RICHARD NORTH PATTERSON GIUDIZIO FINALE (The Final Judgment, 1996) Ad Alison Porter Thomas PARTE PRIMA DUE DONNE 1. Due giorni dopo l'omicidio, ascoltando la versione, tutta innocenza e smarrimento, di Brett Allen, l'avvocato si dibatteva fra incredulità e stupo- re per la ricchezza del resoconto, tanto vivido da poterselo quasi raffigura- re come vero. La scrutava in silenzio, come per registrarne l'ovale, la delicata curva del mento, i capelli ricci e spettinati, i seni piccoli e la corporatura fin troppo esile che la facevano sembrare molto più giovane dei suoi ventidue anni. Ma ciò che la colpiva maggiormente era il verde luminoso degli occhi, che la fissavano con uno sguardo così acuto e diretto da innervosirla. Stando a Brett, quella notte non c'era vento, ma l'aria era frizzante. La luna si rifletteva sulle acque immote e vetrose del lago e la sua luce deline- ava i pini, le betulle e gli olmi sulla riva. L'unico suono che lei udiva era il ritmo del respiro di James. Erano nudi. Brett stava sopra di lui: facevano sempre l'amore in quel modo. Il freddo notturno le gelava i capezzoli, le asciugava l'umido sulla pelle. Rabbrividì e James, addormentato, scivolò fuori di lei. La ragazza ebbe un moto di collera. Poi le tornò la nausea, in cui si me- scolavano il gusto acre della marijuana e il torpore per il troppo vino. D'un tratto, la notte andò in frantumi: figure slegate, immagini piene di colore sorgevano da un guazzabuglio nero che non riusciva a ricordare. Questo spiegava il modo in cui si era comportata in seguito con la poli- zia, chiari all'avvocato: erba e vino, turbamento e paranoia. La roba, per la verità, era più un'abitudine di James. Mentre glielo diceva, la donna scorse il luccichio di una lacrima, come se la ragazza stesse rammentando un par- ticolare che le era caro. Quell'istante tornò spesso a perseguitare l'avvocato nei giorni a venire, segnati dal suo progressivo convincimento della colpe- volezza di Brett Allen. I ricordi precedenti a quando aveva fumato l'erba, le disse, erano chiari. James le aveva telefonato a casa dei suoi genitori, dove lei era venuta a passare l'estate. Avevano chiacchierato un po', poi, per il timore che la ma- dre potesse ascoltarli, Brett aveva proposto di andare al lago, portandosi un po' di formaggio e di vino. Aveva un posto tutto suo, là, e sarebbero stati soli. Sentiva che, qualsiasi cosa James avesse da dirle, nessuno doveva saper- la. La ragazza avvisò la madre. Scorse l'espressione dipinta sul suo volto sottile, vide i freddi occhi grigi riempirsi di cose impossibili da esprimere a parole. Per un attimo, la figlia fu incerta tra la compassione e l'impulso di sfidarla ma, infine, decise che sarebbe stato tutto inutile. Uscì di casa, la- sciandosi alle spalle il gigantesco edificio buio. Si diresse al college, da James. In auto, il giovane rimase in silenzio, pensieroso. Il suo volto pareva uno schizzo in bianco e nero: il pallore del- la pelle, i riccioli scuri, le ombre sul viso scolpito. L'insegnante di recita- zione una volta l'aveva definito: «un giovane Lord Byron». E quell'inse- gnante, aveva puntualizzato Brett con asprezza, era una donna. Percorsero strade tortuose, alberate e silenziose, videro di tanto in tanto fari che tagliavano l'oscurità argentea, poi la luce continua di un'auto che viaggiava dietro di loro, alla stessa velocità. Di colpo, svoltarono per una strada sterrata, tanto stretta fra i pini torreggianti che l'oscurità diventò completa. I fari dell'auto che li seguiva oltrepassarono l'imbocco della car- rareccia e sparirono. Brett accese gli abbaglianti e proseguì a passo d'uomo, seguendo la trac- cia scavata dai fari fra i tronchi dalla corteccia spessa. Giunsero finalmente