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gesta regum anglorum PDF

349 Pages·2014·2.87 MB·English
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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN Storia Indirizzo: Storia Medievale Ciclo XXV Settore Concorsuale di afferenza: 11/A1 – STORIA MEDIEVALE Settore Scientifico disciplinare: M-STO/01 – STORIA MEDIEVALE PROPTER ADHORANTIUM AUCTORITATEM VOLUNTATE. LEGITTIMAZIONE, PATRONAGE E PROPAGANDA NELLE GESTA REGUM ANGLORUM DI GUGLIELMO DI MALMESBURY Presentata da: Dott. Lorenzo Bellei Mussini Coordinatore Dottorato Relatore Chiar.mo Prof. Dott.ssa Massimo Montanari Francesca Roversi Monaco Esame finale anno 2014 INDICE Introduzione p. i I Le Gesta Regum Anglorum e la dinastia anglo-normanna I.1 Guglielmo di Malmesbury: cenni biografici p. 1 I.2 Composizione e contesto delle prime due lettere dedicatorie p. 3 I.3 Roberto di Gloucester e le Gesta Regum Anglorum p. 30 II Guglielmo di Malmesbury e le Gesta Regum Anglorum II.1 La revisione delle Gesta Regum Anglorum p. 66 II.2 La concezione politica di Guglielmo di Malmesbury p. 79 III Ipotesi di lettura delle Gesta Regum Anglorum III.1 La chiesa inglese e le Gesta Regum Anglorum p. 106 III.2 La nobiltà inglese e le Gesta Regum Anglorum p. 136 IV Dalle Gesta Regum Anglorum all’Historia Novella IV.1 Gli ultimi tre prologhi delle Gesta Regum Anglorum p. 175 IV.2 Guglielmo il Conquistatore p. 180 IV.3 Guglielmo il Rosso p. 204 IV.4 Enrico I p. 224 IV.5 Roberto di Gloucester dalle Gesta Regum all’Historia Novella p. 243 Bibliografia p. 272 Introduzione L’oggetto di ricerca della presente tesi di dottorato è costituito principalmente dall’analisi delle Gesta Regum Anglorum – opera in cinque libri, composta in Inghilterra nel XII secolo dal monaco benedettino Guglielmo di Malmesbury –, all’interno della quale sono stati esplorati e verificati i temi di legittimazione, di patronage e di propaganda. L’interesse per questa fonte e per i temi che in essa vengono analizzati trae origine dall’attenzione che chi scrive ha rivolto, durante gli anni della laurea triennale prima e, successivamente, di quella specialistica, allo studio della storia del pensiero politico medievale e, in particolare, dei testi storiografici quali strumenti di propaganda politica. Nello specifico, l’interesse per l’oggetto della tesi nasce dallo studio della dimensione politica nelle opere storiografiche anglo-normanne. In considerazione di ciò, una volta stabilito di analizzare le Gesta Regum Anglorum, si è deciso di procedere con lo studio e con l’indagine della fonte guidati dalle seguenti domande: quale tipo di funzione potevano avere le Gesta Regum Anglorum? Inoltre, al di là della dichiarata motivazione che il monaco illustra nel prologo al I libro, per chi vennero scritte e con quale scopo? Nello stesso titolo della tesi, del resto, viene ripresa e condensata parte della seconda domanda: si tratta di un passaggio del primo prologo all’interno del quale l’autore, parlando della sua opera, riferisce di averla composta «propter adhorantium auctoritatem voluntate», ossia «per le autorevoli esortazioni che ricevetti». Tali domande, al pari del titolo, rappresentano, dunque, il punto di partenza che ha indotto chi scrive a sviluppare, nel primo capitolo della tesi, ipotesi su chi fossero i potenziali committenti e destinatari delle Gesta Regum, su quali relazioni intercorressero tra costoro e Guglielmo di Malmesbury, senza mai tralasciare l’analisi del contesto storico nel quale l’autore visse: la sua abbazia di provenienza e i legami che essa aveva con la Chiesa anglo-normanna – in particolare, come si vedrà nel testo, con il vescovo di Salisbury, Ruggero, figura di prim’ordine nel regno inglese, essendo anche responsabile dello Scacchiere – e con alcune delle più importanti figure