Scuola Dottorale di Ateneo Graduate School Dottorato di ricerca in Lingue, Culture e Società in Studi dell’Europa orientale Ciclo XXIV Anno di discussione 2014 "Evrejskij vopros i russkij otvet": ebraismo, antisemitismo e sionismo sulla stampa russa d’emigrazione negli anni Venti Settore scientifico disciplinare di afferenza: L-LIN/21 SLAVISTICA Tesi di Dottorato di Maria Gatti Racah (955578) Coordinatore del Dottorato Tutore del Dottorando Prof.ssa Enrica Villari Prof.ssa Daniela Rizzi Co-tutore del Dottorando Prof. Alberto Masoero 1 Al minipalindromo 2 Indice: 0. Introduzione 1 1. Il mito del giudeo-bolscevismo: pro et contra 13 1.1. Traslazione di una chimera: il complotto mondiale giudaico dal futuro al passato 13 1.2. La chimera positiva: L’origine dell’antisemitismo di A. Amfiteatrov 24 1.3. La conquista ebraica della Russia sulle pagine di Novoe vremja 30 1.4. D. Pasmanik e la decostruzione del mito giudeo-bolscevico 42 1.4.1. La risposta di Novoe vremja 51 1.4.2. La risposta del barone A. Meller-Zakomel’skij 55 1.5. Evrejskaja tribuna e il cammino democratico della Russia 59 1.6. Comunicazione tra contesto russo ed europeo 71 2. I dibattiti: la prima metà degli anni Venti 76 2.1. Lo S’’ezd nacional’nogo ob’’edinenija e la querelle su Armata Bianca e pogrom (1921) 76 2.2. Antisemitizm? di Z. Gippius: intelligencija radicale e antisemitismo (1921) 89 2.3. Dni di V. Šul’gin sulle pagine di Russkaja Mysl’: intelligencija e asemitismo (1922) 104 2.4. Kto oni i kak byt’? di E. Kuskova: l’antisemitismo in URSS e l’emigrazione (1922) 119 2.5. Rossija i evrei e il dibattito sulla responsabilità ebraica nella rivoluzione (1924) 133 3. I dibattiti: la seconda metà degli anni Venti 161 3.1. Il dibattito sulla colonizzazione ebraica: “Ce n’est pas la Crimée, c’est le crime!” (1925) 161 3.2. L’assassinio di S. Petljura e il processo S. Švarcbard (1926-1927) 186 3.3. Ebraismo e cristianesimo: il dibattito L. Karsavin – A. Štejnberg (1928) 205 3.4. V. Šul’gin, l’antisemitismo sovietico e la solidarietà ebraica (1927/29) 222 3.5. I moti del 1929/30: Palestina e sionismo nella stampa d’emigrazione 251 3.5.1. Stena plača, stena nerušimaja di A. Amfiteatrov 270 Ebraismo, antisemitismo e sionismo sulla stampa della diaspora russa: conclusioni 276 Antisemitismo e xenofobia socialmente rilevante 278 Sionismo 284 Ebraismo 289 Russi ed ebrei “sui fiumi di Babilonia” 291 Appendice: breve profilo dei periodici 293 Bibliografia 301 3 v Introduzione С удовольствием посидев на спектакле революции, интеллигенция собралась было в гардероб за шубами, да по домам, но шубы их раскрали, а дома сожгли. F. Jusupov1 Il contesto di questo studio è costituito dalla diaspora che si formò in conseguenza della guerra civile e dell’instaurazione del regime bolscevico nell’ormai defunto Impero russo, dando vita a quel complesso fenomeno socio-culturale che è stato definito Russia Abroad.2 Sebbene il fitto manto ideologico che ha avvolto a lungo la contrapposizione tra ‘rossi’ e ‘bianchi’ abbia determinato una forte stilizzazione nell’immagine dei due opposti fronti, a oggi è noto quanto questa diaspora fosse eterogenea non solo da un punto di vista politico, ma, quale ‘spaccato’ di un impero multietnico, anche da un punto di vista nazionale e confessionale.3 Per dare un’idea della complessità del sistema di differenziazioni interne che caratterizzavano questo fenomeno ricorro all’espressione “Matreška in esilio”, che suggerisce come il concetto di diaspora russa includesse molti altri sottoinsiemi che condividevano gli stessi confini identitari esterni (costituiti in primo luogo dalla lingua) con gli altri sottogruppi, ma ne presentavano anche altri interni. L’immagine della matreška evidenzia inoltre l’esistenza di una gerarchia interna e, conseguentemente, di conflitti. Da questo punto di vista le riflessioni sulla componente ebraica ci dicono qualcosa anche della diaspora stessa: i meccanismi di interazione tra i suoi diversi elementi sono centrali per una corretta comprensione della sua parabola storica. Sottolineare l’eterogeneità della sua composizione interna permette di evitare una ‘romanticizzazione’ della diaspora russa, particolarmente diffusa in seguito al crollo dell’Unione Sovietica e alla rivalutazione del fenomeno. 