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Due mostre sugli anni fascisti. PDF

57 Pages·2015·3.44 MB·Italian
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Rassegna bibliografica Due mostre sugli anni fascisti. dì Giorgio Rochat Si è aperta a Milano a fine gennaio 1982 la successo e la scelta di approfondire soltanto mostra Gli Annitrenta. Arte e cultura in Italia, determinati aspetti del decennio, ritenuti più curata per conto deH’amministrazione comu­ interessanti e comunque sufficienti. Sulle ambi­ nale da un gruppo di giovani e affermati stu­ zioni della mostra non ci sono dubbi: nella diosi, sponsorizzata dal liquorificio Fernet presentazione del catalogo il sindaco Tognoli Branca e realizzata tra Palazzo reale, l’Arenga­ scrive che il suo obiettivo è una “verifica stori­ rio, la Galleria del sagrato e quella del Duomo ca” dello “svolgersi di un decennio dalle pro­ con una spesa complessiva vicina al miliardo. fonde implicazioni sociali e politiche che ha La mostra ha suscitato (e mentre scriviamo segnato raffermarsi del fascismo, ma nel con­ continua a suscitare) reazioni contrastanti a tempo la presa di coscienza dei suoi limiti in­ livello politico e scientifico, vivaci polemiche trinsechi. Ed è soprattutto ai giovani, alle nuove sulla grande stampa e buona affluenza di pub­ generazioni, che è dedicato questo lavoro, per­ blico e scolaresche (duecentomila visitatori in ché non abbiano visioni deformate e disinfor­ due mesi). Una sua valutazione complessiva mate” (p. 3). Per l’assessore Aghina la mostra non è facile, non fosse che per l’ampiezza dei “rappresenta sicuramente il primo tentativo or­ temi trattati; un grosso aiuto può però venire ganico di analizzare compiutamente un perio­ dal voluminoso catalogo, che per un prezzo do ampio e complesso della nostra storia e della relativamente modico presenta una brillante e nostra cultura recente [...]. Opera di verità e di ricca selezione del materiale esposto e una ven­ scienza, dunque, ma anche atto di coraggio tina di saggi dei responsabili delle singole sezio­ civile, specialmente rivolto ai cittadini più gio­ ni, in cui vengono esplicitate le ricerche e le scel­ vani che spesso hanno del fascismo la limitativa te che sottostanno alla mostra, con l’aspirazione immagine del suo volto violento e sopraffatto- di offrire un contributo duraturo agli studi (*). re” (p. 5). Dinanzi ad un obiettivo così impe­ La caratteristica più evidente della mostra è gnativo i curatori della mostra non si tirano il contrasto tra la sua ambizione di dare indietro e Renato Barilli nella Introduzione al un’immagine globale degli anni trenta e del catalogo, vede come caratteristica principale regime fascista nel suo periodo di maggiore del lavoro svolto “una scelta di metodo a favore (') Gli Annitrenta. Arte e cultura in Italia, a cura della ripartizione cultura e spettacolo del comune di Milano, Mazzotta ed., Milano 1982, pp. 658 riccamente illustrate, lire 25.000. Il comitato scientifico responsabile della mostra e del catalogo è composto da Renato Barilli, Flavio Caroli, Vittorio Fagone, Mercedes Gasperi, Augusto Morello; il catalogo è presentato e introdotto dal Sindaco Carlo Tognoli, dall’assessore Guido Aghina e dai curatori Barilli, Caroli e Fagone. Il catalogo è corredato da un ampio apparato di schede bibliografiche degli autori presentati e da una bibliografia; l’indicazione delle fonti dei singoli saggi è invece carente, anzi quasi sempre manca. Le indicazioni di pagine che daremo si riferiscono ovviamente a questo catalogo. “Italia contemporanea”, giugno 1982, n. 146-147. 