del regno – la regina Matilde d’Inghilterra e il figlio bastardo di re Enrico I, Roberto conte di Gloucester –. In tal senso, l’analisi è stata orientata sull’aspetto legittimatorio che quest’opera poteva contenere nei confronti di uno dei suoi potenziali destinatari (Roberto di Gloucester), nonché verso la pratica del patronage – termine inglese che indica i privilegi, la protezione e il sostegno finanziario che un individuo (ecclesiastico o laico) poteva conferire a un centro religioso per il suo consolidamento politico e territoriale o, direttamente, a una persona –, verificando la possibilità che le Gesta Regum potessero servire come strumento per ottenere un patronage da parte del conte nei confronti i dell’abbazia di Malmesbury. Oltre a ciò, si è voluto rivolgere l’attenzione al carattere propagandistico dell’opera, dove l’ipotesi avanzata è che la propaganda contenuta nelle opere provenienti dagli ambienti monastici fosse prevalentemente in favore del monastero stesso, sicché uno dei principali motivi che poteva indurre Guglielmo di Malmesbury a parlar in maniera positiva o negativa di «esterni» (laici o clero secolare) fosse quanto questi avevano fatto in favore del monastero. Infine, nella parte finale della tesi si è voluto ritornare all’aspetto legittimatorio delle Gesta Regum, tentando di fornire un’analisi delle tre raffigurazioni dei sovrani normanni d’Inghilterra che punteggiano i tre libri finali dell’opera. Lo studioso che si prefigge di analizzare un testo storiografico ha la possibilità di farlo sotto numerose angolature; in questo caso si è optato per la scelta di «far parlare» il testo, cercando di carpire dalle sue pieghe il pensiero dell’autore, le sue convinzioni, la sua cultura, i rapporti con i suoi contemporanei, con le sue fonti e la concezione che egli aveva degli eventi storici che descriveva. Ciò consente, infatti, di interpretare quanto l’autore volesse significare, nonché di valutare l’impatto che la sua opera ebbe nel regno anglo-normanno. Ma è chiaro che l’angolatura dalla quale le Gesta Regum Anglorum vengono studiate e analizzate in questa tesi è un argomento che vanta in parte un’ampia bibliografia, risentendo principalmente del contributo offerto dalla critica storiografica sviluppatasi in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America su Guglielmo di Malmesbury, sulla sua produzione letteraria e sulla storia dell’Inghilterra anglo- sassone e normanna. In particolare, si deve a Rodney Thomson e alla sua monografia sul monaco di Malmesbury1 il principale apporto per uno studio comprensivo e un’interpretazione delle realizzazioni intellettuali di Guglielmo: in esso lo storico offre un’analisi assai dettagliata sull’autore delle Gesta Regum e sul suo tempo, prestando particolare attenzione al mondo benedettino, al modo di apprendere e di scrivere storia nel XII secolo da parte dei monaci, fino al contributo inglese alla rinascita culturale del XII secolo. D’altra parte, il Thomson che, insieme a Sir Roger Mynors e a Michael Winterbottom, ha curato l’ultima edizione critica delle Gesta Regum Anglorum, non è nuovo allo studio di determinate tematiche, tant’è che egli ha dedicato numerose delle sue ricerche al monaco di Malmesbury e sulla sua produzione, pubblicando diversi contributi. Analogamente, anche gli studi del Winterbottom sono incentrati sull’opera di Guglielmo: ciascuno di essi fornisce informazioni e riflessioni senza le quali, difficilmente, questa tesi di dottorato avrebbe preso corpo; tuttavia la maggior parte della bibliografia su Guglielmo di Malmesbury è imperniata, per lo più, su questioni di carattere storico o filologico e, soprattutto, troppo incentrata sulla specificità 1 Thomson, William of Malmesbury, Woodbridge 1987. ii dell’autore, senza riuscire a enucleare completamente i temi e i tratti