UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FOGGIA SCUOLA DI DOTTORATO LE CULTURE DELL’AMBIENTE, DEL TERRITORIO, DEI PAESAGGI CORSO DI DOTTORATO STORIA E ARCHEOLOGIA GLOBALE DEI PAESAGGI – XXVIII CICLO Gli studi antiquari del Settecento in Puglia e lo sviluppo del concetto di paesaggio antico Tutor: Prof.ssa Silvia EVANGELISTI Prof. Niccolò GUASTI Dottorando: Francesco Guido LORUSSO Coordinatore: Prof. Giuliano VOLPE __________________________________________________________ Indice Abbreviazioni 4 Introduzione 5 Capitolo primo. Definire l’antiquaria 1. La svolta di Momigliano e l’erudizione antica 10 1.1. Distinzioni empiriche, p. 10 - 1.2. Per una ‘genetica’ dell’antiquaria, p. 11 - 1.3. Antiquaria come proto-archeologia?, p. 16 - 1.4. Le finalità retoriche della storiografia e l’alternativa antiquaria, p. 18 2. Gli sviluppi dell’antiquaria moderna 21 2.1. Sull’antiquaria medievale, p. 21 - 2.2. Antiquaria e scetticismo nell’età moderna, p. 26 - 2.3. Altri stimoli per la formazione di un’antiquaria moderna, p. 31 - 2.4. Il passaggio all’impiego della documentazione archeologica, p. 33 - 2.5. Evoluzione e crisi dell’antiquaria tra XVIII e XIX secolo, p. 40 Capitolo secondo. Gli studi antiquari nel Regno di Napoli durante il XVIII secolo 1. Antiquaria soprintesa: le accademie reali 44 1.1. L’Accademia Reale Ercolanese, p. 44 - 1.2. La Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere, p. 51 2. Antiquaria militante 58 2.1. Il filone ‘etruschista’, p. 58 - 2.2. La Repubblica degli antiquari, p. 64 Capitolo terzo. Natale Maria Cimaglia 1. Profilo bio-bibliografico 73 1.1. La vita, p. 73 - 1.2. Gli scritti, p. 77 2. «Auctor hic obscuratus longe» 81 3. Un progetto di ricostruzione antiquaria per la Capitanata 84 3.1. Epistola sulla colonia lucerina, p. 84 - 3.2. Antichità di Venosa, p. 87 - 3.3. Antichità di Ascoli, p. 101 - 3.4. Apuliae et Dauniae veteris geographia, p. 105 4. Alcune conclusioni 119 2 Capitolo quarto. Emmanuele Mola 1. Profilo bio-bibliografico 123 1.1. La vita, p. 123 - 1.2. Gli scritti, p. 130 2. Le peregrinazioni antiquarie 141 2.1. Il litorale pugliese da Salpi a Egnazia, p. 143 - 2.2. La Peregrinazione letteraria tra il Carapelle e l’Ofanto, p. 164 3. Altre indagini antiquarie 189 4. Alcune conclusioni 202 Capitolo quinto. Domenico Forges Davanzati 1. Profilo bio-bibliografico 207 1.1. La vita, p. 207 - 1.2. Gli scritti, p. 214 2. Le comunicazioni antiquarie nei carteggi epistolari 217 2.1. Forges-Serrao, p. 217 - 2.2. Forges-Daniele, p. 237 3. Gli studi di corografia antica 240 3.1. Progetti e scritti dispersi, p. 240 - 3.2. Saggio sulla geografia antica, p. 246 4. Alcune conclusioni 266 Bibliografia 270 Tavole I-VI 3 ABBREVIAZIONI AE L’Année Epigraphique. APC Archivio prevostale di Canosa. ASNA Archivio di Stato di Napoli. BNB Biblioteca nazionale di Bari. BNN Biblioteca nazionale di Napoli CIL Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlino 1863 ss. CLE F. BÜCHELER, Carmina Latina Epigraphica (Anthologiae Latinae pars posterior), I-II, 1895-1897, E. LOMMATZSCH, Supplementum, Lipsia 1926. D’Add. Fondo D’Addosio. DBI Dizionario biografico degli italiani, Roma 1960 ss. «EE» «Effemeridi enciclopediche per servire di continuazione all’Analisi ragionata de’ libri nuovi», 1794-1796. ERC, I M. CHELOTTI et al. (a cura di), Le epigrafi romane di Canosa, vol. I, Bari 1990 (1985). ERC, II M. CHELOTTI et al. (a cura di), Le epigrafi romane di Canosa, vol. II, Bari 1990. «GLN» «Giornale letterario di Napoli per servire di continuazione all’Analisi ragionata de’ libri nuovi», 1793-1799. IG Inscriptiones Graecae, Berlino 1873-1927. ILS H. DESSAU, Inscriptiones Latinae Selectae, I-III, Berlino 1892- 1916. SASTR Sezione di Archivio di Stato di Trani. SNSP Società napoletana di storia patria. SupplIt, 8 M. CHELOTTI, Supplementa Italica, n. s., 8, Barium, Roma 1993. SupplIt, 20 M. CHELOTTI, Supplementa Italica, n. s., 20, Venusia, Roma 2003. SupplIt, 26 C.S. FIORELLO – A. MANGIATORDI, Supplementa Italica, n. s., Caelia, Roma 2012. 