154 Rassegna bibliografica di un’intera trancia storico-cronologica, nella sta. Se però l’obiettivo dichiarato è la rappre­ fattispecie l’unità minimale del decennio”, per­ sentazione complessiva di un decennio di vita ché studiare un decennio intero “presenta an­ italiana, allora l’unilateralità delle scelte non ha che questo vantaggio, che appunto non obbliga più senso e invece risaltano le lacune. Si può a estrarre un unico tema dominante, ma con­ parlare degli anni trenta e del regime fascista sente di impacchettare l’intero arco delle forze lasciando da parte praticamente tutti i proble­ in conflitto e di ricostruirlo in laboratorio per mi politici, sociali ed economici? I curatori della meglio illustrarne la varia composizione e inte­ mostra sembrano convinti che ciò sia possibile razione” (pp. 7-8). e con molta franchezza avvertono che, mentre nelle altre sezioni “è altissimo il grado di appro­ Questo progetto di rappresentazione globale fondimento e analisi dei singoli fenomeni”, la viene sviluppato con scelte tematiche precise: su sezione Vita e politica sociale “per forza di cose” diciannove sezioni della mostra, una è dedicata si limita “a dare, attraverso le immagini e qual­ alla Vita politica e sociale e diciotto all’arte e che oggetto, l’atmosfera dell’epoca” (p. 33). E cultura, in particolare arti figurative, architettu­ infatti la sezione (curata da Giordano Bruno ra e urbanistica, moda e design, grafica e foto­ Guerri) è risolta in chiave di illustrazione visiva grafia, teatro e cinema. Per alcune di queste con qualche manifesto murale, una serie di sezioni non siamo in grado di dare un giudizio tempere, la ricostruzione di una struttura tubo­ specialistico e per altre abbiamo delle riserve lare già realizzata nel 1934 nella Galleria del più sotto esplicitate; ma diamo atto subito che duomo e modelli e modellini di aerei e auto­ complessivamente il lavoro di ricerca compiuto mezzi. Ovviamente generico è anche il saggio di ci è sembrato ampio e interessante e che la Guerri sul catalogo, che in quattordici pagine nostra prima impressione della mostra è stata deve dare una presentazione sintetica di tutto il favorevole per l’indubbio fascino del materiale regime fascista. Il ruolo del tutto secondario dei raccolto, spesso raro e sempre di immediata problemi politici, sociali ed economici nell’am­ comunicatività, anche per l’eccellente tecnica di bito della mostra è poi confermato dalla biblio­ presentazione. Le perplessità sorgono però grafia presentata nel catalogo, in complesso quando dalla prima impressione visiva si cerca ricca e molto utile, tanto più importante come di risalire alla mostra nel suo complesso, al indicazione delle ricerche compiute dai curatori discorso che essa svolge; e queste perplessità se si pensa che quasi tutti i saggi pubblicati sono aumentano man mano che l’esame si amplia e privi di qualsiasi indicazione sulle fonti utilizza­ si fa puntuale. te; ebbene, in questa bibliografia la sezione D primo ordine di perplessità riguarda le Politica culturale e vita sociale allinea dodici lacune della mostra. Lungi dall’affrontare tutta titoli sui circa milleduecento complessivi, dedi­ la complessità di temi del periodo considerato, i cati appunto a pittura, fotografia, urbanistica, curatori hanno dato un’interpretazione limita­ grafica, moda, teatro e via dicendo. Una pro­ tiva anche del termine cultura, escludendo la porzione indicativa dei reali interessi dei cultura politica e quella scientifica, la scuola, curatori. l’organizzazione della cultura e della propa­ ganda di massa (salvo un’esposizione di libri La rinuncia a trattare nella mostra i proble­ scolastici e per ragazzi). Intendiamoci, è certa­ mi politici, economici e sociali non è motivata. mente legittimo che un gruppo di studiosi scel­ Sembra di capire che gli organizzatori ritenga­ ga di approfondire soltanto determinati settori no che un atteggiamento di reale attenzione e senza dubbio l’immenso materiale raccolto in verso fascismo e anni trenta, capace di superare due anni di lavoro dai diciotto gruppi di ricerca­ le esorcizzazioni aprioristiche e l’antifascismo tori è più che sufficiente ad alimentare una pompieristico, debba non solo evitare di impe­ mostra anche di grandi dimensioni come que­ gnarsi in un giudizio politico-morale, ma addi­ Rassegna bibliografica 155 rittura prescindere dalla storiografia esistente, la vitalità che anche l’Italia fascista sapeva compresa quella che esalta la “apoliticità” come esprimere; ma non è lecito presentare soltanto criterio interpretativo. Si ha anche l’impressio­ gli aspetti brillanti e “moderni” del periodo, ne che gli organizzatori della mostra si siano