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Ferdinand Tönnies sociologo hobbesiano : concetti politici e scienza sociale in Germania tra Otto e Novecento PDF

464 Pages·1997·15.9 MB·Italian
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,\nnali ddl'lstituto storico italo-g~rm,mico 1vlonogrnfi,1 30 Ferdinand Tònnies sociologo hobbesiano Concetti politici e scienza sociale in Germania tra Otto e Novecento di Maurizio Ricciardi Socictù editrice il Nlulino Bologna Annali dell'Istituto storico italo-germanico Monografia 30 Ferdinand Tonnies sociologo hobbesiano Concetti politici e scienza sociale in Germania tra Otto e Novecento di Maurizio Ricciardi Società editrice il Mulino Bologna ISBN 88-15-06117-7 Copyright © 1997 by Società editrice il Mulino, Bologna. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, com- presa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata. Sommario Introduzione p. 7 CAPITOLO PRIMO: Lo stato della società 15 1. Sociologia e crisi della politica 15 2. Diritto naturale e sociologia 38 3. Diritto naturale, giurisprudenza e crisi dello Stato 73 CAPITOLO SECONDO: La politica di Hobbes 101 1. Razionalismo e individualismo 101 2. Società e comunità 120 3. Il costume e la società del diritto 148 CAPITOLO TERZO: Società e costituzione 175 1. Sociologia e storia 175 2. Individualità e statistica 197 3. Uomini e voti 217 CAPITOLO QUARTO: Tra liberalismo e democrazia 245 1. Germania e Inghilterra 245 2. Guerra e costituzione 280 3. Rivoluzione e 'Versammlung' 309 CAPITOLO QUINTO: Democrazia e 'Gemeinwesen' 323 1. Forme e figure della democrazia 323 2. Sulla sociologia dello Stato democratico 358 3. Un epilogo oltre Hobbes 378 FONTI E LETTERATURA 399 1. Fonti inedite 399 2. Opere edite 399 3. Letteratura 414 INDICE DEI NOMI 457 5 Introduzione I bave almost forgot the taste of fears (Shakespeare, Macbeth V. 5) È noto l'aneddoto, raccontato da Eduard Baumgartner, se- condo il quale nel 1920 Max Weber ebbe a dichiarare che «l'onestà di un intellettuale, e soprattutto di un filosofo del nostro tempo, può essere misurata dalla sua posizione nei riguardi di Nietzsche e di Marx». Indulgendo ulteriormente all'aneddotica si può ricordare come il giovane Tonnies, trovandosi per la prima volta nel 1878 a Londra, per intra- prendere le sue ricerche hobbesiane, abbia più volte osser- vato da lontano Marx al lavoro, chino sui tavoli della British Library, senza trovare il coraggio di avvicinarsi. Alcuni anni più tardi, con la stessa confessata, «abituale timidezza», tro- vandosi in Svizzera con i suoi amici Paul Rée e Lou Salomé, rinunciò alla possibilità di fare la conoscenza di Nietzsche. Eppure, in entrambi i casi, si trattava di figure che avevano profondamente influenzato la formazione intellettuale e po- litica di uno studioso che era stato un nietzschiano della prima ora, per poi arrivare a criticare duramente le esagera- zioni degli epigoni, così come riconobbe sempre l'impor- tanza di Marx, pur non giungendo mai a definirsi marxista. Siamo di fronte a un autore controverso, non facilmente collocabile in quella storia costituzionale tedesca che, per oltre un cinquantennio, egli attraversò in modo non certo indifferente, oltrepassando spesso nella sua attività di ricer- ca le barriere consolidate delle discipline scientifiche. Tonnies (1855-1936) condusse la propria esistenza mante- nendo come costante baricentro geografico lo Schleswig- Holstein, nell'estremo nord della Germania, svolgendo a Kiel gran parte della sua attività di studio, ricerca e insegna- mento. Fu uno studioso assai stimato, ma faticò a lungo per 7 vedere riconosciuti i propri meriti. Infatti, nonostante il so- stegno di autorità accademiche e intellettuali come Dilthey, Schmoller e Wagner, il sospetto che fosse un sostenitore o addirittura un segreto militante socialista gli impedì per molto tempo di ottenere un incarico accademico. Dopo aver pub- blicamente appoggiato il grande sciopero amburghese dei portuali e della gente di mare nel 1896-97, Tonnies dovette attendere undici anni per diventare professore straordina- rio e solo a 56 anni divenne ordinario di 'Scienze economi- che dello Stato'. Già la lunga cronaca di quello sciopero da lui immediatamente pubblicata lo qualificò come opposito- re dell'impero guglielmino; partecipò ad associazioni che, propugnando un'etica e una riforma sociali, miravano a un mutamento profondo della società e dello Stato, ma da po- sizioni non certo rivoluzionarie appoggiò dall'esterno lo sfor- zo revisionista dei seguaci di Bernstein. Fu uno dei protago- nisti delle indagini del Verein /iir Sozialpolitik, approntando un questionario che praticava con un anticipo di anni la necessaria avalutatività delle scienze sociali. Produsse inda- gini statistiche e un metodo per correlare i dati. Nel 1909, insieme ai più noti scienziati sociali della sua generazione, fondò la Deutsche Gesellschaft /iir Soziologie, di cui sarà presidente per tutti gli anni venti e fino allo scioglimento nel 1933, trovando tuttavia sempre eccessiva la pervicacia con cui Weber pretendeva l'astensione dai giudizi di valore. L'avvento della repubblica di Weimar segnò la sua pubblica consacrazione come fondatore e maestro della ricerca so- ciologica tedesca, sebbene quella stessa sociologia