4 Introduzione Non sfugge che alla domanda fondamentale su cosa sia l’antiquaria spesso corrisponde un’idea solo vagamente definita, non supportata, ordinariamente, da risposte che riescano a identificare analiticamente la sua natura e il suo posto tra le scienze. L’antiquaria, in altri termini, richiama subito alla mente una serie di pratiche che hanno più o meno a che fare con l’antico, ma in cosa si differenzi da altre discipline che condividono la stessa materia di indagine non sempre risulta evidente. Essa è stata vittima – potremmo dire – di una sorta di meccanismo di rimozione, giacché tutte le scienze che contribuì a definire (dall’archeologia, alla storia dell’arte, all’antropologia, alla stessa storiografia) hanno dovuto in qualche modo disfarsene per poter ambire, tra Otto e Novecento, al conseguimento di uno statuto pienamente autonomo e moderno. L’eredità rappresentata dall’antiquaria costituiva, per certi versi, un fardello troppo pesante, retaggio di una visione superata del sistema delle conoscenze e, al contempo, troppo compromessa da mai risolte polemiche attorno alla presunta sterilità della sua erudizione. Il superamento dell’antiquaria, pur non avendo comportato un suo totale disconoscimento, ha indubbiamente concorso a produrre un’estesa lacuna conoscitiva che concerne, su più livelli, la disciplina stessa; tale lacuna è stata, in vario modo e in tempi diversi, comodamente colmata da più facili e stereotipate visioni, in cui gli antiquari appaiono ora frenetici e ambiziosi collezionisti, ora ingenui precursori, allo stato di natura, dei moderni antichisti: in tal modo, la paternità dell’antiquaria, pur mantenuta, è stata convenientemente maneggiata e ridimensionata. Il risultato è stato evidentemente quello di misconoscere le sue reali peculiarità e, parallelamente, di non focalizzare con la giusta precisione il suo ruolo chiave nella definizione di una moderna scienza dell’antico. Si tratta, perciò, di individuare i presupposti teorici di questa disciplina, il metodo, gli strumenti e le specifiche finalità, una sua euristica tra le altre forme di sapere. Una ricerca di questo tipo è evidentemente epistemologica; al contempo emerge con altrettanta chiarezza la natura prettamente storiografica della questione. Partendo dalla necessaria e forse ovvia considerazione per cui l’antiquaria è di fatto una disciplina estinta, è inevitabile che ogni trattazione relativa ai suoi aspetti epistemologici possa affiorare solo in connessione a un’indagine di tipo storiografico. Il tentativo di definire l’antiquaria passa, allora, per l’analisi delle molteplici vicende storiche all’incrocio delle quali essa 5 Introduzione si è sviluppata, maturando una precisa fisionomia disciplinare. A tali tematiche è dedicato il capitolo primo, nel quale, insieme all’individuazione di alcuni indirizzi storiografici che hanno affrontato, da vari punti di vista e con diverse finalità, la questione, si tenta di raccoglierne i risultati entro una cronologia che consideri gli sviluppi della scienza antiquaria dall’età antica all’età moderna. Quest’operazione, che ha natura apertamente compilativa, servirà alla definizione di uno statuto scientifico dell’antiquaria, così come è emerso dagli studi condotti sul tema. È su questo terreno che si intende innestare l’ipotesi di una nuova