dimenticare tutti quelli negativi, dalla irriggi- lasciati prendere la mano dalla loro specifica mentazione politica e culturale alla miseria di competenza professionale di studiosi di arte, tanta parte della popolazione, e lasciar credere urbanistica, comunicazioni di massa e pubblici­ al pubblico che questo fosse il volto autentico tà, e dalla maggiore facilità di tradurre in im­ del regime fascista. Non c’è da meravigliarsi se magini questi loro temi piuttosto che quelli la mostra è stata subito accusata di avallare politici e sociali; certamente hanno inteso l’in- un’interpretazione superficiale e agiografica del terdisciplinarietà in modo assai angusto e pre­ regime fascista e se è stata presentata sulla ferito rifugiarsi in un settorialismo esasperato. grande stampa di volta in volta come filofasci­ L’unico criterio effettivo di selezione dei filoni sta o come “oggettiva” e neutrale mai come trattati nella mostra, in definitiva, è la loro antifascista e civilmente impegnata (2). “modernità”, ossia l’interesse che possono an­ Un terzo ordine di perplessità nasce dall’e­ cor oggi suscitare nel grande pubblico; in effetti same di quelle sezioni che maggiormente risen­ è difficile liberarsi dal dubbio che l’impostazio­ tono della rinuncia ad un approccio globale ne complessiva della mostra e la scelta dei setto­ degli anni trenta e della mancanza di un ade­ ri da sviluppare, più che da una riflessione e da guato spessore di studi storici. Ci riferiamo in una ricerca autentica sul nostro passato, siano particolare alle sezioni di architettura e urbani­ determinate dal successo che in tutti i campi stica, tra le più ricche di materiale di grande della moda e dello spettacolo hanno oggi gli interesse ed effetto, presentato però con un anni tra le due guerre mondiali. inquadramento nel contesto storico del tutto Sfruttare la moda e il costume della società insufficiente e senza alcuna preoccupazione di­ di massa per avvicinare il pubblico a testimo­ dattica, come se una mostra di successo potesse nianze storiche concrete e interessanti può esse­ trascurare le scolaresche in gita comandata che re un’idea valida, come forse dimostra il succes­ costituiscono tanta parte del suo pubblico e so di pubblico e di stampa della mostra. Ma qui rivolgersi soltanto agli studiosi informati ed appunto sorgono nuove perplessità, perché il aggiornati. Concretizziamo queste nostre riser­ pubblico non è in alcun modo avvertito del ve con l’esame più dettagliato di una sezione fatto che i problemi politici, sociali ed economi­ (una sola per brevità), in particolare di quella ci degli anni trenta non sono trattati nella mo­ Trasformazione del territorio e città di nuova stra: anzi, il pubblico è incoraggiato a credere fondazione, curata da Riccardo Mariani, che che l’approccio della mostra al passato sia glo­ presenta un materiale illustrativo interessante e bale e che quindi la realtà dell’Italia fascista (per il grande pubblico) nuovo sulle bonifiche fosse proprio quella illustrata nelle brillanti ve­ pontine e l’urbanistica coloniale, i più noti, ma trine. Non vogliamo con questo dire che una non certo gli unici (e forse neanche i più impor­ mostra sugli anni trenta debba ricordare sol­ tanti) tentativi del regime in questo campo. Nel tanto le chiusure e le violenze della dittatura saggio pubblicato sul catalogo (pp. 285-99) il fascista, ben venga anzi la documentazione del­ curatore rivela una conoscenza quanto meno (!) Questo carattere della mostra è stato tardivamente avvertito dagli organizzatori, che ai primi di aprile (cioè a poche settimane dalla chiusura) hanno allestito una sala dedicata alla documentazione dell’antisemitismo nell’editoria italiana, con la preziosa collaborazione del Centro di documentazione ebraica contemporanea. L’iniziativa per quanto lodevole, rimane sostanzialmente esterna alla mostra e non può modificare di molto l’impressione globale di una acritica rivalutazione del regime fascista, al di là certo delle intenzioni degli organizzatori. 