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Edipo alla luce del folclore. Quattro studi di etnografia storico-strutturale PDF

179 Pages·1975·6.87 MB·Italian
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Nuovo Politecnico 73 Einaudi 1975 VLADIMIR JA.PROPP EDIPO ALLA LUCE DEL FOLCLORE Quattro studi di etnografia storico-strutturale / Titoli originali Voliebttoe derevo na moglie (K voprosu o proischozdettii volìebnoj skazki) Ritualttyj smecb v folklore (Po povodu skazki o Nesmejane) Edip v svete fol'klora Specifika fol'klora Copyright © 197$ Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino Quarta edizione ISBN 88-06 04280-7 Vladimir Ja. Propp EDIPO ALLA LUCE DEL FOLCLORE Quattro studi di etnografia storico-strutturale A cura di Clara Strada Janovic Indice p. vii Introduzione di Clara Strada Janoviò Edipo alla luce del folclore 3 L’albero magico sulla tomba. A proposito dell’origine della fiaba di magia 41 II riso rituale nel folclore. A proposito della fiaba di Nesmejana 83 Edipo alla luce del folclore 139 Lo specifico del folclore I saggi di Vladimir Jakovlevic Propp qui raccolti1 ap­ partengono al periodo intermedio tra la Morfologica skazki (Morfologia della fiaba, 1928) e gli Istoriceskie korni voi- sebnoj skazki (Radici storiche della fiaba di magia2, 1946) e quindi, oltre al loro interesse intrinseco, permettono di avere un quadro più completo del lavoro svolto da questo studioso sulla fiaba. Propp, che era nato nel 1895 a Pietroburgo nella fami­ glia di un ex colono tedesco, aveva compiuto gli studi uni­ versitari nella Facoltà di lettere (sezione di filologia slava) di quella Università e nel 1915 aveva preso parte al fa­ moso Seminario puskiniano di S. A. Vengerov contempo­ raneamente a Ju. G. Oksman, Ju. N. Tynjanov e D. P. Ja- kubovic3. L’insegnamento della lingua tedesca costituì poi una branca della sua attività didattica e scientifica, e ad essa diede un contributo di valore anche quando il campo della sua ricerca originale era ormai diventato il folclore \ Per caratterizzare il tono del lavoro scientifico di Propp valgono le brevi parole premesse al quinto volume di «2T][jLELWTLX'n», la rivista degli «strutturalisti» di Tar­ tu 5, volume che era preparato per onorare i settantacin- que anni di Propp e che invece si trasformò in una pubbli­ cazione «in memoriam»6. Scrivono i semiotici di Tartu, per molti dei quali Propp era stato un maestro anche in senso immediato, in quanto suoi ex allievi all’Università di Leningrado, che Viter scientifico di Propp «si distingue­ va per una perseveranza rara. Più di quarantanni fa nella coscienza di questo studioso aveva preso forma un proget­ to: considerare il testo folclorico in tre aspetti: dal punto di vista della sua struttura, del suo rapporto genetico col Vili CLARA STRADA JANOVIC rito e del suo funzionamento nella società. Alla realizzazio­ ne di questo piano, che esigeva una coerenza confinante con l’eroismo, fu dedicata tutta la vita di V. Ja. Propp co­ me scienziato» \ Il risultato fu più vasto delle aspettative, perché se Propp, in quanto folclorista, fu interessato in primo luogo dai problemi della creazione popolare, « tutta­ via i suoi lavori sulla struttura interna del testo della fiaba di magia hanno dato un tale impulso allo sviluppo del pen­ siero teorico-letterario nelle più svariate direzioni che og­ gi è difficile persino elencare tutti i campi delle scienze umane in cui ha avuto riflesso il loro influsso rivoluziona- tore»8. Infine, ecco un ritratto dello stesso Propp cosi co­ me è rimasto nella memoria dei suoi allievi e colleghi: «Piccolo di statura, canuto, sorridente, buono e benevo­ lente, un uomo che nessuna considerazione di vita quoti­ diana poteva deviare dal cammino trascelto, un uomo che seguiva quasi un richiamo interiore e che era pieno di fidu­ cia nel significato della scienza»9, un uomo che, come tanti altri studiosi russi del suo tempo, seppe non solo trasmet­ tere, ma rinnovare per altre generazioni il rigore della ri­ cerca e il coraggio del pensiero in un’epoca inquinata da prefabbricate pseudosoluzioni. Il cammino di Propp fu esemplare non sul piano scien­ tifico e in senso etico soltanto. Motivo di riflessione deve diventare anche il suo atteggiamento di studioso verso il marxismo, non tanto per il particolare impiego che nella ricerca egli fece di concetti tratti da questo sistema intel­ lettuale, quanto dal punto di vista di un rapporto corretto tra una ricerca scientifica specifica in atto e quell’insieme di risultati di una ricerca pratico-scientifica in divenire che dev’essere il marxismo. Propp non è partito da, e non si è preoccupato di, un’«applicazione» del marxismo al suo campo di ricerca, né ha cercato di combinare il marxismo con un altro ismo circolante. Nel corso di una ricerca, in cui egli ha usato strumenti allora disponibili e ne ha antici­ pato altri allora in fieri, ha incontrato naturalmente nozio­ ni marxiste essenziali e le ha accolte, adattandole