prospettiva di indagine: quella del rapporto tra gli studi antiquari e la definizione di un concetto di paesaggio antico. Il nesso tra gli addetti alla Landscape Archeology e la vecchia schiera di antiquari può apparire forzato – e indubbiamente lo è, se preso nella sua crudezza. Tuttavia, è verosimile che possa apportare qualche frutto un approccio alla questione che non sia finalistico, che, in altri termini, non pretenda di far derivare il complesso teorico e metodologico proprio dell’archeologia dei paesaggi dal bagaglio dell’antiquaria, ma che ne indaghi, in ampie prospettive, le possibili implicazioni. Si pensi alla sola urgenza, manifestata negli ultimi decenni, di stringere un’intesa sempre più integrata tra le scienze naturali e la prassi archeologica nello studio dei contesti ambientali; e si consideri come la stessa tendenza sia stata costituiva di buona parte dell’antiquaria settecentesca. In qualche modo, l’integrazione di una dimensione ambientale alle vicende e ai fatti storici è stato un contributo specifico dell’antiquaria, che, assieme ad altri, ha definito la sua radicale alterità rispetto a quella che era la storiografia tradizionale. L’istanza empirica, che ha mosso alla valorizzazione delle fonti primarie e materiali, è ciò che, d’altro canto, ha consentito lo stesso sviluppo di una prassi ricognitiva. Obiettivo centrale, in definitiva, non è ripercorrere in questa sede le radici delle più moderne direttive metodologiche offerte dall’archeologia dei paesaggi, ma delineare una più attenta analisi del fenomeno dell’antiquaria, con particolare attenzione alle indagine da essa dispiegate sul territorio e sul paesaggio antico. Quanto e come le ricerche antiquarie abbiano contribuito con propri strumenti e finalità alla ricostruzione dei paesaggi antichi e, soprattutto, alla stessa elaborazione di un’idea moderna di paesaggio; quali urgenze storiche, da un lato, ed epistemologiche, dall’altro, abbiano portato l’antiquaria a intervenire nella dimensione del paesaggio e se quest’ultima debba considerarsi parte integrante della stessa scienza antiquaria nella fase più matura della sua 6 Introduzione evoluzione; queste le domande fondamentali che faranno da tracciato ai capitoli successivi. Sostanziali risposte a tali questioni possono darsi solo restringendo l’osservazione a limitati campi di indagine, laddove l’attività storiografico- antiquaria, praticata su ambiti locali, lascia emergere con maggior pregnanza i nessi che riconducono i risultati storicamente raggiunti alla elaborazione di fisionomie di paesaggi. Il capitolo terzo offre una sintetica ricostruzione delle principali linee di sviluppo dell’antiquaria meridionale nel corso del XVIII secolo, indispensabile a introdurre le successive fisonomie di alcuni antiquari pugliesi. Un’indagine sugli indirizzi della ricerca erudita nel Regno di Napoli meriterebbe, dopo l’ampia panoramica del precedente capitolo, di essere a sua volta più gradualmente introdotta da uno studio che coinvolga la Penisola nel suo complesso, considerati i frequenti scambi di idee come di uomini da una regione all’altra dell’Italia. Sebbene non sia possibile realizzare nel frangente una tale sintesi, si tenterà di analizzare l’antiquaria napoletana nelle sue specificità e in connessione alle esperienze che andavano maturando altrove. La scelta cronologica del Settecento è, in un certo senso, scelta privilegiata; è nel XVIII secolo, infatti, che la disciplina antiquaria ha universalmente raggiunto una più elevata consapevolezza del suo ruolo e delle sue funzioni, inserendosi, in modo trasversale, tra gli interessi propri di altri campi del sapere. È nel solco del pensiero