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evo antico PDF

64 Pages·2013·0.35 MB·Italian
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EVO ANTICO (cid:2) P I ARTE 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 33 2233//0099//1133 1100..4488 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 44 2233//0099//1133 1100..4488 EVO ANTICO (cid:2) P ARTE I Nel proporre un’analisi o valutazione di un evento, sia esso storico o scientifi co, rite- niamo che debba essere doveroso introdurre il lettore con una presentazione del periodo storico nel quale l’evento è accaduto. Riteniamo ancora opportuno precisare come l’evento stesso sia frutto di un Pensiero il quale lentamente, ma in maniera fortemente coinvolgente, sappia trascinare una Comunità o un Popolo a pretendere la realizzazione di conquiste sociali, scientifi che, mercantilistiche. Queste infi ne generano ricchezza, che è sempre stimolo a maggiori esigenze artistiche e culturali. Le scoperte, le invenzioni, l’evoluzione della tecnica sono sempre una risposta ai reali bisogni dell’uomo. Non si può comprendere Ippocrate se non si comprende il pensiero greco del V sec. a. C., né il concetto di Ordine di Federico II se non si rivive l’ansia di Ricostruzione che rende fecondo il pensiero politico e sociale di Carlo Magno. Così ci pare inutile ricordare Nicolai Preposito e il suo Antidotario se non si rivive il pensiero politico e il Costume dell’Italia meridionale nel XII sec. È vero, la scienza, i suoi teoremi e le sue realizzazioni traggono origine dall’osservazione della natura, ma è sempre l’evoluzione del Pensiero che rende sensibile e indirizza la capa- cità del ricercatore; non a caso Galeno ricordava come un buon medico dovesse essere, per sua prima virtù, un fi losofo. Questo testo, per meglio comprendere l’evoluzione delle scienze farmaceutiche e con esse della Farmacia, seguirà questo metodo. In quale momento della sua storia l’Uomo ha sviluppato il Pensiero? (cid:2) (cid:2) I prodromi della farmaceutica Certo, il vivere insieme, sia pure in piccole comunità, deve avere stimolato un linguaggio comune e i primi attrezzi prodotti, frutto di ragionamento consequenziale. Nel Paleoli- tico dobbiamo chiamare questo essere “Uomo”, ora con un cervello più sviluppato e con una bocca più ricca di fonemi. Con quali pensieri, probabilmente suggeriti dall’istinto, quest’uomo abbia affrontato la durezza della natura che lo circondava non ci è dato saperlo; certo il fuoco, una vera reazione chimica sia pure non compresa, è frutto di osservazione e rifl essione, anche se certamente la gran parte del Pensiero è assorbito dalle esigenze dettate dalla sopravvivenza. Ma già nell’uomo di Neanderthal, che oggi si pensa non appartenga alla linea evolutiva dell’Homo Sapiens, è possibile osservare una sepoltura rituale, indice di sentimenti, religione, paure, di speranze. Tra i fi ni primari degli uomini primitivi vi è la ricerca del cibo per sé e per gli animali allevati. Questo ci invita a rifl ettere che la pratica del nomadismo non deve avere solleci- 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 55 2233//0099//1133 1100..4488 6 STORIA DELLA FARMACIA. DALLE ORIGINI AL XXI SECOLO tato, nella osservazione della natura, particolari deduzioni; lo spostarsi di luogo in luogo, per esempio, comporta che una pianta, edule o medicamentosa, presente in un territorio non lo sia in un altro più a Nord e quindi più freddo; questo causava quella mancanza di esperienza alla base di qualsiasi empirismo. Certamente il loro vagare consentiva l’affer- marsi di una civiltà tutta propria, gli dei che trasportavano con sé erano piccole sculture (le grandi non avrebbero potuto trasportarle) raffi guranti delle Veneri dai grandi seni a invo- care la fertilità o frammenti di ossi graffi ti con disegni di animali propiziatori per un gregge fecondo o una profi cua caccia. Certamente queste popolazioni nomadi avranno alzato gli occhi al cielo per invocare pioggia e calore al sole, al fi ne di avere erba abbondante per le