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Forza senza legittimità. Il vicolo cieco dei partiti PDF

155 Pages·01.135 MB·Italian
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Economica Laterza 663 Ignazi.indd 1 27/08/13 10.25 Dello stesso autore in altre nostre collane: Il potere dei partiti. La politica in Italia dagli anni Sessanta a oggi «Storia e Società» (con F. Barca) Il triangolo rotto. Partiti, società e Stato «Saggi Tascabili Laterza» Ignazi.indd 2 27/08/13 10.25 Piero Ignazi Forza senza legittimità Il vicolo cieco dei partiti Editori Laterza Ignazi.indd 3 27/08/13 10.25 © 2012, Gius. Laterza & Figli www.laterza.it Progetto grafico di Raffaella Ottaviani Edizioni precedenti: «Anticorpi» 2012 Nella «Economica Laterza» Prima edizione ottobre 2013 Edizione 1 2 3 4 5 6 Anno 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Questo libro è stampato su carta amica delle foreste Stampato da SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-581-0969-4 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Ignazi.indd 4 27/08/13 10.25 indice del volume Introduzione vii I. In cerca della legittimità. Un percorso lungo e accidentato 3 II. Partiti di massa addio: ascesa e declino di un mito 16 Il partito assoluto, p. 16 Il «vero» partito: il partito di massa, p. 20 Benessere, secolarizzazione, mass media: dal partito di massa al partito «pigliatutti», p. 25 L’eccezione italiana, ancora una volta..., p. 29 La grande trasformazione, p. 33 I diversi esiti della rivoluzione silenziosa, p. 38 I figli legittimi della rivoluzione silenziosa, p. 42 III. Il «partito stato-centrico» 49 La faccia del territorio, p. 52 Gli iscritti, p. 52 - Le unità di base locali, p. 59 - Gli incentivi all’iscri- zione, p. 64 Il partito nelle strutture centrali, p. 68 Le risorse umane, p. 69 - Finanziamento, p. 75 - Accentramento e ver- ticalizzazione del potere interno, p. 78 - Potere di indirizzo politico, p. 80 Potere di nomina, p. 83 Il partito nelle assemblee elettive, p. 86 Dirigenti e parlamentari, p. 87 - Risorse finanziarie, p. 89 - Staff par- lamentare, p. 90 VVII IInnddiiccee del volume Iv. la sfida finale: da agenzie pubbliche, ricche e colonizzatrici, all’apertura verso la società 94 La costituzionalizzazione dei partiti, p. 96 La resistenza alle sfide, p. 101 Movimenti sociali e neocorporativismo, p. 101 - Democrazia diretta, p. 102 - Democrazia deliberativa, p. 105 La trappola del finanziamento pubblico: più ricchi e più dipendenti, p. 106 Il controllo sullo Stato e la società civile: «patronage» e clientelismo, p. 112 Correre ai ripari: ritorno alla membership?, p. 117 conclusioni 123 note 129 introduzione Che cosa è un partito e a cosa serve, oggi? C’è anco- ra spazio per questa vecchia invenzione, oppure ne abbiamo abbastanza? In tutto l’Occidente soffiano venti di protesta e disaffezione nei suoi confronti. Il cahier de doléances è molto lungo. I partiti non interpretano più le opinioni dei cittadini, pensano solo ai loro interessi, sono corrotti inefficienti e inca- paci, sono ferrivecchi ereditati da un passato lontano, morto e sepolto, creano solo disordine e divisione. Non sono accuse nuove. Risuonano più o meno dalla loro nascita. I partiti hanno sempre creato una sorta di ansia sociale. Per ragioni intrinse- che alla loro natura. Perché dividono il corpo sociale, creano passioni spesso incontenibili e portano a conflitti rovinosi. In- somma, i partiti erano considerati all’origine di tutti i mali, e lo sono tuttora. Tutto ciò è stato argomentato per secoli, prima confondendo le fazioni con i partiti, poi accusando i partiti di essere delle fazioni, e infine condannando sic et simpliciter i partiti per ciò che erano e sono. Eppure non c’è scampo: senza partiti non c’è democrazia. Se vogliamo un sistema pluralista e democratico dobbiamo «te- nerci» dei partiti. Almeno due. Lo riconoscono tutti, sotto ogni latitudine: più dei tre quarti dei cittadini delle democrazie con- solidate li considera necessari1, e anche in America Latina la loro