Rosdolsky (Genesi e struttura del « Capitale » di Marx Molte delle difficoltà di interpreta- zione del complesso edificio teorico del Capitale e della sua struttura, molte delle polemiche sulle presunte contraddizioni interne traggono ori- gine da un’ insufficiente considera- zione della specifica metodologia marxiana, a sua volta col’egata al- l’uso della dialettica — debitamente «rimessa a testa in su» — di Hegel. La stessa storia genetica del Capi- tale dovrà affréhtare lo studio dei fenomeni economici nella loro ‘con- cretezza’ dopo averli colti nella loro massima astrazione. Ricostruire questo metodo e seguir- ne l'applicazione dai Grundrisse der Politischen Oekonomie al Capitale, consente di chiarire problemi teo- rici rimasti a lungo controversi o, peggio, deformati dal ‘marxismo’ accademico antico e recente. In questo denso e documentatissimo volume, ricco di implicazioni poli- tiche non meno che di elucidazioni dottrinarie, Roman Rosdolsky se- gue lo sviluppo del piano originario dell’opera di Marx fino alla sua strut- tura definitiva, affrontando volta a volta i temi caratteristici dell’inda- gine marxiana: dalla prima formu- lazione della teoria del denaro, al- l’analisi del processo di produzione, ai capitoli sulla circolazione del ca- pitale e su profitto e interesse. In tutto il volume e particolarmente nei capitoli conclusivi, Rosdolsky fornisce il quadro del dibattito che si è sviluppato attorno all'intera opera marxiana e ai suoi singoli temi: la rassegna tocca Tugan-Ba- ranovskij, Hilferding, Lenin e la Luxemburg per quanto attiene alla polemica sugli schemi di riprodu- zione, e poi Bihm-Bawerk, giù fino ai più moderni interpreti di Marx, dalla Robinson a P.M. Sweezy. Nato nel 1898 a Lvov (allora Lemberg), entrato durante la prima guerra mondiale nel movimento giovanile socialista e più tardi nel Partito comunista di Polonia, R. Ro.dolsky fu verso la fine degli ann. 20 corrispondente viennese del Marx- Engels-Lenin Institut di Mosca, allora diretto da D. Rjazanov. Prese posizione a favore dell’Opposizione trotsk'sta con- tro Stalin, e dal '34 al '39 svolse un’in- tensa attività scientifica presso l'università di Lvov. Deportato dai nazisti nei campi di concentramento di Auschwitz, Raven- sbruck e Oran enburg, chiamato dopo la fine della guerra a dirigere una scuola sindacale in Austria, nel ’47 si stabilì negli Stati Uniti dove morì nel ’67 a Detroit. da un dipinto di Hans Thiemann Roman Rosdolsky Genesi e struttura del «Capitale» di Marx Editori Laterza Biblioteca di cultura moderna 712 Titolo dell’edizione originale Zur Entstebungsgeschichte des Marxschen « Kapital » © Europiische Verlagsanstalt Frankfurt - Europa Verlag Wien Traduzione di Bruno Maffi Roman Rosdolsky Genesi e struttura del «Capitale» di Marx Editori Laterza Bari 1971 Proprietà letteraria riservata Casa editrice Gius. Laterza & Figli, Bari, via Dante 51 CL 20-0305-8 PREMESSA Quando nel 1948 l’autore del presente volume ebbe la for- tuna di poter consultare una delle copie allora rarissime del Robentwurf di Marx!, intuì subito che si trattava di un’opera fondamentale per la comprensione della teoria marxiana, non suscettibile però di far breccia in una cerchia non angusta e specializzata di lettori a causa della sua forma peculiare e del suo linguaggio spesso difficile. Decise quindi da un lato di « com- mentarla », dall’altro di vagliare criticamente alcuni degli apporti scientifici in essa contenuti. In vista del primo obiettivo (al quale sono specialmente dedicate le parti II-VI del presente volume), era necessario riesporre, per quanto possibile nelle pa- role di Marx, gli svolgimenti teorici più importanti del Robent- wurf; in vista del secondo, si imponevano lunghi excursus, quasi tutti compresi nella