lla1 I h t I Indice p. vrr Introduzione di Richard Rorty Empirismo e filosofia della mente 3 r. Un'ambiguità delle teorie del dato sensoriale I3 II. Un'altralingua? I9 m. La logica di 'appare' 30 IV. La spiegazione dell'apparire 36 v. Impressioni e idee: una considerazione logica 39 VI. Impressioni e idee: un'osservazione storica 45 VII. La logica di 'significa' 48 vm. La conoscenza empirica ha un fondamento? 56 IX. La scienza e l'uso ordinario 6I x. Episodi privati: il problema 64 XI. I pensieri: la concezione classica 66 XII. I nostri antenati ryleani 69 xm. Teorie e modelli 72 XIV. Comportamentismo metodologico versus filosofico 75 xv. La logica degli episodi privati: i pensieri 80 XVI. La logica degli episodi privati: le impressioni 87 Indicazioni bibliografiche 89 Guida al testo di Robert Brandom Introduzione di Richard Rorty Ciò che oggi chiamiamo filosofia «analitica» ha esordito come una forma di empirismo. Si è sviluppata dal lavoro di Bertrand Rus sell, Rudolf Carnap e altri - lavoro compendiato e messo in forma canonica, facilmente trasmissibile, da AlfredJ. Ayer nel suo libro Lù;guaggio, verità e logica (1936). In questo scritto, Ayer espone le idee basilari di ciò che oggi chiamiamo «positivismo logico» o «em pirismo logico>? - idee che riformulano in termini linguistici l'epi stemologia fondazionalista dell'empirismo britannico inizialmente formulata in termini psicologici. Si tratta di idee molto diverse da quelle che sottendono ciò che talvolta viene chiamata filosofia ana litica «post-positivistica» - un genere di filosofia spesso presenta ta come un «superamento» dell'empirismo e del razionalismo. Il processo di transizione tra le due fasi, processo iniziato in torno al 1950 e completato intorno al 1970, fu il risultato dell'in terazione complessa di molte forze la cui trama è difficile da rico struire. Ciononostante, chiunque voglia presentare una ricostru zione storica di questo processo dovrebbe segnalare perlomeno tre lavori che hanno avuto un'importanza basilare: I due dogmi del!' em pirismo di Willard Van Orman Quine (1951), Le ricerche filosofi che di Ludwig Wittgenstein (1954) e Empirismo e filosofia della mente di Wilfrid Sellars (1956). Il lungo, complesso e denso saggio di Sellars è sicuramente quel lo meno noto e meno discusso dei tre. Gli storici della filosofia an glo-americana recente hanno evidenziato l'importanza del saggio di Quine per quanto riguarda la messa in discussione della nozio ne di verità analitica e, conseguentemente, della concezione car napiano-russelliana della filosofia come «analisi logica del linguag gio». Anche l'importanza del lavoro del secondo Wittgenstein è stata debitamente riconosciuta - in particolar modo, per quanto ri guarda ciò che Strawson chiamava la sua «ostilità verso l'imme diatezza», la sua diffidenza nei confronti delle spiegazioni empiri- VIII Richard Rorty stiche circa l'acquisizione della conoscenza. Ciononostante, gli sto rici non hanno dato, in generale, un peso adeguato al ruolo che Sel~ lars ha esercitato nel determinare il collasso dell'empirismo dei da ti sensoriali. Ed è un vero peccato se si pensa che è stato proprio l'attacco di Sellars al «Mito del Dato» a convincere i filosofi, in America (benché non in Gran Bretagna) che vi era qualcosa di profondamente sbagliato nel fenomenismo propugnato da Ayer1 • Wilfrid Sellars nacque nel r9r2 e mori nel r989. Insegnò filo sofia all'Università del Minnesota, a Yale, e poi a Pittsburgh. Pub blicò molti saggi e una monografia, Science and Metaphysics (le sue Locke Lectures tenute a Oxford nel r967)2 Il suo lavoro è stato • spesso tacciato di oscurità. Lo stile idiosincratico di Sellars era par zialmente responsabile di ciò, ma parte dell'oscurità era imputa bile ai lettori. Sellars, infatti, si distingueva dagli altri grandi filo e sofi americani del dopo guerra; in modo particolare da QÙine e Wittgenstein, per la sua ampia e profonda conoscenza della storia della filosofia3 Questa conoscenza dei filosofi del passato di cui la • sua opera è