Dottorato di Ricerca in Italianistica e Filologia classico-medievale - Indirizzo Italianistica Scuola di dottorato in Scienze Umanistiche Ciclo XXIII (A.A. 2009 - 2010) Un «giardiniere e botanico delle lingue»: Andrea Zanzotto traduttore e autotraduttore SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE DI AFFERENZA: L-FIL-LET/11 Tesi di dottorato di Silvia Bassi, matricola 955454 Coordinatore del Dottorato Tutore del dottorando Prof. Pietro Gibellini Prof.ssa Silvana Tamiozzo Goldmann Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza il generoso contributo del Comune di Pieve di Soligo, a cui va la mia personale riconoscenza, insieme a quella del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Un ringraziamento affettuoso a Andrea Zanzotto per la disponibilità attenta e costante e per quello che mi ha insegnato durante le nostre conversazioni e alla sua famiglia per l'accoglienza in occasione di questi incontri. 1 Indice Introduzione p. 3 Zanzotto autotraduttore «E no tu me basta»: Filò tra dialetto e lingua. p. 15 La «lingua dei morti». Italiano e dialetto in Idioma p. 25 Sovrimpressioni di diverse lingue p. 33 Irruzioni del dialetto in Conglomerati p. 47 «In forma di haiku, o forse, poemi»: composizione inglese e p. 59 trascrizione italiana degli haiku Zanzotto traduttore di prosa Un incrocio di lingue e culture: le traduzioni dai romanzi di Malek p. 69 Haddad (Una gazzella per te e L‟ultima impressione) Una traduzione di traduzione: Giamilja da Ajtmatov a Zanzotto p. 94 attraverso Aragon Letteratura come autobiografia in Età d‟uomo e Notti senza notte e p. 102 alcuni giorni senza giorno, di Michel Leiris Di fronte a un classico: le traduzioni da Honoré de Balzac (La ricerca p. 116 dell‟assoluto e Il medico di campagna) L‟originalità nella saggistica: Georges Bataille, Nietzsche e La p. 152 letteratura e il male Gli Studi di sociologia dell‟arte di Pierre Francastel e gli albori di una p. 187 disciplina Zanzotto traduttore di poesia I Testi scelti di Henri Michaux e la conoscenza sperimentale dell‟io p. 206 Zanzotto e il «grande iniziatore»: le traduzioni da testi di Paul Éluard p. 226 A confronto con Rimbaud: Les chercheuses de poux p. 241 Un incessante dialogo poetico: Zanzotto e Hölderlin p. 251 1 Appendice. Conversazioni con Andrea Zanzotto 25 giugno 2008 p. 275 29 ottobre 2008 p. 278 29 gennaio 2009 p. 282 27 marzo 2009 p. 285 16 giugno 2009 p. 288 28 ottobre 2009 p. 292 28 gennaio 2010 p. 296 Bibliografia p. 305 Avvertenza p. 305 I. Testi di Andrea Zanzotto p. 305 I. 1 Opere in versi e in prosa p. 305 I. 2 Saggi, interviste, prefazioni/postfazioni p. 308 II. Traduzioni di Andrea Zanzotto p. 312 III. Testi originali delle traduzioni p. 314 IV. Altri testi p. 316 V. Bibliografia della critica p. 330 VI. Dizionari p. 342 2 Introduzione Molti di coloro che scrivono si sentono anche un po‟ giardinieri e botanici delle lingue, che essi apprezzano quasi come fiori in un erbario (fiori di grammatica, di lessico ecc.). (Zanzotto, Conversazione sottovoce sul tradurre e l‟essere tradotti) In fondo io sono stato più un «botanico delle grammatiche», che un conoscitore, sia pur mediocre, di lingue. C‟è qui un mio oscuro problema forse connesso a un certo modo di porsi del mio atto poetico. Ma appunto, navigando approssimativamente all‟interno di queste grammatiche mi capita spesso il piacere di scoprire fiori particolari, efflorescenze meravigliose cui ben si possono paragonare tutte le lingue, efflorescenze anche pericolose. (Zanzotto, Europa, melograno di lingue) «In principio fu il traduttore»1: all‟origine di ogni tradizione linguistica e perciò letteraria è possibile rintracciare un processo di trasposizione da un‟altra lingua di contenuti che si sente la necessità di veicolare in