Giuseppe Ricapito EURIPIDE E IL DIONISISMO Cacucci Editore - Bari 1988 PROPIUETAL E'l"l"l!L\alA RISERVATA @ 1988 Cacucci &l.itott - Bari Ai sensi della legge sui diritti d'1u1ott e del codice civile ~ vietata la riproduzione di questo libro o di pane di cuo con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotoeopie, mic:ro61mar,e gisll'Uioni o altro. A SteUi1111 e all4 dolceua di ""'"nione cemenlllla" 4llt, gioill • tlall4 sof/nenu. PREFAZIONE Ogni grandea rtistap orta con sé, nella morte, un segreto;e lascia i posteri intrigatia decifrarel 'intento, che egli oolle dissimularen ella sua opera. Che cosa intese rappresentareR embrandt nella Ronda di notte? Per Mozart, Don Giovannif u un eroe del liberop ensiero, la vittima di un eros smisurato,o un reprobo negatored ella morale? Perché Goldoni inserì nel festoso intrigo dei Due gemelli veneziani l'amaram orte di Zanetto, il fratello ingenuo e inoffensioo?A nche Euripide mori lasciandou n ll!'Canol:e Baccanti. Dioniso radioso e crudele,P enteo, austeror aziocinatorpe rima, e poi traviatod a un'am pia follia: che cosas ignificano?Q uante interpretazionsi i sono seguite, a investigarel 'enigma di questa gloria divina e di questa sconfitta dell'uomo!R azionalismoe i"azionalismo,e saltazioned ell'imperscruta bile disegno divino e orrorep er lo spietato arbitrio della divinità, conversionem istica e impavidaf edeltà alla rivendicazioned ella di gnità umana,p ure se concukata e soccombente.I n queste antitesi- e molte altre se ne potrebberoa ggiungere- si riassumonol e peregrina zioni di un'indagine,c he non può averef ine perché, appunto,E uripi de ha célato le antinomiei rriducibilid ell'esserei n una rete di concet ti, che dicono e neganos econdol a naturap rofondad ella verità, come aveva compresol a sapienzaa ntica di Eraclito. GiuseppeR icapitop roponeo ra, lungamentem aturata,u na lettura del dramma euripideo,c he egli definisce «politico-sociale»E. ssa ha un merito incontestabile:d i ricondu"e le Baccanti nell'ambitoc hef u, istituzionalmentep, roprio della tragedia.L a tragediae ra un atto pub blico dellap olis, un momento della vita comunitaria;e la collettività ateniese,f ormata da uomini liberi solidalmentep artecipie -re-sponsabi li di ogni potere nel govemo dello stato - un compito e un prestigio 1 unici nella storia-, si attendeva dall'esperienzat eatrale un dibattito, sia pure esposto nelle forme dell'allegoria,s ui grandi problemi che la impegnavano,t anto nella dimensione degli interrogativiu ltimi intorno àl destino e all'esistereu mani, quanto nella prassi del quotidiano, secondo i modi in cui questa si rifletteva nelle strutture e nelle idee portanti della vita cittadina. Questa seconda'J)rospettivala, più concretae contingente,c ostituì sempre l'indirizzo di fondo della produzione euripidea: intensamente partecipe di una crisi, in cui si era infranto il mirabile equilibrio che aveva concessoa Eschilo e Sofocle lo spaziop er meditare sulle ragioni profonde dell'esistenzau mana. Per la tragediad i Euripide è passato il tempo in cui la tensione speculativad el poeta tragicop oteva esercitarsi sui misteri solenni del trascendente. Ora, il confronto cruciale per l'uomo è rappresentatod alle scelte degli·a ltri uomini; e sono queste a monopolizzarel a riflessioned ella comunità. Attribuendo ad Euripide il proposito di intervenire una volta di più, con la sua critica e il suo ammonimento, nelle tendenze che rischiosamentea ndavano afferman dosi nella vita di Atene, la tesi dimostratad all'Autore evita di situare le Baccanti al di là di una traumaticas paccaturan ell'operae uripidea. Il messaggiod ell'ultimo capolavorod i Euripide appartiene ancora a quell'ambitod i problemi brucianti dell'attualità,c he lungo tutta l'atti vità artisticad i Euripide ne sollecitò sia il pensiero, drammaticamente sconvolto dall'erroree dall'ingiustiziai n cui egli vedeva adagiarsii suoi concittadini, sia la poesia, capaced i esprimerei n potenti simboli scenici questo rovello. Ma, in un generalec onsensod i ordine concettualee metodologico, il prefatore di questo libro interessantee valido potrà conceJersi un piccolo,p ersonalissimod ubbio. Si .accettil 'una o l'altrad elle interpre tazioni, si combinino anche quelle che si lasciano giustapporre, le Baccanti rimangono connotate da una fondamentale ambiguità. Ciò accade di ogni operap oetica, per fortuna; e nella Jattispecie,d i ogni opera teatrale. Il dramma a tesi, quando si rinchiuda esclusivamente entro il programma ideologico,n on è teatro: è propaganda,g iornali smo magaria nte litteram, predica. Diventa teatro, e poesia, quando in esso irrompe la vita.: anche in un personaggio marginale, in uno sviluppo secondario,i n un aspettof ra i tanti che creano la complessa figura del protagonista.Q ui il poeta rivendical a propria individualità, il diritto di esprimerel a propria esperienza,d i adombrares entimenti, passioni, tensioni del suo animo. 