permeata (si pensi ad esempio ai due capitoli criptici su Kant in apertura a Science and Metaphysics) contribui a rendere i suoi lavori di difficile fruizione per i filosofi analitici la cui for mazione era meno storicamente orientata. Sellars riteneva che «la filosofia senza la storia della filosofia è, se non cieca, perlomeno sorda», ma la maggior parte dei lettori trovava ingiustificata que sta posizione. Tra tutti gli scritti di Sellars, Empirismo e filosofia della mente è quello piu letto e piu accessibile. In realtà, esso costituisce tut to cio che la maggior parte dei filosofi analitici conosce di lui. Ma è pressoché sufficiente, dato che rappresenta il compendio di un 1 Ciò che in Gran Bretagna svolse il ruolo dell'articolo di Sellars in America fu la criti ca di Austin ad Ayer nello scritto postumo Senso e sensibilia. Benché i filosofi americani nu trissero una profonda ammirazione per Austin essi avevano già abbandonato i dati senso riali all'epoca della pubblicazione di Senso e sensibilia. 2 Science and Metaphysics, Routledge, London r967. Le sue pili importanti raccolte di saggi sono Science, Perception and Reality, Routledge, London r963 - contenente anche Em pirismo e filosofia della mente - e gli Essays in Philosophy and Its History, Reidel, Dordrecht r974. Un buon commentario della sua opera si trova in c. F. DELANEY (a cura di), The Sy noptic Vision: Essays on the Philosophy of Wilfrid Sellars, Notre Dame University Press, No tre Dame r977 e H.-N. CASTANEDA (a cura di), Action,Knowledge and Reality:Studies in Ho nor of Wilfrid Sellars, Bobbs-Merill, Indianapolis I 975 . " A testimonianza della scarsa considerazione di Quine per la storia della filosofia si ve da ia sua autobiografia The Time ofM y Life, Mit Press, Cambridge, Mass. r985, p. r94. A testi.'Ilonianza del carattere rapsodico delle letture di Wittgenstein della filosofia antica e moderna si veda s. J. GARTH HALLETT, A Companion to Wittgenstein 's « Philosophical Investì gations», Cornell University Press, Ithaca r977, pp. 759-75. Introduzione IX intero sistema filosofico. Esso contiene una parte cospicua del pro getto complessivo di Sellars - che egli stesso descrisse come un ten tativo di far transitare la filosofia analitica dalla sua fase humea na a quella kantiana. L'idea fondamentale che permea l'intero saggio è quella di Kant che «le intuizioni senza i concetti sono cieche». Avere un'im pressione sensoriale non costituisce, di per sé, né un caso di co noscenza né un caso di esperienza conscia. Al pari di Wittgenstein, e a differenza di Kant, Sellars identificò iÌ possesso di un concet to con la padronanza dell'uso di una parola. La padronanza di una lingua si configura pertanto per Sellars corrie un requisito prelimi nare dell'esperienza conscia. Come sostiene al paragrafo 29 «qual siasi consapevolezza di generi, rassomiglianze, fatti, ecc., in breve, qualsiasi consapevolezza di entità astratte - in realtà; anche di par ticolari - è una faccenda linguistica». Qu,esta dottrina, che Sellars chiàmava «nominalismo psicologico», implica che Locke, Berke ley e Hume erano in errore a sostenere che «la (nostra) capacità di essere consapevoli di certi generi determinati dipende soltanto dal fatto che abbiamo sensazioni e immagini»(§ 28). L'argomento di Sellars a sostegno del nominalismo psicologico si fonda su un'idea che chiarisce la morale di molti aforismi delle Ricerche filosofiche: « Il punto essenziale è che caratterizzare qual cosa come un episodio o uno stato di conoscenza non equivale a fornirne una descrizione empirica ma, piuttosto, a collocarlo nel lo spazio logico delle ragioni, nello spazio in cui si giustifica e si è in grado di giustificare quel che si dice» (§ 36). In altri termini, la conosce,nza è inseparabile dalla pratica sociale - la pratica di giu stificare le proprie asserzioni ai propri simili. La prima non è pre supposta dalla seconda, ma emerge con essa. Ci è pertanto precluso ciò che alcuni positivisti logici sperava no· di fare: fornire un'analisi esaustiva dei fatti