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Giovanni Crisostomo Commento alla Prima lettera a Timoteo PDF

331 Pages·2007·0.8 MB·Italian
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Giovanni Crisostomo CCoommmmeennttoo aallllaa PPrriimmaa lleetttteerraa aa TTiimmootteeoo Tratto da http://www.clerus.org 1-4 COLLANA DI TESTI PATRISTICI diretta da ANTONIO QUACQUARELLI 124 Copertina di György Szokoly Con approvazione ecclesiastica © 1995, Città Nuova Editrice, via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma ISBN 88-311-3124-9 3 Giovanni Crisostomo COMMENTO ALLA PRIMA LETTERA A TIMOTEO Traduzione, introduzione e note a cura di Gerardo Di Nola città nuova editrice 5 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Felice Cece, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia 6 7 INTRODUZIONE 1. G. CRISOSTOMO, DISCEPOLO EINTERPRETE FEDELE DIPAOLO Il Commento alla Prima Lettera a Timoteo del «Bocca d’Oro», che viene qui presentato per la prima volta in versione italiana, risponde a una duplice motivazione. La prima, propriamente pastorale, si propone di focalizzare l’ardore apostolico e missionario che ha contraddistinto la figura di quest’«instancabile predicatore ed esegeta della parola divina, l’educatore e il fedele ammonitore della sua comunità, l’amico e il protettore dei poveri, degli oppressi, dei bisognosi»1. La seconda è quella di concretamente inverare e dimostrare ciò su cui tutti gli studiosi del Crisostomo (344 ca.-407) convengono e che Isidoro di Pelusio finemente espresse in questi termini: «Se il divino Paolo avesse voluto interpretare se stesso, non lo avrebbe 1 Hans von Campenhausen, I Padri greci, Brescia 1967, pp. 173-174. 2 Isidoro di Pelusio, Ep. 5, 32. Per quanto riguarda la particolare predilezione del Crisostomo per la figura e la dottrina dell’apostolo Paolo, di estremo interesse è lo studio dei sette Discorsi in lode di s. Paolo,di recente pubblicati in lingua italiana: cf. G. Crisostomo, Panegirici su san Paolo, trad., introd. 8 Introduzione fatto diversamente da come lo fece questo celebre maestro dello stile attico»2. La coscienza di adempiere la missione dell’annuncio della salvezza portata da Cristo all’umanità intera, nonché la tenace volontà di incarnarlo nelle Chiese affidate ad essi da Dio come pastori, maestri e ministri, accomunano sia l’Apostolo delle Genti che l’instancabile presbitero antiocheno e vescovo di Costantinopoli (398). Entrambi, infatti, intensamente vivono e con assoluta fedeltà adempiono il loro ministero di «inviati» mediante un intenso «contatto con la comunità cristiana tutta intera nella sua diversità» 3. In conformità ai principi esegetici della Scuola di Antiochia, attiva negli ultimi decenni del IV secolo e nei primi del V, il Crisostomo, letteralista in ambito esegetico, «in opposizione all’allegorismo alessandrino, considerato eccessivo e arbitrario» 4, interpreta i testi biblici ponendo in grande attenzione il loro senso storico. Di qui la costante applicazione che egli ne fa ai problemi pratici e morali della vita quotidiana delle anime di cui si sente responsabile pastore e guida. Pertanto, ben a ragione la Malingrey ritiene che la frenetica attività del suo apostolato a servizio di Dio e della Chiesa denoti una spiritualità che «risponde a tutti gli stati di vita. Essa non è stata fissata in un trattato e note a cura di S. Zincone (Collana Testi Patristici 69), Città Nuova Editrice, Roma 1988. 3 A.-M. Malingrey, Giovanni Crisostomo, in Dizionario patristico e di antichità cristiane, Marietti, Torino 1984, p. 1556. 4 M. Simonetti, Antiochia di Siria, V. Scuola, in Dizionario patristico…, cit., p. 241. Per quanto riguarda il problema della differente dottrina esegetica proposta dalla Scuola alessandrina e da quella antiochena, cf. A. Vaccari, La teoria esegetica antiochena, in «Biblica», 15 (1934), pp. 93-101; P. Ternant, La théorie d’Antioche dans le cadre des sens de l’Écriture, in «Biblica», 34 (1953), pp. 135-158.354-383.456-486; P. Brezzi, La gnosi cristiana di Alessandria e le antiche scuole cristiane, Introduzione 9 teorico, ma anima tutto il suo insegnamento»5. In pieno accordo con quest’attenta studiosa dell’opera e della teologia del Crisostomo, ritengo opportuno esporre, sia pur sinteticamente, i capisaldi della dottrina teologica delle Lettere pastoralidi Paolo, al fine di dimostare in maniera concreta quell’armonica osmosi di zelo missionario che anima questi due campioni della predicazione e della diffusione dell’economia della salvezza6. Roma 1950; A. Méhat, Étude sur les Stromates de Clément d’Alexandrie, Paris 1966, pp. 62-70. 5 A.-M. Malingrey, Giovanni Crisostomo, cit., p. 1556. 