Enigmi e giochi matematici a cura di Martin Gardner Sansoni Titolo originale: Mathematical puzzles and diversions Simon and Schuster Inc. New York Copyright © 1959 by M. Gardner Per il materiale pubblicato in « Scientific American » Copyright © 1956-1958 Traduzione di Mario Carlà I edizione nella « Biblioteca di Galileo » Aprile 1967 II edizione nella « Biblioteca di Galileo » Novembre 1967 Copyright © 1972 by G.C. Sansoni editore, nuova s.p.a., Firenze Indice Introduzione Pag. VII 1. GLI ESAFLEXAGONI 1 Appendice 7 2. MAGIA CON LE MATRICI 13 Appendice 18 3. NOVE PROBLEMI 20 Il ritorno dell’esploratore, 20 – Il poker a carte sco- perte, 20 – La scacchiera mutilata, 20 – Il bivio, 21 – Le scatole dall’etichetta sbagliata, 21 – Bronx contro Brooklyn, 22 – Il taglio del cubo, 22 – Il viaggiatore in anticipo, 22 – Le monete false, 23 – Risposte, 24. 4. FILETTO 32 Appendice 39 5. PARADOSSI DELLA PROBABILITÀ 40 6. IL GIOCO DELL’ICOSAEDRO E LA TORRE 47 DI HANOI Appendice 51 7. STRANI MODELLI TOPOLOGICI 53 Appendice 60 Indice VI 8. IL GIOCO DELL’HEX 62 Appendice 66 Risposte 69 9. SAM LLOYD: IL PIÙ GRANDE ENIGMISTA D’AMERICA 71 Appendice 78 Risposte 78 10. GIOCHI MATEMATICI CON LE CARTE 82 11. MEMORIZZAZIONE DEI NUMERI 87 12. ALTRI NOVE PROBLEMI 93 Le sigarette che si toccano, 93 – I due traghetti, 93 – Trovare la diagonale, 93 – L’abile elettricista, 93 – At- traversamento di un reticolato, 95 – I dodici fiammi- feri, 95 – Il buco della sfera, 95 – Le coccinelle inna- morate, 96 – Quanti bambini?, 97. Risposte 97 13. I POLIMINI 107 Appendice 121 14. INGANNI MATEMATICI 122 Appendice 128 15. NIM E TAC TIX 130 Appendice 139 Risposte 139 16. DESTRA O SINISTRA? 140 Appendice 146 Per chi volesse approfondire gli argomenti 150 INTRODUZIONE Il lato divertente, che rende ricreativo il passatempo matematico, può presentarsi sotto varie forme: un indovinello da risolvere, un gioco competitivo, un trucco magico, un paradosso, un inganno o, semplicemente, della matematica con ogni sorta di scherzi e curiosità stimolanti. Sono, questi, esempi di matematica pura o applicata? È dif- ficile dirlo. In un certo senso la matematica ricreativa è matematica pura, non contaminata da criteri utilitaristici. In un altro senso è ma- tematica applicata, in quanto soddisfa l’universale bisogno umano di giocare. Forse questo bisogno di giocare si nasconde anche nella matema- tica pura. Non vi è molta differenza fra il piacere provato da un dilet- tante nel risolvere un abile rompicapo ed il piacere che un matematico prova nel dominare un problema più difficile. Entrambi guardano alla bellezza pura, quell’ordine limpido, nettamente definito, misterioso, estasiante che permea tutte le strutture. Non deve sorprendere, perciò, che spesso sia difficile distinguere la matematica pura da quella ap- plicata. il teorema delle carte a quattro colori, per esempio, è un problema di topologia ancora insoluto, tuttavia lo si troverà discusso in molti volumi di matematica ricreativa. Nessuno potrà negare che i flexagoni di carta, argomento del capitolo iniziale di questo libro, siano giochetti enormemente divertenti; tuttavia un’analisi della loro struttura trasporta rapidamente nel campo della teoria superiore dei gruppi. Articoli sui fiexagoni sono apparsi nelle riviste matematiche piu’ specializzate. I matematici creativi raramente si vergognano del loro interesse verso argomenti ricreativi. La topologia ebbe origine dall’analisi di un indovinello riguardante il passaggio di ponti fatta da Eulero. Leibnitz dedicò parecchio tempo a studiare l’indovinello del salto dei pioli che in tempi recenti ha avuto un ultimo ritorno sotto il nome commerciale di « Provate il vostro quoziente di intelligenza ». David Hilbert, il grande matematico tedesco, dimostrò uno dei teoremi fondamentali nel campo degli indovinelli sulla divisione. A.M. Turing, pioniere della teoria dei moderni calcolatori, discusse l’indovinello del 15 di Sam Lloyd (descritto nel Cap. 9) in un articolo sui problemi solubili o insolubili. Mi è stato detto da Piet Hein (il cui gioco del- VII INTRODUZIONE l’Hex è trattato nel Cap. 8) che quando egli visitò Albert Einstein, trovò tutta una sezione della sua libreria piena di libri sui giochi e indovinelli matematici. L’interesse di queste grandi menti nel diver- timento matematico non è difficile da comprendere, dato che l’atti- vità creativa del pensiero spesa per argomenti di questo tipo è dello stesso genere di pensiero che conduce alla scoperta matematica e scientifica. Cosa è la matematica, dopo tutto, se non la soluzione di un indovinello? E cosa è la scienza se non uno sforzo sistematico per ottenere sempre migliori risposte agli indovinelli posti dalla natura? Il valore pedagogico della matematica ricreativa è ora ampiamente riconosciuto. Si riscontra un sempre crescente interesse per l’argo- mento, nelle riviste pubblicate per gli insegnanti di matematica e nei nuovi libri, specialmente quelli scritti secondo il punto di vista « mo- derno ». L’« Introduzione alla matematica finita », per esempio, di J. G. Kemey, J. Laurie Snell e Gerald L. Thompson, è vivificata da molto materiale ricreativo. Questi argomenti attraggono enormemen- te l’interesse dello studente. L’insegnante di matematica di scuola superiore che rimprovera due studenti trovati a