epistemici «in ter mini di fatti non epistemici, vuoi fenomenici vuoi comportamen tali, vuoi pubblici vuoi privati, senza risparmiare i congiuntivi e i condizionali» (§ 5)4. In particolare, non possiamo effettuare una ta le analisi individuando il «fondamento» della conoscenza empirica 4 Questo rimando alle varie analisi riduttive proposte presuppone, al pari di molti altri passi del saggio, una qualche familiarità con la letteratura filosofica in ambito analitico de gli anni' 40 e dei primi anni '50 - ad esempio la difesa di Ayer del fenomenismo, le critiche di Ryle a Descartes e cosi via. Alcuni paragrafi del saggio di Sellars - in particolare: §§ 8-9 e 21-23 - potrebbero apparire come digressioni fini a se stesse a coloro che non hanno di mestichezza con la letteratura in questione. Tuttavia, la comprensione dell'argomento com plessivo del saggio non richiede la conoscenza degli autori di cui Sellars parla. x Richard Rorty negli oo-getti della «conoscenza diretta» che sono «imn1ediatamen te pres~nti alla mente». Non possiamo privilegiare resocont~ d~l ~~ po «v'è qualcosa di rosso nelle vicinanze» come «resoconti di c10 che è immediatamente dato». Tali resoconti, infatti, non sono me no mediati dal linguaggio e, conseguentemente, dalle pratiche so ciali dei resoconti riguardanti la presenza di mucche o èlettroni · nell~ vicinanze. L'intera idea dei «fondamenti» della conoscenza, che è centrale sia nell'empirismo che nel razionalismo, si dissolve non appena si adotta il nominalismo psicologico. · Mentre la critica presentata da Quine nei IJue dogmi _del!' em pirismò alla distinzione tr11 verità analitiche e sintetiche èontribu1 · a demolire la versione razionalistica del fondazionalismo, Emplri I_~ s:;;o e filo;;fia.della-mentè-con.t#fmi'ad ~ffossaine v~rsione em.: piristica èriticàndo la distinzione trg .dò eh~ è_~< qàto ajià .U1e1:1te » Da~ e-dò che è <<da essa aggiun~o». L'attacco di Sellars al Mito del to ebbe un ruolo determinante nel far si che la filosofia analitica si allontanasse dalle istanze fondazionalistiche degli empiristi lo gici. Esso mise in dubbio l'idea stessa di «epistemologia» e la realtà di quei problemi che i filosofi avevano discusso sotto tale rubrica5 • Uno dei brani piu frequentemente citati si trova al§ 38: « ... la co noscenza empirica, al pari della scienza che ne costituisce un' éla~ barata estensione, è razionale non perché ha un fondamento, f!1.a perché è un'impresa che si auto-corregge, capace di mettere in di-· scussione una qualsiasi delle proprie tesi,benché non tutte simul taneamente»6. Ciò che si evince da questa affermazione è che!~ 5 Il lavoro svolto da Sellars in questa direzione si connette a quello dei pragmatisti ame ricani - in particolar modo alle critiche di Peirce alla datità nel saggio Some Consequences o/ Four Incapacities (r868) e a quelle di Dewey in An Empirica! Survey o/ Empiricism (r935). Una buona presentazione dello sviluppo del pragmatismo americano - in cui Sellars si inse risce splendidamente anche se dalla presentazione egli risulta del tutto assente - è quella di J. P. MURPHY, Pragmatism: From Peirce to Davidson, Westview Press, Boulder (Col.) r990 [traci. it. Il Pragmatismo, il Mulino, Bologna r 997]. 6 Ho fornito una succinta presentazione dei ruoli che Quine e Sellars hanno avuto nel convincere i filosofi ad abbandonare l'atomismo e il fondazionalismo di Russell e Carnap nel cap. IV, § 2 del mio Philosophy and the Mirror o/ Nature, Princeton University Press, Prince ton r979 [traci. it. La filosofia e lo specchio della natura, Bompiani, Milano r986]. Nel libro sostenni anche che l'abbandono del fondazionalismo potrebbe portarci ~d abbandonare l'idea che si abbia bisogno di una «teoria della conoscenza». Recentemente Michael Williarns - nel suo Unnatural Doubts: Epistemologica! Realism and the Basis o/ Scepticism, Blackwell, Cam bridge (Mass.) e Oxford r99I - ha sviluppato questo tema con grande profondità e accura tezza. In base alla sua tesi, ciò che darebbe origine tanto al fondazionalismo quanto