Description:Ecco un numero di Gamma diverso per più motivi da quelli finora presentati, un numero in cui più che in altri si affronta il problema della fantascienza come mezzo di espressione letteraria. Intendiamoci, come nessuno dei testi che qui pubblichiamo può essere considerato una lettura noiosa così nessuno verrà mai classificato coll’ambiguo e inflazionato termine di capolavoro, neppure nell’ambito di una etichetta di comodo com’è quella dei generi letterari. Eppure esaminiamoli e troveremo più d’un motivo di interesse e di stupore.
Vediamo, per incominciare, quale nuovo aspetto assume nelle mani di Richard McKenna il racconto cosiddetto di “avventure”, inserito sullo sfondo di una utopia sociale finalmente inedita, non ricalcata sulle idee di cento altri fanta-scientisti. Non è questo il solo motivo per cui Cacciatore, torna a casa è considerato dalla critica anglosassone uno dei migliori romanzi brevi di fantascienza, nonostante qualche lieve banalità nella definizione dei caratteri; per il resto il romanzo risponde ai canoni della fantascienza più ortodossa, cioè il racconto di impostazione scientifica ma in cui l’atmosfera è creata con una abilità espressiva che ha poche possibilità di paragone nel campo. Ed è piuttosto singolare che sino a oggi nessuno, in Italia, si sia accorto di un autore come McKenna che, In una brevissima carriera letteraria, iniziata a 43 anni e prematuramente interrotta, dopo il folgorante successo commerciale del suo romanzo La San Pablo ci ha lasciato alcuni racconti di notevole qualità.
Nato nel 1913, Richard McKenna era entrato in marina a 18 anni, in seguito a difficoltà economiche; vi era quindi rimasto per venti anni, uscendone nel 1953 dopo essere stato a lungo capo macchinista. Aveva trovato quindi modo di laurearsi, iniziando poi a scrivere racconti fantastici e di fantascienza accolti subito con notevole favore dal pubblico e dalla critica. Il romanzo che doveva dargli la fama, dopo tre anni di elaborazione, La San Pablo, lo scrisse su suggerimento del suo agente letterario, che lo convinse a mettere sulla carta il frutto delle sue esperienze di guerra nei mari della Cina. Il risultato fu una lunga permanenza nella lista dei “best sellers”, l’assegnazione del premio Harper e un contratto per la versione cinematografica del libro; un successo di cui McKenna non ebbe purtroppo modo di godere a lungo, vittima di un attacco di cuore. Ma i suoi racconti di fantascienza, per quanto pochi, sono stati sufficienti ad assicurargli un posto di netto rilievo tra i più dotati specialisti.
Mentre McKenna ha, nel suo Cacciatore, torna a casa, rielaborato vecchi temi con spirito nuovo, con L’arma omicida J. G. Ballard ha scritto, invece, il più provocatorio racconto che mai sia stato messo di fronte a un lettore di fantascienza; significativamente apparso per il momento soltanto in Inghilterra, su quel “New Worlds” in cui Michael Moorcock, insieme a un gruppo di giovani scrittori inglesi, si batte per un rinnovamento stilistico e tematico della fantascienza anglosassone. Applicando coraggiosamente al genere la tecnica letteraria e cinematografica della libera associazione di immagini e di idee, Ballard, certamente uno degli scrittori specializzati meno pigri, ha dato con questo racconto un fiero colpo al luogo comune di una fantascienza come banale passatempo.