giocare di nascosto una partita di filetto invece di stare attenti alla lezione farebbe meglio a fermarsi e chiedersi: « Per questi studenti questo gioco è più inte- ressante, dal lato matematico, di ciò che sto loro dicendo? ». In ef- fetti, una discussione in aula sul filetto non sarebbe una cattiva introduzione a diverse branche della matematica moderna. In un articolo sulla « Psicologia della mania degli indovinelli » (nella rivista « Diciannovesimo Secolo », Dicembre 1926) il grande enigmista inglese Henry Ernest Dudeney si lamentava di due cose: « La letteratura della matematica ricreativa, diceva, contiene una quantità di ripetizioni e la mancanza di una bibliografia adeguata forza gli appassionati a perdere tempo nell’ideare problemi già con- cepiti da molto ». Desidero ringraziare l’editore della rivista Scientific American, G. Piel, e il suo direttore D. Flanagan, per avermi concesso il privi- legio di poter comparire regolarmente fra la eletta compagnia dei collaboratori alla rivista e per il permesso di raccogliere il risultato dei miei sforzi nel presente volume. Sono grato anche alle migliaia di lettori, di tutte le parti del mondo, che si son presi il fastidio di richiamare la mia attenzione sugli errori (ahimè troppo frequenti) e di darmi preziosi suggerimenti. In alcuni casi questa gradita reazione VIII INTRODUZIONE è stata incorporata negli stessi articoli, ma nella maggioranza dei casi è stata riunita in una aggiunta alla fine di ogni capitolo. Le risposte ai problemi (quando necessarie) appaiono anche alla fine del capitolo. Una bibliografia selezionata per ulteriori letture si trova alla fine del volume. Non posso trascurare di ringraziare mia moglie, non solo per il competente e graziosamente ironico lavoro di rilettura delle bozze, ma anche per la sua pazienza durante quei momenti insopportabili di meditazione matematica durante i quali io non sentivo cosa mi stesse dicendo. Martin Gardner IX 1 GLI ESAFLEXAGONI I flexagoni sono poligoni di carta ottenuti piegando strisce di carta diritte o ripiegate, che hanno l’affascinante proprietà di cam- biare le loro superfici esterne quando vengono « flessi ». Se non fosse stato per la banale circostanza che i foglietti dei blocchi di appunti inglesi ed americani non hanno le stesse dimensioni, forse i flexagoni non sarebbero ancora stati scoperti ed un buon numero di matematici di alto rango sarebbe stato privato del piacere di analizzare le loro curiose strutture. Tutta la faccenda cominciò nell’autunno del 1939. Arthur H. Stone, un laureato di provenienza inglese, residente all’Università di Prin- ceton per una borsa di studio in matematica, aveva ritagliato un paio di centimetri del margine dei foglietti del suo blocco di appunti per poterlo inserire nel suo raccoglitore inglese. Per divertimento comin- ciò a piegare in vari modi le strisce di carta ed una delle figure ri- sultò particolarmente misteriosa. Egli aveva piegato la striscia diago- nalmente in tre punti ed aveva unito le estremità in modo da formare un esagono (fig. l). Quando pizzicava la superficie in modo da far combaciare due triangoli adiacenti e spingeva lo spigolo opposto verso il centro, l’esagono si apriva di nuovo, come un fiore in boccio e mo- strava una faccia completamente nuova. Se, per esempio, le facce superiore e inferiore erano state colorate differentemente, la faccia nuova risultava bianca ed una delle facce colorate spariva! Questa struttura, il primo flexagono ad essere scoperto, ha tre facce. Stone ci ripensò sopra la notte ed il giorno dopo trovò la conferma della sua convinzione (raggiunta per via puramente specu- lativa) che si potesse ottenere per piegamento un modello esagonale più complicato, con sei facce anziché tre sole. A questo punto Stone trovò la struttura cosí interessante che mostrò i suoi modelli di carta ai colleghi di corso. Immediatamente i « flexagoni » cominciarono ad apparire a profusione sui tavoli all’ora di colazione e pranzo. Un « Co- mitato dei flexagoni » venne organizzato per esplorare più profonda- mente i misteri della « flexagonazione ». Gli altri membri, oltre Stone erano Bryant Tuckerman, un laureando in matematica; Richard P. 1 ENIGMI E GIOCHI MATEMATICI Fig. 1. Il triesaflexagono si costruisce tagliando una striscia di carta in modo che possa essere suddivisa in 10 triangoli equilateri (A). La striscia è ripiegata su se stessa lungo la linea ab (B). Successivamente viene ripiegata ancora lungo la linea cd e il penultimo triangolo portato a coincidere con il primo (C). L’ultimo triangolo viene ripiegato e incollato sulla faccia posteriore del primo (D). La figura può ora essere « flessa » come mostrato in fig. 3. Conviene usare della carta abbastanza spessa larga 3-4 centimetri. Feynmann, un laureando in fisica e John W. Tukey, un giovane assi- stente di matematica. I modelli furono chiamati esaflexagoni: « esa » per la loro forma esagonale e « flexagoni » per la loro attitudine a venir « flessi ». Il primo modello di Stone è un triesaflexagono (« tri » per le tre dif- ferenti facce che possono esser presentate); la sua elegante seconda struttura un esaesaflexagono (per le sue sei facce). Per costruire un esaesaflexagono cominciate con una striscia di carta (quella dei rotoli per macchine addizionatrici va benissimo) di- 2