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Fotti il potere. Gli arcana della politica e dell'umana natura PDF

304 Pages·2010·20.201 MB·Italian
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La bomba di piazza Fontana fu opera degli americani. La politica è una droga che non prevede disintossicazioni. G overnare è fa r credere. Per il Vaticano contano solo i soldi. Politici incoerenti? Certo, embè? I politici sono marionette nelle mani dei banchieri. Non c'è leader p o litic o che non possa essere arrestato p e r tangenti. La politica è un’arte, cultura e ragione non contano. La mafia ci appartiene, tanto vale accettarla. I politici si convincono intimamente di quel che gli conviene. Le grandi potenze ammazzano e torturano. Oltre a ll’Fbi, fu il m ondo e c o n o m ic o a mettere in p ie d i M a n i Pulite. . è per questo che Berlusconi finirà male. La p o litica ha bisogno d i s ile n zi e zone d ’ombra. Esistono tradimenti doverosi e persino morali. Le regole non scritte, i meccanismi pro­ fondi, le dinamiche eterne del gioco: per la prima volta un protagonista indiscusso della vita pubblica italiana racconta senza pudore né ipocrisia cos’è e come funziona la politica. Sapientemente indirizzato dal giornalista Andrea Cangini, il presidente Francesco Cossiga mette a nudo il potere e con esso l’uomo che lo incarna. Svela l’arcano, dice l’indicibile, strappa la maschera alla realtà con l’ironia e l’arguzia di chi ha cavalcato I a testa alta lungo le strade impervie della Prima e della Seconda repubblica. Aneddoti, riflessioni, rimandi storici, vere e proprie rivelazioni accompagnano il let­ tore alia scoperta di verità “scandalose” fino a oggi mai rivelate con tanta schiet­ tezza. La natura del potere, il ruolo del denaro, l'uso dei servizi segreti, la violen­ za, la guerra, le massonerie, i rapporti tra stati, la religione, il Vaticano, la verità, la finzione, i complotti, il caso, il lato di te­ nebra dell’uomo e del politico. Il trionfo e la caduta, la vita e la morte. Impossibile annoiarsi, difficile restare indifferenti. Andrea Cangini, laureato in Scienze politiche, ha quarantun anni, molti dei quali passati a raccontare la politica sul «Quotidiano Na­ zionale». Ha due figli: osservando loro, più che frequentando Montecitorio, ha capito i meccanismi più profondi della natura umana. E dunque del gioco politico. Fran cesco C ossiga h Fotti il potere G li arcana d e lla p o litica e d e ll'u m a n a n a tu ra P Aliberti editore © 2010 Aliberti editore Tutti i diritti riservati i Sede legale: Piazza del Popolo, 18 00187 Roma Tel. 06 36712863 Sede operativa: via Meuccio Ruini, 74 42124 Reggio Emilia Tel. 0522 272494 - Fax 0522 272250 - Ufficio Stampa 329 4293200 Aliberti sul web: www.alibertieditore.it blog.alibertieditore.it info@alibertieditore. it A Paolo M eli. Ho fatto prima io solo perché hai fatto prima tu. 1 ) \ t I Introduzione L'immagine che meglio riassume l'essenza della politica è quella dei cavalli che corrono furiosi sul tufo di piazza del Campo, dei fantini che in equili­ brio precario sulla schiena nuda dell'animale si col­ piscono al volto col nerbo, della folla che, divisa in fazioni, esulta o impreca dopo aver volentieri finan­ ziato ogni genere di nefandezza pur di vincere. Metafora della guerra, esaltazione dell'identità, trionfo del complotto e laboratorio del caso, il palio di Siena è, infatti, imo spettacolo ormai per molti incomprensibile. C'è persino chi, amando il cavallo più del cavaliere, vorrebbe abolirlo. Dopo quasi ottocento anni di storia condivisa, di regole natural­ mente tradite e di gesta mai dimenticate, la maggio­ ranza degli italiani guarda al palio e stenta a ricono­ scersi: non ne capisce più il senso, non ne afferra più il valore. Lo guarda come il bambino guarda un gio­ cattolo troppo a lungo ignorato e ormai inutilizzabi­ le. Di più: ripugnante, nella sua