156 Rassegna bibliografica discontinua e a tratti sconcertante degli studi di tucul abissini con la sarcastica didascalia sul regime fascista (chi ha mai sentito parlare di fascista La fondazione della nuova Addis Abe- uno “stato confusionale dell’amministrazione ba , trasformando la testimonianza della bar­ pubblica [prefascista], sia centrale sia periferi­ bara repressione della resistenza abissina in do­ ca”, presentato a p. 285 come un dato acquisito cumentazione della costruzione della nuova ci­ del dibattito storiografico?) e oscilla tra il rico­ viltà italiana. noscimento “di una specie di legittimità” del­ La maggior parte delle altre sezioni della l’avvento del fascismo come rimedio al “caos mostra ci sembrano di livello decisamente su­ politico precedente” (p. 288) ed ai “limiti inim­ periore; ma i difetti di questa su bonifiche e maginabili” toccati dalla violenza proletaria (p. colonizzazione africana non possono essere 286) e poi invece la scoperta di “migliaia di atti considerati occasionali, in quanto sono la con­ di ribellismo” in Italia nel 1928-32 (p. 289) e la seguenza (più evidente in temi come questi più denuncia del fallimento della colonizzazione strettamente legati agli avvenimenti politici) pontina in termini tanto eccessivi da diventare dell’impostazione settorialistica della mostra e ridicoli (possibile che i braccianti emiliani e della sua incapacità di arrivare ad una visione veneti ivi trapiantati non sapessero svegliarsi realmente complessiva e criticamente fondata all’alba senza l’intervento dei carabinieri? (p. degli anni trenta e del regime fascista, malgrado 293). Le pagine più superficiali sono quelle sulla l’interesse di molti apporti specialistici. colonizzazione africana: il Mariani scrive che “la cultura intemazionale fu pressoché unani­ Un’altra mostra è stata recentemente aperta me nel giudicare eccezionale la produzione ur­ sugli anni trenta, quella che l’Istituto storico banistica italiana [in Africa], e il giudizio è della resistenza di Novara, con l’appoggio di rimasto intatto nel tempo” (p. 299). Egli infatti quella amministrazione comunale, ha dedicato ritiene che la “impostazione coloniale e quindi alla conquista dell’Etiopia con il titolo Sì e no razzista” delle opere italiane sia un dato “scon­ padroni del mondo: Etiopia 1935-36. Immagi­ tato” e perciò può considerare valida la segre­ ne e consenso per un impero. L’accostamento gazione razziale pianificata per le nuove città alla mostra milanese non deve trarre in ingan­ perché introduce “una accentuata disinvoltura no, perché questa novarese ha tutt’altra impo­ urbanistica” nel disegno di quartieri indigeni (p. stazione, studia un problema delimitato, è stata 299). In realtà queste considerazioni sull’urba­ realizzata con molta semplicità di mezzi (il la­ nistica coloniale prescindono del tutto dallo voro di due-tre collaboratori dell’Istituto, quel­ studio dell’ambiente, della popolazione e delle lo volontario di molti amici e una quindicina di vicende della conquista italiana, e si riducono milioni fomiti dal comune) ed è rimasta in un ad un’esercitazione astratta che dipende so­ ambito provinciale come visitatori e come riso­ stanzialmente dalla propaganda fascista dell’e­ nanza, anche per il conformismo della grande poca. Il grande pubblico che affolla le sale della stampa, che tratta gli avvenimenti culturali non mostra non può che ricevere un’impressione per il solo interesse, ma secondo una gerarchia pienamente positiva prima della bonifica delle ferrea: quelli delle grandi città in prima pagina e paludi pontine (anche i coloni maltrattati nel nelle pagine culturali, gli altri nelle pagine loca­ saggio acquistano nelle fotografie propagandi­ li. Ci sembra ugualmente che la piccola e viva stiche una dimensione epica) e poi della missio­ mostra novarese meriti di essere presentata ne civilizzatrice dell’Italia in Africa attraverso come dimostrazione della possibilità di rico­ le illustrazioni della propaganda ufficiale, pre­ struire criticamente e scientificamente avveni­ sentate senza un cenno di inquadramento e menti di un passato recente anche con pochi commento critico; l’improntitudine dei curatori mezzi. giunge ad esporre una fotografia dell’incendio La mostra sulla guerra