Restani.qxp 16/03/2006 11.32 Pagina 5 Etnomusicologia storica del mondo antico Per Roberto Leydi a cura di DONATELLARESTANI LONGO EDITORE RAVENNA Restani.qxp 16/03/2006 11.32 Pagina 6 ISBN 88-8063-485-2 © Copyright 2006 A. Longo Editore snc Via P. Costa, 33 - 48100 Ravenna Tel. 0544.217026 - Fax 0544.217554 e-mail: [email protected] www.longo-editore.it All rights reserved Printed in Italy 10. Etnomusicologia storica del mondo antico Le Tessere Questa pubblicazione viene realizzata con un contributo della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Bologna Etnomusicologia storica del mondo antico Per Roberto Leydi a cura di DONATELLARESTANI LONGO EDITORE RAVENNA ISBN 88-8063-485-2 © Copyright 2006 A. Longo Editore snc Via P. Costa, 33 - 48100 Ravenna Tel. 0544.217026 - Fax 0544.217554 e-mail: [email protected] www.longo-editore.it All rights reserved Printed in Italy UMBERTO ECO LEYDI, OLTRE L’ETNOMUSICOLOGIA Con il suo senso dello humor, con il suo scetticismo piemontese, con il gusto dell’aneddoto per cui andava famoso, Roberto Leydi avrebbe riso con me della sua sorte: è scomparso nel tardo pomeriggio di un sabato e proprio di quel saba- to in cui si svolgevano a Roma e nel mondo le grandi manifestazioni per la pace. Il giorno dopo e anche il lunedì successivo le pagine dei giornali erano dedica- te a quegli eventi e solo nel giro di alcuni giorni i grandi quotidiani hanno com- mentato la scomparsa di questo singolare e indimenticabile personaggio. Ma si sa, quando la notizia non è più fresca, al massimo si dedicano allo scomparso una colonna o due – anche se, come è accaduto con «Repubblica», le due colon- ne erano firmate da Luciano Berio (che, ahimé, lo avrebbe presto seguito nel regno delle ombre). Ricordavo che un giorno Roberto mi aveva detto: «Non bisogna mai morire di ferragosto, non se ne accorge nessuno». E mi ero preoccupato, perché un per- sonaggio come Leydi avrebbe meritato maggiore attenzione dai quotidiani. Ma evidentemente c’è una “giustizia” culturale che sa superare i limiti della disat- tenzione massmediatica. Infatti, da quando Leydi ci ha lasciato, sono stato testi- mone di almeno tre giornate (a Bologna, a Orta e a Milano) dedicate al suo lavo- ro, con interventi dotti, ricordi affettuosi, e partecipazione di quei complessi popolari a cui aveva dedicato gran parte della sua vita – e hanno probabilmente avuto luogo altri eventi che mi sono sfuggiti. Ed ecco ora questo libro, che rap- presenta l’omaggio più disteso e approfondito di una serie di studiosi. Eppure penso ai molti (e ai tanti giovanissimi) che oggi cantano sulla chitar- ra antiche canzoni operaie o contadine, e altri reperti di un mondo ormai scom- parso, e non sanno di dovere quanto hanno appreso e amato proprio a Roberto Leydi, che è andato con insaziabile passione e pazienza certosina a registrare quel patrimonio musicale dalla viva voce di testimoni fortunosamente ancora in vita. E poi ha fatto circolare le sue scoperte attraverso libri, dischi, spettacoli teatrali ormai storici, per tutto il paese, facendole sovente cantare da sua moglie, quella Sandra Mantovani di cui negli anni Sessanta avevo scritto che aveva un “duende padano”.