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Figli di un Io minore.Dalla società aperta alla società ottusa PDF

262 Pages·2019·1.33 MB·Italian
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Preview Figli di un Io minore.Dalla società aperta alla società ottusa

Come può aiutarci la filosofia a sciogliere i nodi davanti ai quali ci pone la società del nostro tempo? Quali grandi pensatori del passato hanno colto e descritto in anticipo l’egemonia del potere finanziario e il dominio della realtà virtuale in cui siamo immersi? E come è possibile oggi, a partire da quelle riflessioni, avviare un percorso per contrastare la crisi della democrazia rappresentativa? Paolo Ercolani tenta di fornire strumenti di analisi efficaci per giungere a un dibattito consapevole, sempre più necessario in quanto, sostiene l’autore, non si tratta semplicemente di combattere singole prese di posizione (No vax, sovranisti, complottisti ecc.), ma di ritrovare la capacità di affrontare i temi che ci riguardano come singoli e come società esercitando il pensiero critico. La questione non può limitarsi alla cultura di ciascuno o all’appartenenza a un ceto sociale, come si è tentato di sostenere in passato; vanno prospettate soluzioni in grado di invertire la tendenza ad affidarsi alle tecnologie come panacea di tutti i mali e di opporsi al dissolvimento di ogni posizione dissonante in un senso comune che non ammette alternative. PAOLO ERCOLANI (Roma, 1972) insegna filosofia all’Università di Urbino Carlo Bo. Scrive per varie testate, tra cui «L’Espresso», e ha collaborato con «il manifesto», «MicroMega» e «la Lettura» del «Corriere della Sera». Cura il blog L’urto del pensiero e collabora con Rai Educational Filosofia. È autore di vari articoli e libri, tra cui, edito da Marsilio, Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio (2016). PAOLO ERCOLANI FIGLI DI UN IO MINORE DALLA SOCIETÀ APERTA ALLA SOCIETÀ OTTUSA PREFAZIONE DI LUCIANO CANFORA Marsilio © 2019 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia Prima edizione digitale 2019 ISBN 978-88-297-0149-0 www.marsilioeditori.it [email protected] Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Seguici su Facebook Seguici su Twitter Iscriviti alla Newsletter Indice Copertina Abstract - Autore Frontespizio Copyright Prefazione di Luciano Canfora Esergo Introduzione L’uomo senza pensiero Lo specchio infranto Dallo specchio allo schermo La triplice regressione dell’«homo religiosus» L’etica della rete e lo spirito del nuovo capitalismo La dittatura dei fatti Ingannevoli stelle comete Velocità Superficialità Spettacolarizzazione Distrazione Mercificazione Logica quantitativa L’eclissi dell’uomo Dalla res publica alla res privata Il fallimento delle élite Il regno dell’indistinto Il Dio cattivo La fiera delle illusioni Da «homo democraticus» a «homo œconomicus» Fine della ragione umana Fine della ragione politica Il miraggio della giustizia sociale Il difficile equilibrio tra democrazia e libertà Il capitale disumano La gaia incoscienza Burattini tecnologici Figli di un io minore Dalla democrazia alla dementocrazia La lunga marcia verso l’ignoranza Il trionfo di Mangiafuoco La notte della democrazia Tra utopia e ideologia Atene Stati Uniti Le quattro date che sconvolsero il mondo 1974 1989 1995 2001 I pilastri di un nuovo umanesimo Disumano, troppo disumano Contro la mediocrazia Ritorno alla casa di Sofia Il «pensiero forte» come antidoto Per una società a misura d’uomo Il ritorno dell’Io Idee, non dogmi Famiglia e scuola: i piani dell’educazione L’educazione sentimentale L’educazione fisica L’educazione ecologica Pedagoghi vs demagoghi Il compito dello Stato: chiudere i conti con il liberismo L’utopia possibile Una patente per la democrazia Oltre il suffragio universale Epilogo. L’uomo davanti alla porta Note al testo Riferimenti bibliografici Ringraziamenti Prefazione di Luciano Canfora Il suffragio universale è entrato a far parte dei nostri costumi nonostante tutte le obiezioni di principio che si ha ben il diritto di rivolgere a tale pratica e che non si è esitato a rivolgergli, e nonostante l’esperienza che se n’è fatta. Il fatto è che, una volta introdotto nelle cose umane un procedimento semplificativo, è difficile poi estrometterlo. Nel caso del suffragio universale, la semplificazione ha avuto come effetto di svilire progressivamente, di fronte al suffragio del numero [cioè di una maggioranza numerica], ciò che ancora sopravviveva di influenza legale delle antiche fonti dell’autorità sociale; e vi ha sostituito un’unica fonte di potere: soverchiante grazie alla sua apparente grandezza, rassicurante data l’impossibilità di trovare – dietro di essa – diritti più generali che