d’Etiopia dell’Istituto Rassegna bibliografica 157 storico della resistenza di Novara nasce dal serie semi-organiche di illustrazioni fotografi­ desiderio di ripercorrere gli anni trenta, consi­ che della campagna, uno strumento di infor­ derati centrali per lo stadio della nostra storia, mazione poco noto e molto diffuso ad opera di da un punto di vista settoriale e pur capace di intraprendenti tipografi e fotografi. La mostra coglierne tutta la complessità. La scelta dell’av­ si amplia poi allo studio del mito coloniale nella ventura coloniale come centro della ricerca è propaganda e nella cultura di massa: qui entra dovuta in parte a situazioni locali (la disponibi­ in gioco l’ottimo catalogo, che con un ricco lità dell’archivio e dei cimeli di Ugo Ferrandi, apparato illustrativo e una ventina di brevi esploratore novarese della Somalia fine Otto­ saggi (corredati da note adeguate sulle fonti cento, e l’origine novarese di Angelo Del Boca, bibliografiche e d’archivio) documenta il peso massimo studioso del colonialismo italiano), in che i miti coloniali e imperiali e la memoria parte alla coscienza dell’importanza che il mito delle conquste africane avevano nella organiz­ delle colonie e dell’impero ebbe nell’Italia fasci­ zazione del regime e nella vita della gente (3). sta, in parte ancora alla possibilità di utilizzare Malgrado qualche disuguaglianza di livello, la una serie di archivi privati, fatti di diari, foto e mostra testimonia la vitalità dell’Istituto nova­ ricordi dei tanti reduci anonimi. D materiale rese, che dallo studio della resistenza e della raccolto e ordinato si segnala non tanto per realtà locale sa passare a quello del passato novità assoluta (ricerche analoghe in altre pro­ nazionale e la possibilità di indagini circoscritte vince arriverebbero a risultati non troppo di­ e nel medesimo tempo ampie e profonde, con­ versi), ma perché documentazione immediata dotte con impegno scientifico e civile. Cè da di come la guerra d’Africa era conosciuta e rallegrarsi che, disciolta la mostra, resti il cata­ vissuta dai soldati: sono testimonianze scritte e logo a testimoniare almeno parzialmente fotografiche che documentano tutti gli aspetti l’interesse. della guerra, pure quelli coperti dal segreto militare. Molto interessante il ritrovamento di Giorgio Rochat (3) Sì e no padroni del mondo: Etiopia 1935-36. Immagine e consenso per un impero, a cura dell’Istituto storico della resistenza e dell’Assessorato alla cultura del comune di Novara, Novara, 1982, pp. 235 riccamente illustrate, lire 10.000 (in vendita presso l’assessorato). Mostra e catalogo sono stati coordinati da Adolfo Mignemi che ha steso la maggior parte dei testi, con Mauro Begozzi e una decina di altri collaboratori, nonché la partecipazione dell’Archivio di stato, della Biblioteca civica e del Museo di Novara. La mostra è stata allestita nel mese di marzo 1982 nei locali del palazzo del Broletto della biblioteca civica e dell’archivio di stato. Si veda anche “Novara Notiziario economico”, 1981, n. 6, numero dedicato ai novaresi in Africa orientale a fine Ottocento dagli stessi organizzatori della mostra citata. Una stona della Resistenza in Europa di Cario Francovich Il dilemma già posto anni fa da Henri Michel, storia a narrarci la vicenda della lotta antinazi­ se si debba parlare di resistenza europea o di sta secondo un taglio nazionale, seppure con­ resistenza in Europa (La guerra dell’ombra; sapevole “della corale aspirazione alla libertà e Milano, Mursia, 1973) necessita di un chiari­ del carattere intemazionale dell’impegno resi­ mento elementare. Difatti, se per resistenza stenziale” (p. 14). E bene ha fatto anche a risalire europea si intendesse un moto coordinato da ben oltre la data annunciata nel titolo: 1938, un unico centro dirigente o anche solo unita­ partendo dalla implicita convinzione che la re­ riamente programmato ed attuato, evidente­ sistenza nasce presso ogni popolo al momento mente questo tipo di resistenza non ci fu. Se stesso dello installarsi della dittatura. invece esaminiamo le aspirazioni più alte, le Così avviene per la resistenza in Germania, speranze