Biblioteca / Antropologia 44 Direzione AndreA StAid (Naba, Milano) Comitato editoriale AndreA StAid (Naba, Milano); MASSiMiliAno GuAreSchi (Naba, Milano); MAurizio Guerri (Accademia di Belle Arti di Brera, Milano) Comitato scientifico MArco AiMe (Università degli Studi di Genova); Bruno BArBA (Università degli Studi di Genova); Piero zAnini (École Nationale Supérieure d’Architecture de Paris la Villette); FrAnco lA ceclA (Naba, Milano); Vincenzo MAterA (Università degli Studi di Milano-Bicocca); MAtteo MeSchiAri (Università degli Studi di Palermo); VAlentinA PorcellAnA (Università degli Studi di Torino); GiuSePPe ScAndurrA (Università degli Studi di Ferrara); eMAnuele FABiAno (Pucp, Pontificia Universidad Católica del Perú); SteFAno de MAtteiS (Università degli Studi Roma 3) Stefano Boni, Alexander Koensler, Amalia Rossi Etnografie militanti Prospettive e dilemmi MELTEMI Meltemi editore www.meltemieditore.it [email protected] Collana: Biblioteca / Antropologia, n. 44 Isbn: 9788855192415 © 2020 – meltemi press srl Sede legale: via Ruggero Boscovich, 31 – 20124 Milano Sede operativa: via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 22471892 / 22472232 Indice 7 Ringraziamenti Introduzione 9 La stagione delle etnografie militanti? I. Relazioni e ricerca Capitolo primo 21 Dalla “crisi della rappresentazione” all’etnografia militante, pubblica e applicata Capitolo secondo 33 Verso un’autocritica dell’antropologia critica e dell’etnografia militante Capitolo terzo 65 Un delicato equilibrio tra distanziamento e coinvolgimento Capitolo quarto 89 Ricerca e militanza: un’imperfezione inevitabile II. Dilemmi e pratiche Capitolo quinto 105 Relazioni, motivazioni, dubbi Capitolo sesto 135 La moltiplicazione delle modalità di restituzione Capitolo settimo 155 I dilemmi della ricerca collaborativa Capitolo ottavo 169 La prassi della restituzione tra istituzionalizzazione e militanza III. Casi ed esperienze di restituzione Capitolo nono 187 Il “Peasant Activism Project”: restituire attraverso documentari etnografici di Alexander Koensler Capitolo decimo 204 Metodo militante nel contrasto alla dispersione scolastica dei minori sinti di Amalia Rossi Capitolo undicesimo 217 Dubbi, collaborazioni e sperimentazioni di Stefano Boni Appendice 231 Questionario 233 Bibliografia Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare, per il loro supporto e per la condivisione di idee e riflessioni, Andrea Staid, Cri- stina Papa, Fabrizio Loce Mendez e gli attivisti del “Peasant Activism Project”, Giuseppe Bolotta, Giorgio Bezzecchi e la comunità Sinti di Pavia. Un particolare ringraziamento va inoltre a Nadia Breda, Agata Mazzeo, Irene Peano, Giacomo Pozzi, Andrea Staid, Alessandro Senaldi, Claudio Sopranzet- ti e Mauro Van Aken, che hanno accettato di rispondere alla nostra intervista-questionario e il cui contributo è riportato nel testo in forma di “comunicazione personale”. Ad eccezione degli ultimi tre capitoli, firmati dagli autori, le pagine con i multipli di 3 sono state redatte da Stefano Boni, quelle seguen- ti, (4, 7, 10 etc.) da Alexander Koensler, quelle successive (5, 8, 11 etc.) da Amalia Rossi. Introduzione La stagione delle etnografie militanti? Le stagioni della militanza intellettuale ritornano, sempre. Dopo l’inverno arriva la primavera, dopo il disimpegno a fa- vore di una scienza che si presenta come neutra, si torna ad intrecciare sapere e politica. La militanza prende spunto dal- la voglia di capire, di provocare, di cambiare. Oggi i ricordi dei lunghi anni Settanta sembrano sfumare, ma quegli anni hanno segnato la storia della militanza intellettuale contem- poranea: Hans-Markus Enzensberger e Jean-Paul Sartre in viaggio di solidarietà a Leningrado, quest’ultimo e Michel Foucault che si alternano ad un megafono durante le ma- nifestazioni parigine del Sessantotto, Said di ritorno in Pa- lestina, gli insegnanti che si presentavano al confine afgano con tesserino del PCI sono alcune immagini delle pose degli intellettuali engagé. Che cosa è rimasto oggi, o meglio, che forme ha preso oggi l’impegno nelle scienze sociali? Passata la grande stagione in cui sembrava quasi che si po- tesse scrivere soltanto per cambiare il mondo e impegnarsi sul presente, Umberto Eco, nell’introduzione del 1980 a Il nome della rosa, tira un sospiro di sollievo: “[…] è ora consolazione dell’uomo di lettere (restituito alla sua altissima dignità) che si possa scrivere per puro amore di scrivere. Sono finiti i tempi in cui per poter scrivere serviva la militanza” (2012, p. 14). Negli anni Ottanta si faceva spazio anche il cinismo e il ripie- gamento su sé stessi. Ma più di recente il disinteresse e l’in- 10 ETNOGRAFIE MILITANTI differenza sembrano attenuarsi in molti progetti intellettuali. Sembrano emergere nuove scintille di indignazione, di impe- gno, di militanza. In Italia, solo per menzionare le più note, la voce di Zerocalcare in difesa degli spazi autogestiti e per la democrazia partecipativa nelle zone curde della Siria, quella di Michela Murgia per il salvataggio dei migranti o quella di Roberto Saviano per l’affermazione della legalità e dello sta- to di diritto sono soltanto alcuni dei possibili esempi di una nuova generazione di intellettuali e artisti in cui si mescola l’esplorazione in prima persona di situazioni critiche, con il desiderio di capire e di provocare un’indignazione in grado di scuotere le coscienze e attivare reazioni concrete. Queste posizioni dimostrano che la militanza in prima persona, sul campo, non è morta, non lo è mai stata. All’interno di quel vasto mondo dell’impegno intellet- tuale, la ricerca sul campo in antropologia, l’etnografia, as- sume un ruolo centrale. Probabilmente nessun’altra pratica scientifica come l’etnografia si espone così profondamente al coinvolgimento in prima persona. Probabilmente anche per questo motivo questioni di posizionamento e responsabilità sono emerse con particolare forza in campo antropologico. Infatti, la consapevolezza che ogni indagine e riflessione vie- ne condotta a partire da uno specifico posizionamento del ricercatore ha decretato da tempo il definitivo abbandono della pretesa oggettività del sapere. La rilevanza della sog- gettività di chi fa ricerca è particolarmente evidente nell’ela- borazione di etnografie, sia per ciò che concerne la scelta del tema che per l’impostazione dell’indagine. Ogni percorso di approfondimento etnografico è condotto da una specifica collocazione assunta dal ricercatore, una collocazione ne- cessariamente soggettiva: cosa muove il ricercatore? Cosa si aspetta dalla sua ricerca? Come interagisce la sua specifica identità con quella della collettività che studia? Che dina- miche di potere presuppone e scatena la presenza dell’etno- grafo? Le complesse interazioni tra ricercatore e contesto hanno conseguenze innegabili e rilevanti sulle dinamiche investigative, sui risultati della indagine e spesso anche sul