illuministico che essa, fra le altre cose, generò un felice incontro tra il sapere umanistico e quello scientifico-naturalistico, realizzando una visione integrata di indagini speculative e valutazioni empiriche, tradizioni letterarie e ricognizioni sul campo, pratiche storiografiche e indagini naturalistiche, ricostruzioni di identità remote e paesaggi antichi. Le matrici dell’empirismo galileiano, prima, e newtoniano, poi, trovarono una forma di applicazione ai soggetti storiografici nel secolo dei Lumi, quando una scienza del passato, anche in reazione alle coeve polemiche attorno alla stessa possibilità di conseguire una verità storica, accennava a formarsi, servendosi della prassi antiquaria, delle sue indagini “sperimentali” e comparative e, su questa linea, del fissaggio delle evidenze materiali a definiti contesti ambientali. Si aggiunga, infine, che, per strade che non furono solo quelle battute dall’antiquaria, ma che coinvolsero tutto l’orizzonte del pensiero settecentesco, lo stesso binomio paesaggio naturale/paesaggio culturale affonda le sue radici proprio nelle riflessioni illuministiche ed è, dunque, tra le fila delle idee espresse in questo secolo che bisogna rintracciare il contributo specifico dato in tal senso dalla disciplina antiquaria. 7 Introduzione D’altro canto, la scelta di un’ottica provinciale, nel frangente pugliese, non ha giustificazioni meramente regionalistiche. Anzitutto, non può darsi un’antiquaria locale senza considerare il più ampio contesto culturale del Regno. Esso, assieme a quelli toscano, veneto e romano, fu uno dei principali poli, su sfondo europeo, degli sviluppi dell’antiquaria settecentesca. Certamente deve essere riconosciuto l’impulso dato in tal senso dalle scoperte di Ercolano e Pompei; ma troppo spesso l’entità di questi ritrovamenti viene, in sede critica, ricondotta a causa prima del recupero di un certo interesse verso l’antico e della successiva diffusione di indagini antiquarie. In realtà, le motivazioni di tali fenomeni andrebbero ricercate nel più ampio clima politico-culturale che si respirava in quegli anni nel Regno, di cui Ercolano e Pompei rappresentarono, semmai, una sorta di conferma catalizzante. La dimensione provinciale emergeva in un contesto dove i rapporti tra il centro e le periferie risultavano precari e in attesa di ridefinizione. La stessa pratica storico-antiquaria non poté, quindi, non decentralizzarsi in innumerevoli rivoli di storie locali; a ciò si aggiunga che ulteriori istanze, emerse soprattutto a partire dalla seconda metà del Settecento, che indirizzavano verso un riscatto politico, economico e sociale delle province rispetto al peso della Capitale, diedero ulteriore sostanza alle indagini antiquarie locali: la definizione di precise identità storiche e geografiche divenne obiettivo precipuo di numerosi antiquari. L’antiquaria provinciale possiede tratti storiografici peculiari, ben definiti dallo specifico ruolo che assunse all’interno di un più generale rinnovamento di questo genere di studi nel Settecento borbonico. Natale Maria Cimaglia (1735-1799), Emmanuele Mola (1743-1811) e Domenico Forges Davanzati (1742-1810) possono considerarsi, se non rappresentativi in senso esclusivo degli sviluppi di una locale antiquaria, almeno suoi significativi protagonisti. Lo studio dettagliato della loro attività, nell’ambito delle pubblicazioni a stampa, delle produzioni rimaste manoscritte e dei carteggi epistolari, consente l’individuazione di una concreta prassi antiquaria, in rapporto a metodi e strumenti impiegati, a oggetti di applicazione e a specifiche finalità. Una tale prospettiva critica non può non tenere conto dei peculiari