ultime di quanti si schierarono nella dove l’opposizione socialista e comunista è lotta clandestina, si vedrà che un comune de­ operante fino dal 1933 e dove fino da allora nominatore è alla base delle varie resistenze furono creati dal regime nazista i campi di nazionali. È questa comune ideologia, questa concentramento — preannuncio infausto dei comune certezza dell’awerarsi di un mondo lager di sterminio — che fino al 1939 si apri­ libero e più umano che conferisce carattere ranno soltanto per gli oppositori tedeschi e per unitario alle lettere dei condannati a morte di gli ebrei. Circa un milione di resistenti tedeschi ogni paese ed è anche questa comune fede che passò da quei campi, mentre contemporanea­ nelle realtà concrete rese possibili “gli accordi mente i tribuali di Hitler infliggevano migliaia diplomatici” fra artigiani italiani e partigiani — dico migliaia — di condanne a morte. Si francesi e jugoslavi; anche se questi accordi spiega in tale modo come dopo la saguinosa fecero la fine che sappiamo, quando al posto repressione della opposizione dei notabili e de­ dei comandanti partigiani subentrarono i gene­ gli ufficiali nel luglio 1944, venisse a mancare rali ed i governi ufficiali. l’esplosione di una guerra di liberazione. In Scavando però nelle diverse realtà della resi­ nessun altro paese d’Europa l’opposizione era stenza europea, analizzando le situazioni poli­ stata così radicalmente e spietatamente schiac­ tiche e sociali delle varie nazioni, ci si rende ciata. Più che sui singoli episodi e personaggi, conto come questa unità ideale si stagli sullo più che sugli eroismi che in ogni campo costel­ sfondo di un mondo ben diversificato e non di lano questa vicenda, Vaccarino si sofferma su­ rado contraddittorio. Perciò ben ha fatto Gior­ gli aspetti politici, analizzando i peculiari atteg­ gio Vaccarino, (Storia della Resistenza in giamenti dei comunisti e dei socialdemocratici, Europa 1938-1945.1paesi dell’Europa centrale: della chiesa cattolica e delle chiese protestanti, Germania, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, sottolineando le cause di vergognosi cedimenti e Milano Feltrinelli, 1981, pp. 567, lire 25.000) in gli splendidi esempi di coerenza morale, man­ questo primo volume della sua monumentale tenuta talvolta fino alla morte. Rassegna bibliografica 159 Comincia fino a questo punto una acuta con le sue ricche cooperative, con la sua pode­ critica dei vari partiti comunisti, decisi sempre a rosa forza paramilitare, con i quartieri popolari seguire perinde ac cadaver le non sempre co­ dall’architettura così moderna e funzionale, fa­ erenti direttive di Stalin, le quali — qualifican­ cilmente trasformabili in fortilizi, che dovettero do di socialfascismo tutto ciò che nel movimen­ essere smantellati da Dollfuss col ricorso all’ar­ to operaio europeo non accettava gli ordini di tiglieria. Si arrivò così alla dittatura clerico fa­ Mosca — facilitarono enormemente l’avvento scista mentre una parte dei leaders passati al di Hitler. Così in un relativamente breve saggio, comunismo, scontarono nell’esilio russo —tal­ l’autore ci offre un quadro sintetico della più volta con la vita — la loro fiducia nella dittatu­ che decennale resistenza tedesca. Forse, per ra di Stalin. Così quando anche i cattolici inte­ quanto riguarda le cospirazioni militari e l’op­ sero opporsi al regime neo-pagano di Hitler, posizione dei notabili, avrebbero meritato un privi dell’appoggio di una forte opposizione cenno la bella biografia del generale Tresckow popolare, che essi stessi avevano annientato, redatta da Bodo Scheurig (Verlag Stalling, dovettero subire YAnschluss e la conseguente Oldeburg-Hamburg, 1973) e, sul Keisauer dittatura. Ci fu a questo punto una resistenza Kreis, l’ottimo lavoro di Ger van Roon austriaca? L’autore ce ne rivela la trama, impe­ (Neuordnung im Widerstand, München, R. gnandosi a valorizzare particolarmente quel ti­ Oldenbourg Verlag, 1967): entrambe le opere si po di opposizione che, durante la seconda riferiscono a documentazioni fino allora inedi­ guerra mondiale, si realizzò nelle file dell’eserci­ te, quali ad esempio