nuova veste. Senza voler attribuire con certezza un primato cronologico alla figura del poeta o a quella del traduttore, è da riconoscere di certo il ruolo fondante che i contatti e i trasferimenti tra lingue diverse rivestono nella storia delle civiltà e dei loro modi di comunicazione. Nella fattispecie, la traduzione di testi letterari si rivela determinante, attraverso il confronto tra idiomi altri, per la formazione della coscienza e della sensibilità letteraria, in senso filogenetico e ontogenetico. Tutto questo è pur vero per il poeta Andrea Zanzotto, il quale testimonia di aver cominciato a tradurre versi di poeti stranieri, pur conoscendone a volte soltanto vagamente la lingua, durante gli anni della formazione scolastica poi universitaria: in concomitanza con il primo 1 Traduzione dell‟affermazione, espressa in latino, di Gianfranco Folena, il quale così esordisce nel suo saggio Volgarizzare e tradurre: «È noto che all‟inizio di nuove tradizioni di lingua scritta e letteraria, fin dove possiamo spingere lo sguardo, sta molto spesso la traduzione: sicché al vulgato superbo motto idealistico in principio fuit poëta vien fatto di contrapporre oggi l‟umile realtà che in principio fuit interpres, il che significa negare nella storia l‟assolutezza o autoctonia di ogni cominciamento.» Gianfranco Folena, Volgarizzare e tradurre, Torino, Einaudi, 1994, p. 3. 3 approccio ai loro testi e allo stesso tempo con l‟iniziale maturare della scrittura di versi in proprio. La scoperta di poeti geograficamente distanti avviene dunque mediante lo strumento privilegiato della traduzione. Per Zanzotto, inoltre, lo stretto contatto di lingue diverse è familiare fino dall‟infanzia: essendo egli nato e cresciuto in un contesto dialettofono, la sua lingua madre è il «vècio parlar» del paese Pieve di Soligo, unico idioma in grado di conciliare perfettamente dimensione individuale e sociale: «il dialetto Ŕ ha affermato Ŕ è veramente il punto in cui la langue coincide con la parole, e quindi ognuno è pontefice di se stesso e della propria lingua nel momento in cui parla.»2 Dai primi anni si delinea però l‟inevitabile diglossia dialetto-lingua ufficiale; l‟italiano è conosciuto non soltanto attraverso l‟imposizione scolastica ma anche grazie alle fonti letterarie di certa cultura popolare, come ricorda lo stesso Zanzotto: Pure parlando sempre questo dialetto, anche oggi, ho avuto fin dalla prima infanzia un contatto immediato con il toscano letterario attraverso quella certa cultura di origine popolare-illustre che ha un esempio nella diffusione di massa dei grandi poemi del Cinquecento verificatasi nei secoli scorsi. Tasso e Ariosto venivano ripetuti a memoria nei 3 filò (veglie contadine durante l‟inverno) fino all‟anteguerra. A questo dualismo originario si aggiungono, ancora nei primi anni, il francese, il latino e il tedesco, ulteriori «presenze» nell‟universo linguistico di Zanzotto, da lui cosí evocate: Esistevano inoltre per me altre presenze linguistiche importanti: prima fra tutte un francese casalingo, quello dei nostri emigranti, come fu mio padre (per sfuggire alle persecuzioni fasciste e per necessità economiche) e sono stato più tardi anch‟io. In più il latinetto di varia provenienza, specie quello ecclesiastico rimodellato dalla meravigliosa e produttiva ignoranza delle donnette, che rispondevano con celesti invenzioni alla violenza abietta di chi le condizionava a parlare senza capire. Per me brillarono anche frammenti di tedesco minimo, grazie alla nonna che era stata cameriera a Vienna (e che mi ripeteva Erminia tra i 2 Andrea Zanzotto, Conversazione sottovoce sul tradurre e l‟essere tradotti, in Venezia e le lingue e letterature straniere, Atti del Convegno, Università di Venezia, 15-17 aprile 1989, a cura di Sergio Perosa, Michela Calderaro e Susanna Regazzoni, Roma, Bulzoni, 1991, p. 477. 