2 Nelle Baccanti ambiguo ·è soprattutto Dioniso. Euripide lo ama e non lo ama. Non lo ama perché lo considera autore di una prevarica zione, che non commisura il castigo alla colpa, e umilia la dignità umana del suo antagonista in un grottesco, spietato contrappasso. Ma che sia fortemente attratto da lui è dimostrato dal radioso sorriso del dio, dalla elegante scioltezza con cui egli rivela la propria forza. Per ché Euripide ama Dioniso? Perché, in una certa misura, si identifica in lui. Quando Penteo lo schermisce perché è pallido, perché ha l'aria di chi non frequenta le palestre e si risparmia dai raggi del sole, egli lo configura secondo i tratti fisiognomici dell'intellettuale; e altrove si dice che Dioniso possiede l'arte della parola. Di fronte a lui, Penteo rappresenta il potere; a cui Dioniso si contrappone nel ruolo di chi produce uno sviluppo, un mutamento. Ma il potere è immobile, anco rato alla tradizione, nemico di qualsiasi innovazione. Nell'immagine di Dioniso, Euripide afferma la funzione essenziale che egli sen# di esercitare in una società che gli sembrava statica, incapace di dinami smo, restia a comprendere che molte cose andavano cambiate: come la storia non mancò di dimostrare. L'intellettuale, - come Euripide senti va di essere, rappresentandone la dignità più alta -, è un demiurgo, pari a un dio che fonda un nuovo mondo. Lungo questa via si potrebbe continuare a lungo: Dioniso svolge una vita perennemente ramingo, ed Euripide a sua volta è sradicato dalla sua Atene, allorché scrive le Baccanti in Macedonia. E quando Aristofane compose le Rane, raffigurò in Dioniso un intellettuale da parodia: forse perché il pubblico ateniese potesse ravvisare in lui una ironica ripresa della caratterizzazione attribuita al dio nelle Baccanti? E ancora: nell'atto in cui il Dioniso delle Baccanti proclama che «la cosa più dolce è schiacciare i propri nemici» e realizza la sua sentenz_a, non sarà la sua esagerata reazione il riflesso di una nevrosi tipica dell'intellettuale, trascurato e isolato dal tessuto sociale, come appunto Euripide aveva dovuto sperimentare? Ma snocciolare questa ipotesi è, a sua volta, una prevaricazione. Ora è il libro di Giuseppe Ricapito che deve parlare: con la dotta ponderazione di chi ha riflettuto a lungo su un problema, con la cordiale passione di chi ama il suo poeta, e sa che un'opera letteraria vive anche nelle interpretazioni che su di essa si depositano, e di questa vita traggono meritata parte. Dario Del Corno 3 Premessa L'idea di queste pagine mi è balenata in uno dei tanti ritorni all'opera di Euripide, un poeta che non si finisce mai di scoprire, soprattutto quando si è di fronte ad una tragedia come le Baccanti, il cui fascino, oltre che al suo alto valore poetico, è legato alla molteplicità dei problemi che in essa sono affrontati e agli interroga tivi che essa continua a proporre. Unico mio intento è l'invito ad una lettura delle Baccanti che, facendo tesoro di quanto hanno affermato studiosi di ben altra sensibilità e capacità, riconosca l'utilità di una sua più attenta collo cazione storica e ne giustifichi i richiami alla realtà politico-sociale, i quali non sono pochi né secondari. Fermamente convinto della coerenza di Euripide con i suoi principi e col suo impegno di poeta civile e assai perplesso di fronte all'ipotesi di una genesi dell'opera esclusivamente artistica e alla supposizione di una illuminazione che, nell'ultimo atto della sua attività, l'abbia indotto a rinnegare tutta un'esistenza vissuta in osse quio alle sue convinzioni, ho creduto di poter cogliere nel dramma di Penteo l'ultimo messaggio politico, oltre che religioso, alla sua amata Atene. Parlare, infatti, delle Baccanti come della tragedia legata esclusivamente al problema religioso, a mio parere, significhe rebbe lasciare insoluti tanti interrogativi, suggeriti dal comportamen to di Dioniso, di Cadmo, di Agave e dello stesso coro; creare zone d'ombra assai dense intorno alla figura di Penteo; rischiare d1 re stringere il dramma in un'area strettamente personale, come quello in cui sarebbe dibattuto un problema religioso che interessi soltanto il poeta. Per me sinceramente una professione di fede in un momen to di profonda crisi religiosa sarebbe ipotesi meno accettabile di un 5 messaggio di natura politico-sociale - che non escluda, si intende, il pro~lema religioso - in un'età in cui il poeta guardi con apprensione alla crisi dei più alti valori degli uomini del suo tempo. In tal senso ho impostato e tentatQ di portare innanzi il niio punto di vista, lqntano dalla pretesa di giungere ad affermazioni definitive (ma esistono davvero?), ma fiducioso che il problema possa essere ripreso da voci di maggiore credibilità e con risultati più felici. * Ringrazio vivamente la profssa Anna Maria Dubla che con solerzia e competenza ha co"ettò le boue e il dott. Cacucci che con squisita sensibilità ha creduto in questo lavoro. 6