al suo proprio orizzonte di analisi, cioè perseverando in un lavo­ ro intellettuale originale e concreto. E oggi non suscitano più neppure curiosità le «accuse» di «idealismo» e «for­ INTRODUZIONE IX malismo» che i «dogmatici» lanciarono allo studioso le- ningradese. Nel primo degli scritti qui pubblicati, nella sua parte iniziale che in una lettera a Giulio Einaudi10 l’Autore pro­ poneva di togliere in quanto superata e che invece si è pre­ ferito conservare per rispetto al tempo di stesura, Propp può sembrare corrivo a certi schemi, allora correnti e og­ gi tutt’altro che spenti, di contrapposizione tra «scienza borghese» e scienza altra da quella «borghese». Vero è che Propp contrappone, contemporaneamente, la «vera» scienza marxista a quello che egli chiama « marxismo inge­ nuo», quasi a svolgere la lotta su due fronti. Ma, a parte il fatto che il «marxismo ingenuo» si è confermato tale sul piano delle idee, ma si è dimostrato tutt’altro che ta­ le sul piano, per certi aspetti più decisivo, del potere, costi­ tuendo esso, e non la «scienza borghese», il più micidiale nemico del marxismo «avveduto » e in genere di ogni libe­ ra e critica scienza, a parte ciò resta vero che quella «scien­ za borghese» contro cui Propp giustamente polemizzava agli inizi degli anni trenta, denunciandone l’empirismo an­ gusto e il settorialismo sterile, costituiva un momento par­ ticolare dello sviluppo del sapere, sviluppo che conosce an­ che i suoi punti morti. Altrimenti, tra l’altro, non si spie­ gherebbe l’ampiezza che, proprio nel campo delle scienze umane e in particolare nell’etnologia, il pensiero scientifi­ co «borghese» conosce oggi, in un momento di ulteriore autentica crisi della borghesia istituzionale. Ed è proprio sulla base e nell’ambito di questo sviluppo, contrassegna­ bile col nome di «strutturalismo», che il lavoro di Propp è stato riscoperto in Occidente poco prima che nel suo paese ed è stato rimesso nella circolazione attiva dei valo­ ri scientifici, il cui sistema di emissione è più complesso della dicotomia scienza borghese - scienza .marxista. Come lo stesso iter di Propp sta a dimostrare, anche col suo at­ teggiamento serio, e veramente costruttivo, verso il marxi­ smo. Insomma, proprio negli anni in cui la cattiva «scien­ za borghese» e la cattiva « scienza marxista» in assai diver­ si modi sembravano tenere il campo, le buone scienze an­ davano scavando cunicoli in un processo, unitario e diver­ sificato insieme, di un nuovo sviluppo. X CLARA STRADA JANOVIC Fatto sta che se è vero quello che scrivevano i semiotici di Tartu sull’enorme «influsso rivoluzionatore» esercitato nelle scienze umane dalla Morfologia della fiaba, è anche vero che l’incontro e il dialogo che anni fa, nell’edizione ei- naudiana di questo libro, si svolse tra due menti affini e pa­ ri come quelle di Propp e Lévi-Strauss, rischiò di trasfor­ marsi quasi del tutto in scontro e incomunicabilità. Di nuo­ vo, «scienza marxista» e «scienza borghese»? Evidente­ mente no, neppure qui. Ma normale difficoltà di compren­ sione completa tra due intelligenze che collaborano a una stessa impresa, difficoltà resa maggiore dalla esilità delle informazioni che decenni di reciproca caccia alle streghe, occidentali e orientali, hanno garantito anche ai maggiori livelli e che faticosamente ora viene superata. Si può capire la reazione di Propp a sentirsi definire « formalista » anche dal suo grande collega francese, dopo che, con ben altra molestia, quell’accusa gli era stata rivolta da piccoli sico­ fanti indigeni. Ma se Lévi-Strauss sbagliava a incasellare cosi Propp, di cui oltre tutto conosceva solo una parte di lavoro, Propp trasmodava a non vedere la complementa­ rità della ricerca sua e di quella dell’autore de\YAntropolo­ gia strutturale. In questa prospettiva sintetica vede giusta­ mente la Morfologia uno dei migliori studiosi sovietici di folclore, E. Meletinskij, nella sua presentazione della nuo­ va edizione del classico libro di Propp ", dove sottolinea che le differenze di metodo tra Propp e Lévi-Strauss, non meno importanti delle loro convergenze, sono dovute an­ che al fatto che il primo, a differenza del secondo, studia la fiaba, non il mito (o il mito in funzione della fiaba). «V. Ja. Propp considera la sua analisi sintagmatica come una in­ troduzione e alla storia della fiaba e allo studio della " strut­ tura logica, cosi singolare, della fiaba, ponendo le basi per lo studio della fiaba come mito”, che è proprio quello che Lévi-Strauss invita a fare. L’analisi della struttura sintag­ matica non solo è necessaria in qualità di primo livello di studio della struttura generale della fiaba, ma serve diret­ tamente al fine posto da Propp: definire lo specifico della fiaba, descrivere e spiegare la sua unità strutturale» ,2. La riduzione, quindi, di tutte le fiabe di magia ad una sola non è un errore di Propp, come vuole Lévi-Strauss, ma la con­

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