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Fascismo e piccola borghesia. Crisi economica, cultura e dittatura in Italia (1923-1925) PDF

540 Pages·1979·1.98 MB·Italian
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Preview Fascismo e piccola borghesia. Crisi economica, cultura e dittatura in Italia (1923-1925)

“Il regime fascista muore,” scriveva Gramsci il 1° settembre ‘24, “perché non solo non è riuscito ad arrestare, ma anzi ha contribuito ad accelerare la crisi delle classi medie…”[…] era una osservazione molto importante che poteva aiutare a capire le vicende di quel periodo, ad es. il delitto Matteotti, generato dalla volontà dei fascisti estremisti di dimostrare al paese che i padroni erano sempre loro Questo libro si propone di approfondire le cause e i motivi di quella crisi della piccola e media borghesia, crisi che fu particolarmente grave per Mussolini e per il suo regime, in quanto perdevano l’appoggio di quel ceto che, subito dopo la guerra, aveva guardato con simpatia alle camicie nere. E si propone anche di vedere fino a che punto le correnti antifasciste (i popolari, i comunisti, i socialisti unitari-riformisti e i massimalisti) compresero tale crisi del ceto medio e di chiarire se scorsero la possibilità di inserirsi nel gioco politico che si apriva quasi inaspettatamente. Infine, cerca di mettere in rilievo la posizione della cultura del tempo di fronte al trono barcollante del nuovo dominatore e di definire l’esatta collocazione delle tendenze fasciste dissidenti (di destra ortodossa come Bottai, e di destra e di sinistra, se così si può di re) Su tutto pesa un giudizio fortemente negativo sul trasformismo che continuò una tradizione a cui il nostro popolo, purtroppo, era ormai da lungo tempo abituato e che continuerà anche dopo la caduta del regime: un trasformismo attuato dal duce ma che trovò alcuni strati sociali pronti e disposti ad approfittarne per reinserirsi nel nuovo - ma fin troppo vecchio - Stato per volgerlo a proprio favore. Franco Catalano è nato a Fidenza nel 1915 ed é professore ordinario di storia sociale contemporanea alla Facoltà di economia dell’Università di Modena. Tra le sue 2 opere ricordiamo La storia del C.l.n.a.i., Bari, 1 956, Milano, 1 975, L’età sforzesca, Milano, 1956; La fine del dominio spagnolo in Lombardia, Milano, 1958; Illuministi e giacobini del Settecento italiano, Milano, 1 959; Vita politica e questioni sociali, 1859-1900, Milano, 1962; Milano tra liberalismo e nazionalismo, 1900-1915, Milano, 1962; Potere economico e fascismo, 1919-1921, Milano, 1964, 1974*. Stato e società nei secoli, 2 voll., Firenze-Messina, 1966-1969; Storia dei partiti politici italiani, Torino, 1969, 1978 2; L’economia italiana di guerra, 1935-1943,, Milano, 1970; Europa e Stati Uniti negli anni della guerra fredda 1944-1956, Milano, 1972; La fine del sistema monetario internazionale, Milano, 1973; Dalla grande crisi a Yalta, Milano, 1974; La generazione degli anni 40, Milano, 1975; Università: quale futuro?, Milano, 1976; Metodologia e insegnamento della storia, Milano, 1976, 197 , La grande crisi del 1929, Milano, 1976; Guerra, resistenza e ricostruzione. Milano, 1978. Copertina: Ufficio Grafico Feltrinelli In copertina: La sala del Gran Consiglio a Palazzo Venezia. 