4 Inoltre, l’analisi dei ‘confini interni’ della diaspora consente di mettere in luce potenziali alleanze al di 1 F. Jusupov, Memuary v dvuch knigach. Do izgnanija. 1887-1919. V izgnanii, Moskva, 1998, p. 231, cit. in T.A. Parchomenko, “Russkaja intelligencija i emigracija” in id. (a cura di), Rossijskaja intelligencija na rodine i v zarubež’e: novye dokumenty i materialy: sbornik statej, Rossijskij institut kul’turologii, Moskva, 2001, p. 25. 2 M. Raeff, Russia abroad. A cultural history of the Russian emigration (1919-1939), N.Y. – Oxford, Oxford University Press, 1990. 3 Cfr. C. Gousseff, L’exile russe. La fabrique du réfugié apatride (1920-1939), Paris, CNRS éditions, 2008, p. 12 : “Ce qui caractérise l’émigration antibolchévique de l’entre-deux-guerres c’est qu’elle affirme une identité unitaire russe, la quelle renvoie bien plus à la réalité impériale de la Russie, qu’à la présence des «Grands- russes». Ceux-ci sont, de fait, minoritaires par rapport aux originaires d’Ukraine ou du Caucase; mais, en France tout au moins, le partage d’un même destin et ressenti face à l’URSS a contribué à homogénéiser la collectivité dans la revendication d’une appartenance russe”. 4 A proposito della necessità di evitare visioni uniformanti e idilliache si veda D. e J. Boyarin, Powers of diaspora. Two essays on the relevance of Jewish culture, Minneapolis – London, University of Minnesota press, 2002, p. 7: “Attention must be paid to the powers exercised ‘within’ diasporic communities. […] Evaluating diaspora entails acknowledging the ways that such identity is maintained through exclusion and oppression of internal others and external others”. 1 fuori di essa e di ricostruire i fili di comunicazione con i contesti ‘ospitanti’. Nella complessa struttura di Russia abroad, la componente ebraica era centrale sotto più d’un aspetto. Non possediamo dati precisi per quanto riguarda la loro consistenza numerica complessiva,5 sappiamo però che gli ebrei giocavano un ruolo di primo piano nella sua vita culturale. A partire dagli anni Novanta, nella più ampia cornice dell’interesse nei confronti dell’emigrazione russa, il loro contributo alla vita di Russia abroad è stato indagato sistematicamente in una serie di volumi curati da M. Parchomovskij.6 Per quanto molti altri momenti di questa collaborazione restino ancora in attesa di essere ricostruiti e analizzati, il centro di questo lavoro è costituito da un altro risvolto delle relazioni russo-ebraiche in diaspora: l’eteropercezione7 degli ebrei da parte dei russi, a sua volta legata a un altro fenomeno. La minoranza ebraica, infatti, era anche foriera di contrasti fondamentali per la definizione della stessa “società in esilio”.8 Questa prospettiva non è nuova: G. Safran ha notato come, in epoca zarista, “la polemica a proposito degli ebrei permetteva alle parti contrapposte di formulare in maniera più chiara la propria concezione di cittadinanza russa e di identità nazionale”.9 Nel contesto imperiale la politica adottata nei confronti della popolazione ebraica aveva visto fasi alterne, fino agli ultimi decenni dell’Ottocento, quando la 5 T.V. Britanova riporta le seguenti percentuali: “Согласно данным Дамасского русского литературного общества за пределами России оказалось около 2-х млн. Человек. По национальному составу – 95,2% ыли русскими, из остальных 4,8% было больше евреев” (T.V. Britanova, “Tipy kul’turnoj adaptacii russkich emigrantov pervoj volny”, in I.A. Šomrakova e P.N. Bazanov [a cura di], Nauka, kul’tura i politika russkoj emigracii, Sankt-Peterburg, Sankt-Peterburgskij gosudarstvennyj universitet kul’tury i iskusstv, 2004, pp. 149- 156: 149). Per quanto riguarda il contesto francese, Gousseff nota la forte presenza ebraica tra l’emigrazione proveniente dall’Impero russo anche prima della rivoluzione bolscevica, ma senza indicare cifre precise (Gousseff, op. cit., p. 11). Secondo O. Budnickij, nella Berlino della prima metà degli anni Venti gli ebrei costituivano circa un quarto degli emigrati dall’Impero russo (O. Budnickij, A. Poljan, Russko-evrejskij Berlin. 