3 Id., Uno sguardo dalla periferia, in Id., Le poesie e prose scelte, a cura di Stefano Dal Bianco e Gian Mario Villalta, Milano, Mondadori, 1999 (I Meridiani), p. 1155. 4 pastori), e di latino maccheronico, grazie a una mia zia, impiegata presso un notaio […]4 Gli studi successivi, al Collegio Balbi-Valier, poi all‟Istituto magistrale di Treviso e in seguito all‟Università di Padova, gli consentono di sviluppare queste prime conoscenze anche con la scoperta della grande letteratura, quando possibile nella lingua originale. A questi anni di formazione risalgono inoltre i primi accostamenti all‟inglese da un lato, e al greco dall‟altro, in entrambi i casi per una precisa volontà di apprendimento, realizzato in prevalenza da autodidatta.5 «In realtà ho imparato in numerose lingue (francese, tedesco, spagnolo, portoghese) numerose poesie a memoria: il mio patrimonio è proprio quello», ha ricordato anche di recente Zanzotto6, per il quale lingua e poesia rappresentano, ancora una volta, entità inscindibili. La coesistenza di diverse lingue comporta un‟inevitabile continua collisione: Tutti questi discontinui mondi degli idiomi necessitano, per contraccolpo, di entrare in confronto, di presentarsi come diversità reciproca e di venire frantumati in continuazione, di essere ridotti in scintille.7 L‟esigenza è fortemente sentita dal poeta, il quale non di rado inserisce nelle sue poesie in italiano «scintille» tratte dal dialetto e dalle lingue classiche, nonché dal francese, dall‟inglese e dal tedesco. Vista l‟importanza, quindi, del confronto tra diversi idiomi per Zanzotto, la sua opera di traduttore, da lui esercitata da un lato sui propri testi (dal dialetto e anche dall‟inglese all‟italiano), dall‟altro su scritti di autori stranieri, deve essere considerata parte integrante della sua produzione di scrittore in versi e in prosa. Tuttavia, fatta eccezione per uno studio di Giovanni Meo Zilio sulla doppia versione in dialetto e in lingua della fiaba popolare La storia dello zio Tonto8, l‟attività di Zanzotto traduttore e autotraduttore non è stata finora al centro di un sistematico esame critico, ma è stata citata soltanto occasionalmente in funzione dell‟analisi di Zanzotto poeta.9 4 Ivi, pp. 1155-1156. 5 Cfr. l‟accurata Cronologia zanzottiana, a cura di Gian Mario Villalta, nel “Meridiano” Le poesie e prose scelte, cit., pp. CII-CVI. 6 Riflessione registrata durante una conversazione con il poeta tenutasi a Pieve di Soligo il 29 ottobre 2008. 7 Zanzotto, Conversazione sottovoce sul tradurre e l‟essere tradotti, cit., p. 476. 8 Giovanni Meo Zilio, Andrea Zanzotto. Come un poeta veneto traduce se stesso (Per una critica stilistica della traduzione), in «Quaderni Veneti», n. 14, dicembre 1991, pp. 95-107. 9 Come avviene, ad esempio, nel saggio di Lucia Conti Bertini, Andrea Zanzotto o la sacra menzogna, 5 Il fenomeno può essere spiegato in parte, per quanto concerne almeno il versante dialettale, alla luce di una visione ancillare della traduzione rispetto alla produzione originale, come evidenziato dalle seguenti considerazioni di Meo Zilio, che sminuiscono in generale il valore delle traduzioni dialetto-italiano: non è la prima volta che Zanzotto traduce in italiano un proprio testo letterario veneto, ma lo ha fatto, per lo più, didascalicamente, in nota, a pié pagina, per facilitarne la lettura da parte del non venetofono o del non specialista: con finalità pertanto di tipo pratico e non direttamente letterarie. Tali traduzioni strumentali, usuali tra i nostri poeti dialettali, sogliono essere scarsamente utilizzabili dal critico (al di fuori della loro strumentalità) per lo studio stilistico dell‟autore e