loro mandrie. Si manifesta così l’esigenza di instaurare un rapporto con il divino. È con la civiltà del bronzo che si affermano i popoli “rivieraschi”, cioè che vivevano nei pressi dei grandi fi umi: l’Eufrate, il Tigri, il Nilo, forieri di pesca e di terra fertile, facile da coltivare in quanto dissodabile anche con il primordiale aratro di legno. Alla tecnica della pesca bisogna affi ancare le capacità agricole del sapere coltivare, organizzare e program- mare la propria vita, sapendo di dover attendere la stagione del raccolto. Recenti studi affermano che è stato l’istinto a portare a selezionare e coltivare i cereali e i legumi, in quanto in questo momento del suo processo evolutivo l’uomo si presenta con un cervello più sviluppato e quindi fi siologicamente pretende più calorie che potrà trovare appunto in cereali e legumi ricchi di carboidrati. Questi uomini rivieraschi sono agricoltori, ma integrano la loro dieta a differenza dei loro progenitori, con piccole prede e con pesce apportatore di acidi grassi della serie omega-3, anch’essi tanto importanti per l’ulteriore sviluppo del cervello. Si creano le premesse per una organizzazione sociale che sa darsi un proprio linguaggio scritto, sa misurare il proprio operato e il mondo che lo circonda, sente l’esigenza di migliorare la qualità della vita. Ora, gli avvenimenti che scandiscono il suo vivere, il parto, lo sviluppo, l’amore, la salute e la malattia, sono affi dati alla benevolenza di un dio o di una dea; nasce più propriamente la medicina teurgica, dove la preghiera e la speranza della guarigione sono il primo farmaco. (cid:2) (cid:2) Magia, religione, scienza Il concetto di magia, se riferito alla storia dell’Uomo e all’evolvere del suo Pensiero, non trova una facile defi nizione. Oggi, nell’accezione comune, ma solo nelle civiltà più evolute, la magia ci trova increduli, quando non viene intesa come sinonimo di trucco o addirittura di imbroglio o mistifi cazione, ma non così nel pensiero greco dove il termine indica la teologia dei sacerdoti persiani e le loro pratiche religiose, tanto diverse da quello che sarà il processo mentale greco, tutto teso ad una rigorosa “ratio”. I Magi1 infatti, nella antica reli- gione persiana, ma anche babilonese, sono astrologi, indovini, e stregoni nel senso migliore della parola ed è per questo che nel mondo ellenistico la Magia viene intesa come forma superiore della Conoscenza. Nel Medioevo, dalla intelligentia, è intesa come la Volontà e la Capacità, grazie anche a una diffusa concezione neoplatonica, di conoscere le forze che danno vita e regolano la Natura; quindi magia è ricerca, è scienza al sevizio dell’Uomo. Così come gli alchimisti, anche i nostri attuali scienziati, pur con una maggiore conoscenza e tecnica, altro non fanno che scoprire leggi e capacità della natura, per utilizzarle appunto a seconda delle necessità dell’Uomo. 1 Nel Vangelo i Magi sono sacerdoti defi niti anche Re. Guidati da una stella giunsero a Betlemme per rendere onore al bambino Gesù. 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 66 2233//0099//1133 1100..4488 EVO ANTICO 7 Ma allora Magia è sinonimo di Scienza? Stando all’accezione storica sì, a patto che non sconfi ni in quelle degenerazioni buone per i deboli e per gli animi troppo semplici. La magia, particolarmente nelle credenze primitive, può essere defi nita come una forma di religione primordiale che indubbiamente ha alimentato l’animo e stimolato la Cono- scenza. Alcuni etnologi ritengono che la magia e la religione siano state generate per sfuggire alla paura e al mistero che incombevano sulla vita dell’uomo primitivo; dello stesso avviso è lo studioso Lewis Browne, che nel 1952 intitola la sua opera L’evasione dalla paura, bollando tutte le religioni come frutto di intimidazioni e di paure. In maniera meno dissacrante possiamo affermare che le religioni, sebbene abbiano stimolato un importante processo educativo, in alcuni momenti storici sono state un freno al processo cognitivo dell’uomo, con l’intento però di