comuni presenti nelle sue opere. Non altrettanto interesse ha avuto, infatti, lo studio della concezione politica di Guglielmo e soprattutto l’analisi della dimensione politica dei suoi lavori, oltre ai suoi possibili rapporti con figure della corte reale inglese che lo avrebbero portato a godere della fama di uno dei maggiori storici dell’Inghilterra anglo-normanna. Se si eccettuano, infatti, gli articoli di Joan Haahr e di Bjorn Weiler sulla concezione della regalità (Kingship) elaborata da Guglielmo di Malmesbury2, non vi sono analoghi studi significativi sull’utilizzo politico della produzione storiografica dell’autore. Peraltro, non si segnala neppure la presenza di lavori che si siano prefissati di affrontare il rapporto che intercorreva tra Guglielmo di Malmesbury e il suo principale destinatario, Roberto di Gloucester. Al figlio illegittimo di Enrico I d’Inghilterra sono state attribuite dalla critica storiografica numerose caratteristiche: amante delle opere letterarie, comandate di eccellente valore, nonché patrono di Guglielmo di Malmesbury e di un altro celebre storico, Goffredo di Monmouth; e però ciò è stato fatto senza mai tentare di ricostruire i motivi per i quali gli autori delle fonti descrivevano il conte in questo modo. L’unico lavoro che tenta un primo approccio a questo tema è l’articolo di Jan Guy Gouttebroze, Robert de Gloucester et l’ecriture de l’historie, in cui l’autore presenta la formazione e le ambizioni del conte di Gloucester in relazione a coloro che lo fecero destinatario di loro opere (Guglielmo di Malmesbury e Goffredo di Monmouth). Sicché, in questa tesi si è voluto approfondire le notizie riguardanti il conte, indagandone la genesi e soprattutto analizzando l’eventuale rapporto con Guglielmo di Malmesbury, ipotizzando che cosa esso comportasse e in quale misura si fosse sviluppato. Dall’analisi effettuata il dato che emerge è una convergenza di interessi tra il monaco (e la sua abbazia) e il conte non solo dal punto di vista «difensivo» nei confronti di due avversari importanti e agguerriti, come Ruggero di Salisbury e Stefano di Blois – re d’Inghilterra dal 1135 al 1153 –, ma anche dal punto di vista politico. Ma per capire i motivi di questa convergenza occorre avere bene in mente quanto avvenuto negli anni che intercorsero tra il 1118 e il 1135. Se nel 1118 Ruggero di Salisbury aveva subordinato alla diocesi di cui era vescovo l’abbazia di Malmesbury – sostenendo che quest’ultima era stata, in passato, un possedimento di Salisbury –, nel 1120 Guglielmo Aetheling, erede designato da Enrico I alla successione al trono d’Inghilterra, era morto nel naufragio della Blanche-Nef. Per ciò, se il primo episodio aveva messo in discussione il patronage regio di cui l’abbazia di Malmesbury aveva sempre usufruito, il secondo episodio aveva scompaginato totalmente la successione al trono d’Inghilterra. Solo nel 1127 a Windsor, 2 Haahr, The concept of kingship in William of Malmesbury’s Gesta Regum and Historia Novella, pp. 351-371; Weiler, William of Malmesbury on Kingship, pp. 3-22 e Royal Virtue and Royal Justice in Walter Map’s De Nugis Curialium and William of Malmesbury’s Historia Novella, pp. 317-339. iii infatti, Enrico I avrebbe costretto i magnati a giurare fedeltà alla figlia Matilde (vedova dell’imperatore Enrico I) che venne così riconosciuta legittima erede al trono d’Inghilterra e del ducato di Normandia. Tuttavia, nel 1135, Stefano di Blois nipote di Enrico I primo si sarebbe impossessato del trono inglese; episodio, quest’ultimo, che avrebbe dato inizio al periodo meglio conosciuto come anarchia. La storiografia inglese e statunitense che ha affrontato questo ampio lasso temporale ha prodotto validissimi lavori che, senza mai tralasciare la ricostruzione narrativa degli avvenimenti, si sono occupati prevalentemente