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Fascismo e Democrazia cristiana PDF

191 Pages·1975·34.025 MB·Italian
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Il decennio l943-’53 fu per l'Italia tra i più drammatici della sua storia, denso di speranze, delusioni e tragiche conseguenze che durano ancor oggi. Questo volume raccoglie gli scritti più significativi d'uno dei protagonisti di quel periodo. Lelio Basso - personalità politica e in­ tellettuale tra le più complesse del dopoguerra — le cui vicende sono strettamente legate alla ri nascita, alle vittorie e alle disfatte del Partito Socialista, all'interno del quale egli sempre operò per una chiarificazione politica ai fini di un'opposizione radicale nei confronti della ri­ nata reazione. Questi scritti, di quell'epoca ap­ punto. testimoniano in primo luogo dell'urgenza di demistificare la reale natura di classe della DC. vocazione che si andava sempre più con­ fermando attraverso una serie di scelte ben precise: dall’esautoramento dei CLN alla fine dell'epurazione, dalla restaurazione economica, clericale, istituzionale all’alleanza USA, lino alla cacciata delle sinistre dal governo, alla scissione sindacale, agli eccidi scclbiani. alla legge truffa... Basso non attese queste estreme manifestazioni per enunciare le sue tesi di fondo: la DC altro non è che la nuova veste con la quale si ripre­ sentano in Italia il grande capitale e le forze più retrive ad esso collegate. Con ciò non riducendo la DC al PNF: non si parla di un unico totali­ tarismo. ma di due regimi totalitari reazionari, con una loro continuità sostanziale e con una serie di differenziazioni, parte strappate dalla lotta delle sinistre, parte volute dallo stesso ca­ pitale ai fini di una sua maggiore funzionalità nel nuovo assetto dei rapporti di produzione interni ed internazionali. Storia e classe 8 LELIO BASSO FASCISMO E DEMOCRAZIA CRISTIANA DUE REGIMI DEL CAPITALISMO ITALIANO Gabriele Mazzetta editore © 1975 Gabriele Mazzotta editore Foro Buonaparte 52 • 20121 Milano INDICE Premessa Editoriale - Lelio Basso: Lotta anticapitalista e ri­ voluzione socialista..............................................pag. 7 Nota Biobibliografica.....................................................................» 22 I II significato del 25 luglio................................................» 25 II Dalla rottura del tripartito al Fronte democratico po­ polare ...........................................................................» 40 1. L'involuzione reazionaria della DC.......................» 40 2. Natura del Fronte democratico popolare ...» 52 III Cupidigia di servilismo.............................................» 57 IV Processo di fascistizzazione in atto........................» 76 V Continuità storica del capitalismo italiano ...» 93 VI La lotta per la democrazia e la Costituzione in Italia » 103 VII L'insegnamento delle elezioni amministrative meridio­ nali ...................................................................................» 119 Vili Fallimento di una classe dirigente........................» 136 IX II colpo di Stato di De Gasperi........................» 163 X II cattolicesimo politico al servizio dell’imperialismo » 171 PREMESSA EDITORIALE Lelio Basso: lotta anticapitalista e rivoluzione socialista L'eredita del fascismo «Certo sarebbe comodo per troppa gente che gli italiani dimen­ ticassero ancora una volta!» Queste parole, scritte da Basso all’in­ domani del 25 luglio, denunciano un’evidente preoccupazione di fronte alla politica a dir poco conservatrice del governo Badoglio, alle manovre del grande capitale, che, con la creazione d’un nuovo partito, la Democrazia cristiana, cerca di riprendere in mano le re­ dini d’un potere messo in questione dalla lotta partigiana e dalla crescita dei partiti della sinistra. Non si può infatti, a tal proposito, non riconoscere a Basso il merito d’essere stato tra i primi a ben comprendere e demistificare pubblicamente il vero carattere reazionario del nuovo partito con­ fessionale, caratterizzato, come il partito e il regime fascista, dal fatto di