portarlo verso una eticità edifi cante. Quali sono i prodromi della religione? Come detto, la paura certamente: del grande freddo, degli animali feroci, della malattia che troppo spesso conduceva a morte, quest’ul- tima tanto inspiegabile, tanto inquietante. Alla fuga deve aver fatto seguito la Speranza; il pensiero di un momento migliore, e questa è stata la prima preghiera dell’uomo, una speranza espressa in cuor suo, poi ad alta voce, infi ne elevata insieme alla sua piccola Comu- nità. Nasce il dialogo con gli dei, la Religione, la Liturgia. Come conseguenza di questo incontro con il divino, ricco di fervore e di speranza, la malattia (inspiegabile) viene vissuta come una collera, una punizione del dio; il peccato, come conseguenza, porta quale puni- zione la malattia. Pensiero questo che ha attraversato la storia dell’Uomo sino ai giorni nostri. Non solo allora la paura ha generato la prima religiosità, ma anche l’osservazione delle cose positive ha portato l’uomo a sperare: la bellezza e la potenza del Sole certamente invitavano alla preghiera, la pioggia stimolava la crescita dell’erba, vitale per le mandrie, la Terra generava frutti e messi. Naturalmente la religiosità prendeva forma a seconda della propria organizzazione sociale: chi era dedito al nomadismo auspicava valli ricche di foraggio e quindi pregava il dio Sole e della pioggia; chi invece era dedito all’agricol- tura pregava la dea Terra affi nché fosse prodiga di frutti e di messi. I Pelasgi, popolazione autoctona della antica Grecia, coltivando la terra ne invocavano la fertilità, rivolgendo la loro preghiera guardando il suolo; più tardi gli Elleni, quindi gli Achei e i Dori, essendo originariamente popolazioni nordiche nomadi, pregavano gli dei rivolgendosi al cielo. In seguito, occupando la Grecia, le due religioni si fusero originando così quel credo raccolto nella mitologia greca. Altro prodromo della religiosità sono state le virtù, le somme capacità dell’uomo stesso, quindi: la forza di Ercole, il coraggio nel combattimento di Marte, la bellezza di Venere, le capacità mediche di Esculapio per i Greci e di Imothec (“colui che viene in pace”) per gli Egizi. Deifi care gli uomini che avevano generato ammirazione con il loro valore e virtù faceva sentire l’uomo più partecipe alla magnifi cenza e onnipotenza degli dei e lo autoriz- zava a emularli e a richiederne i favori. Vale ricordare, quale esempio, che gli imperatori Romani venivano deifi cati in quanto espressione vivente dello Ius e del Genio Romano, valori che i popoli dovevano riconoscere e ai quali ispirarsi e modellarsi. Abbiamo già affermato come la magia possa essere prodromo della Ricerca, della Scienza; rimane da indagare come la religione possa avere infl uito sull’evoluzione della scienza. Nel caso dell’Islam, già dal IX sec. d.C. appare evidente come questa nuova religione fosse tutta protesa verso la Conoscenza e questo promosse un grande impulso verso gli studi fi losofi ci, le scienze matematiche e astronomiche oltre alla ricerca medico-farmaceutica. Per contro, molte altre religioni assoggettate alla casta sacerdotale furono di ostacolo al progresso sociale e scientifi co, anche se è innegabile, come già detto, che la religione stessa inviti l’uomo a una educativa rifl essione. Anche quando gli viene richiesta semplicemente 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 77 2233//0099//1133 1100..4488 8 STORIA DELLA FARMACIA. DALLE ORIGINI AL XXI SECOLO la Fede, lo invita all’individuazione dei Valori edifi canti che lo devono allontanare dalla belluina aggressività che è in lui. All’animo dell’uomo, che ricerca la Conoscenza, occorre un Credo che soddisfi e promuova il suo anelito, che gli dia forza facendolo sentire una espressione della divinità, esaltando così il suo infi nito potenziale. Per tutto ciò, in ultima analisi, dobbiamo convenire come, almeno nella sua prima fase evolutiva, la Religione abbia predisposto l’uomo alla Conoscenza. (cid:2) (cid:2) La Civiltà Egizia Per quanto i Sumeri, i Medi, gli