di mettere a fuoco le strutture del potere e della società anglo-normanna. Gli studi di David Bates, Frank Barlow, David Crouch, Judith Green, Warren Hollister e Sir Richard Southern hanno strutturato le loro indagini sulla lettura serrata e diretta di diverse tipologie di fonti (narrative e documentarie, su tutte) riuscendo a mettere in evidenza le strutture istituzionali del regno anglo-normanno, nonché offrendo una ricostruzione generale del quadro storico trovando, quando possibile, un riscontro documentario di quanto affermato dalle fonti narrative. Tuttavia, com’è possibile notare da questo breve resoconto storiografico, queste tematiche sono state affrontate da studiosi prevalentemente anglofoni o, al massimo, francofoni. In Italia questi temi sono stati poco frequentati, fatta eccezione per i lavori di Glauco Maria Cantarella che, seppur incentrati più sull’«universo» normanno dell’Italia meridionale, ha toccato temi molti vicini a quello dei normanni in Inghilterra3. Di fondamentale apporto, nonché per lo studio delle dinamiche tra lo storico e la corte, è stato, tra i lavori del Cantarella, il coinvolgente volume Principi e Corti4. In esso, lo studioso si sofferma sull’importanza degli storici e della corte, sul tipo di rapporto che andava a instaurarsi tra i primi e i principi, ma anche con duchi, conti e regine e sull’elaborazione per questi di «modelli di riflessione politica nei quali le regole di comportamento si intrecciano con il dibattito sul governo temperato o tirannico». Questo tipo di studio apre alla concezione della corte come luogo del pieno Medioevo occidentale dove si sente la necessità dei servigi degli uomini di cultura, giacché la corte è anche il luogo dove si fa politica. Così, l’analisi dei temi di legittimazione e di propaganda all’interno delle Gesta Regum Anglorum risulta incompleta senza affrontare lo studio della pratica del patronage. Questo lavoro si prefigge quindi di esaminare anche i meccanismi di tale azione, esplorando i ruoli di committenti e 3 Cantarella, Il pallottoliere della regalità: il perfetto re della Sicilia normanna, pp. 29-45; Cantarella, La costruzione della verità: Pasquale II, un papa alle strette, Roma 1987; Cantarella, La cultura di corte, pp. 295-330; Cantarella, La fondazione della storia nel regno normanno di Sicilia, 171-196; Cantarella, La rivoluzione delle idee nel secolo undicesimo, pp. 7-93; Cantarella, La Sicilia e i Normanni. Le fonti del mito, Bologna 1988; Cantarella, Le basi concettuali del potere, pp. 193-208. 4 Cantarella, Principi e corti. L’Europa del XII secolo, Torino 1997. iv destinatari del testo, la loro funzione sociale unita a quella della stessa opera, nel tentativo di comprendere il quadro del rapporto tra testo e contesto. Al di là del fatto che opere come le Gesta Regum Anglorum potessero rispondere a più bisogni e che potessero svolgere funzioni etico-didascaliche, documentarie, sociali e politiche, in base alle loro peculiari circostanze di produzione, tuttavia si ritiene che, grazie all’indagine svolta in questo lavoro, siano tre le funzioni dominanti delle Gesta Regum: quella legittimatoria, quella propagandistica e quella politica, alla ricerca di un patronage, in un’Europa del XII secolo dove non molte erano le realtà che potevano vantare una quantità e una qualità di opere storiografiche come quelle prodotte nell’Inghilterra normanna5. È desiderio, infine, ringraziare sentitamente tutte le persone che hanno consentito a questa tesi di prendere forma e a colui che l’ha composta di maturare dal punto di vista della ricerca storia. In primo luogo, la Dottoressa Francesca Roversi Monaco che, durante questi anni di dottorato, ha saputo guidare, con autorevolezza e pazienza, il lavoro di chi scrive, dimostrando un’attenzione e una precisione persistenti, consigliando