1920-1941, Moskva, NLO, 2013, p. 6 e p. 29 e ss.); più precisamente, nel 1925 a Berlino su 253.069 sudditi dell’ex Impero russo vi erano 63.500 ebrei (O. Budnickij, “Ot redaktora”, in id., a cura di, Evrejskaja emigracija iz Rossii. 1881-2005, Moskva, Rosspen, 2008, p. 12). 6 M. Parchomovskij (a cura di), Evrei v kul’ture russkogo zarubež’ja, Ierusalim, 1992-1996, 5 volumi; M. Parchomovskij (a cura di), Russkoe evrejstvo v zarubež’e, Ierusalim 1998-2002, 4 volumi. Inoltre: V. Moskovič, V. Chazan, S. Breuillard (a cura di), Evrei Rossii. Immigranty Francii, Moskva – Pariž – Ierusalim, Mosty kul’tury, 2000; O. Demidova, “Dom Cetlinych kak lokus russko-evrejskoj kul’tury v emigracii”, in O. Budnickij (a cura di), Russko-evrejskaja kul’tura, Moskva, ROSSPEN, 2006, pp. 390-405; C. Goussef, “Les Juifs russes en France. Profile et évolution d’une collectivité”, in Archives Juives, N.34/2, 2001 ; V. Kel’ner, “Každyj mesjac v Café de la Paix (Ob”edinenie russko-evrejskoj intelligencii v Pariže i ego amerikanskij epilog)”, in Parchomovskij, Evrei v kul’ture russkogo zarubež’ja, cit., vol.4; O. Korostelev, Parižskoe «Zveno» (1923-1928) i ego sozdateli, disponibile online all’indirizzo http://www.oranim.ac.il/Docs/Zveno.htm. L. Mnuchin, “Russko- evreiskij Pariž v pervye poslevoennye gody”, in Evrei Rossii, immigranty Francii, cit.. B. Nosik, “Ne vyšlo by ni odnoj stročki po-russki (Evrei-mecenaty v mežvoennom Pariže)”, in Parchomovskij, Evrei v kul’ture russkogo zarubež’ja, cit., vol. 1; V. Chazan, Dovid Knut: sud’ba i tvorčestvo, Centre d’Études Slaves André Lirondelle, Université Jean-Moulin, Lyon, 2000. 7 Per quanto riguarda il termine ‘eteropercezione’, si rimanda al lavoro di K.B. Buch, Vivere in una trappola. La letteratura e i paradossi dell’emancipazione ebraica, Milano, Mimesis, 2005, p. 10 e ss. 8 Cfr. Raeff, op. cit., p. 5 e ss. 9 G. Safran, Perepisat’ evreja. Tema evrejskoj assimiljacii v literature Rossijskoj imperii (1870-1880 gg.), S.Peterburg, Akademičeskij proekt, 2004 (originale inglese), p. 19. 2 discriminazione era divenuta la linea ufficiale di governo. Di conseguenza, l’antisemitismo si era cristallizzato quale parte dell’ideologia degli ambienti di destra filo-governativi, mentre allo stesso tempo si andava consolidando l’alleanza tra ebrei e intelligencija radicale. La posizione assunta nei confronti della questione ebraica rivelava dunque quale fosse la più generale concezione del problema dei diritti civili nella politica imperiale. Per quanto esistessero, senza dubbio, alcune eccezioni, questo schema generale si può ritenere corretto.10 La Rivoluzione di febbraio aveva annullato le restrizioni e riconosciuto infine questa minoranza quale componente a pieno diritto della vita politica e sociale dell’Impero. La Rivoluzione d’ottobre, come si espresse il pubblicista S.O. Portugejs in un articolo del 1939,11 se aveva senza dubbio mantenuto i diritti degli ebrei come minoranza, lo aveva fatto però in un contesto di negazione dei diritti umani in genere. Il destino ebraico nella Russia sovietica è argomento ampiamente noto, e si sa come al riconoscimento formale dell’eguaglianza degli ebrei si fosse accompagnato un progressivo aumento dell’antisemitismo, il cui apice si ebbe con la vicenda del cosiddetto “complotto dei medici” del 1953. Dall’identificazione di