parte I, introduttiva, e VII, finale. Nell’attuazione del suo proposito, l’autore si trovò a combat- tere contro difficoltà di varia natura. Abitando in una città le cui biblioteche non contengono se non un numero molto limi- tato di opere di socialisti tedeschi, russi o francesi (per tacere di periodici indispensabili come la « Neue Zeit » di Kautsky), egli dovette limitarsi ai pochi libri dei quali poteva disporre; e più volte disperò di poter mai condurre a termine l’opera intrapresa. Inoltre, più si addentrava nel tema, più si rendeva conto che avrebbe soltanto sfiorata, senza poterla in alcun modo appro- fondire, la questione più vitale e teoricamente interessante sol- levata dal Robentwurf: quella dei rapporti fra l’opera di Marx 1 Il Robentwurf uscì a Berlino nel 1953 per i tipi del Dietz Verlag (Grundrisse der Kritik der Politischen Okonomie (Robentwurt). 1857- 1858). Prima di quella data, nel mondo occidentale esistevano tre o al massimo quattro copie del volume originariamente pubblicato dall’IMEL a Mosca nel 1939. Una di queste venne generosamente messa a mia dispo- sizione dal direttore della Jos. Buttinger-Bibliothek di New York, O. Bauer, al quale esprimo tutta la mia gratitudine. e l’opera di Hegel, con particolare riguardo alla Scienza della logica. Nessun problema di teoria economica marxiana è stato trat- tato più di sfuggita e con maggior degnazione di quello del metodo di Marx in generale, e del suo rapporto col metodo di Hegel in particolare. Quanto si è scritto in materia si riduce, nella maggioranza dei casi, a luoghi comuni che tradiscono sol- tanto — per dirla con Marx — il « grossolano interesse » degli autori « per la materia » e un’indifferenza completa per il me- todo proprio di Marx. Ora, che cosa si direbbe di uno studioso di psicologia teorica il quale si interessasse unicamente dei ri- sultati ai quali è giunto Freud, ma respingesse come irrilevante o addirittura « metafisica » la questione del cammino seguito nel pervenirvi? Non lo si degnerebbe che di una scrollata di spalle. Eppure, al giorno d’oggi, quasi tutti i critici e gli «esperti» di Marx affrontano proprio così lo studio della sua teoria eco- nomica. O ci si rifiuta di parlare del metodo dialettico di Marx perché (come si addice a cultori della « teoria moderna ») si respinge ogni « metafisica » (col vantaggio supplementare di ri- sparmiarsi la fatica di studiarlo!), o ci si limita a un paio di frasi di circostanza, che meriterebbero di restare non dette. Ciò vale anche per un critico di Marx della statura di J.A. Schum- peter: benché l’autore del Capitale — si legge in una delle sue ultime opere — fosse un hegeliano, sarebbe « cadere in errore... e far torto alle doti scientifiche di Marx » elevare questo ele- mento filosofico «a chiave di volta del suo sistema ». È vero che «egli rimase sempre fedele al primo amore, si dilettò di alcune analogie formali fra il modo di argomentare di Hegel e il suo, tenne sempre a ribadire il proprio hegelismo e a servirsi di una terminologia hegeliana; ma tutto finisce qui. Egli non sa- crificò mai alla metafisica la scienza positiva » ?. Quello che Schumpeter dice non è, per la verità, affatto nuovo. Già nel 1922, G. Lukfcs deplorava il malvezzo di « ri- tenere che in Marx la dialettica non sia che un accessorio sti- listico di superficie... Così è accaduto che studiosi per altro co- scienziosi, come Vorlinder, abbiano creduto di poter constatare che Marx ha “ civettato” con concetti hegeliani “in realtà sol- tanto in due punti” o al massimo in tre, senza accorgersi che tutto un complesso di categorie logiche decisive e costantemente 2 J.A. ScHUMPETER, Kapitalismus, Sozialismus und Demokratie, 1946, p. 25 [trad. it., citata infra nella Nota bibliografica, p. 8]. 6