Comune di Ferrara Settore Attività Culturali Servizio Archivi e Biblioteche Biblioteca Comunale Bassani 1826 - 2011 Pinocchio rappresenta fin dalla sua prima pubblicazione una componente fondamentale dell’immaginario italiano. Fiaba atipica e surreale, dal contenuto estremamente crudele in alcune sue parti, l’opera di Collodi è divenuta negli anni patrimonio imprescindibile della storia letteraria nel nostro paese, forse il solo caso in cui un testo di matrice “popolare” assurge dalla dimensione della produzione “di genere” ai piani alti della letteratura, con il contestuale e progressivo saccheggio da parte delle altre forme espressive: le arti visive, l’illustrazione, il cinema, il teatro. La traduzione in dialetto ferrarese di Pinocchio attribuisce, in un certo senso, un moto centripeto al testo, riconducendolo alle sue origini “popolari”, saldando la dimensione della scrittura con il linguaggio tipico ed immediato dell’oralità. Le fiabe, come è noto, rappresentano sedimenti e rielaborazioni dell’immaginario collettivo dei popoli, traducendo in forme allegoriche le grandi questioni morali e della vita quotidiana, trasfigurando in un’apparente cornice di “racconto per i piccoli” le inquietudini ed i tabù che attraversano nei secoli l’umanità – non a caso la psicoanalisi ha indagato in profondità le tematiche che innervano le fiabe in epoca moderna. La traduzione in dialetto ferrarese di Pinocchio, favola “nera” per eccellenza, nella quale è difficile cogliere un messaggio “morale” preciso, a valenza positiva, dove spesso i personaggi da assumere a modello di comportamento sono noiosi ed anacronistici e incontrano un triste destino, rappresenta, pertanto, un eccellente strumento di “traduzione” in un linguaggio di forte ed immediata capacità comunicativa di questo testo canonico della letteratura italiana. Massimo Maisto Vice Sindaco di Ferrara UN PINOCCHIO FERRARESE Le biblioteche sono fatte di libri, per il momento e per qualche tempo ancora, almeno finché la dimensione digitale non cambierà volto alle cose; libri di carta che puoi toccare, sfogliare, accarezzare, a volte maltrattare; libri di ieri e di oggi, grandi e piccoli, pesanti e leggeri, impegnativi e divertenti. Libri, tanti libri, dovunque libri. Non v’è biblioteca senza libri e tra quelli troverai sempre un Pinocchio. Potrebbe esistere una biblioteca pubblica senza una sua copia? Potrebbe dirsi mai completa senza annoverare a catalogo l’opera di Collodi? Troverai almeno una scheda, perché non c’è biblioteca pubblica senza un Pinocchio. È al pari d’un classico dell’Antichità, un sempreverde della Letteratura per ragazzi (ma è valido altrettanto per gli adulti), un best seller internazionale che non conosce confini geografici. Chi non ha incontrato Pinocchio per una volta nella vita oppure chi non vi si è riconosciuto almeno un po’, identificandosi consapevolmente o meno con il burattino di legno? Se non hai letto il libro, avrai visto per televisione o al cinema quello di Comencini o di Benigni, forse avrai canticchiato Il gatto e la volpe di Edoardo Bennato; insomma Pinocchio è capolavoro popolare di cui proprio non puoi fare a meno. Prima o poi l’incontri. La sua fortuna è grande; un numero infinito di edizioni, uno stuolo di illustratori, traduttori d’ogni parte del mondo. Sì, è proprio quella delle traduzioni una delle aree più significative del successo di Pinocchio: traduzioni non solamente nelle Lingue estere, ma - secondo processo interno alla Lingua nazionale - dall’Italiano nei diversi dialetti dello Stivale, dal Nord al Sud, a testimonianza d’una recezione profonda e popolare dell’opera letteraria, tradotta invero anche nelle Lingue classiche. Conservo un bel Pinocolus latino, degli anni Cinquanta della Marzocco, che mio padre mi regalò a sostegno degli studi ginnasiali e come