Corrado Bologna Flatus vocis Metafisica e antropologia della voce il Mulino Intersezioni Intersezioni 103. A Giorgio, alla sua voce viva. Corrado Bologna Flatus vocis Metafisica e antropologia della voce il Mulino I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull’insieme delle attivi tà della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: http://www.mulino.it ISBN 88-15-06829-5 Copyright © 1992 by Società editrice il Mulino, Bologna. Nuova edizione 2000. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata. Indice Prefazione, di Paul Zumthor p. vn Ventanni dopo XI Nota al testo 15 PARTE PRIMA: METAFISICA DELLA VOCE I. Voce, Parola, Linguaggio 23 II. La voce del Silenzio 29 III. La voce d’Amore 35 IV. La Voce s’incrina 41 V. L’autorità della Voce 47 VI. Il Nome impronunciabile 55 VII. La voce del Corpo e le passioni dell’Anima 61 Vili. La Voce che feconda 73 PARTE SECONDA: ANTROPOLOGIA DELLA VOCE IX. La voce (in)naturale 89 X. La voce da salotto 101 XI. La voce dal pulpito 109 XII. La voce malata / la voce che sana 117 XIII. Il diritto alla voce 127 XIV. La voce della tecnica 131 Nota bibliografica 139 V Prefazione Devo al caso fortunato di un incontro personale la conoscenza, alcuni anni orsono, dell'attività di ricerca e dei lavori di Corrado Bologna sulle funzioni della voce umana. Mi interessavo allora di tradizioni popolari orali, come si trovano espresse nei racconti e soprattutto nelle canzoni. Corrado Bologna mi fece avere una versione provvisoria del saggio qui pubblicato. La lettura fu oltremodo illumi nante: mi consentì di dare ordine ad alcune mie idee, ancora poco sviluppate, e mi fece comprendere la portata rilevante di una distinzione fra oralità e vocalità della quale io stesso cominciavo ad intravedere il bisogno. Definisco «oralità» il funzionamento della voce in quanto portatrice di linguaggio; «vocalità» l’insieme delle attività e dei valori che le sono propri, indipendentemente dal linguaggio. La specificità della seconda, Xordine del vocale, costituisce l'og getto del lavoro di Corrado Bologna. A lungo ignorata dagli storici, attenti quasi esclusivamente ai documenti scritti, l'importanza del ruolo giocato dalla voce nella conservazione delle società oggi non viene più contestata. Ciò che all'interno di un gruppo sociale si definisce come l'insieme delle sue tradizioni orali costituisce in realtà una trama di scambi vocali legati a comportamenti più o meno codificati, la cui funzione primaria è di assicurare la continuità di una certa percezione della vita, di un'esperienza collettiva, senza la quale l'individuo si troverebbe abbandonato ai rischi della propria solitudine. Questo ci appare evidente nel caso di civiltà arcaiche o di culture marginali del mondo contempora neo. Ci è più difficile invece riconoscere che la stessa cultura occidentale, razionale e tecnologica, di questo scorcio del secolo XX, è anch'essa impregnata di tradizioni orali e faticherebbe a sopravvivere senza l’opera della voce. VII Prefazione Fino a non molto tempo fa, il ruolo della voce nell’esistenza degli individui e dei gruppi veniva percepito e definito sotto l’aspetto dell’oralità. Folldoristi, etnologi, critici, in relazione al contesto in cui si situavano, concepivano ogni discorso orale come radicalmente diverso da forme più nobili di espressione, al quale esso era logicamente e storicamente subordinato. Questi ricercatori pensavano l’oralità in maniera negativa, contrapponendola alla scrittura. In tal modo, essi evitavano candidamente di confrontarsi con un problema epistemologico che dall’inizio degli anni ’80 è divenuto impossibile eludere. Luogo di articolazione delle parole e delle frasi, la voce ne travalica, con tutta la sua potenza esistenziale, la materialità e il significato. Nessuno vuole negare che la parola sia l’espressione principale della vocalità; ma essa non è la sola, né forse