e correggendo laddove ve n’era bisogno. In secondo luogo, si desidera ringraziare il Professor Luigi Russo dell’Università Europea di Roma, che ha funto da revisore esterno per questa tesi di dottorato: sempre prodigo di consigli, egli ha accresciuto la conoscenza storica e bibliografica di un ambito testuale e geografico poco frequentato in Italia. Infine, un ringraziamento sentito, per il continuo supporto ricevuto, va ai Professori Stefano Arieti, Glauco Maria Cantarella, Giovanni Greco e Berardo Pio, dell’università di Bologna, al Professor Roberto Giacomelli dell’Università Statale di Milano, nonché al Dottor Francesco Paolo Terlizzi, ricercatore presso l’Ateneo bolognese. 5 Blacker, The Faces of Time: Portrayal of the Past in Old French and Latin Historical Narrative of the Anglo-Norman Regnum, p. 143. v I Le Gesta Regum Anglorum1 e la dinastia anglo-normanna 1.1 Guglielmo di Malmesbury: cenni biografici Scarse sono le notizie intorno alla vita di Guglielmo di Malmesbury, desunte, peraltro, dalla sua stessa penna. Egli nacque, con ogni probabilità, intorno al 1096, trent‟anni dopo la Conquista normanna dell‟Inghilterra, durante il regno di Guglielmo il Rosso, nella contea del Wiltshire, tra le contee del Dorset e del Somerset, nell‟Inghilterra sud-occidentale – zona dell‟Isola corrispondente, un tempo, al regno anglo-sassone del Wessex –. Secondo le sue parole, egli traeva le proprie origini dalla tradizione normanna e anglo-sassone – il padre era normanno, mentre la madre era originaria dell‟Inghilterra2 –. E proprio nell‟isola al di là della Manica trascorse tutta la propria esistenza, giungendo, pressoché fanciullo, nell‟abbazia di Malmesbury, restando monaco per il resto della sua vita. Nel periodo corrispondente al suo ingresso nell‟abbazia inglese, il ruolo di abate era ricoperto dal normanno Goffredo di Jumièges (morto nel 1105ca.)3. Attraverso le parole di Guglielmo, Goffredo viene descritto come un abate operoso, nonché determinato a riportare l‟abbazia di Malmesbury ai fasti iniziali – dando inizio ai lavori per la costruzione di una delle maggiori biblioteche dell‟Inghilterra –, caratterizzati, nel VII secolo, dalla presenza di sant‟Adelmo in qualità di abate e, nel X secolo, dall‟eco dell‟opera riformatrice di Dunstano, arcivescovo di Canterbury4, attraverso la quale erano state apportate innovazioni sostanziali ai costumi ecclesiastici e monastici, nonché a diverse abbazie, come appunto 1 William of Malmesbury, Gesta Regum Anglorum. D‟ora in avanti, in nota, l‟opera verrà citata con l‟abbreviazione GRA. Inoltre, tutti i testi e le fonti vengono citati in forma abbreviata. L‟abbreviazione viene sciolta in bibliografia. 2 «Although William (GR iii prol.) does not say which of his parents was Norman, Sharpe was surely right to suggest that it was his father, certainly a man of means, perhaps a married clerk, more likely a knight» Ibidem, vol. I, pp. xxxvii. «Ego autem, quia utriusque gentis sanguinem traho, dicendi tale temperamento servabo» Ibidem, Prol. III, p. 424. 3 Relativamente a questo abate normanno dell‟abbazia di Malmesbury, si apprende, dal capitolo a lui dedicato nelle Gesta Pontificum Anglorum – CCLXXI – e dalle pagine dell‟Historia Novella, che fu abate di Malmesbury dal 1084 circa. Un ulteriore riscontro si ha dal Registrum Malmesburiense (I, pp. 330-333), il registro dell‟abbazia di Malmesbury. Queste indicazioni vengono riportate negli articoli: Farmer, William of Malmesbury‟s life and works, pp. 39-54; Gransden, Historical Writing in England, pp. 166-185; Thomson, William of Malmesbury, pp. 3-13. Per l‟edizione delle Gesta Pontificum Anglorum (d‟ora in avanti, in nota: GPA): Willelmi Malmesbiriensis monachi de gestis pontificum anglorum libri quinque; per l‟edizione dell‟Historia Novella (d‟ora in avanti, in nota: HN): William of Malmesbury, Historia Novella. 