3 Scansione a cura di apernod Ocr e conversione a cura di Natjus Ladri di Biblioteche Progetto Fascismo 2019 conversione pdf: 2020 4 Universale Economica 5 Franco Catalano Fascismo e piccola borghesia Crisi economica, cultura e dittatura in Italia (1923- 1925) Feltrinelli Economica 6 Prima edizione: marzo 1979 Copyright by © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano 7 Prefazione È solo per quelli che sono senza speranza che ci è stata data la speranza. [BENJAMIN] Ancora la storiografia forse non è riuscita a chiarire alcuni fra i problemi fondamentali del fascismo delle origini, anzitutto quello riguardante l’inizio della dittatura, se subito dopo il 28 ottobre ‘22 oppure dopo il discorso del 3 gennaio *25 (con cui Mussolini pose termine alla secessione dell’Aventino). Questo libro non pretende certo di dare un giudizio definitivo su tale problema, ma, partendo da un articolo di Gramsci del 1° settembre ‘24, in cui scriveva che il fascismo moriva perché non era riuscito ad arrestare, anzi aveva accelerato, la crisi delle classi medie, cerca di ricostruire in che cosa consistette una simile crisi, che sarebbe stata provocata da un intenso processo inflazionistico che allontanò la piccola e media borghesia dal regime (giunto, nel ‘26, vicino al baratro da cui si salvò con la quota 90). La minaccia di essere abbandonato da quello strato sociale, che lo aveva appoggiato dal ‘19 al ‘22, spinse Mussolini a seguire una politica trasformistica nel tentativo di attrarre a sé la vecchia classe dirigente liberale; ma questo provocò nel suo partito lotte intestine fra gli estremisti alla Farinacci e i moderati alla Bottai, con la formazione di correnti di dissidenti. Il lavoro si è proposto di definire i motivi reali della nascita di tali correnti (dove, come e perché), e di ricercare anche fino a che punto i partiti di opposizione (il comunista, il socialista e il 8 popolare) avvertirono questa crisi dei ceti medi e se intravidero o no la possibilità di inserirsi attivamente nel gioco politico che si apriva. Il libro si sforza, inoltre, di cogliere la partecipazione a queste vicende economiche, politiche e sociali della cultura fascista e no del tempo, nella convinzione, che è dell’autore, che, nella storia, tutti i complessi aspetti della vita siano strettamente collegati l’uno all’altro: l’economico al politico e al morale e al culturale. Per quanto riguarda l’aspetto morale,, all’autore di questo libro preme mettere in rilievo come la sua attenzione sia stata attratta soprattutto dalle arti istrioniche di Mussolini, che con grande abilità seppe usare ora la violenza ora la blandizie, riuscendo a crearsi non un consenso di massa (che presuppone sempre una adesione sincera e senza secondi fini), ma una base di concreti interessi in chi, pur di salvaguardare questi interessi, passò con indifferenza dalla democrazia (o pseudodemocrazia) prefascista alla dittatura. Si trattò, anche in questo caso, della continuazione di attitudini trasformistiche, di questa “nostra malattia più perniciosa,“ come è stata definita da G. Dorso, che ha caratterizzato quasi - se non tutti - i governi italiani dal Depretis a oggi, una malattia che rappresenta veramente la costante più intramontabile e più radicata nella nostra anima, Eppure, bisognerà pure che,, una buona volta., questo nostro popolo di antica civiltà, come si suol dire con una manifesta retorica, faccia di tutto per liberarsene, si da riacquistare il senso dell’onestà, della coscienza integra e pulita,, dell’umiltà,, dell’altruismo, della giustizia e dell’amore per gli esseri diseredati, miseri e tormentati, ansiosamente anelanti a un raggio di sole e di luce: che sono, poi, i veri valori di cui la vita di ogni uomo dovrebbe essere intessuta, se vuole veramente viverla. 9 Indice Prefazione Capitolo primo. La politica economica liberistica del fascismo Capitolo secondo. I problemi dei ceti agricoli Capitolo terzo. Tendenze protezionistiche e tendenze liberistiche dell’industria italiana Capitolo quarto. Il settore tessile e la fusione nazionalismo-fascismo Capitolo quinto. Il “selvaggio rivoluzionario” di Mino Maccari Capitolo sesto. Il fascismo e il Risorgimento: reazione o rivoluzione? Lo Stato etico dei gentiliani Capitolo settimo. La crisi della piccola e media borghesia 10

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