stesse al- meno in parte mutando orientamento, puntando a una deci- sa formalizzazione in contrasto più o meno esplicito con la concezione tonniesiana. Negli anni venti giunse anche a piena maturazione il percorso dei suoi studi hobbesiani, grazie ai quali aveva scoperto il manoscritto originale di Behemoth e dello Short Tract on First Principles, così come era stato in grado di fissare la stesura originale, fino ad allora scono- sciuta, degli Elements. Sulla scorta di un'interpretazione di Hobbes e Spinoza sempre più attenta e accurata partecipò ai grandi dibattiti weimariani sulla democrazia e il parla- mentarismo e, da sincero democratico quale era, si oppose 8 pubblicamente alla montante marea nazionalsocialista, fi- nendo per essere cacciato dall'università e privato della pen- sione. Ciò nonostante, per lungo tempo, è stato considerato il teorico di un concetto tardo-romantico di comunità al quale, se non si potevano imputare direttamente le colpe degli anni trenta, si poteva certamente rinfacciare una qual- che paternità, per così dire, involontaria. Tonnies deve la propria notorietà soprattutto a quella pri- ma opera del 1887 su comunità e società, o forse alla dico- tomia che essa ha messo in campo. Il più delle volte, nella letteratura a lui dedicata, gli studi hobbesiani vengono tra- scurati, perché difficilmente compatibili con la ricerca di un classico della sociologia di cui magari riscoprire l'attualità. Le due facce della formazione e della produzione tonniesia-· ne rimangono così sostanzialmente estranee, se non per l'in- dagine sugli elementi di metodo che, provenendo dall'atti- vità di storico della filosofia politica, confluiscono nella so- ciologia. Prevalente è cioè l'interesse per la ricostruzione di una metodologia sociologica alla quale si vuole vedere rico- nosciuta la dignità frettolosamente negata dagli studi del dopoguerra e, come spesso accade a simili tentativi, essi rischiano sempre di impigliarsi nella discussione su 'ciò che è vivo e ciò che è morto' nel pensiero dell'autore di cui si occupano. Presupposto della presente ricerca è invece che Tonnies, condividendo con la prima generazione dei socio- logi tedeschi la tensione verso l'uso politico delle categorie, abbia inteso la sociologia come ultima scienza politica che deve fornire strumenti immediati per l'analisi e il mutamen- to del presente. L'intento principale non è perciò fornire un contributo alla storia della sociologia, né una biografia in- tellettuale, ma piuttosto ricostruire storicamente la costella- zione di concetti politici sui quali Tonnies articola le pro- prie argomentazioni, tentando allo stesso tempo di verifica- re dove e con che intensità il nuovo discorso sociologico retroagisca sulla politica, intesa sia come dottrina sia come pratica, obbligandola a trasformare i propri schemi consoli- dati. Si è quindi assunto come presupposto la dichiarazione: «Io 9 avevo preso le mosse da Hobbes», con cui Tonnies nel 1912 sottolineò la propria distanza da ogni dottrina organicista della società. E tutta la sua lettura del filosofo inglese è segnata da una precisa linea interpretativa determinata so- prattutto dal rivolgersi ai testi di un autore che Tonnies evidentemente considerava un suo contemporaneo inattua- le, perché considerava il tempo di Hobbes contemporaneo al suo. Ma la filosofia hobbesiana è stata il punto di parten- za; infatti essa è stata immediatamente arricchita dal suo intersecarsi spesso intricato con una serie di altri percorsi: in primo luogo la filosofia spinoziana, quindi la riflessione dei giuristi contemporanei sulle origini e lo sviluppo della normatività sociale. In questo modo l'indagine di Henry Sumner Maine sul diritto antico, gli studi di Otto von Gier- ke sul diritto tedesco della consociazione, i volumi di Ru- dolf von Jhering sullo scopo nel diritto, l'opera di Bachofen sul matriarcato entrano tutti a far parte di quel bagaglio intellettuale grazie al quale Tonnies forgia i propri strumen- ti analitici. L'insieme di questi apporti è alla base della riva- lutazione della tradizione politica del diritto naturale, nel tentativo di riproporla come strumento di una ricerca pro- blematica intorno alla posizione dell'individuo nell'epoca in cui viene teorizzata la sua piena socializzazione. Il diritto naturale non è per Tonnies solamente il prodotto storico più importante del razionalismo tipico dell'età moderna; a esso spettano soprattutto uno spazio decisivo e un valore costitutivo come modello di normazione dei rapporti collet- tivi. La ripresa e l'aggiornamento del materialismo hobbe- siano fanno sì che, riferito al diritto, 'naturale' significhi per Tonnies in primo luogo il quadro generale di rapporti che in ogni costituzione sociale deve essere considerato come intrascendibile, pena la distruzione della forma in cui esso si manifesta. Proprio l'incontro con i giuristi dà forma alla specifica concettualizzazione tonniesiana della comunità come rapporto di uguaglianza e di fratellanza, di fatto sempre problematico da definire storicamente, perché già parzial- mente negato nel momento in cui esso assume la forma del dominio paterno sui figli. In realtà il concetto di comunità sembra essere costruito da 10

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