Assiri e i Babilonesi siano con la loro civiltà fonte di evoluzione e conoscenza per tutto il Medio Oriente, è alla Civiltà Egizia che si preferisce fare riferimento in quanto nasce in un contesto sociale e culturale e per molti aspetti più storico, che sarà propedeutico per le civiltà del bacino del Mediterraneo, e più propria- mente per quella che oggi defi niamo “occidentale”; inoltre si espresse nei secoli, anche con fasi di decadenza, ma sempre con una propria spiccata personalità che cambierà solo con l’avvento dell’Islam. La Civiltà Egizia prende forma in un periodo storico databile intorno al 3000 a.C. quando un condottiero di nome Menes, con il suo carisma oltre che genio politico-militare, unifi ca le pur diverse tra loro popolazioni dell’Alto e Basso Egitto. Per la prima volta nella storia dell’Uomo, egli organizza con criteri meritocratici un governo nel quale ministri capaci, funzionari, un’effi ciente burocrazia e un corretto sistema di tassa- zione concorrono a dare vita a una nazione produttiva e serena nel suo lavoro. La tecnologia conosciuta è avanzata per il momento storico: si conosce la ruota, la navigazione a vela, la bilancia, il telaio, i colori e la tecnica per utilizzarli; tutto concorre a stimolare commercio, ricchezza, nuovi confronti con altri popoli e quindi nuove esperienze. Le fi nanze dello Stato sono interamente dedicate all’edifi cazione della Nazione e comunque – colpisce questa affer- mazione storica – divise dal tesoro personale del faraone. Alcuni aforismi dell’epoca come: «Non insuperbire per il tuo sapere, perché non si tocca mai il termine di un’arte», oppure: «Rara è la sapienza, ma spesso si trova nella schiava presso la mola» ci inducono a comprendere come lo Stato fosse impegnato a favorire una più vasta comune cultura con fi nalità educative, ma anche come valore cementante tra loro le diverse etnie della costituita Nazione Egizia. In una nazione, il lavoro ordinato e profi cuo genera sempre diffuso benessere e questo a sua volta sollecita il piacere dell’Arte, della Cultura, il desiderio di migliorare lo stile di vita, esigenze queste che a loro volta stimolano lo studio, la Ricerca, l’evoluzione della Scienza. Il nuovo Stato affronta problemi sociali come la Sanità pubblica, anche con principi di prevenzione e di igiene sociale. L’Arte Medica e Farmaceutica in particolare sono frutto di rigorosa ricerca; è emblematico il fatto che il medico è educato a porsi davanti al malato, tre rifl essioni: posso curarlo? È un male che posso controllare con la conosciuta terapia? Non posso curarlo! È in quest’ultima risposta che traspare l’umiltà e il rigore scientifi co di questo periodo, in quanto il Medico sa riconoscere i propri limiti senza ricorrere alla teurgia o peggio ancora alla mistifi cazione; quindi prende forma per la prima volta in Egitto, e certamente nell’immediato Mediterraneo, una medicina più razionale che comincia anche a indirizzarsi verso studi specialistici; troveranno questi più tardi in Alessandria, nel periodo ellenistico, la loro massima espressione. L’Egitto, anche in momenti di recessione economica e politica, è stato sempre un formidabile polo culturale e quindi anche medico e farmaceutico, e ciò in virtù del fatto che tutti i commerci e quindi le culture confl uivano non solo nei suoi porti ma anche via terra lungo le carovane, dalla Somalia, dalla Eritrea, 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 88 2233//0099//1133 1100..4488 EVO ANTICO 9 dall’intera Africa e Medio Oriente. Ogni scambio era foriero di Conoscenza e dall’Egitto si irradiava in tutto il Mediterraneo. Erodoto nelle sue Storie ci parla del popolo Egizio come il più sano del Mediterraneo, in quanto oltre all’igiene personale molto curata, che più volte sconfi nava nella cosmesi, venivano osservati periodi di digiuno, durante i quali venivano assunti blandi lassativi: la polpa dei datteri, di tamarindo o infusi di sena. Questa diffusa cultura, che nasce nel periodo dell’antico Egitto o Menfi ta, rivolta all’i- giene e alla