4 San Dunstano (922-988) fu consigliere di Atelstano, in seguito monaco e abate nel monastero di Glastonbury. Fu esiliato dal re Eadwing nelle Fiandre, ma rientrò ben presto in Inghilterra, venendo nominato dapprima vescovo di Worcester, di Londra e in seguito arcivescovo di Canterbury. In tale veste portò avanti una riforma del monachesimo e della chiesa inglesi. Cfr. Knowles, The monastic order in England, pp. 31-56. 1 Malmesbury. L‟arcivescovo di Canterbury aveva, infatti, promosso la riedificazione delle abbazie di Glastonbury, Bath, Westminster che, insieme a quella dove risiedeva Guglielmo, avevano subito gravi danni provocati dalle invasioni vichinghe del IX secolo. Ma soprattutto aveva dato nuova linfa alla vita monastica e, grazie alla formulazione della Regularis Concordia – che, come indicato dal titolo completo Regularis concordia Anglicae nationis monachorum sanctimonialiumque, era un documento che stabiliva un‟osservanza uniforme per monaci e suore del regno sulla base della Regola di san Benedetto per consolidare il raggiungimento della rinascita del monachesimo –5, aveva svincolato le abbazie da ogni legame di subordinazione nei confronti del clero secolare, favorendo la rinascita dello studio, della preghiera e l‟ampliamento delle biblioteche. In questo ambiente, Guglielmo venne iniziato alla vita intellettuale e ai doveri monastici da Goffredo, approfondendo discipline come la filosofia e la storia6; successivamente gli vennero affidati i ruoli di precettore dei novizi e di bibliotecario7. Nel ricoprire quest‟ultimo incarico, egli contribuì a incrementare il patrimonio della biblioteca, portando pressoché a termine il progetto ideato da Goffredo, il cui obiettivo era stato quello di creare una delle maggiori collezioni librarie d‟Inghilterra8. A una ricerca storica-documentaria eseguita prevalentemente nell‟abbazia di appartenenza, infatti, Guglielmo univa anche la ricerca «sul campo»: egli era solito spostarsi per visitare le biblioteche dei monasteri inglesi – Glastonbury, Worcester, Canterbury –, visionarne i testi e acquistare copie per il patrimonio della propria abbazia9. Guglielmo scrisse buona parte delle sue opere durante il periodo in cui l‟abbazia di Malmesbury fu sotto la giurisdizione del vescovo di Salisbury, Ruggero, dal 1118 al 1139. Oltre alle Gesta Regum Anglorum, opera in cinque libri che abbraccia gli anni 449-1128, tra il 1118 e il 1125-1127 egli redasse le Gesta Pontificum Anglorum, sulla storia ecclesiastica dell‟Inghilterra. Di notevole 5 Documento prodotto in Inghilterra, presso Winchester nel X secolo, ideato da Dunstano e Aethelwold (n. 528, p. 123). Cfr. Farmer, Regularis Concordia: millennium conference, pp. 47-57; Gretsch, The intellectual foundations of the English Benedectine Reform, pp. 14-41 e pp. 226-383; Hill, The Regularis Concordia and its Latin and old English reflexes, pp. 299-315; Knowles, The monastic order in England, pp. 31-56; Kornexl, The Regularis Concordia and its Old English Gloss, pp. 95-130; Symons, Regularis Concordia, pp. 37-59. 6 «Et multis quidem litteris impendi operam, sed aliis aliam. Logicam enim, quae armat eloqium, solo libavi auditu; phisicam, quae medetur valetudini corporum, aliquanto pressius concepi; iam vero ethicae partes medullitus rimatus, illius maiestati assurgo, quod per se studentibus pateat et animos ad bene vivendum componat; historiam precipue, quae iocunda quadam gestorum notitia mores condiens, as bona sequenda vel mala cavenda legentes exemplis irritat» GRA, Prol. II, p. 152; Thomson, William of Malmesbury, pp. 14-75. Particolare attenzione venne rivolta dal monaco alla storia, perché considerata, non soltanto da Guglielmo un «ramo dell‟etica, perché con i suoi casi ammoniva il lettore a seguire il bene e fuggire il male» Delogu, Introduzione allo studio, p. 140. Oltretutto, ricorda Guenée (Storia e cultura storica, pp. 32-35) che la storia non era una disciplina autonoma, essenziale come la teologia o il diritto. Per i maestri del XII secolo la storia non fu mai un‟«arte» che potesse essere oggetto di un insegnamento specifico: essa dava esempi di premio e di castigo che insegnavano a vivere. In pratica, la storia era d‟ausilio alla morale, alla teologia e al diritto, ma non era autonoma: era una scienza ausiliaria. 