controllare una vasta base eterogenea (il ceto medio bor­ ghese c agricolo in origine, ma poi anche operaio) assoggettata tramite un’abile alchimia di coazioni psicofisiche, di condiziona­ menti ideologici e materiali (ma anche l’ideologia è una «forza materiale»). Un partito di massa si, ma una massa falsocosciente nella sua gran parte, trapassata quasi ciecamente dai fumi del fa­ scismo a quelli del nuovo regime; una massa diretta da uomini di rigida estrazione cattolica, cattolicamente vissuti nel trentennio, che nella maggior parte dei casi furono ligi tanto alla mitologia catto­ lica quanto a quella fascista. I due totalitarismi hanno dunque una caratteristica sostanziale che li accomuna, quella di essere strumenti del grande capitale, e una serie di caratteristiche formali, e cioè di forme di espressione, che li di versifica. Scrive Basso: «La vera differenza tra la tecnica fascista e quella democristiana del colpo di Stato e che in realtà Mussolini e i fascisti amavano far 7 mostra di forza e di violenza anche quando non la esercitavano, e magari anche quando questa forza neppure possedevano (si pensi al bluff in politica internazionale), laddove i democristiani, in osse­ quio alla tradizione clericale, preferiscono ammantare di ipocrisia e nascondere sotto frasi melate la violenza sostanziale.»’ Ecco subito evidenziato un aspetto, quello subdolo della cristiana pietas che già Gramsci aveva cosi ben descritto dieci anni avanti con il motto «oremus sugli altari e flatulenze in sacrestia». Le tecniche di coercizione si modificano: la repressione fisica diventa poliziesca o mafiosa, quella psichica ritorna ad appoggiarsi alla mitologia cattolica, si sviluppano altri strumenti quali il clientelismo e il ricatto economico... tutto questo, come un tempo all’ombra del fascio, ora all’ombra dello scudo crociato, il vero protettore degli interessi neocapitalistici: «i pericoli del fascismo non sono nelle manifestazioni nostalgiche del passato: non dob­ biamo vedere il fascismo in quei piccoli movimenti che sorgono e che noi abbiamo sempre la possibilità di schiacciare, bensì nella involuzione della Democrazia cristiana, nelle forme totalitarie che sempre più tende ad assumere il governo De Gasperi, nella cri­ stallizzazione degli stessi interessi che hanno dominato la vita del nostro paese nel passato e la dominano ancor oggi, ben decisi a tenere a qualunque costo le loro posizioni.»2 L’Unità Nazionale al servizio del capitale Da questa analisi Basso trae le prime conclusioni pratiche op­ ponendosi al principio, sostenuto anche dalle sinistre, della rico­ struzione nazionale attraverso una collaborazione interclassista. È l’ennesima trappola mitica della pace sociale, da combattere tanto più quanto più «la borghesia italiana ha dimostrato a sufficienza la sua incapacità a governare l’Italia con metodi civili» e ancor più dal momento che, nell’immediato dopoguerra, di fronte allo sfacelo economico, si ripropone il solito drammatico dilemma: dittatura di oligarchie o governo dei lavoratori? Socialismo o barbarie? Paghe­ ranno una volta tanto i capitalisti la loro sconfitta che già tanto sangue è costata alla classe proletaria, o ancora una volta al danno aggiungeranno la beffa di presentare il conto alle proprie vittime? In questa ottica prende corpo la polemica contro il patriottismo 1 Vedi p. 168. 2 Vedi p. 46. 8 di sinistra, contro un certo romanticismo tardorisorgimentale che vede nella lotta contro i tedeschi l’obiettivo principale, e che mette in secondo piano, in vista d’un’ampia riconciliazione nazionale, la lotta contro i veri capi del fascismo, i grandi capitalisti. I quali per conto loro, con abili doppigiochi, si preparano ai tempi a venire, operando già occultamente per la distruzione di ogni velleità ege­ monica (anche se in compartecipazione) della classe operaia. Due ottiche diverse circa la «buona volontà» della borghesia che vedono una prima contrapposizione polemica tra il PCI e lo PSIUP al momento della Svolta di Salerno, della quale i socialisti (e Basso da solo, una volta che essa fu sostanzialmente accettata dal suo