quella che ha radici più profonde. Il bambino piccolo non parla, ma quali significati è in grado di comunicare attraverso le semplici modulazioni della propria voce, cui rispondono, più che le parole, le modulazioni della voce di sua madre! La voce è suono. H suono è l’elemento più sottile della materia percettibile. Nella storia di ciascuno di noi, come nella nostra storia collettiva, fu proprio esso, in origine, il luogo di incontro dell’universo e dell’intelligenza. Carica di questa esperienza antica, interiorizzata, la voce, in quanto volontà di dire, è volontà di esistere. In essa un’assenza diventa presenza, e capta le reti di messaggi diffusi attraverso il tempo e lo spazio. La voce, prima di manifestarsi ed essere percepita, è quasi dissimulata nel silenzio del corpo. D corpo è la sua matrice; in ogni istante essa può nascere; ma, contrariamente a noi, in ogni istante può ritornare a tale matrice, e ritrovarvi l’energia per una vita ulteriore. Sicché, a prestarle ascolto, l’orecchio accorto sente risuonare in essa una sorta di respiro prenatale, l’eco attutita di una profondità inimmaginabile ove nessuna rottura separa ancora le parti dell’essere. Numerosi studi recenti hanno mostrato che la voce costituisce, nell’inconscio umano, una forza archetipica: è un’immagine primordiale e dotata di un potente dinamismo creatore, la quale predetermina più o meno per ciascuno di noi una configurazione mentale, affettiva, se non un modo di pensare simbolico. Di qui la sua notevole capacità di generare Vili Prefazione miti e di prestarsi a significazioni religiose. Affondando le proprie radici a monte di ogni formula concettuale, questa immagine, nella sua totale cecità, ci assicura che non siamo — né voi né io — soli al mondo. E questo il motivo per cui il linguaggio è senz’altro impensabile senza la voce. Eppure, le emozioni molto intense suscitano remissione della voce, non necessariamente del linguaggio: il grido inarticolato, il gemito puro, il vocalizzo senza parole ne sono l’espressione più naturale. Le situazioni che illustrano questa corrispondenza sono innumerevoli, dal primo grido del bambino che nasce, al baccano degli scolari che si sfogano dopo la lezione, al grido di guerra dei primitivi (e di altri!), allo jodel tirolese. Esplosioni dell’essere che si identifica con la propria voce, in un moto appassionato di ritorno oltre la soglia delle banalità della vita. La parola si articola dunque, nella voce, in un duplice desiderio: il desiderio di dire, e quello di dirsi. Quando ti rivolgi a me, non è soltanto perchè hai un’informazione da comunicarmi, sia pure importante; è anche per costringermi a riconoscere questa tua intenzione, a sottomettermi ad essa, e a dedurne tutto quello che tu vuoi che io sappia di te e della posizione che occupi nell’universo. Di qui la tentazione continua di sfuggire, nel dialogo, alle servitù più pesantemente grammaticalizzate del linguaggio; di qui l’abbandono così facile delle regole abituali, l’elusività, le mezze parole, le frasi incompiute, il farfugliare: tutti strumenti di una flessibilità certo indispensabile alla cattura della voce stessa, al di sotto, all’interno e ad opera delle parole. In realtà al giorno d’oggi la voce ci arriva spesso filtrata dall’uno o dall’altro dei media che ci siamo inventati e che fabbrichiamo fino alla saturazione del mercato. Dischi, cassette, altri apparecchi: in tutte queste tecniche (a parte il telefono... ) il tratto che definisce la voce mediata è l’impossibi lità di risponderle. Reiterabile all’infinito, essa proprio per questo si spersonalizza. La presenza fisica del locutore è cancellata: non resta che l’eco della sua voce, a volte legata, per artificio, ad una immagine. L’ascoltatore, certo, è ben reale e presente nell’atto di ascoltare; ma la sua presenza è intercam biabile, e dunque non autentica. Così, gli unici sensi interessati IX