quindi, attraverso di esso, per la comprensione della sua spiritualità. In realtà, per Zanzotto come per altri poeti, l‟apparato paratestuale, costituito da annotazioni di vario genere, in appendice o a piè pagina, svolge una funzione primaria di commento ai propri testi e di instradamento Ŕ o, in qualche caso, di voluta deviazione Ŕ per l‟esegesi degli stessi. Si ritiene inopportuno a maggior ragione liquidare come meramente strumentali le trascrizioni in lingua che Zanzotto ha fornito per i suoi testi dialettali, così come non sono da considerare un semplice servizio per il lettore italiano le traduzioni da autori stranieri da lui pubblicate. Il presente lavoro si propone dunque di fornire una prima recensione sistematica delle traduzioni edite di Zanzotto, sia sul versante della ritrascrizione di propri testi sia su quello della versione italiana di originali in altre lingue. L‟analisi delle traduzioni comprenderà poi un esame del contesto in cui esse hanno avuto origine, e, per quanto concerne i testi di altri, della conoscenza da parte del traduttore degli autori di volta in volta affrontati e della loro precedente ricezione in Italia. Con la presente indagine ci si è proposti un approccio da un nuovo punto di vista alla produzione zanzottiana e di mettere maggiormente a fuoco una figura di intellettuale che, pur rimanendo volutamente appartato, ha mostrato una capacità non comune di ricezione, di rielaborazione e di trasmissione in ambito italiano di culture altre, senza per questo dimenticare il profondo ancoramento alle proprie origini. Venezia, Marsilio, 1984, oppure nell‟articolo di Carlo Ossola, «Un œil immense artificiel»: il sogno „pineale‟ della scrittura. (Da Baudelaire a D‟Annunzio e a Zanzotto), in Id., Figurato e rimosso. Icone e interni del testo, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 143-171. 6 Com‟è ovvio, per la conduzione di questo lavoro si è tenuto sempre conto della produzione poetica e in prosa di Zanzotto che si dispiega parallelamente alle traduzioni esaminate, con un‟attenzione ravvicinata ai suoi saggi critici, spesso Ŕ ma di certo non solo, considerata la vastità delle letture zanzottiane testimoniata da questi interventi10 Ŕ incentrati sugli stessi autori tradotti e perciò chiavi di lettura preziose per indagare il suo «avvicinamento» ad essi. Strumenti fondamentali sono stati inoltre, oltre ai principali scritti teorici sulla traduzione letteraria11, testi di altri importanti poeti-traduttori che hanno riflettuto sulla propria attività, nonché i contributi offerti da Zanzotto stesso sulla pratica della traduzione e sui contatti tra diverse lingue. A queste fonti si è aggiunta, in tutte le fasi della ricerca, l‟opportunità di interloquire direttamente con Andrea Zanzotto sui temi affrontati: dalle otto conversazioni con il poeta avvenute a Pieve di Soligo tra il giugno 2008 e il giugno 2010 si sono tratti i resoconti presentati in appendice. Come si vedrà, le dichiarazioni di Zanzotto registrate durante tali incontri, alle quali si rimanda frequentemente nei diversi capitoli di questo lavoro, hanno svolto un decisivo ruolo di supporto e di stimolo per l‟indagine qui intrapresa. Zanzotto ha manifestato un interesse anche teorico per il dibattito sulla traduzione, in particolare poetica, esprimendo in diverse occasioni il proprio punto di vista, anche alla luce della sua esperienza Ŕ a volte quasi traumatica12 Ŕ di autore tradotto. In una lettera del 1999 a Franco Buffoni, animatore della rivista «Testo a fronte» (all‟avanguardia in Italia per gli studi di traduttologia), Zanzotto, alludendo alla posizione dantesca, sembra negare la possibilità di un‟autonomia, se non di una validità della traduzione poetica: Sul “legame musaico” destinato comunque a saltare quasi del tutto, salvo rare e famose eccezioni, il soccorrevole e necessario spazio del testo a fronte ha una parte essenziale, e serve anche a tener viva la consapevolezza che le lingue non sono solo strumenti, ma 10 Una parte dei quali riunita nei due volumi di Scritti sulla letteratura: Fantasie di avvicinamento e Aure e disincanti nel Novecento letterario, Milano, Mondadori, 2001. 