partito) criticano gli aspetti negativi, non indifferenti tra altri po­ sitivi: l’adesione al governo Badoglio, il cedimento sulla funzione dei CLN, la subordinazione alle direttive dell’URSS... tutte queste considerazioni portano Basso a sostenere una posizione di attacco, che non permetta alla classe capitalista di superare la crisi di potere del vecchio regime, di rimettersi in moto stroncando contempora­ neamente quello delle masse. «Se si fossero rimandate le riforme di struttura a dopo il ristabilimento del regime parlamentare, se si fosse cioè staccata la soluzione meramente politica dalle necessarie trasformazioni sociali, sarebbe stato utopistico di fare dopodomani, cioè dopo il ristabilimento del vecchio equilibrio borghese, quella trasformazione rivoluzionaria che si rifiutava per domani.»5 Queste considerazioni sul punto di non ritorno, sull’irreversibi­ lità dei processi di restaurazione o rivoluzione, verranno anni dopo commentate cosi da un’altro dei grandi protagonisti delle lotte del tempo, Luigi Longo: «Io credo (lo credo adesso) che un esame approfondito non poteva portare a considerare che il momento più favorevole per portare avanti delle ardite misure di rinnovamento era all’inizio [...] Penso che siano stati fatti errori [...] forse allora, a Roma, non si ebbe piena coscienza dell’ampiezza e della profon­ dità della lotta che si era combattuta nel Nord.»4 La fiducia nelle masse come motore rivoluzionario Per il marxista Basso solo la massa cosciente e organizzata può veramente ribaltare i rapporti politici-economici dominanti. 5 L'alternativa democratica e il tranviere, in «Problemi del socialismo», n. 12, 1959. 4 «Rinascita», 28 maggio 1966. Sono frequenti in tutta la sua attività i richiami all’esperienza della Comune parigina, alla rivolta spartachista... ma mai come nel 1919 «l’iniziativa delle masse toccò un livello più alto»,' ancor più che nella Resistenza, fin dal suo sorgere controllata dai vertici partitici. (Salta subito all’occhio che i tre movimenti ai quali Basso si riferisce furono soffocati nel sangue delle più spietate controri­ voluzioni; sublimi nelle intenzioni quanto fallimentari nelle con­ clusioni... ma di questa contraddizione si parlerà in seguito.) Nel secondo dopoguerra, terminata la lotta partigiana, la prima grande occasione di appello alle masse si presenta col porsi della questione del referendum istituzionale. I suoi termini sono noti: le destre lo vogliono e le sinistre lo rifiutano per timore, preferendo delegare alla Costituente la decisione in merito all’assetto repub­ blicano. Il solo Basso si batté per la tesi opposta, più fiducioso nelle masse che nei vertici facili ad accomodamenti, soprattutto dopo che, come Basso prevedeva, si fosse rinviata nel tempo la decisione, e il tempo lavorava contro le sinistre, raffredava la spinta eversiva, permetteva il consolidamento della reazione. Fu uno dei pochi casi in cui Basso riusci a trascinare la direzione del suo partito e si ebbe cosi il 2 giugno e la vittoria repubblicana, l’ultima vittoria delle sinistre prima di quella del referendum del 12 maggio sul divorzio: è impossibile non rilevare le analogie dei due referendum: le destre lo vogliono a tutti i costi e lo perdono, il PCI lo teme e lo vince, alcuni estremisti isolati lo sollecitano a tutti i costi. La realtà è tuttavia più complessa e sfumata: innanzitutto, al contrario di oggi, allora la maggior parte dei dirigenti de si pro­ nunciò per la repubblica; nonostante ciò la base de votò compat­ tamente per il re. Dal che si desume che non basta battere le di­ rezioni, ma è necessario «battere» anche le basi, c cioè condurre un’adeguata lotta ideologica a tutti i livelli. La riscossa del grande capitale e la paura delle sinistre Quella che si apre nel 1943 e va fino al 1947 (ma continua ancor oggi) è una fase storica che potremmo chiamare della «grande paura», una paura diametralmente opposta a quella del biennio rosso: la «grande paura» è infatti delle direzioni socialcomuniste, di 5 Nascita d’un socialista, in «Belfagor», n. 11, 1972. 10

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