accettazione è arrivata nel 2010 al 59%2. VIII Introduzione Necessari sì, ma almeno che siano rispondenti alle domande dei cittadini. E invece solo il 20% ritiene che lo siano3. I par- titi sono associazioni volontarie che hanno avuto storicamen- te la funzione di nominare dei rappresentanti alle assemblee deliberative, rappresentanti che rispondessero ai partiti che li avevano scelti e quindi, per logica transitiva, che rispondessero ai cittadini che li avevano votati. La rispondenza viaggia lungo due binari: comporta sia il riflettere le domande dei cittadini, sia il render conto del mandato ricevuto. I rappresentanti, e per loro conto i partiti, hanno questo doppio vincolo nel cir- cuito democratico: devono portare nell’arena deliberativa le domande di cui si sono fatti carico, e devono rendere eviden- te a tutti il loro lavoro e il loro impegno. Nel lessico politico britannico si dice che, ad ogni elezione, il partito che va al governo riceve un mandato, esplicitato dal suo programma elettorale. A quello deve attenersi – e se va oltre l’opposizione strepita dicendo che «non ha ottenuto il mandato» dall’elet- torato (you did not get the mandate!). Perché su quello i par- titi verranno giudicati, cioè su quanto e come quel mandato è stato realizzato. Ovviamente non si giudica né si vota solo guardando al passato. Anzi, ricerche recenti attestano che gli elettorati valutano non tanto retrospettivamente, su quanto è stato realizzato in prece- denza, bensì prospettivamente, guardando a ciò che viene in- dicato e promesso per il futuro. Insomma, gli elettori vogliono ancora sperare. Tuttavia, questa fiducia nel futuro viene messa a dura prova dal comportamento dei partiti e della loro classe dirigente. I cittadini votano ancora buttando il cuore oltre l’ostacolo, ma senza l’entusiasmo e la convinzione di un tempo. Oggi domina il disincanto. Da tempo la stima, la fiducia, la (buona) considerazione dei partiti presso le opinioni pubbliche occidentali è in declino. Il Introduzione IX lamento era appena percepibile fino agli anni Settanta, poi il brontolio è cresciuto di intensità fino a manifestarsi con scoppi clamorosi in varie direzioni: attraverso la non partecipazione alle elezioni, attraverso il voto a formazioni anti-sistema o anti- establishment, attraverso il distacco dai partiti e il disinteresse per le loro iniziative, attraverso l’espressione di sentimenti ne- gativi nei loro confronti. Ma la loro cattiva immagine, la loro pessima reputazione, il ri- getto, quasi, che emerge hanno portato ad un punto di rottura? Oppure tutto si è arrestato come sulla soglia del precipizio? Intanto, sfogliamo il cahier de doléances pagina per pagina. Il calo della partecipazione elettorale è considerato un sintomo di disaffezione. In Europa è scesa ovunque, con pochissime eccezioni. Fino alla fine degli anni Cinquanta la percentuale di votanti era in media dell’84,7% e negli anni successivi era addirittura cresciuta arrivando all’85,6%. Poi, dopo lo shock petrolifero del 1973 è incominciata la discesa, prima lenta, pla- nando ad un ancora considerevole 83,9% tra il 1974 e il 1987, poi precipitosa, scendendo al 78,0% all’inizio degli anni Due- mila4. Da allora la caduta si è arrestata, come se si fosse toccato un punto di non ritorno; anzi, in alcuni paesi, a seconda della posta in gioco, dell’intensità e divisività del confronto, e dell’ingres- so di nuovi attori politici (sia collettivi che singoli), si è avuto anche un incremento. Ad esempio, le elezioni britanniche del 2010, molto incerte e combattute, ed «eccitate» dall’inedito confronto televisivo tra i tre maggiori leader, hanno fatto au- mentare la partecipazione dal 61% del 2005 al 65% del 2010. Se il calo della partecipazione elettorale nei paesi di democrazia matura sembra aver raggiunto un livello non più comprimibile, non così nelle nuove democrazie dell’Europa centro-orientale: in quei paesi la quota di cittadini che si recano alle urne è molto più bassa.

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