brutale violenza. E chi pure dice di amarlo sembra averne rimosso la dimensione tragica vedendone solo il folclore. Nella crisi del palio si specchia la crisi della Politica. I partiti perdono iscritti, i giornali lettori, le elezio­ ni elettori e i politici sono ai minimi storici negli indici di gradimento. La gente non si fida. Non si fida più. La gente non si fida dei politici (anche) per­ ché non li capisce. E ha smesso di capirli proprio quando loro hanno smesso di parlare la lingua della politica e dello Stato nella speranza di diventare, appunto, comprensibili. Vicini alla gente. Di più: uguali alla gente. Così uguali da apparire mediocri. Così mediocri da risultare superflui. Così superflui da venire, inesorabilmente, disprezzati. Nell'epoca dei numeri e dei ragionieri, parole come stato, nazione, patria, forza e guerra, hanno ormai perso ogni significato recondito e una politica sempre più omologata al conformismo televisivo del politicamente corretto le pronuncia malvolentie­ ri e sempre banalizzandole. Capita così che sia la destra (Berlusconi) sia la sinistra (D'Alema) spieghino contro ogni evidenza, esperienza o studio, il terrorismo islamico alla luce della povertà. Capita che un ministro della Difesa (Arturo Parisi, ma avrebbe potuto sostenerlo chiun­ que altro) in televisione si dica orgoglioso del fatto <\ die «da quando siamo al governo, i nostri militari impegnati all'estero non hanno ucciso nessuno». Il che, oltre a essere un falso storico, è un nonsenso: come se il precetto ispiratore delle forze armate fosse quello, evangelico, del non uccidere... Capita che un altro ministro della Difesa (Ignazio La Russa, ma la tendenza era già in atto da tempo) sia così affezionato alla vecchia idea che il mestiere del mili­ tare sia quello di prepararsi alla guerra da proporre l'utilizzo dell'esercito per, nell'ordine, il piantona­ mento dei rifiuti campani, la sicurezza nelle grandi città, la prevenzione delle morti sul lavoro, il contra- i 8 sto all'immigrazione clandestina, la pulizia delle strade milanesi dalla neve caduta a Natale, lo sbadi- # * lamento del fango provocato da frane e alluvioni. Capita che un presidente del Consiglio (Romano Prodi) derubrichi a «questione urbanistica» la scelta di raddoppiare una base militare americana sul suolo italiano. Capita che, al Senato, nella scorsa legislatura, centrodestra e centrosinistra diano prova del proprio indefettibile attaccamento all'idea stessa di sovranità nazionale votando, con raro spi­ rito bipartisan, un ordine del giorno in cui si auspi­ ca che il destino dei nostri connazionali sequestrati in zone di guerra sia sottratto alla responsabilità diretta del governo per essere inopinatamente tra­ sferito alle Nazioni Unite. Che se la sbrighino loro, insomma. Capita che le campagne elettorali venga­ no ormai disputate a colpi di carte bollate dietro le porte chiuse delle aule di oscuri tribunali ammini­ strativi. E capita infine che i simboli dell'unità nazionale siano con crescente entusiasmo messi alla berlina da nord a sud nell'afasia di un presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi) il cui debordante privato ha intanto fatto piazza pulita di quel po' che dello stile istituzionale poteva forse sopravvivere. Ormai pervasi dalla morale del senso comune, i politici, orfani di ogni possibile retorica, sembrano aver così smarrito tanto la bussola quanto la forza. Vìviamo in un'epoca di transizione. Un'epoca di nebbia, dunque. Viviamo nell'epoca dell'individuali­ smo diffuso, del crollo delle ideologie e fors'anche delle idee, della globalizzazione dei mercati e dei gusti, del superamento dello Stato, dell'apoteosi (nonostante tutto) del mercato, delle identità tradizio­ nali in crisi, della rimozione della tragedia e dell'affer­ mazione dei valori femminili su quelli virili. I figli di 9

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