implicito monito di probabili bischerate giovanili. Da dieci anni mi occupo delle biblioteche della città di Ferrara e delle sue raccolte, antiche e moderne. Negli imprevisti piacevoli di questo lavoro non avevo messo in conto di tenere a battesimo un progetto editoriale dedicato a Pinocchio. Mi è capitato, invece, questo libro, pensato e composto in una delle biblioteche della città, la “Bassani”. È la prima versione in dialetto ferrarese dell’opera, realizzata con il patrocinio della Fondazione Nazionale Collodi. Sia chiaro: non ho competenze dialettologiche e, inoltre, appartengo alla tribù dei meteci, essendo approdato a Ferrara dal Sud. Potrei esprimermi un po’ sui dialetti calabro-lucani o su quelli salentini, chiedendo ausilio al benemerito Rohlfs, ma sul ferrarese sono a digiuno. Tuttavia non è questo il punto. Questo libro è un frutto della “Bassani” e del suo pubblico: ne ha merito Luisa Martini che oggi guida autorevolmente la Biblioteca e, massime, Lorenzo Magri che ne ha animato la progettazione culturale. È stato lui, infatti, ad allestire nell’anno dedicato al 150° anniversario dell’Unità nazionale – con l’apporto degli altri colleghi - una bella mostra di edizioni e di illustrazioni di Pinocchio, da cui ha poi tratto le mosse per questo successivo progetto editoriale in collaborazione con Italo Verri che ha voltato l’opera di Collodi in dialetto ferrarese e con Lucia Boni della Accademia d’Arte Città di Ferrara - Galleria “del carbone” che ha fornito l’apparato iconografico. Non v’è stato luogo più appropriato della “Bassani”, poiché la Biblioteca - la più giovane tra quelle cittadine - cura una speciale raccolta di edizioni di Pinocchio e, inoltre, ha nei suoi compiti istituzionali l’attenzione alla Storia del territorio, alle sue specificità culturali, al dialetto. Attraverso questa princeps in ferrarese - dall’originale apparato illustrativo anch’esso espressione di una parallela creatività artistica di questa città - bibliotecari e pubblico della “Bassani” testimoniano di una loro capacità di proporre Pinocchio, evocandolo prima nel risalto culturale e civile dell’Anniversario dell’Unità nazionale, riplasmandolo quindi nella versione dialettale. Non è operazione riduttiva o retrograda; all’incontrario si è trattato di una saldatura linguistica tra la grande e la piccola Patria, tra la Lingua nazionale e quella locale, attraverso un libro popolarissimo. Nell’Italia d’oggi, nei Comuni grandi e piccoli, il dialetto è elemento di tradizione culturale che non confligge con la Lingua nazionale. I dialetti, infatti, contribuiscono a delineare la multiforme bellezza dell’Italia, al pari del patrimonio monumentale o di quello ambientale; diversi tra loro e variabili all’interno d’una città o nel territorio di riferimento, affermano sul piano linguistico quel principio dell’autonomia che è uno snodo culturale e civile, cioè Politico, della Storia d’Italia. Il dialetto di questo Pinocchio ferrarese non è dunque un riflesso di asfittico localismo, per converso è la voce d’un territorio in colloquio con la più ampia realtà circostante. Non v’è opposizione tra periferia e centro, ma pacifica convivenza: il testo a fronte è concepito in questa prospettiva funzionale, nell’indovinato rimbalzo da una pagina pari a quella dispari del testo o viceversa. Ferrara, con le sue biblioteche e con il pubblico, offre così questo suo contributo: il testo potrà piacere o non piacere, risultando convincente o producendo obiezione, corrispondendo più o meno sul piano linguistico come su quello iconografico. Le scelte adottate dal traduttore ricadono in una precisa responsabilità intellettuale; lo stesso dicasi per l’apparato illustrativo del libro. L’immortale storia del burattino di legno intraprende, dunque, una nuova strada lungo gli argini del Po; faccia un buon