l’archivio von Moltke. Ma to e al momento in cui cominciava a profilarsi anche queste opere non mutano il quadro la sconfitta dell’asse. complessivo di Vaccarino, che comunque è Poco note per lo più sono anche le vicende perfettamente informato sulle vicende che trat­ della resistenza cecoslovacca. La patria di Ril- ta sia da fonti archivistiche alleate, quali ad ke, di Kafka, di Hajek, non soltanto era la esempio i documenti giacenti presso i National nazione più democratica della Mitteleuropa Archives di Washington, sia da uno spoglio ma fu anche fino al 1938 il rifugio di tutto il accurato di riviste specializzate francesi ed movimento clandestino tedesco ed austriaco. A anglo-americane, che lo hanno aiutato a supe­ Praga si costituì, dopo il 1933, l’organizzazione rare l’ostacolo della documentazione per vari comunista, che per lungo tempo tenne i contat­ motivi inaccessibile nonché quello costituito ti con l’interno, come drammaticamente fu dalle lingue ostiche per lo studioso occidentale. narrato in un libro di André Malraux: Le Se la resistenza tedesca con le sue pagine temps du mépris. A Praga si riorganizzò anche eroiche è abbastanza nota, meno nota è la l’emigrazione socialdemocratica e infine a Pra­ storia di quella austriaca per spiegarci la quale ga, anzi aKarlsbad, nacque quello — che a mio l’autore risale alle origini della repubblica de­ modesto parere — fu il più interessante movi­ mocratica, con i contrasti fra socialisti, comu­ mento antifascista tedesco, nonostante le sue nisti da una parte e clerico-fascisti dall’altra. modeste proporzioni: Neu Beginnen “costituito Vaccarino qui analizza minutamente, sulla di socialisti di sinistra, di ex comunisti che ope­ scorta soprattutto di una drammatica memo­ rarono da segretariato di frontiera” (p.54) rialistica, le fasi del conflitto che dilania lo stes­ Tutto ciò non tolse che nel 1938, per tradimen­ so movimento operaio e che lo oppone ai ceti to degli alleati occidentali e cedimento dei suoi conservatori, i quali riescono a bloccarne l’a­ governanti, la Cecoslovacchia con il suo eserci­ scesa, alleandosi prima col movimento cattoli­ to modernamente armato, subisse l’invasione co e poi addirittura con i nazisti. tedesca senza combattere. È veramente tragica la sorte del partito socia­ L’autore segue anche qui con estrema accu­ lista austriaco, il meglio organizzato d’Europa ratezza le varie fasi della resistenza, distinguen- 160 Rassegna bibliografica do le due correnti boema e slovacca, questa più luxemburghismo. Essa preludeva alle fosse di legata alla Russia, quella all’occidente, che par­ Katyn e all’infrangere dei patti di Jalta che alla tono da realtà economiche e tradizioni storiche Polonia liberata garantivano le libere elezioni. e politiche ben diverse. Veniamo così a cono­ Sì, i contrasti fra Solidamosc e Jaruzelski ven­ scere nel dettaglio le varie fasi della lotta clan­ gono da lontano. Anche in questo caso Vacca- destina, la quale annovera pagine — come il rino esprime giudizi acuti e severi sull’insipiente massacro di Lidice — che hanno fatto trasalire politica degli alleati occidentali e sulla, per dir tutto il mondo civile. Tutto vi è narrato con poco, disinvolta politica sovietica. intelligente adesione, dalle dimostrazioni di Due trementi episodi campeggiano in questa Praga del 1939, dalla insurrezione slovacca del seconda parte del volume, episodi ristudiati in ”44 alla insurrezione e alla liberazione della base alle più recenti fonti bibliografiche: l’insur­ capitale. E su tutto campeggia la patetica figura rezione del ghetto di Varsavia nel 1943 e quella di Benes, diviso tra oriente, per calcolo politico dell’intera città nell’anno successivo. Due mo­ e occidente, per intima adesione. menti eroici della resistenza europea e due mas­ Infine, la parte più sostanziale del volume è sacri della parte in lotta più giusta e più debole. rappresentata dalla resistenza polacca; ed a ra­ Ed anche qui l’autore, a proposito della insur­ gione, poiché fu la prima resistenza europea in rezione di Varsavia non trascura di mettere in ordine cronologico; e per impegno d’uomini e evidenza la calcolata e