7 Farmer, William of Malmesbury‟s, p. 39. 8 «Godfrey achieved for Malmesbury‟s Abbey library enrichment comparable to that recently attained at Durham and Canterbury» Ibidem, p. 41 e GPA, V.271, p. 664. 9 Thomson, William of Malmesbury, pp. 93-115. 2 importanza sono anche alcune vite di santi, scritte intorno al 1129, come la Vita Dunstani, che racconta le vicende del vescovo Dunstano di Canterbury (X secolo), la Vita Wulfstani, biografia di Wulstano vescovo di Worcester dal 1063 sino al 1095, e un resoconto della vita di sant‟Adelmo, fondatore e primo abate di Malmesbury, contenuto nelle Gesta Pontificum10. Intorno al 1140 infine, Guglielmo iniziò la stesura dell‟Historia Novella11, opera in tre libri che tratta la storia d‟Inghilterra a partire dagli ultimi anni del regno di Enrico I, ovvero dal 1128 per poi concludersi all‟anno 1142. L‟opera si interrompe improvvisamente, ciò che motiva la supposizione che si tratti del suo ultimo lavoro. Dopo aver assistito ai concilii di Winchester del 1139 e del 114112 – narrati all‟interno dell‟Historia Novella –, dove nel primo vennero promulgati canoni che impedissero le usurpazioni reali delle proprietà ecclesiastiche, mentre durante il secondo Matilde, figlia di Enrico I, venne riconosciuta legittima erede al trono d‟Inghilterra, venne offerta a Guglielmo la carica di abate di Malmesbury, che egli tuttavia rifiutò, spegnendosi peraltro pochi anni più tardi, nel 114313. 1.2 Le prime due lettere dedicatorie e i prologhi al I e al II libro: composizione, contesto, ipotesi di lettura Come anticipato, le Gesta Regum Anglorum furono composte da Guglielmo di Malmesbury su sollecitazione della regina Matilde d‟Inghilterra14 che, volendo apprendere la storia dei propri antenati, incoraggiò il monaco a compiere una ricerca di carattere storico, intenzionata a dimostrare la discendenza della stessa sovrana da sant‟Adelmo15, cofondatore dell‟abbazia di Malmesbury e 10 William of Malmesbury Saints‟ lives. Life of SS. Wulfstan, Dunstan, Patrick, Benignus and Indract (d‟ora in avanti, in note: WMVS). La vita di Sant‟Adelmo è contenuta nel V libro delle GPA, V, pp. 330-443. 11 Vedi n. 3, p. 1. 12 Come anticipato, il concilio di Winchester del 29 agosto 1139, presieduto da Enrico (1100-1171), vescovo della medesima città e legato pontificio, prevedeva la promulgazione di canoni che proibivano le usurpazioni reali delle proprietà ecclesiastiche e regolava gli affari della chiesa inglese. Il concilio di Winchester tenutosi tra il 7 e il 9 aprile 1141 riconobbe Matilde – figlia di Enrico I ed erede al trono d‟Inghilterra, secondo la volontà del padre –, la cui fazione aveva vinto Stefano re d‟Inghilterra presso Lincoln il 2 febbraio del medesimo anno, come «Signora d‟Inghilterra e di Normandia». Cfr. HN, II.25-31, pp. 50-60 e III.46-51, pp. 90-96; Bollermann e Nederman, King Stephen and the English Church, pp. 433-444; The Anarchy of King Stephen‟s Reign, p. 32 e pp. 210-211. 13 Farmer, William of Malmesbury‟s life and works, pp. 39-54. 14 Matilde o Edith di Scozia (1080-1118), moglie di Enrico I d‟Inghilterra. Cfr. Stafford, Queen Emma and Queen Edith, pp. 255-279. 15 Peraltro, Guglielmo parla diffusamente all‟interno delle sue opere di sant‟Adelmo: si tratta delle GPA e, anche, delle GRA. 3

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