al termine della strada. Brett fermò la macchina. Senza parlare, aprì il bagagliaio della vecchia e scassata jeep nera, prese la borsa da ginnastica con il formaggio e il vino e si mise sotto un braccio una coperta di lana ruvida. James la seguì nel folto degli alberi. All'improvviso, il cielo sopra di loro scomparve. Scesero, fra i tronchi e i rami bassi, lungo il pendio digradante di una collina, scivolando sul terreno indurito dalle precedenti due settimane di siccità, dopo una primavera piovosa. Un ramo frustò Brett in pieno viso e lei si sentì come una specie di essere primitivo in balia dei misteri della na- tura. «Dove stiamo andando?» mormorò James dietro di lei. «A giocare a Dungeons and Dragons?» Per quale motivo, si era chiesta lei, la gente parla a bassa voce, quando è al buio? Raggiunsero la radura, uno spiazzo erboso che si apriva sul lago rischia- rato dalla luna. Brett si fermò, rivolgendo lo sguardo al largo. Dietro di lei, James taceva. «È tuo, questo posto?» disse alla fine. La domanda che lei percepì fu: Te la senti di abbandonare questo posto? Ma rispose soltanto all'altra, a quella espressa ad alta voce. «Sì», disse semplicemente. «È mio. Se lo voglio ancora.» Non intendeva il lago. Era largo quasi un chilometro e mezzo e lungo quasi altrettanto; sulla riva opposta, c'erano alcune casette, usate come basi per le partite di pesca, e qualche villino per le vacanze estive, invisibili al buio. Ma, fin dalla nascita, la sua famiglia le aveva riservato l'appezzamen- to su cui si trovavano. Era un fatto tanto indiscutibile quanto l'amore di suo nonno. Brett scrutava il lago e, rimanendo immobile, allontanava il momento in cui avrebbero parlato. Non vedeva la piattaforma dalla quale aveva imparato a tuffarsi, però sapeva benissimo dove si trovava. Avrebbe potuto raggiungerla a nuoto con assoluta sicurezza, come se fosse giorno pieno. E con la medesima si- curezza ricordava il momento in cui, ritta sulla spiaggia di ciottoli fra il prato e il lago, aveva tenuto alta, in pieno sole, la trota arcobaleno, perché il nonno la vedesse. Si voltò verso James, posò la borsa da ginnastica e gli tese la coperta, in modo che l'aiutasse a stenderla. Mentre la posava a terra, sentì che l'erba era umida. Si sistemarono sulla coperta, Brett seduta a gambe incrociate, James di- steso sul fianco. Su tre lati erano circondati dal bosco, di fronte avevano il levigato, cupo splendore dell'acqua. In lontananza, dall'altra parte del lago, Brett sentì il flebile richiamo di un airone. Erano completamente soli. «Che cosa c'è?» chiese. James si scostò i capelli dalla fronte. La ragazza sapeva che era un espe- diente per temporeggiare, un segno di esitazione. «Voglio che andiamo in California», disse infine. La voce di lei, nel rispondere, era priva di espressione. «Questo lo so.» «Intendo presto.» Era difficile vederlo in volto. Ma, al di là di quella posa rilassata, così ti- pica di James, lei sentiva la sua angoscia. «Perché presto?» L'altro tacque. In quell'anno in cui erano stati insieme, Brett aveva ap- preso il significato di quei silenzi. Attese. «Quella roba che ho venduto», rispose lui. «Non l'ho mai pagata.» Disprezzava i traffici di James. Ci avevano litigato per due mesi: James era incrollabilmente convinto che quella fosse la strada giusta per lui, che si ritrovava senza soldi e senza una vera famiglia. L'unico modo per man- tenersi e per farsi strada in quella che sardonicamente etichettava come la velenosa ivy league delle università. Le aveva promesso, comunque, che sarebbe stata una soluzione temporanea. «Mai pagata...» ripeté lei in tono piatto. «Non sapevo che i tuoi amici facessero credito.» «Ho bisogno di quei soldi. Noi ne abbiamo