prevenzione, caratterizzò sempre gli Egizi, ma è nel 1700 a.C. che la Nazione subisce un decadimento, come spesso accade ai popoli, per corruzione o per fraintendi- mento del concetto di potere. È in questo successivo periodo che il faraone, ora deifi cato, è al vertice della casta sacerdotale la quale si ritiene depositaria del Sapere che gestisce secondo i propri intenti. La Scienza quindi ora non è più libera Ricerca, non ardore di Conoscenza, non riconosce più i suoi limiti, ma in quanto rivelazione, ossia espressione del dio, deve essere amministrata e dispensata dai sacerdoti e per questo motivo è da ritenersi infallibile. È vero che, come diffuso convincimento religioso, la Conoscenza era attribuita alle rivelazioni degli dei, ma mentre prima si adorava Thoth, rappresentato nell’iconografi a con la testa di ibis o di babbuino, successivamente si pregherà Iside che viene rappresentata foriera di erbe terapeutiche, ma col dio del silenzio ai suoi piedi, Harpocrate, che appunto con il dito sulla bocca invita a tacere, a non rivelare la “Scienza divina”. Non è quindi un silenzio meditativo, bensì un preciso invito ai sacerdoti del tempio, come spesso è accaduto nella storia dell’Uomo, a non rivelare la scienza conosciuta, che deve essere intesa come un potere oligarchico. Un dispotismo teocratico, questo, che verrà di fatto accettato dal popolo Egizio e diverrà radicato costume, che non verrà scalfi to né dalle limitrofe civiltà emergenti del Mediterraneo né dall’Ellenismo. È verso la fi ne del 1800 della nostra era che vengono scoperti – in seguito ne verranno ritro- vati altri – i papiri conosciuti con il nome dei loro scopritori: Edwin Smith e Giorgio von Ebers oltre al nostro Giuseppe Passalacqua. Il primo papiro (2000 a.C.), pur riportando medicamenti composti, alcune droghe calmanti il dolore e norme dietetiche, si sofferma maggiormente su aspetti clinici e chirurgici; colpisce come per la cura delle ferite infette venisse raccomandato il miele impastato con il pane ammuffi to quale antibiotico ante litteram. Il secondo (1800-1700 a.C.) appare come un vero trattato di farmacologia e materia medica, tanto da essere defi nito come “la prima Farmacopea” conosciuta nel senso anche etimologico della parola: “farmaco-fare”, che descrive quindi l’arte di preparare il farmaco. Il papiro inizia con le seguenti parole: … qui incomincia il libro delle preparazioni, dei medicamenti adatti a tutte le parti del corpo di un ammalato. È lo stesso dio dell’universo Ra che presa compassione per le sofferenze dell’Umanità, mi ha ispirato con le parole di Thoth, l’uso dei più portentosi rimedi. Dio farà vivere chi lo ama e poiché io sono timorato di Dio, io vivrò … Il concetto di materia medica rivelata è evidente e ce ne dà conferma il fatto che contiene ancora 700 formule magiche, forse per preparare il paziente o come coadiuvanti l’azione terapeutica del farmaco. Ancora di rilevante importanza è il papiro ritrovato dall’egittologo Passalacqua che, con le sue 170 ricette, amplia il concetto di terapia dell’epoca. Tutti i papiri di questa epoca sono scritti in ieratico, la scrittura preferita dalla casta sacerdotale e più adatta a essere riportata su papiro, riservando i geroglifi ci alle pareti in pietra o intona- cate. Successivamente, dopo il primo millennio a.C., verrà adottato il demotico, forma più evoluta e più semplice, quindi maggiormente comprensibile per il popolo. Certo, non mancavano oli e unguenti per la cura del corpo, né terre (ciprie), né colori, né balsami profumati, il tutto con funzioni igieniche e cosmetiche. La lettura della materia 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 99 2233//0099//1133 1100..4488 10 STORIA DELLA FARMACIA. DALLE ORIGINI AL XXI SECOLO medica, dei rimedi e delle droghe utilizzate non deve sorprendere né indurre a un sommario giudizio negativo; sono valutazioni cliniche e relative terapie riferite a 5000 anni or sono. Per quanto la maggior parte delle piante offi cinali non sia stata identifi cata, sappiamo che venivano