possano cercare di farsi valere con la violenza contro le sue decisioni. Ciò ha munito lo Stato democratico di una maestà incontestabile e ha, inoltre, prevenuto o evitato il fenomeno della sommossa e l’ha rimpiazzata con la scheda elettorale messa nelle mani di ciascun cittadino, foss’anche il più umile. Il che ha consentito al potere esecutivo di far rispettare, nel nome della maggioranza numerica della nazione, le decisioni del suo governo. Questo scriveva, nell’anno 1895, Eugène d’Eichtal (1844-1936), presidente della Compagnia delle ferrovie del Midi e direttore della parigina École libre des sciences politiques, nel saggio, molto tocquevilliano, Souveraineté du peuple et gouvernement. Eugène era figlio dell’ebreo convertito, e appassionato seguace di Auguste Comte, Gustave d’Eichtal (1804-1886). È notevole come questa pagina così perplessa e ricca di sfumature costituisca la parte centrale della voce Suffrage della Grande Encyclopédie, monumento del sapere tardo-positivistico nella Francia dei primi del Novecento. In questa pagina molto elaborata – e che il massimo strumento culturale generalista della Francia alla vigilia della Grande Guerra assume come propria presa di posizione sul delicato tema – confluiscono vari elementi: la ribadita sfiducia rispetto ai non chiari fondamenti logici del suffragio universale; la rassegnazione rispetto alla sua inevitabilità; il riconoscimento, al tempo stesso, del suo valore positivo come calmiere sociale o valvola di sfogo alternativa alla «rivolta» nonché strumento, per i governi, quanto mai opportuno per fondare la perentorietà erga omnes dei propri atti. Uno dei sottintesi di questa presa di posizione, di fronte all’irresistibile fenomeno, è la quasi certezza che – ormai messo alla prova – quello strumento (in origine paventato come eversivo) non avrebbe poi dato a una (ipotizzata) maggioranza «rivoluzionaria» (o protesa a mutamenti radicali) la possibilità di prendere il potere per vie legali. Si potrebbe dire, in altri termini, che il suffragio universale è stato, alla fine, man mano concesso (in Italia molto tardi rispetto agli altri paesi d’Europa) quando era stata acclarata la sua innocuità. Innocuità derivante da molti fattori: dalla proliferazione delle classi medie con conseguente fioritura dei partiti moderati e centristi in primo luogo, che è stata non a caso concomitante con la creazione di imperi coloniali alle dipendenze delle nazioni (Francia e Inghilterra prima, Germania e Italia poi) che da tale moderna forma di «schiavismo» hanno tratto vantaggi materiali da condividere (in parte modesta) con i rispettivi ceti proletari. A tal proposito un notevole studioso italiano di recente scomparso, Domenico Losurdo (di cui l’autore del presente volume fu discepolo), ha felicemente parlato di una dialettica storica fra «emancipazione e de-emancipazione», intendendo descrivere con tale espressione fenomeni opposti ma strettamente interdipendenti, che si alternano nel corso della vicenda umana. Tale alternanza di momenti di estensione e di contrazione delle libertà concerne la tormentata storia dei circa due secoli di democrazia che abbiamo alle spalle. Oggi, all’indomani della storica sconfitta del socialismo dopo settant’anni di eroismi, e dopo la creazione di un’Europa sovranazionale e rigorosamente sottoposta al comando del capitale finanziario, questa sembra storia antica. L’epoca della democrazia politica, fondata sullo Stato-nazione, è finita. In questo lavoro, l’autore racconta e spiega perché la nostra epoca sta vivendo un radicale processo di regressione (de-emancipazione) rispetto alle conquiste delle democrazie occidentali come le abbiamo conosciute nella seconda metà del Novecento. Giungendo a una proposta solo all’apparenza paradossale: limitare la democrazia formale (il diritto al voto) per salvare la democrazia sostanziale. formale (il diritto al voto) per salvare la democrazia sostanziale. Perché vi sono tempi così bui in cui può rivelarsi opportuno (o perfino necessario?) indebolire nella forma ciò che si vuole preservare nel contenuto. Lo scenario che abbiamo di fronte è quello del nuovo autoritarismo plebiscitario (Usa, Russia), della lotta di potenza priva di qualunque fondamento ideologico e morale (com’era invece quando esisteva il socialismo in quanto forza organizzata). L’interrogativo al quale nessuno, per ora, sa dare una risposta è: quali strumenti sapranno (se lo sapranno) trovare i ceti meno forti e, indipendentemente da loro, i nuovi schiavi per non finire sotto il «tallone di ferro»? A Sara, adorata protettrice della mia ottusità

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EDGT1046376
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