ebraismo e bolscevismo, caratteristica dei primi anni successivi alla rivoluzione (e su cui si avrà modo di soffermarsi ampiamente in seguito), si era gradualmente ritornati – in particolare dopo la Seconda guerra mondiale – a una caratterizzazione dell’ebraismo quale gruppo anti-governativo.12 L’attributo degli ebrei – l’internazionalismo o cosmopolitismo – era rimasto invariato, ma la valutazione che se ne dava era andata cambiando con la teoria del socialismo in un solo Paese e la successiva ‘rinazionalizzazione’ del discorso bolscevico. Per quanto riguarda la diaspora, negli anni tra le due guerre (con cui coincide, di fatto, la sua esistenza) bisogna tenere presente che la rivoluzione e la guerra civile avevano innescato in parte dell’intelligencija russa un processo di revisione dei valori (переоценка ценностей) che avrebbe lambito anche – e a volte soprattutto – la questione ebraica.13 La centralità di questa tematica nel nuovo contesto era dettata dalla sua connessione con le 10 Per un’esaustiva ricostruzione dell’evoluzione del problema si rimanda al fondamentale lavoro di J.D. Klier, Imperial Russia’s Jewish Question 1855-1881, Cambridge, Cambridge UP, 1995. 11 St. Ivanovič, “Evrei i sovetskaja diktatura”, in Evrejskij mir. Ežegodnik na 1939 god, Ob”edinenie russko- evrejskoj intelligencii v Pariže, Paris, pp. 57-71: 60: “В СССР перестали угнетать в человеке еврея, но зато стали в еврее так угнетать человека, как этого себе не позволяли в самые тёмные времена национальных преследований” (corsivo dell’autore). 12 Si veda a questo proposito Y. Slezkine, Il secolo ebraico, Vicenza, Neri Pozza, 2011 (ed. originale inglese, The Jewish century, Princeton, Princeton University Press, 2004), ma anche l’intervista all’autore, disponibile online all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=K_nhahTUFWo. A suo parere, tra le scelte possibili per gli ebrei russi all’indomani della Rivoluzione d’ottobre (sostanzialmente Palestina, Unione Sovietica o America), quella sovietica fu, nel periodo tra le due guerre, forse la più fortunata. 13 Per la fase iniziale di questo fenomeno si rimanda a O. Budnickij, Rossijskie evrei meždu krasnymi i belymi (1917-1920), Moskva, Rosspen, 2006. 3 problematiche principali che occupavano gli émigrés: che cosa era accaduto in Russia, di chi era la responsabilità e cosa occorreva fare? L’impostazione della questione ebraica dopo la Rivoluzione d’ottobre era connessa sostanzialmente alla risposta che si dava a un’altra serie di domande conseguenti: il bolscevismo era o non era un fenomeno radicato nella storia russa? E, in caso di risposta negativa, era dunque una ‘derivazione’ del giudaismo? Il regime bolscevico era forse una forma di dominio ebraico? La presenza di molti ebrei tra le fila bolsceviche sembrava suggerire quest’idea, andando a confermare le tesi della destra sul carattere rivoluzionario di questo popolo e ‘isolando’ una specifica responsabilità ebraica. Che la partecipazione ebraica al movimento di liberazione russo fosse stata massiccia era fuor di dubbio. Secondo O. Budnickij la ‘quota ebraica’ negli avvenimenti rivoluzionari corrispondeva al 10%, ovvero a circa il doppio della loro percentuale demografica.14 Questo fenomeno era del tutto spiegabile e andava imputato all’alto grado di urbanizzazione e di alfabetizzazione degli ebrei da una parte, e dall’altra alle persecuzioni dei tempi zaristi – dal numerus clausus ai pogrom – che avevano gettato la gioventù ebraica ‘tra le braccia’ dei movimenti rivoluzionari. Ciononostante, il forte aumento dell’antisemitismo nell’emigrazione all’inizio degli anni Venti – fenomeno da inserire in un contesto più ampio di quello esclusivamente russo, ma dotato di una sua “specificità nazionale”15 – era filiazione diretta del mito del giudeo- bolscevismo. Da questo punto di vista, dunque, l’analisi del caso russo si inserisce in una