalla mètrica latina. Quindi ogni vocale fa sillaba (salvo che nei dit gl Il gruppo gl si pronunciava sempre g + 1, con la g di gatto tonghi e nel caso di i, u semivocali). Tale fu naturalmente la pronuncia delle classi superiori; quella delle classi glèba, gladius, glis e la / di pila, come nella parola italiana gloria. inferiori è altro problema. Ma evidentemente per lèggere Virgilio o Cicerone h L’h iniziale si pronunciava sempre come in inglese e in te non si potrà usare l’accento della Suburra: sarebbe ancor peggio che lèggere desco: è un soffio o un sospiro. Ancora Sant’Agostino la Dante con fortissimo accento triestino o calabrese. Hannibal, nihil pronunciava cosi. Uh nell’interno della parola tra vocali Tralasciamo d’illustrare la pronunzia tradizionale (cattòlica) che è ancora forse non era pronunciata all’època clàssica (si legge spesso praticata purtroppo in moltissime scuole italiane (anche se ormai quasi abban nil per nihil). donata all’èstero). Si veda anche l’autorévole opinione di A. Vaccari nell’Oi- eh, th, ph Ch, th, ph si pronunciàvano comé c (k!), t, p seguiti immedia servatore Romano, n. 60, 14 marzo 1962. tamente da una lieve aspirazione : sono suoni (o fonemi) Antiochus unici, benché scritti con due lèttere, perché l’alfabeto latino Carthagd mancava dei segni corrispondenti (che il greco, invece, philosophia aveva: χ, θ, φ). La lettura c (k), t,f è medioevale. § 6. Q uantità e sillaba. L’s latina è sempre sorda (come nell’italiano santo, testa). In latino le vocali si dividono rigorosamente in brevi (à, e, δ, ϊ, u) e lunghe (a, è, satis, scindd, casa, causa, o, i, a). scopulus, sècritum4 Tale distinzione è importante per il senso : (màlum : màlum = male : mela; t ( + i) La t di gratta, amicitia aveva, com’è naturale, il suono di t: làtus : làtus — fianco : spazioso; quindi si legga gratta (3 sili.) amicitia (5 sili.) cosi come sta amicitia, tdlìus, liber : llber — libro : libero, ecc., taurus, timor scritto. L’antica pronuncia si è conservata nell’italiano gratis à quindi valore fonemàtico) ; òstium, gr&tia5 dall’ablativo plurale gratis, contratto da gratiis. essenziale per la mètrica (vedi Appendice 4) ; ae, oe I dittonghi ae, oe si pronunciavano staccati (a -f e, o + e) necessaria per regolare l’accento tònico (vedi § 7). come si scrivono (cfr. pàg. 18). Ne è prova, tra l’altro, il La durata di pronuncia di una vocale (breve oppure lunga) si chiama quantità aetas, saeculum, tedesco moderno Kaiser (imperatore), da Càesar. Il tedesco (es. dà, flès, ni-dus, scrìp-tus, can-tà). Caesar, poena, coepi non avendo il dittongo ae, usò quello che si avvicinava di più, Purtroppo essa è normalmente trascurata nella scrittura e nella pronuncia e cioè ai. La parola Kaiser passò ai Germani intorno alla (anche dagli antichi, tolte le iscrizioni, in cui era spesso notata). D’ora in poi nàscita di Cristo (si riferiva forse ad Augusto). noi segneremo le vocali lunghe (a, è, d, ecc.) : per es. cena, mènsis, infectus, crimen,-làtus, ecc. Ogni vocale che non porta segno di lunga deve intèndersi breve. 1 Da pronunciarsi kapra, kèlò, Kìkerd, komes, con c sempre velare, come in casa. Note. * Da pronunciarsi Gallia, g{h)enus, g{h)igàs, gula, con g sempre velare. 3 Da pronunciarsi mag(h)nus, g(h)ig{h)nS, cioè g velare (come in gatto) + n. • Una sillaba è lunga: 4 Da pronunciarsi satis, skindò, scoptilus, sécrétum, cioè sempre con lo stesso suono di s sorda. a) quando contiene una vocale lunga, seguita o no da consonante: es. dà, centà, flès, vidus, 6 Da pronunciarsi amikitia, ecc. perché in qualsiasi parola t serba il suono t, come si è detto. mùlus, téctus, scriptus; - 20 21