utilizzate il Papaver somniferum e il suo lattice, la canapa indiana, il rosolaccio dei campi (Papaver rhoeas), la mandragora, dai quali si potevano ottenere rimedi analgesici e ipnoinducenti raccomandati dallo stesso dio Thoth. Evidentemente, allora come oggi: «Divinum est sedare dolorem». La scilla era prescritta come cardiotonico e diuretico (i cui principi attivi sono stati ben confi gurati dagli scillareni nelle farmacopee sino ai nostri anni Sessanta); il ginepro dige- stivo e diuretico; la corteccia del frutto del melograno come vermifugo; salvia, canfora e rosmarino come revulsivi; il ricino per il suo olio purgante; i fi ori di camomilla, profumati e salutari consacrati al dio del Sole, come antispastico; l’Apium graveolens, una ombrellifera alla cui famiglia appartiene il sedano, prescritto come digestivo e carminativo insieme al fi nocchio, al coriandolo, all’anice. Il fi eno greco, triturato in mortaio e amalgamato con miele, veniva somministrato come anabolizzante e con funzione galattogena. Ancora: il miele come eccipiente e correttore, ma anche come disinfettante sulle piaghe; il vino come solvente di principi attivi nei macerati, ma anche tal quale per uso terapeutico; la mirra, il propoli, l’incenso usati come disinfettanti e antifermentativi anche nella pratica dell’im- balsamazione; la resina storace (Styrax offi cinalis resina) in forma sia solida sia liquida; il Natron, carbonato idrato di sodio (NaCO (cid:2) 10 HO) che, in quanto fortemente disi- 2 3 2 dratante, veniva usato nell’imbalsamazione. Appare inutile riportare tutte le droghe e i rimedi che si è riusciti a interpretare, ricordiamo solo che molte di queste rientrano ancora nella terapia di oggi. Va comunque detto, a onor del vero, che nella “Farmacopea” egizia compaiono anche droghe, le più improbabili, quali: fegato d’asino, carne e grasso di leone, di serpente, urine di uomo e donna, escrementi di coccodrillo et similaria, che certamente limitavano l’Arte Medica e Farmaceutica. Quest’ultima è da intendere come l’arte di prepa- rare le medicine, sebbene fossero gli stessi medici che sovrintendevano alla preparazione del farmaco; questi certamente erano assistiti da specializzati che, inoltre, curavano la conservazione delle droghe in locali idonei e in appositi contenitori. Il nostro archeologo Schiapparelli,2 nello scoprire la tomba dell’architetto tebano Kha, ha trovato un vaso il cui contenuto, a una recente analisi, ha mostrato di contenere ferro e oppio. Certamente i farmacisti dell’epoca conoscevano le tecniche farmaceutiche almeno più elementari quali: polverizzare, setacciare, infondere droghe, usare solventi come vino, oli, acqua; torchiare, fi ltrare, e certamente anche una forma primordiale di distillazione; ancora, amalgamare le diverse droghe farmacologicamente attive in grassi animali, nella cera, nella polpa di dattero, nel miele. Come detto, la lettura della Farmacopea egizia, nonostante tutto, non deve portare a una ingiusta critica, ma ne vanno valutati e intuiti gli aspetti costruttivi. Il fatto che fosse scritta e codifi cata vuol dire che era oggetto di studio da parte del medico-sacerdote e quindi, sia pure lentamente, gli orizzonti terapeutici si ampliavano. Lo studio dell’anatomia-fi siologia certamente avrà stimolato la pratica delle norme salutistiche, igienico-alimentari e di auto- medicazione che appunto fecero degli Egizi un popolo attento alla propria salute e alla sanità della Comunità; ancora la pratica medica e la conseguente terapia avranno stimo- lato quell’empirismo che deve necessariamente aver portato all’osservazione della causa e dell’effetto. Il consiglio medico andava oltre: bagni di mare terapeutici, il salasso, il vomito, 2 A tal proposito è interessante visitare il Museo Egizio di Torino, secondo solo a quello de Il Cairo. 