allo scet ticismo cartesiano sarebbe la sciagurata idea dell'esistenza di un genere naturale denomina to «conoscenza umana». Il precedente lavoro di Williarns - Groundless Belief, Princeton University Press, Princeton r999 - un trattato anti-fondazionalista in cui vengono gettate le basi per il lavoro successivo, risentiva pesantemente dell'influenza di Sellars. Introduzione XI r~ionalità non consiste nell'obbedienza a standard (che gli epi stemologi auspicherebbero di codificate) ma, piuttosto, in una par tecipazione di dare-avere a ~n progetto sociale cooperativo. Empirismo e filosofia della mente non consiste però, semplice mente, in un'elaborazione e difesa di ciò che il nominalismo psi cologico presuppone e implica. I paragrafi 48-63 contengono quel che Sellars chiama il «Mito di Jones» ~ una parabola che illustra perché si può essere naturalisti senza essere comportamentisti, per ché si possono accettare i dubbi cli Wittgènstein riguardo a ciò che Sellars chiama «episodi non vernali auto-validanti» ,senza sposare i dùbbi di Ryle circa l'esistenza di entità mentali come i pensieri e le impressioni sensoriali. · Questa era una questione molto dibattuta ali' epoca in cui Sellars scriveva. Infatti, l'uscita nel 1949 dello scritto di Ryle, Lo spirito co me comportamento, di poco precedente l'uscita delle Ricerche filo sofiche (1954), aveva indotto molti filosofi a ritenere che la critica di Wittgenstein all'idea di «linguaggio privato» e all'idea di «entità conoscibili da una sola persona» fosse indissolubilmente legata alla critica di Ryle all'idea dello «spettro nella macchina». La spiega zio!?,e di Sellars degli episodi interiori quali entità originariamente postulate, piuttosto che osservate, insieme alla spiegazione di come i p'ittlanti possano formulare resoconti introspettivi di tali episodi, fece capire che si poteva essere wittgensteiniani senza essere rylea ni. Sellars mostrò come si potesse fornire una spiegazione non ri duttiva degli«eventi mentali» evitando, nel contempo, in linea con Wittgenstein, l'immagine dell'occhio della mente che osserva que $ti eventi in una sorta di, teatro immateriale interiore. Il trattamento di Sellars della distinzione mente/corpo è stato adottato da molti filosofi della mente nei decenni successivi. Sellars è stato probabilmente il primo filosofo a dire che la «mente» va con cepita come una sorta di ipostatizzazione del linguaggio. Sostenne che l'intenzionalità delle credenze è un riflesso dell'intenzionalità degli enunciati e non l'inverso7 Questa inversione di prospettiva • ' permise di affrancarsi dalla concezione che considerava il linguag gio come la manifestazione esteriore di qualcosa di interno e miste rioso che gli umani, ma non gli animali, posseggono, e permise di 7 Questo punto è molto esplicito nel dibattito, molto istruttivo, di Sellars con R. Chi sholm, ristampato sotto il titolo Intentionality and the Mental, in Minnesota Studies in the Phi losophy of Science, a cura cli H. Feigl, M. Scriven e G. Maxwell, University of Minnesota Press, Minneapolis r958, vol. IL XII Richard Rorty concepire la mente come qualcosa che emerge gradualmente nell'uni verso mediante e attr?,verso lo sviluppo graduale del linguaggio. Se condo Sellars, una volta che si riesca a spiegare come sorgono le pra tiche sociali che chiamiamo pratiche «d'uso del linguaggio», si è spie gato tutto ciò che v'è da spiegare circa la relazione mente/monda8. Un recente lavoro di Robert Brandom dal titolo Making it Ex plici-t9 offre il primo sistematico è completo tentativo di portare avantiffpensiero di Sellars10 Piu in particolare, offre una «stra.:: • tegia esplicativa semantica che assume l'inferenza quale concetto basilare» contrastando, in tal modo, la strategia alternativa «im postasi a partire dall'illuminismo, che fa della rappresentazione il concetto basilare»11 Il lavoro di Brandom può a buon diritto C::9D-~. • siderarsi un tentativo di far transitare la filosofia analitica dalla sùa fase kantiana a quella hegeliana - un tentativo adombràtci - dall'enigmatica descrizione di Empirismo e filosofia della mente co me «incipienti Meditazioni hegeliane»12 (§ 20) e dal fatto di rife- 8 Ciò è vero, tuttavia, se, al pari di Dennett e a differenza di Thomas Nagel, non si ri tiene che l'espressione 'quel che si prova a vedere qualcosa di rosso' si riferisca a qualcosa di radicalmente diverso da ciò cui si riferisce l'espressione 'essere disposti a dire che una certa cosa è rossa'. Per accettare l'idea che Sellar.ha dissolto il problema mente-corpo bisogna ne gare l'esistenza dei qualia. Non è chiaro, tuttavia, se su questa questione Sellars starebbe dal la parte di Dennett; Sellars, infatti, era incline a ritenere che quella che chiamava «l'imma gine scientifica dell'uomo» sarebbe stata incompleta finché non si fosse pervenuti a scoprire nuove proprietà speciali microstrutturali capaci di spiegare la «fondamentale òmogeneità» delle presentazioni fenomenologiche. Comunque sia, Dennett ha riconosciuto il suo debito nei confronti di Sellars. Cfr. il suo The Intentional Stance, Bradford Books, Cambridge (Mass.) ~986, p. 34I [trad. it. L'atteggiamento intenzionale, il Mulino, Bologna I993]. Dennett rico nosce a Sellars il merito di aver dato origine al funzionalismo, cioè quella scuola di pensiero della filosofia della mente contemporanea a cui anche Dennett appartiene. In una nota, Den nett osserva che l'influenza di Sellars è stata onnipresente anche se, quasi sempre, sublimi nale, e piu avanti aggiunge che quasi nessuno cita Sellars quando, di fatto e con grande re golarità, propone idee che sono sl.ie. Quest'ultima osservazione offre, a mio avviso, un reso conto adeguato del ruolo che Sellars ha avuto nella filosofia analitica recente. • R. BRANDOM, J,;f.aking It Explicit: Reasonzng, Representing, and Discursive Commitment, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) I994- 10 Non però di tutti i suoi aspetti. Brandom, ad esempio, respinge il tentativo di Sel lars di riproporre la relazione «raffigurativa» tra linguaggio e mondo che Wittgenstein for mulò nel Tractatus e che successivamente ripudiò, come pure le sue considerazioni sulla ne cessità che la scienza sviluppi dei concetti microfisici adeguati alla spiegazione della feno menologia della percezione. Sotto questo riguardo, Brandom sta a Empirismo e filosofia della mente come Davidson (che respinge quello che chiama l'«avventizio puritanesimo filosofi co» di Quine) sta a Due Dogmi. Entrambi elaborano l'intuizione centrale dei loro rispetti vi maestri purgandola dalle aggiunte accessorie. 11 BRANDOM, Making It Explicit cit., p. XVI. 12 Sellars si sta riferendo alle Paris Lectures di Husserl pubblicate sotto il titolo di Mé ditations Cartésiennes. Im:rcduzione xm rirsi a Hegel come al «grande avversario dell'immediatezza»(§ 1). Secondo Hegel, accettare l'idea di Kant che le intuizioni sen za i concetti sono cieéhe è un primo passo verso l'abbandono di una consuetudine filosofica deleteria che gli empiristi britannici avevano ereditato da Descartes - la consuetudine a interrogarsi sul fatto se la mente ri_esca mai a connettersi con il mondo in mo do non mediato, e a rimanere scettici circa lo statuto delle nostre conoscenze finché non si riesca a dimostrare l'esistenza di un con tatto siffatto. . Questa consuetudine è caratteristica di quei filoso fi che Brandoin chiama «rappresentazionalisti» (come Descartes e Locke) e che distingue dagli «inferenzialisti» (come Leibniz, Kant, Frege, il secondo Wittgenstein e Sellars). I primi concepi scono i concetti come rappresentazioni (o presunte rappresenta zioni) della realtà e non, come fece Kant, come regole che specifi cano come una certa cosa vada fatta. L'intuizione fondamentale di Kant, osserva Brandom «è che i giudizi e le azioni vanno in nanzitutto compresi nei termini del modo speciale in cui ne siamo responsabili»13 • Sviluppare questo aspetto del pensiero di Kant, piuttosto che quello che portò Kant alla conclusione scettica circa la possibilità di con9scere le cose come sono in sé, significa dare