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Epigrafia romana. La comunicazione nell’antichità PDF

105 Pages·2002·15.399 MB·Italian
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ITINERARI Storia Questvoo lumfeap artdeiu naS eriper omosdsaal DipartimdeiSn ttoor ia daenltli'cUan idveegrSlstiiu t­à di Bdoil ogpnuab,b liicnda itvae croslel daenMleu lino. Nelcloal la«nIat inerari»: � Le istituzioni politiche del mondo romano di GABRIELLA POMA � Epigrafia romana. La comunicazione nell'an­ tichità di ANGELA DONATI � Lineamenti di numismatica: la moneta nel mon­ do antico di EMANUELA ERCOLANI � Innovazione e tradizione. Le risorse telematiche e informatiche nello studio della storia antica di PAOLA DONATI GIACOMINI Nelcloal la«nUan iverPsaapleer baicMlku sl ino»: � Il guerriero, l'oplita, il legionario. Tattiche, men­ talità, percorsi ideali negli eserciti del mondo classico di GIOVANNI BRIZZI � La donna romana. Modelli e realtà di FRANCESCA CENERINI La serie viene pubblicata grazie al contributo dell'Uni­ versità degli Studi di Bologna. ANGELA DONATI Epigrafia romana La comunicazione nell'antichità il Mulino alla cara memoria di Giancarlo Susinz: Maestro, Amico, indimenticabile Compagno di tante avventure scientifiche - I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull'insieme del­ le attività della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: www.mulino.it ISBN97 8-88-15-08636-5 Copyr©i g2h00t2 byS ocieedtiàt ilr Miuclineo ,B ologTnuat.itd ii ritti sonroi servNaestsiu.n paa rdtieq uestpau bblicazpiuoòen ses eforteo ­ copiartiap,r odaortcthai,v mieamtoar,i zoz tartaas mesisnqa u alsiasi forma om ezz-oe lettrmoenciccanoi,rc eop,r ogrdaifigciot,sa enl oen- netie rmpirneiv diasltlliea g cgheet uteilDlai ridt'tAou toPreera. l tre informazsiivo endiia sl i twwo w.mulino.it/edizioni/fotocopie Indice Capitolo primo Comunicairnae n tico 7 Capitolo secondo Iscrizbiiolniin egp uliu rililnogrufoiu :n zione 15 Capitolo terzo lil inguagdgeilso a cro 27 Capitolo quarto llii nguagdgeilolp ao litica 31 Capitolo quinto Conservianra er chivio 47 Capitolo sesto L'iscrizione, spterrlu acm oennsteor vazdieolnlmeae moria 51 Capitolo settimo Iscrizdiiopniin gtrea,ffi tiem,p rescsoent ipari 67 Appendice epigrafica 79 Notab ibliografica 109 Comunicare in antico Scrittura e lettura sono le forme più diffuse della comunicazione nel­ l'antichità; il loro possesso, la loro conoscenza qualificano socialmente l'individuo, consentono di ripercorrere le diverse fasi del lavoro epi­ grafico e di individuare la presenza di operatori distinti che agiscono insieme per la realizzazione del monumento iscritto. Larga parte della funzione comunicativa è affidata, nel mondo antico- e romano in particolare -alla scrittura, soprattutto a quella «esposta», sotto gli occhi di tutti, come è l'iscrizione, sia essa pubblica o privata, sacra o fune­ raria; analoga funzione può essere attribuita anche alla moneta, forse più per il valore semantico delle immagini che vi sono riprodotte che per quello del­ la leggenda, che però accanto all'indicazione dell'imperatore e/o dei magi­ strati (il cui nome è riprodotto con sigle che, pur se di facile comprensione, potrebbero non essere intese soprattutto dalla parte ellenofona della popo­ lazione) reca pur sempre quella del nominale che non poteva non essere compreso da tutti. Iscrizioni esposte e monete costituiscono la via primaria per l'acculturazione nel mondo romano: altri documenti scritti-come quel­ li su supporto papiraceo, si tratti di opere letterarie o di altro tipo di docu­ menti -non hanno una funzione pubblica, non sono esposti ali'a ttenzione di tutti coloro che vi passano accanto o che li rigirano fra le mani e la loro diffusione è limitata ai destinatari stessi del documento, che al più possono contarsi in poche decine di persone, la maggior parte delle quali si può pre­ sumere fossero già alfabetizzate. Saper scrivere e saper leggere un'iscrizione 8 CAPITOLO 1 è cosa del tutto diversa dalla pratica di scrittura e soprattutto di lettura di un'opera letteraria, perché diversa è la circolazione di un testo di questo tipo, limitata ad una cerchia certo non molto ampia di persone tutte appar­ tenenti -di massima -alla classe dirigente. Vanno considerati a parte anche coloro che appartengono alla borghesia mercantile e che proprio per questa loro attività devono conoscere la scrittura in quanto non possono affidare a collaboratori tutte le necessarie operazioni di controllo connesse con la loro