problematica aperta che travalica i confini di Russia abroad e che riguarda il ruolo di questa diaspora nell’emergere dell’antisemitismo europeo e in particolare nazista. Come è stato sottolineato da alcuni studiosi, infatti, certi elementi porterebbero a credere che esistessero delle “radici russe dell’ideologia nazista”.16 La formazione dell’opinione pubblica russa in emigrazione e le contaminazioni cui era sottoposta e che creava a sua volta nelle società 14 Cfr. le cifre riportate in O. Budnickij (a cura di), Evrei i russkaja revoljucija, Moskva-Ierusalim, Gešarim, 1999, p. 14: “Общая численность политической элиты всероссийского масштаба составила, по моим подсчётам, немногим более трёх тысяч человек. Среди них – свыше трёхсот евреев, присутствовавших во всем спектре российских политических партий – от крайне левых (анархисты, большевики) до оказавшихся на правом фланге кадетов. Это – около 10%, что более чем вдвое превышает процент евреев в населении бывшей империи. Однако, если учесть, что еврейское население было почти полностью городским, а также более образованным, чем другие народы России, то ничего необычного в этой цифре не будет”. Il calcolo si riferisce al periodo compreso tra la Rivoluzione di febbraio e l’istituzione del partito unico nel luglio del 1918. Inoltre, è chiaro come in questi calcoli non possa venir considerato il grado di legame con l’ebraismo dei protagonisti. 15 Cfr. C.G. De Michelis, La giudeofobia in Russia. Dal Libro del «kahal» ai Protocolli dei savi di Sion, Torino, Bollati e Boringhieri, 2001: p. 14 e ss. 16 Cfr. i lavori di W. Laqueur, Russia and Germany. A century of conflict, Boston, Little-Brown, 1965; M. Kellogg, The Russian Roots of Nazism: White Émigrés and the Making of National Socialism, 1917–1945, Cambridge, Cambridge University Press, 2005; A. Gerrits, The Myth of Jewish-communism: a historical interpretation, Bruxelles, Peter Lang, 2009. 4 ospitanti assumono dunque un’importanza non solo rispetto al loro contesto di formazione e devono a maggior ragione essere analizzate nel dettaglio al fine di evitare semplificazioni fuorvianti. Le varie letture che venivano date della questione della responsabilità ebraica nelle vicende rivoluzionarie, le relative argomentazioni e le conseguenti soluzioni proposte per il futuro di questa minoranza sono al centro del presente lavoro, che intende ricostruire i diversi ‘discorsi’ riguardo all’ebraismo russo, gli scenari di inclusione (ma anche di esclusione) di questa minoranza nella riflessione dell’intelligencija imperiale esiliata durante il suo percorso di analisi degli avvenimenti passati e di elaborazione di uno scenario futuro, di un’auspicata Terza Russia. Nonostante la centralità di questa tematica nelle riflessioni della diaspora russa, pochi sono i lavori che trattano delle evoluzioni della questione ebraica nella fase post-rivoluzionaria. Particolarmente degni di nota in questo senso sono i contributi di Oleg Budnickij, che a partire dagli anni Novanta ha dedicato svariate pubblicazioni a questo tema, in particolare sul periodo della guerra civile.17 In un saggio dedicato alla stampa d’emigrazione, Evrejskij vopros v emigrantskoj publicistike 1920-1930-ch (“La questione ebraica nella pubblicistica d’emigrazione degli anni Venti e Trenta”), Budnickij discuteva alcuni interventi di Miljukov, Rodičev, Burcev e Bruckus e concludeva che “i soggetti analizzati non esauriscono affatto il problema anticipato nel titolo. Rimangono da recuperare centinaia di testi di decine di autori interessanti dedicati alla «questione ebraica» e dispersi nelle pagine della stampa d’emigrazione”.18 Da allora poco è cambiato sotto quest’aspetto. L’unico lavoro di cui siamo venuti a conoscenza che affronti in maniera specifica tali argomenti è una tesi di dottorato discussa all’Università di Gerusalemme nel 2006 da D. Radyševskij (sotto la direzione di