bisogno. Per andarcene di qui.» Alzò la voce. «Puoi star certa che la tua famiglia non te ne darà. Non certo per quello scopo.» «E perché dovrebbero?» «Per nessuna ragione.» Il tono di James si addolcì. «Però dovevo fare qualcosa... Dare inizio alla nostra vita.» Stava cercando di renderla complice, lei lo capiva. «Senza chiedermi nulla?» ribatté. «Tu puoi fare quello che vuoi, e l'unica cosa che posso fare io è adeguarmi?» Lui si levò a sedere e le si mise di fronte. «Gli devo circa tremila e cin- que.» Si chinò verso di lei con un gesto di supplica. «Vendendo la roba ne ho ricavati quasi quattromila e trecento. Quanto basta per filare in macchi- na in California e pagarsi le prime spese.» Brett conosceva i sogni di James. Avrebbe lavorato part-time e, nel frat- tempo, avrebbe cercato scritture come attore. Lei avrebbe lasciato per sempre la sua famiglia e la sua casa, insieme con le opprimenti conseguen- ze di troppi anni di attesa, per scrivere finalmente i libri che credeva di sa- per scrivere. Ma quel quadro sembrava molto più vivido a James che a lei. «Io ho già una vita, James. Una vita vera. E in certe parti di questa vita tu non ci sei.» Scosse la testa, irritata. «I miei genitori sono un peso, d'ac- cordo. Specie mia madre. Ma mi manca soltanto un anno di università e devo finirlo. Mi sento in obbligo verso di loro, e anche verso me stessa, se decido di prendermi poi un master. E mio nonno - cui voglio molto bene, anche se mi rendo conto che per te è difficile da capire - soffre di cuore. Devo conviverci, con le scelte che faccio nei loro confronti. Inoltre devo convivere con me stessa. Non riguarda te, capisci? E nemmeno il fatto che io scriva un romanzo straordinario.» Fece una pausa, quindi riprese, con più calma. «Tu non hai mai avuto una famiglia, buona, cattiva o normale che fosse. È più complicato di quanto pensi.» Lui si lasciò sfuggire un sospiro. Le prese una mano e mormorò: «Sei tu la mia famiglia». L'intenzione era di commuoverla, lei lo sapeva bene. Ma percepiva an- che qualcos'altro, qualcosa che James non avrebbe mai ammesso: sotto la superficie di quel tentativo calcolato c'era la solitudine di un bambino di sette anni al quale era morta la madre, dopo che il padre si era volatilizzato già da tempo. Un bambino il cui futuro era costituito da una serie di orfa- notrofi che l'avrebbero accolto in cambio di denaro. Combattuta, Brett lo fissava negli occhi, cercando di scorgere la persona che viveva dietro quello schermo. All'improvviso, James si ritrasse. Prima che Brett riuscisse a sentire il rumore, lui era già in piedi. Un fruscio nel sottobosco, forse un ramo spezzato. James s'immobilizzò; in quel momento, lei comprese fino a che punto era terrorizzato. E quel terrore fu il vero motivo per cui le venne la pelle d'oca. «Che cos'è stato?» mormorò lui. Fissando il suo volto sottile e tirato, Brett si mise in ascolto. Nulla. Lentamente, la ragazza distolse lo sguardo da James e scorse qualche ramo chiaro sul limitare della radura. Più oltre, il buio. «Be', dicono che dal Canada stanno tornando i lupi», esclamò allora, con una punta di umo- rismo nella voce. «Di notte, i boschi sono pieni di ammali di ogni genere. C'è di tutto, tranne che uomini.» James non rispose. Brett abbassò la voce e chiese: «Fino a che punto sei nei guai?» Lui la prese per le spalle. «È venuto da me», rispose. «Quello che mi dà la roba.» «E allora?» «Vuole i suoi soldi. Gli ho detto che ancora non li avevo.» D'istinto, Brett chiuse gli occhi. Si rese conto di far parte di una sorta di ultimatum che James si era creato per sé. «Allora daglieli, i suoi soldi», ri- batté. Lui sospirò. «Troppo tardi. Sa che gli ho mentito.» A Brett parve che la frase suonasse