profili biografici e culturali entro cui l’attività di ciascuno di questi antiquari si dispiegò, influenzandone scelte operative e assetti teorici. Nell’ampia analisi dei capitoli terzo, quarto e quinto, dunque, si avrà modo di determinare, entro un più ampio confronto con gli esiti e le impostazioni concettuali diffuse altrove nel Regno, nel resto d’Italia e in ambito europeo, il 8 Introduzione particolare rilievo dato al paesaggio e la sua integrazione operativa nella ricerca antiquaria. È chiaro che – entro una prospettiva regionale – una ricognizione di questo tipo farà emergere diversi livelli di sviluppo della disciplina, talora ancorata a modelli secenteschi, talaltra in piena sintonia con le coeve e più avanzate indicazioni scientifiche e già preludio della nascita di una moderna scienza archeologica: per quanto lo studio di un numero ristretto di casi non permetta di giungere a effettive conclusioni, esso consente comunque di seguire sulla linea diacronica le specificità culturali dell’antiquaria pugliese. Ci si augura, infine, che dall’indagine così svolta possano affiorare, assieme alla particolare ricezione e al relativo ‘uso’ del paesaggio antico, anche spunti e suggerimenti utili agli antichisti che operano in contesti pugliesi, grazie all’ingente materiale descrittivo e ricognitivo che ha spesso costituito l’oggetto principale di molti dei lavori di questi antiquari. 9 Capitolo primo Definire l’antiquaria «Per tutta la vita ho sentito il fascino di un tipo d’uomo tanto vicino alla mia professione […]: il tipo d’uomo che s’interessa ai fatti storici senza essere interessato alla storia». (A. Momigliano, L’origine della ricerca antiquaria, 1992) 1. La svolta di Momigliano e l’erudizione antica 1.1. Distinzioni empiriche Non c’è dubbio che le riflessioni di Momigliano sull’antiquaria siano state dirimenti per gli studi successivi, che puntualmente hanno citato – e continuano a citare – il suo più celebre saggio sull’argomento. Si potrebbe pensare che l’autore, mentre redigeva il contributo Ancient History and the Antiquaria1n, avesse alle spalle una situazione storiografica caratterizzata da almeno tre fattori: l’idea di antiquaria come parte di una storia del gusto; l’idea di antiquaria come parte di una storia dell’archeologia; l’assenza di una storia dell’antiquaria. E non è difficile pensare che questi tre elementi fossero tra loro strettamente connessi. Il suo interesse per la storia della storiografia si sviluppò in modo più evidente a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Il nodo fondamentale di alcuni dei contributi redatti in questo periodo era l’analisi della connessione tra gli studi antiquari e il moderno sviluppo degli studi storici e di quelli non propriamente tali2. Non si trattava di una novità assoluta. Era, semmai, necessario fare ordine e capire quale fu lo specifico apporto dell’antiquaria in tal senso: più semplicemente, definire l’antiquaria. Possono considerarsi punti cruciali di Ancient History and the Antiquarian l’idea di una consapevole separazione tra storia e antiquaria, che avrebbe accompagnato tutto il cammino di tale disciplina, e il tentativo di far rimontare 1 A. MOMIGLIANO, Ancient History and the Antiquarian, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 13 (1950), pp. 285-315; trad. it. Storia antica e antiquaria, in Id., Sui fondamenti della storia antica, Torino 1984, pp. 3-45. 2 Cfr. P.N. MILLER, Momigliano, Antiquarianism, and the Cultural Sciences, in Momiglia- no and Antiquarianism. Foundations of the Modern Cultural Sciences, Id. (a cura di), Toronto- Buffalo-Londra 2007, p. 3. 1 0
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