Vladimir Chazan) e dedicata all’analisi del passaggio avvenuto nei circoli émigré di destra dall’ideologia monarchica a quella fascista lungo gli anni Venti e Trenta.19 L’autore assume – giustamente – che la questione ebraica occupasse un posto centrale nella definizione politica dell’emigrazione russa; degna di nota anche l’analisi della funzione svolta dai miti antisemiti nella visione del mondo dei monarchici russi. La tesi di Radyševskij, tuttavia, si concentra sulla produzione antisemita dell’emigrazione e sull’analisi dei miti più ricorrenti nei discorsi 17 Soprattutto Budnickij, Evrei i russkaja revoljucija, cit.; id., Rossijskie evrei meždu krasnymi i belymi, cit.; O. Budnickij, A. Poljan, Russko-evrejskij Berlin, cit.. 18 O. Budnickij, “Evrejskij vopros v emigrantskoj publicistike 1920-1930-ch”, in Evrei i russkaja revoljucija, cit., pp. 353-373: 371. 19 D. Radyševskij, The Jewish question in the Russian Émigré Press and Fiction (1919-1944): from Monarchism to Fascism, tesi di dottorato discussa alla Hebrew University di Gerusalemme, maggio 2006. 5 di destra, ma senza procedere apparentemente a uno spoglio sistematico della stampa periodica. Resta ai margini del suo lavoro la produzione liberale e semi-liberale, che può invece riservare non poche sorprese. Infatti, se le riflessioni sulla questione ebraica a volte rispecchiavano (e confermavano) i trascorsi politici dell’autore, in altri casi svelavano evoluzioni nuove, legate a quel processo di revisione che per alcuni la rivoluzione aveva innescato. Il caso della collaborazione del famoso scrittore populista A.V. Amfiteatrov con il quotidiano di destra Novoe Vremja è piuttosto indicativo di un’evoluzione avvenuta all’interno dell’intelligencija: i nuovi schieramenti che emergevano nei dibattiti pubblici sulla questione non rispettavano necessariamente le linee di divisione prevalenti nella fase precedente; si andava delineando piuttosto un panorama frammentato che a volte difficilmente le categorie tradizionali di filosemitismo e antisemitismo possono esaustivamente descrivere. Nel primo capitolo abbiamo affrontato questo problema, cercando di non cadere in visioni manichee che oppongano ‘buoni’ e ‘cattivi’. Per comprendere cosa, in che modo e perché fosse cambiato nell’eteropercezione degli ebrei russi si è scelto di rivolgersi alla stampa periodica. Si noti che, per quanto riguarda la letteratura dedicata ai periodici émigré, si è venuta a creare una situazione a dir poco anomala (connessa alla romanticizzazione del fenomeno diasporico sopra ricordata), in cui il carattere fortemente antisemita di alcune famose testate dell’emigrazione è del tutto taciuto. Il caso di Novoe vremja (“Il nuovo tempo”), giornale monarchico pubblicato a Belgrado negli anni Venti è il più lampante: nella voce enciclopedica a esso dedicata,20 infatti, non si fa cenno della massiccia campagna antisemita portata avanti sulle sue pagine. Al fine di dare un’idea dell’entità del fenomeno, si noti come la presenza della tematica ebraica (si legga, prevalentemente, antisemita) ammonti a più di mille voci: su un numero totale di circa 3600 uscite dell’arco di vita del periodico, questo significa un intervento sul tema ogni tre o quattro giorni. Nonostante la rilevanza del fenomeno sia innegabile, non esistono dunque studi ad esso dedicati. Il presente lavoro si è posto perciò come scopo la mappatura della presenza della tematica ebraica sulla stampa émigré e l’individuazione di alcuni punti centrali nella riflessione a tale proposito. Nel ‘mare’ della stampa d’emigrazione, il primo scoglio stava proprio nella selezione da operare. Uno dei classici approcci è quello ‘locale’ – la Parigi 20 Cfr. A.N. Nikoljukin (a cura di), Literaturnaja enciklopedija russkogo zarubež’ja (1918-1940). T.2. Periodika i literaturnye centry, Moskva, ROSSPEN, 2000. 6
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