incompleta. Quando tornò a fissarlo, si accorse che stava ancora scrutando il bosco. «Sono entrati in casa mia, sai. Ieri sera. Hanno distrutto tutto, hanno squarciato perfino le lenzuola.» Lei spalancò gli occhi. Senza pensarci, chiese: «Hai avvertito la poli- zia?» James le rivolse un sorrisetto storto. Con una strana miscela di cattiveria e di affetto, disse: «Sei sempre la nipotina del giudice, eh?» «Non può essere troppo tardi, James. Vogliono soltanto il loro denaro. Che ci guadagnano a farti del male?» «Non è così che funziona, Brett. Credimi.» La ragazza scosse la testa e gli voltò le spalle. «Troppe sorprese, e trop- po ravvicinate. Non ci riesco, a fronteggiare una cosa...» La voce le venne meno. Lui era cresciuto imparando a proteggersi, pen- sò. Non era abituato all'intimità. Brett raggiunse da sola la riva del lago. Dopo un po', sentì i passi di lui alle sue spalle, e infine scorse nell'acqua, accanto al suo, il lieve riflesso di una figura snella con le mani in tasca. Brett si rese conto che una parte di lei stava ancora in ascolto, in direzio- ne dei boschi alle loro spalle. «Che cosa farai?» chiese James. Brett si strinse nelle spalle. «Non lo so.» «Dobbiamo decidere.» «Tu hai deciso senza di me, James. Adesso sono io che devo decidere che cosa voglio. Senza di te.» L'ombra di lui sembrò vacillare. Dopo un lungo silenzio, lui disse: «Al- lora stai con me, almeno. D'accordo?» Comprese quella richiesta. James, per istinto, considerava il fare l'amore un rifugio dalle sue insicurezze. Così, accogliendolo dentro di sé, Brett non sapeva mai se James stesse cercando di raggiungere lei o di fuggire da se stesso. Lo fissò. «Cerchi di addomesticarmi con una scopata?» Di nuovo quel sorrisetto storto, al di là del quale lei scorse una traccia di vulnerabilità: James messo a nudo di fronte a se stesso. «No davvero.» Brett percepì la prima, dolorosa stretta del senso di colpa. «Bene», disse. «Perché ho una gran fame. E sete.» Titubante, lui la prese per mano. Tornarono verso la coperta e vi s'ingi- nocchiarono sopra. James tolse dall'incarto il formaggio e si mise ad affet- tarlo con un coltello da tasca, Brett versò il vino in un bicchiere di carta. Non c'erano altri rumori se non quelli prodotti da loro. Con il secondo bicchiere di vino, Brett cominciò a percepire l'ardore del- l'alcol. Sentì le membra invase da un piacevole languore. Sedette fra le gambe di James, appoggiando la schiena sul petto di lui, in una silenziosa dichiarazione di armistizio. Si divisero un altro bicchiere, che lui prendeva dalle sue mani per poi restituirglielo. Brett non era abitua- ta a bere; a ogni sorso, pareva che la notte si facesse più vicina, diventasse un bozzolo di calore. Il passare del tempo era un susseguirsi d'impressioni: il levarsi e placarsi del canto dei grilli, il luccichio dell'acqua, il gusto ricco del vino, il tocco ruvido e liscio al contempo del volto di James contro il suo. Cercò di scacciare lontano i loro problemi, riservando la sua decisione per il fresco e chiaro mattino che avrebbe illuminato il lago, rendendolo prima d'argento, poi d'oro. «A che pensi?» James chiese. «Esisto e basta», rispose lei, e vuotò il bicchiere. Il ragazzo capì che non doveva metterla sotto pressione. In silenzio, al- lungò un braccio e le riempì il bicchiere. «Ti va un po' d'erba?» chiese. «Ho portato una canna.» Era un errore, pensò lei. Non avrebbero dovuto lasciarsi andare a fare l'amore intontiti dalla roba e dal vino; avrebbe significato ben poco, al di là del semplice sollievo. Ma aveva bisogno di tempo per trovare la risposta che avrebbe potuto persino metter fine alla loro unione. Quando James accese la canna, mandando giù con un'aspirazione veloce e breve il