Dietro la Resistenza ci sono le resistenze. Ogni storia epica e gloriosa ha dietro moti più lievi e impercettibili. Scelte, alle volte istintive alle volte forzate, e il caso. Ci sono gli eventi che ti trascinano. Soprattutto se hai vent'anni. «Devi raccontarle queste cose», mi dice Luigi. «Che poi i ragazzi oggi ci guardano magari con ammirazione, ma dicono che siamo uomini di un altro mondo, non saremo mai come voi... No! Voi potete essere come noi, perché noi eravamo come voi!» Perciò mi metto in viaggio. Per incontrare i primi, i più giovani di allora a cui è toccata la scelta. Non impavidi eroi, ma ragazzi che seppero rispondere a una chiamata e che seppero pronunciare un Sì per innescare il processo della loro liberazione. Eravamo come voiracconta storie di ragazzi partigiani, tra i 14 e i 23 anni, i loro incontri, i perché della loro scelta. Spesso, prima che da una solida convinzione ideologica, per giovani normali, cresciuti nell'unico mondo possibile (in quel Truman show che era il fascismo) la decisione di salire in montagna fu guidata dall'istinto, dalla necessità o dal caso. Dopo, quella scelta scavò un abisso: perché quei venti mesi – dall'8 settembre '43 al 25 aprile '45 – costituirono una faglia irreversibile, una trasformazione esistenziale radicale. La pialla del tempo ha appiattito la dimensione umana. Di loro abbiamo dimenticato la quotidianità, i sentimenti, l'emotività – e anche gli sbagli, gli inciampi. Sarà come incontrare i miei allievi della scuola, e chiedere loro: «Perché stai scegliendo questa strada?»