6 La necessità di tale esposizione risponde d’altronde al progetto di presentare l’intero Commento del Crisostomo alle Lettere pastorali paoline: la Prima e la Seconda Lettera a Timoteo ela Lettera a Tito, in due volumi. Il primo sarà dedicato interamente al Commento alla Prima Lettera a Timoteo,in quanto è composto di ben diciotto omelie; il secondo conterrà, oltre alla Seconda Lettera a Timoteo e alla Lettera aTito, propriamente pastorali, anche la Lettera a Filemone, che si distingue dalle precedenti per il suo carattere privato.La ragione dell’inserimento di quest’ultima è dettata da una duplice motivazione. Prima: la profonda unità tematica che amalgama il biglietto a Filemone alla dottrina e all’insegnamento delle Lettere pastorali. Seconda: l’accurato commento che ne fa il Crisostomo, mettendo in piena luce l’attualità del tema affrontato e sviluppato dall’Apostolo delle Genti. La brevità di questo testo non inficia affatto la sua eccezionale importanza, in quanto «può essere davvero considerato come “la prima dichiarazione cristiana dei diritti dell’uomo”. È un esempio pratico di come la Chiesa affrontò fin da principio il problema della schiavitù, che non era soltanto problema morale ma prima di tutto economico e sociale: l’abolizione automatica della schiavitù avrebbe probabilmente significato il crollo repentino dell’impero romano (gli schiavi erano dieci volte più numerosi dei cittadini), nonché la fame e la morte di milioni di questi infelici, che da un momento all’altro non avrebbero potuto crearsi un nuovo sistema di vita» (S. Cipriani, Le Lettere di Paolo, Cittadella Editrice, Assisi 19917, p. 586). È 10 Introduzione 2. LADOTTRINA DELLE «LETTEREPASTORALI» Ai fini del presente lavoro, nel rinviare ad autorevoli contributi critici i molteplici problemi concernenti in particolare l’origine, l’autenticità e l’insegnamento stesso dell’Apostolo7, ho ritenuto opportuno riprendere brevemente la dottrina delle Lettere pastorali per una più immediata dimostrazione e comprensione del profondo rapporto dialettico che intercorre tra Paolo e Crisostomo, fortemente impegnati nell’esercizio del loro ministero, ciascuno secondo il proprio carisma. La dottrina delle Lettere pastorali ha un carattere e uno sviluppo eminentemente pratico, a tal punto che in esse si possono chiaramente configurare un indirizzo e un intento squisitamente didattico e pedagogico. Infatti, «esse sono le uniche in tutta la Bibbia che contengano istruzioni ai “pastori” della Chiesa per la cura delle anime»8. Questa loro specificità di indirizzo trova la sua fondamentale ragion d’essere dalle stata pertanto questa scottante attualità del tema paolino a suggerirmi di presentare questa pagina crisostomiana in unione all’Epistolario pastorale paolino, in considerazione del fatto che essa, a causa della sua brevità, avrebbe trovato difficile collocazione in un altro progetto di versione in lingua dell’opera dell’infaticabile vescovo di Costantinopoli. 7 Cf. P. De Ambroggi, Le epistole pastorali di Paolo a Timoteo e a Tito, Torino 19642; A.T. Hanson, Studies in the Pastoral Epistles, London 1968; P. Dornier, Les épîtres pastorales, Paris 1969; C. Spicq, Les épîtres pastorales, Paris 19694; N. Brox, Le lettere pastorali, Brescia 1970; J.N.D. Kelly, A Commentary on the Pastoral Epistles, London 1972; J. Jeremias, Le lettere a Timoteo e a Tito, Brescia 1973, pp. 10- 128; S. Lestapis, L’énigme des Pastorales de St. Paul, Paris Introduzione 11 circostanze storiche per le quali Paolo le ha scritte. Esse, infatti, hanno lo scopo di porre un freno all’insorgere di alcune tendenze autonomistiche riguardanti in maniera particolare l’insegnamento dell’autentica Parola di Dio e di riproporre con assoluta integrità il concetto di «tradizione», intesa come totale fedeltà nell’accogliere, nell’accettare e nel trasmettere il «deposito» rivelato9. A conferma di questo scopo pedagogico di Paolo, basti considerare sia le persone a cui egli si rivolge e sia le stesse questioni affrontate e riguardanti l’intera comunità ecclesiale. Crisostomo si fa fedele portavoce e interprete di questo afflato squisitamente spirituale e pastorale dell’Apostolo, incarnandolo nella Chiesa affidata alle sue cure. Questa volontà dell’omileta si evince in modo particolare dall’insistenza con cui certi problemi vengono rimeditati e riproposti nel corso delle diciotto omelie. Tutti i cristiani devono attendere alle cose divine e celesti, se veramente vogliono definirsi autentici seguaci di Cristo. A chi è rivolto, dunque, l’insegnamento dell’Apostolo? A chi quello dell’omileta? A tutti i membri che in vario modo e secondo i propri carismi vivono il loro impegno nella comunità ecclesiale: da quelli che sono preposti alla guida spirituale, e cioè la gerarchia ecclesiastica, ai semplici fedeli che intendono veramente perseguire la promessa divina del premio eterno. La predicazione crisostomiana, fedelissima all’insegnamento del suo maestro nella fede, si attiene scrupolosamente al dettato della Sacra Scrittura, storicizzando il suo contenuto mediante nuovi ordinamenti, nuove prescrizioni e nuove esortazioni, a seconda delle diverse esigenze storico-pastorali. Preoccupazione costante di questi due pastori d’anime 1976; R. Fabris, Le lettere pastorali, Brescia 1986; J. Roloff, Der erste Brief an Timotheus, Zürich 1988; sulla questione

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Il Commento alla Prima Lettera a Timoteo del. «Bocca d'Oro», che viene qui presentato per la prima volta in versione italiana, risponde a una duplice.
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