viaggio, divertendo ancora una volta piccoli e grandi lettori della bella città di pianura. Enrico Spinelli Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara I LUOGHI SOGNATI DAGLI ARTISTI PER PINOCCHIO Non avremmo mai pensato che un felice incontro tra amici, nella Galleria “del Carbone”, il pomeriggio dell’Epifania del 2003, potesse avere ancora oggi vitalità ed evoluzione. Si era trattato, allora, di un pomeriggio festoso e produttivo, nel quale diversi artisti ferraresi avevano utilizzato lo spunto delle Avventure di Pinocchio per raccontare un po’ se stessi, i propri sogni, i desideri, le proprie paure, la propria voglia di cedere spazio a bugie, più o meno infantili, alle quali anche gli adulti più onesti, ricorrono per salvarsi da situazioni spiacevoli. Chi allo scoperto, chi no, nell’occasione si era lasciato andare ad una rilettura personale delle famose avventure. Ogni artista venuto “al Carbone”, di fronte ad un pubblico incuriosito e divertito, era stato al tempo stesso Pinocchio e Geppetto, si era identificato tanto con la personalità bambina, irridente ed irresponsabile del tutto-e-subito, quanto con quella dell’uomo che, cosciente di essere un tassello, seppur modesto, dell’universo-mondo, desidera rigenerare la vita e lasciare traccia di sé per il futuro. Le tecniche usate dagli artisti-geppetto si sono caratterizzate per la velocità dell’esecuzione e la prolificità degli elaborati. generosissimi, da Patruno a Cestari, da Mastellari a Tessaro, Nannini, Barbieri, Darbo, Volta e gli altri che via via si sono aggiunti, hanno voluto esprimersi su questo tema sempre attuale. È seguita una prima mostra “anch’io Pinocchio” “al Carbone”, in un prezioso accordo (anche allora) con la Biblioteca Bassani e con Marco Chiarini, che l’aveva voluta ospitare in questo stesso spazio, a compendio dell’immaginario generato dalle parole di Collodi, poi nel 2008 alla Rocca di Cento ed oggi la pubblicazione della versione ferrarese delle avventure del burattino. L’elenco degli artisti ferraresi si è allungato, tutti hanno dato vita ad altri volti della storia, volti sognati dal pittore, come dice Tessaro, pinocchi che possono vivere in qualunque luogo e che potremmo rischiare di vedere aggirarsi con noi in città, a giocare la propria storia sotto i monumenti ferraresi. I pinocchi, i lucignoli, i grilli, i ciuchi, le volpi, le fatine, i mangiafuoco, sono tutti personaggi che ancora e sempre animano le vie e gli spazi di ogni giorno, riconoscibili all’occhio attento, pur se mascherati nei panni di gente comune. Tutti i personaggi hanno vissuto nello spazio dipinto nelle divagazioni visionarie che ciascun artista ha loro concesso e oggi che riprende forma la storia di Pinocchio sulle pagine di questo nuovo volume, trovano il loro appropriato posto nella narrazione. Le atmosfere delle opere, pitture, grafie, segni, colori, forme diventano “il luogo” nel quale leggere la leggerezza e l’anima del famoso burattino. Lucia Boni Accademia d’Arte Città di Ferrara Galleria “del Carbone” Dedico questo mio Pinocchio ai miei nipotini Michele e Federico e, con loro, a tutti i bambini ferraresi. Visioni simultanee Paolo Volta Olio su tela, cm 30 x 40 C. Collodi Le avventure di Pinocchio Storia di un burattino voltate in dialetto ferrarese da Italo Verri Gli aventur ad Pinochio Storia d’un buratìn illustrate da Maurizio Bonora, Paola Bonora, Daniela Carletti, Gianni Cestari, Marcello Darbo, Matteo Farolfi, Massimo Festi, Maria Paola Forlani, Flavia Franceschini, Mara Gessi, Gianfranco Goberti, Gianni Guidi, Erika Latini, Adelchi-Riccardo Mantovani, Adriana Mastellari, Nicola Nannini, Franco Patruno, Laura Ragazzi, Manuela Santini, Jessica Steri, Marco Tessaro, Paolo Volta, Sergio Zanni, Luca Zarattini Ferrara 24 novembre 2011
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