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 1100 2233//0099//1133 1100..4488 EVO ANTICO 11 il clistere (pratica questa scoperta proprio dagli antichi Egizi), il digiuno, l’uso di evacua- tivi, tutte norme igienico-terapeutiche che troveremo nelle pratiche mediche ippocratiche e ancora nella materia medica della fi ne del XVIII sec. dell’era cristiana. Depurare il corpo, depurarlo dallo pneuma cattivo che produce fermentazioni, indurlo a costumi salutistici che allontanino gli “umori cattivi”, sono gli intenti terapeutici essenziali del medico egizio e così, come già affermato, lo sarà per Ippocrate e per tutta la materia medica galeno-araba. Nello studiare le affermazioni mediche antiche, sia pure di millenni, è raccomandabile la volontà e l’umiltà di interpretarle e tradurle, se possibile, in analoghi indirizzi medici moderni; allora si parlava di pneuma cattivo e di putrefazione, poi si parlerà di umori peccanti, poi ancora di stati di autointossicazione, oggi di fl ora colica putrefattiva e di radicali liberi e così come la materia medica egizia, ma oggi, conoscendone il meccanismo d’azione, dobbiamo ripetere che le cause delle patologie sono da ricercare nella putrefazione negli umori cattivi, ovvero nelle conseguenze del nostro metabolismo. I farmaci, gli unguenti, gli oli profumati, grazie anche ai Fenici che costantemente per i loro commerci solcavano il Mediterraneo e alla Civiltà Minoica di Creta, la medicina e la farmacia egizia si estesero e di lì ancora torneranno in epoca ellenistica ad Alessandria, che diverrà, tra l’altro, un centro di cultura medica e in particolare specialistica. Qui, Galeno perfezionerà i suoi studi, divenendo maestro dell’Arte Medica occidentale e lo sarà sino all’avvento dell’Illuminismo. (cid:2) (cid:2) L’epopea omerica La guerra di Troia, cantata dal divino Omero, descrive l’assedio che gli Achei portarono sotto le mura della “ricca Ilio”: così più volte la descrive il sacro vate, sia per onorare una città nemica tanto valorosa, ma anche per farci sapere che in virtù della sua posizione strate- gica e delle sue terre era da ritenersi “ricca”, potente e quindi potenzialmente pericolosa per la nascente Civiltà Micenea. Sarebbero preziose le tante descrizioni di Omero, se su tutto non incombesse la “questione omerica”, la quale si pone giustamente, da una attenta esegesi dei Libri (capitoli), alcune domande: (cid:129) Omero è davvero la persona fi sica che nel IX-VIII sec. a.C ha ideato e cantato l’intera Iliade? Oppure è un raccoglitore-assemblatore dei tanti cantori che già in epoca storica3 percorrevano la Grecia? (cid:129) Vi si cantano certamente le gesta degli Achei invasori, ma il modus vivendi, i credo e le tradizioni riportati sono dell’VIII o del XII sec. a.C.? A complicare le cose, recenti studi avanzano la suggestiva tesi che gli avvenimenti descritti nell’Iliade e nella Odissea in realtà si siano svolti sul mar Baltico e non su quello Egeo e che quindi queste popolazioni nordiche (Vichinghi-Achei) invadendo l’attuale Grecia, Creta e le coste (ora turche) prospicienti, abbiano portato con sé le loro saghe, che infi ne la Civiltà Micenea ha grecizzato. Il pensiero va rispettato anche perché gli Achei, tanto diversi somaticamente dagli abitanti autoctoni, vengono descritti alti, biondi, con gli occhi azzurri e «smisurati»; non certo il tipo mediterraneo. Sempre dall’Iliade, l’alimenta- zione che praticano tra un convivio e l’altro rivela un forte consumo di carne, improprio al costume mediterraneo, che preferiva prevalentemente cereali e legumi. 3 Ancora oggi in Sicilia (anticamente Magna Grecia) è possibile ascoltare questi cantori che in piazza raccon- tano le gesta del paladino Orlando che con la sua Durlindana combatteva contro i Mori. 