professione. Il dibattito sulla comunicazione affidata alla scrittura nell'antichità, so­ prattutto negli ultimi decenni, è stato ampio ed articolato: alcuni studiosi hanno sostenuto la tesi estrema di un analfabetismo diffuso che si basa an­ che sulla persistenza delle lingue locali (prima fra tutte quella greca) in alcu­ ne aree dell'impero; in realtà proprio la presenza di iscrizioni bilingui e plu­ rilingui attesta quanto questo problema fosse presente alla classe dirigente romana che non ha mai vietato l'uso di lingue diverse da quella latina, che doveva comunque essere presente nei documenti ufficiali dello stato: le due redazioni delle Res Gestae Divi Augusti ne sono la testimonianza più sicura. Nella definizione di analfabetismo si comprende la capacità dell'individuo di leggere e di scrivere: forse non era elevata la percentuale di persone che sapevano scrivere correntemente, anche se sembrerebbero dimostrare il contrario le molte, diverse mani attestate sulle tavolette di Vindo/anda, in Britannia, o su quelle di A/burnus maior in Dacia; o anche gli appunti trac­ ciati su cocci (veri ostraka) a Bu Njem, in Libia; o i numerosi graffiti recupe­ rati dai muri del Paedagogium, a Roma, e su edifici e sepolcri a Pompei e in tanti altri luoghi. Esempi di scritture dovute a non professionisti sono noti in tutto il mondo romano, ma sembra difficile non accettare l'ipotesi che un elevato numero di persone fosse in grado almeno di leggere, pur se con diffi­ coltà, compitando lettera dopo lettera: se così non fosse perché la scrittura sarebbe tanto diffusa nelle città, nei borghi più lontani, fino nelle campagne, al punto da costituire uno degli elementi più caratterizzanti del panorama antico? Fra scrittura e lettura esiste uno strettissimo rapporto di condiziona­ mento reciproco che prescinde dal carattere dell'iscrizione e dal comporta­ mento del lettore: sia esso fermo o in movimento, legga in silenzio e solo per sé o pubblicamente e ad alta voce, egli dà comunque prova della sua prepa- COMUNICARE IN ANTICO 9 razione culturale, che è del tutto slegata dal suo comportamento civico per­ ché l'iscrizione posta all'aperto -in pubblico, esposta -non ha necessaria­ mente carattere ufficiale ma può essere anche semplice propaganda pubbli­ citaria di una attività professionale, come nella targa di marmorario di Paler­ mo (della quale si parla più avanti, in quanto iscrizione bilingue), o ricordo famigliare nella necropoli. Il lettore è comunque sottoposto ad uno sforzo mnemonico e interpretativo che può anche ridursi ad abitudine, ripetizione, accettazione ad ascoltare passivamente quanto viene letto da altri, ma ri­ sponde comunque ad un preciso atteggiamento culturale. Dell'imbarazzo del lettore antico davanti alla sigla -elemento che carat­ terizza le iscrizioni romane - e, nel contempo, della difficoltà di leggere e interpretare un testo esposto si hanno prove già nell'età antica: un solo esempio, quanto scrive Ausonio, scrittore di origine gallica, vissuto nel IV secolo. In un Epitaffio (il n. 31 della sua raccolta) si legge: Una quidem, geminis /ulget set dissita punctis I littera: praenomen sic [.L.] nota sola facit. I Post .M. incisum est: puto sic: [ ] non tota videtur: dissiluit saxi /ragmine laesus apex. I Nec quisquam, Marius seu Marcius anne Metellus I hic iacet, certis noven't indiczis. I Truncatis convulsa iacent elementa figuns, I omnia con/usis inten'ere notis. I Miremur perizsse homi­ nes? Monumenta /atiscunt: I mors etiam saxis nominibusque venit. Una lettera sola risplende fra due punti e questa sola sigla indica il prenome così: .L. Dopo è incisa una .M. che credo non sia intera; l'apice della lettera non c'è più per la perdita di un pezzo della pietra. È un Ma­ rius, un Marcius o un Metellus quello che giace qui? Nessuno può saper­ lo con certezza. Le lettere sono frammentarie, i caratteri risultano confusi e così ogni senso è scomparso. Dobbiamo meravigliarci perché gli uomini muoiono? Anche i monumenti diventano fatiscenti e la morte giunge an­ che per le pietre e per i nomi. L'interpretazione della sigla va rapportata a tutto quanto il contesto del­ l'iscrizione e quando questo viene meno si può procedere solo per ipotesi: a quale gentilizio del defunto farà riferimento quella M, si chiede Ausonio? È la domanda che si pone il lettore antico, un lettore bene acculturato che pure si trova in imbarazzo e non dispone di strumenti per trovare la risposta.

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