primo tiro, Brett gliela sfilò dalle dita. Lo faceva di rado. Il primo tiro lo sentì acre e rovente. Ma con il secon- do, più lento e profondo, si sistemò fra le braccia di lui. La notte cambiò di nuovo. Le stelle, non offuscate né dalle nuvole né dalle luci della città, a- vevano la lucentezza dei diamanti. Brett vi si perse. Rimasero così, a passarsi la canna, mentre finivano il vino. James sem- brava più una presenza che una persona; Brett si sentiva profondamente immersa nel luogo, con quel cielo, l'acqua, lo strepito del vento fra gli al- beri invisibili. Era tutto ciò che desiderava. E poi le mani di James, tenere e incerte, le accarezzarono il petto. Non portava il reggiseno. Attraverso la maglietta, sentì i capezzoli riz- zarsi sotto le sue mani, le terminazioni nervose improvvisamente vive, u- n'onda di calore là dove James non l'aveva ancora toccata. Un silenzioso mormorio le riempiva la gola. In quel modo, lui la conosceva. In quel modo, le cose funzionavano. James fece scorrere lentamente i polpastrelli sui capezzoli. E Brett sentì che il vino, l'erba, il fremito della sua pelle esplodevano in un impulso sel- vaggio. Bilanciandosi sulle ginocchia, si voltò verso di lui e si levò la maglietta. Con calma estrema, come fosse un rito, James le slacciò le scarpe da ginnastica e la spinse verso la coperta, sostenendole la schiena con una mano; poi le aprì la cerniera dei jeans e glieli sfilò. Il fatto che lui non si spogliasse le chiarì ciò che stava per accadere. Si stese supina, con gli occhi fissi sulle stelle, mentre James le infilava una mano sotto l'elastico delle mutandine. Brett aprì le gambe per lui. James chinò il viso sopra di lei. Per un attimo, Brett intuì che era un si- lenzioso offrirsi, una richiesta d'intimità. Poi, sentì soltanto il suo viso sulle cosce, la lingua che la cercava. Si accorse che il bacino cominciava a muoversi, ma lei non poteva, non voleva, farci nulla. I suoni emessi dalle sue labbra erano più grida che ge- miti, si facevano sempre più rapidi, una guida per lui. Il sangue correva dove la sua lingua l'accarezzava, reso precipitoso dal calore della droga e del desiderio. I movimenti di Brett persero ogni ritmo. Un urlo nel buio. Mentre gli spasmi le attraversavano il corpo, chiuse forte gli occhi. Sol- tanto quando un formicolio le intorpidì le dita riuscì a sentire le grida femminili, a poco a poco più lente e sommesse, e le riconobbe come sue. Infine rimase immobile. Le sembrava di non potersi muovere. Al di là di quel torpore, sesso, erba e vino parevano ruotare in circolo nel suo cervello. Con un movimento impacciato, si mise in ginocchio. Sentiva il calore ri- fluire dalle cosce. La figura di James le sembrava un puzzle incompleto e irreale: occhi che la desideravano, una mano che l'attirava a sé. Sentiva l'erba e l'alcol salire dalla bocca dello stomaco. La notte cominciò a girare. «Dio mio», mormorò. Lui non diede segno di averla udita; d'un tratto, i suoi movimenti sem- brarono governati dalla goffa concentrazione dell'ubriaco. Mentre si sfila- va i pantaloni, oscillando da una parte e dall'altra, Brett ebbe la grottesca visione del mostro di un vecchio film, che avanzava barcollando verso To- kyo. Deglutì, cercando di controllare la nausea e il disgusto di sé. Quando James le offrì il pene davanti al viso, scosse la testa. Non ti stendere, si disse. «Sdraiati sulla schiena», sussurrò a James, che obbedì. Incerta nei mo- vimenti, si allontanò, dirigendosi carponi verso la borsa da ginnastica. «Dove vai?» chiese l'altro, senza capire. Lei rovistò nella borsa e ne tirò fuori un quadratino piatto. Tornò indie- tro e glielo porse. «Prendi già la pillola», obiettò lui. Brett lo squadrò. «Te lo metto io.» Vedendo