enfasi a quei passi di Kant che anticipano Hegel, Marx, Dewey e Habermas, a scapito di quelli che connettono Kant ài suoi predecessori. Miri ferisco a quell'aspetto della Critica della ragion pura che si connet te alle sue Idee di una storia universale dal punto di vista cosmopoli tico, piuttosto che a Leibniz e Hume. Una volta mi presi la licenza di porre a Sellars la seguente do manda «se qualcuno decide di imbrigliare lo spirito di Hegel nel le strettoie di Carnap, come potrà trovare lettori ?»14 La mia do • manda era sollecitata dal paragrafo finale di Empirismo e filosofia della mente, che è uno dei rari passi in cui Sellars si lascia andare. In quel paragrafo Sellars offre una visione sinottica, pur se conci sa, della storia del mondo: Ho usato un mito [quello diJones] per uccidere un mito - il Mito del Dato. Ma è davvero un mito il mio? O il lettore non riconoscerà forse in J ones l'Uomo stesso nel bel mezzo del suo viaggio dai grugniti e dai lamenti della caverna fino al discorso sottile e articolato del salotto, del laboratorio, dello studio, al lin- 13 BRANDOM, Making It Explicit cit., p. 8. 14 Stavo tentando un pastiche della questione posta da W. G. Pogson-Smith a proposi to di Spinoza: «Se qualcuno decide di imbrigliare lo spirito di Cristo nelle strettoie di Eu clide, come potrà trovare lettori?» Sellars non trovò la domanda divertente. XIV Richard Rorty guaggio di Henry e WilliamJa mes, cli Einstein e cli quei filosofi che, nel loro sfor zo cli trascendere il discorso per pervenire ad un arché trascendente il discorso, hanno fornito quella che, in assoluto, è la climensione piu curiosa?[§ 63). Questa domanda serve a connettere il Mito diJones con la spie- gazione fornita da Hegel, nella Fenomenologia, della transizione dalla percezione sensibile alla coscienza e da qui all'autocoscienza / - e, piu in generale, dalla Natura allo Spirito - come pure allè cor rezioni apportatevi da Darwin. Il fatto che nella lista di Sellars, accanto a Einstein, compaia anche Henry Ja mes sta a indicare la sua giustificata diffidenza nei confronti di quella adorazione per la scienza che ha afflitto i primi stadi della filosofia analitica.L'ul tima frase serve da monito a tutti quei filosofi, da Platone a Ayer, che hanno sperato di «trascendere il discorso»15 e vuole richiama re alla mente che la morale del saggio è che benché tale arché non esista, non per questo la nostra situazione risulta peggiore. Brandom prende le mosse dal punto in cui il saggio di Sellars si interrompe. Il suo libro onora molte di quelle che Sellars chiama va le sue «cambiali», e si conclude con una descrizione dell' «equi librio interpretativo completo ed esplicito esibito da una comunità i cui membri adottano l'atteggiamento discorsivo esplicito gli uni nei confronti degli altri» - equilibrio, questo, che Brandom iden tifica con l' « autocoscienza sociale»16 In base all'immagine delineata • da Brandom, gli utenti linguistici formerebbero «una grande Co munità che ingloba in sé i membri di tutte le comunità particolari - la Comunità costituita da coloro che dicono <noi' quando si ri volgono a qualcuno, indipendentemente dal fatto che vi sia o me no un riconoscimento reciproco tra i membri di quelle differenti comunità particolari»17 • L'agile e libera transizione tra filosofia del linguaggio e della mente, da un lato, e visione storica del mondo, dall'altro, ricorda non solo Mead e Dewey, ma anche Gadamer e Habermas. Queste transizioni, come pure l'hegelismo di Sellars e Brandom, suggeri scono che l'approccio improntato alla «pratica sociale» da essi pro pugnato nei confronti dei temi tradizionali della filosofia analiti ca potrebbe contribuire a ricongiungere tale tradizione filosofica con la cosiddetta tradizione «continentale». 15 E forse serve da monito anche nei confronti dei cenni sporadici da parte di Hegel cir ca il fatto che, alla fine della ricerca e della s~oria, anche noi potremmo riuscire a compiere questo trascendimento. 16 BRANDOM, Making It Explicit cit., p. 643. 11 Ibid., p. 4.