11 Tra i capisaldi del dibattito teorico internazionale sulla traduzione vi sono: Georges Mounin, Teoria e storia della traduzione, Torino, Einaudi, 1976; Susan Bassnett, La traduzione. Teorie e pratica, Milano, Bompiani, 1993; George Steiner, Dopo Babele. Aspetti del linguaggio e della traduzione, Milano, Garzanti, 1994; il più aggiornato sui nuovi sviluppi degli studi di traduttologia: Lawrence Venuti, L‟invisibilità del traduttore. Una storia della traduzione, Roma, Armando, 1999. 12 Ricorda infatti Zanzotto: «nel seguire le traduzioni, all‟inizio ho provato certe volte un senso di depressione spaventosa, perché mi pareva di regredire proprio ai primi momenti della mia elaborazione poetica con tutte le loro incertezze.» Zanzotto, Europa, melograno di lingue, in Venezia, Società Dante Alighieri - Università degli Studi di Venezia, 1995; poi in Id., Le poesie e prose scelte, cit., p. 1360. 7 strutture antropologiche.13 Il testo originale a fronte, almeno quando si tratti di lingue vicine a quella del lettore e che si possono presumere conosciute, è ritenuto irrinunciabile per le versioni di poesia, poiché, come aveva affermato Zanzotto in una precedente occasione, «questa vuol essere un po‟ di tutto: musica, pittura, logos, corpo; insomma ha infinite pretese».14 A tali riflessioni si deve probabilmente la ritrosia di Zanzotto a cimentarsi in traduzioni sistematiche di poeti e, quando rielabora in italiano alcuni versi in altre lingue, a pubblicarli. Su quello che è ormai un mito teorico dell‟«impossibilità» della traduzione è intervenuto tra l‟altro Fernando Bandini, poeta (nonché studioso anche di Zanzotto), affermando invece: la traduzione non è impossibile, costituisce anzi un evento di rilievo della pratica letteraria. E [...] la poesia non vive soltanto della specificità dei suoi significanti ma [...] esiste una parola-scrittura, spesso trascurata dalle analisi delle strutture formali, che si libra al di sopra di quelle che qui empiricamente e provvisoriamente si possono definire figure di suono, cioè le allitterazioni, il linguaggio fono-simbolico, il verso e la rima.15 Anche Zanzotto, in un altro intervento sul tema, recupera una parziale possibilità, in determinati casi, di creare versioni di poesia non del tutto inadeguate: La traduzione, il «trasferimento» della poesia in senso totale, sappiamo che è impossibile; ma che esistano dei trapianti, degli innesti, o delle belle imitazioni, questo è possibile, soprattutto per un certo tipo di poesia basata su un discorso che presenta un livello logico abbastanza scorrevole, collegato alla veicolarità.16 Si è accennato come spesso per Zanzotto traduzione e riflessione critica, sia per gli autori di prosa sia di poesia, avvengano allo stesso tempo: come da lui osservato, infatti, i due momenti non possono che essere strettamente connessi tra loro: 13 Id., Una lettera di Andrea Zanzotto sulla questione del “testo a fronte”, in Franco Buffoni, Con il testo a fronte. Indagine sul tradurre e l‟essere tradotti, Novara, Interlinea, 2007, p. 93. Lettera datata «31 ott. 99». 14 Id., Conversazione sottovoce sul tradurre e l‟essere tradotti, cit., p. 471. 15 Fernando Bandini, I misteri della traduzione, Venezia, Università Ca‟ Foscari - Supernova, 2005, p. 14. 16 Zanzotto, Europa, melograno di lingue, cit., p. 1362. 8
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