l'espressione sul viso di lei, James non replicò. Altri frammenti: lo rivestiva di gomma, la superficie oleata e scivolosa fra le dita. Si metteva in qualche modo sulle ginocchia per cavalcarlo. La brusca sensazione di lui che la penetrava. Febbre sulla pelle, troppo bagna- ta per sentire male. Mentre James gemeva, cercando di raggiungere l'orgasmo, lei pensò a due cani che si accoppiavano. Lo montava in modo meccanico, resistendo alla nausea. James non ve- niva. Disperata, lei gli passò le mani sotto la schiena e lo sollevò. Lui si ri- trasse; Brett si rese confusamente conto di averlo graffiato. James spalancò gli occhi. «Ti amo...» sussurrò. Lei smise di muoversi. La tenerezza la sopraffece, e sfiorò il volto di James. Si era addormentato. Nell'improvvisa consapevolezza del gelo notturno, Brett rabbrividì e James scivolò fuori di lei. Lei lo fissò, di nuovo istupidita e oppressa dalla nausea, con l'impulso di tirarlo su per i capelli. Poi, di colpo, la sua rabbia si trasformò in tristezza. In James c'era molto di buono, molto che ancora non si era guastato. Era dolce con lei, sempre. Anche quando Brett si arrabbiava, non reagiva mai con asprezza e sarcasmo; la fissava, perplesso, cercando di comprendere. Come se stesse in ascolto per cogliere una musica che ancora non riusciva a sentire. Con delicatezza, posò sull'erba la testa di lui, voltandola di lato. James dormiva con l'innocenza di un bimbo. Perduta nella droga e nel buio, Brett aveva scordato il lago. Improv- visamente pensò che l'acqua fredda avrebbe potuto schiarirle le idee. Si alzò e diresse lo sguardo sul lago. Appariva opaco, una distesa di pietra vetrosa. Vacillando, si spostò dalla radura alla riva sassosa, gemendo per i ciottoli puntuti che le tagliavano i piedi. Un tonfo, l'aggressione del freddo al contatto con l'acqua. Le sembrava di nuotare con fatica, e lentamente. Di colpo si sentì avvol- ta dall'oscurità, inghiottita dal lago. In preda al panico, agitò le braccia per non annegare, si sentiva affondare... E poi, scossa dai brividi e ansimante, si ritrovò prona sulle ruvide tavole della piattaforma per i tuffi. Non ricordava come ci fosse arrivata, e la cosa dapprima la sorprese, poi la terrorizzò. Lentamente, come se fosse quasi annegata, si voltò a faccia in su. Aveva in bocca un sapore salato di alghe e di acqua stagnante. Il cuore le pulsava furiosamente in petto. A poco a poco, il suo respiro si placò. Non pensava a tornare. Il tempo continuava a sfuggirle. In un lampo, rivide un momento della sua infanzia: la madre, a quel tempo sicura e tranquilla, le insegnava a tuf- farsi, il nonno l'osservava con quella sua aria di compiaciuto riserbo. Poi levò lo sguardo alla luna: pareva tanto vicina da poterne toccare i crateri. A quel punto l'assalì la sensazione, primordiale e istintiva, che non fos- sero soli. Scrutò l'acqua. Ma aveva perduto il senso delle distanze. Quando si vol- tò verso la radura dove James dormiva, le sembrò che lo spazio erboso si spostasse. La debole luce della luna sull'erba ricordava il bagliore del fo- sforo. Dall'erba, improvvisamente, sorse un'ombra. Brett si levò a sedere. «James...» Sorpresa, l'ombra si girò. La voce di Brett echeggiava sull'acqua. «James...» Di colpo, l'ombra svanì tra le ombre delle sue visioni... No. D'istinto, lei si alzò e si tuffò. La sensazione dell'acqua fredda le parve reale, quella seconda volta. A- veva meno paura di nuotare che di fermarsi e guardare lo spiazzo erboso. Uscì dall'acqua tremando di freddo. Il piccolo prato era buio e silenzioso. Procedette verso la coperta, sen- tendo l'erba sotto i piedi. L'ombra che aveva visto non era James. Il ragazzo giaceva come lo ave- va lasciato, però adesso guardava la luna.