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 1111 2233//0099//1133 1100..4488 12 STORIA DELLA FARMACIA. DALLE ORIGINI AL XXI SECOLO Per contro, dobbiamo constatare un abbondante uso di vino che certamente non veniva prodotto nelle fredde brume nordiche. Gli stessi dei che partecipano con grande “umanità” alle sorti della battaglia sono di diversa origine: Minerva, tutta saggezza e bellicosità, ha gli occhi azzurri; Gea, dea della Terra, è autoctona; Apollo, dio solare, è di origine orientale. Tutti devono obbedire a Giove che dopo avere scacciato Crono ora è sovrano e accoglie e comanda i vari dei con le loro peculiarità e le loro diverse origini. La guerra di Troia uffi cialmente è scoppiata per difendere l’onore di Menelao, al quale viene rapita la moglie Elena, di stirpe divina4 e, più o meno consenziente, dal principe troiano Paride. In realtà la “ricca” città di Troia, dalle possenti mura, non poteva essere lasciata a domi- nare i popoli limitrofi suoi alleati (Licii, Lidi, Dardani, Sciti) e il mare prospiciente la sua costa. La Grecia è una terra affascinante, ma povera di valli fertili, e ha sempre avuto la necessità di essere padrona dei mari per poter prosperare con i suoi vitali commerci. Va anche detto che questo antagonismo con il mondo persiano-turco dura malcelato ancora oggi. Gli Achei con i loro alleati sbarcano sulla spiaggia antistante la ricca e turrita Ilio con ben 1180 navi, come testimoniano i versi del Libro II, defi nito dagli esegeti Il catalogo delle navi. L’armata greca, forte di 120-140.000 uomini, ha il compito di annientare secondo il costume dell’epoca i 50.000 difensori di Troia e la città stessa. Un corpo d’armata così imponente certamente avrà avuto un responsabile sanitario e un’osservanza igienico-sanitaria atta a mantenere salubre il campo e la sanità degli uomini che avranno lamentato ferite da combattimento. Omero in questo non dà troppa soddisfa- zione, anche se con pochi versi descrive le possibili terapie dell’epoca. Il corpo sanitario è rappresentato da Podalirio e Macaone che, oltre a essere stimati combattenti, sono luminari della medicina con un curriculum di tutto rispetto: sono infatti i fi gli di Asklepios (traslitterato)5, ormai divinizzato, ed i nipoti della maga Circe, che più tardi sulle rive italiche incontrerà lo scaltro Odisseo. Questo ci permette di datare la fi gura del divino Asklepios medico e farmacista intorno al XIII sec. a.C. Nel campo greco, che si estendeva sulla spiaggia per circa 7 km, per motivi probabil- mente di scarsa igiene, scoppiò una pestilenza, la cui causa fu individuata nell’ira di Apollo e nei suoi strali, al fi ne di punire l’offesa che Agamennone gli aveva arrecato offendendo un suo sacerdote. Placato il dio, cessata la pestilenza, lo stesso re Agamennone comanda a tutti un bagno purifi catore nel mare per allontanare defi nitivamente ogni causa di infezione, una pratica questa già raccomandata da Asklepios e anche in seguito da Ippocrate. Altri versi di interesse sanitario riguardano Menelao, il quale viene ferito proditoria- mente e subito soccorso da Macaone, il quale estrae la freccia: «… ne cavò fuori il sangue … e sulla ferita appose … farmaci lenitivi …». Per la verità l’Autore si è avvalso della pregevole traduzione del professor Giovanni Cerri, ma va detto anche che Vincenzo Monti traduce là dove bisogna drenare e detergere la ferita: «… succhionne il sangue …» pratica questa più propria alla medicina dell’epoca e da tempo praticata in Egitto. Achille, per volere del padre Peleo, aveva studiato medicina e farmacia presso il saggio Chirone, un centauro che dedicò tutta la sua vita allo studio ed all’insegnamento delle Arti sanitarie, anche se i suoi alunni (Giasone, Teseo, Ercole, Asklepios, Enea, Aiace di Oileo e lo stesso Peleo)6 dovevano essere nobili e per una buona metà fi gli di una qualche divinità. 4 Figlia di Giove e sorella dei Dioscuri. 5 Tutti i nomi e le parole in greco antico saranno riportate traslitterate. 6 Questi eroi, guerrieri e taumaturghi, avevano in seno alla comunità una funzione ritenuta apotropaica. 0022__SSiiggnnoorree__ppaarrttee__II..iinndddd 1122 2233//0099//1133 1100..4488

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per le loro rinomate coltivazioni di rose che consentivano di produrre acque distillate ed unguenta alla fragranza . il Droysen), ma Giudei di lingua greca, per differenziarli da quelli di lingua aramaica. È evidente che il termine è
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