spietata freddezza di di sacrificio, essa fu seconda solo a quella jugo­ Stalin, che non solo vieta all’armata russa, slava. Anche in questo caso l’autore si rifà da giunta in vista della capitale, di soccorrere gli lontano, dagli antefatti politici che risalgono al insorti; ma vieta anche agli aerei inglesi e ameri­ primo dopoguerra, esaminando il contrastato cani l’atterraggio negli aeroporti controllati dai trapasso politico da Pildsuski a Beck, esami­ sovietici. Questi aerei equipaggiati in molti casi nando le componenti politiche, tutte caratteriz­ con piloti polacchi, paracadutavano armi e vi­ zate da un profondo sentimento nazionale, più veri agli insorti ed essendo assai lontana la base o meno antitedesco e antirusso. Ed è proprio di partenza, l’aeroporto di Foggia, avrebbero negli anni della resistenza che si forgia l’attuale necessitato di una tappa intermedia per rifor­ tragico destino della Polonia: nel contrasto tra nirsi di carburante. il governo emigrato di Londra e quello di Lu­ Sono pagine queste che oltre tutto, nel mo­ blino, ma che ebbe una lunga serie di preceden­ mento presente, acquistano un sapore di tragi­ ti premonitori, quali la liquidazione fisica per ca attualità. ordine di Stalin, tra il 1937 e il 1938, dei comu­ nisti polacchi rifugiati in Russia ed accusati li Carlo Francovich Lo storico fra cultura e organizzazione di Edoardo Boiroso Non sembra opera priva di significato, oggi, sip), apparsa nella ben nota “Biblioteca di sto­ accostarsi ad un lavoro di ricostruzione com­ ria toscana moderna e contemporanea”, pro­ plessiva — nei suoi aspetti culturali, istituziona­ pone un accostamento alla storia della storio­ li, finanziari ecc. — di quei luoghi privilegiati grafia di questo tipo. I piani di lettura di questa che sono per la storiografia e il mondo degli avventura intellettuale sono vari, ma l’A. pone storici le riviste specializzate. In tempi in cui come punto di partenza del proprio discorso spesso ci si pongono serie e motivate domande l’originalità dell’esperienza fiorentina nel pano­ sulla reale rispondenza di questi strumenti di rama europeo del “secolo della storia”. Per lavoro alle sentite ed effettive esigenze prove­ sottolineare questa situazione, la Porciani deve nienti dal seno degli ambienti storici, ripercor­ spingere la propria indagine al di là delle Alpi, rere le vicende, la vita interna, i percorsi cultura­ in Francia e Germania soprattutto. Sulla scorta li di alcune antiche e meno antiche testate pro­ di una vasta e solida letteratura straniera, già pone elementi di serena riflessione; può fornire avvezza ad analisi di tal genere, il filo del discor­ alcune chiavi d’interpretazione della storia cul­ so va a rintracciare i momenti della “professio- turale di un certo perioro ( o di un certo milieu), nalizzazione” della figura dello storico tra le può porgere sostanziosi ancoraggi al dipanarsi pieghe del processo di organizzazione del setto­ del filo conduttore delle grandi battaglie cultu­ re degli studi storici promosso dalle varie am­ rali, smitizzandone o corregendone spesso il ministrazioni statali, in vista di una più profon­ senso e la portata. da e solida fondazione del consenso in ampi Una rivista di storia, come corpo di problemi strati di ceti medi e d’intellettuali. La “nascita pratici e ideali, come progetto e strumento, si della storia”, cioè, prenderebbe le mosse da presenta come un ottimo campo di studio, il­ questa vasta operazione messa in moto dalle luminante del modo in cui “i pensieri” si venga­ esigenze dei nuovi stati nazionali, di consolida­ no, per così dire, mettendo sulle gambe. L’idea, re e allargare presso le borghesie nazionali la cioè, di affrontare lo studio di una rivista di propria legittimazione. Di qui la profusione di storia più come “impresa” che come pura mani­ mezzi finanziari per apprestare tutti gli stru­ festazione di produzione intellettuale, sposta il menti idonei alla ricerca (gli archivi), e di qui campo d’indagine storica su un terreno di con­ soprattutto il senso dell’esperienza storiografica fine, dove storia delle istituzioni, storia della ottocentesca, tesa alla valorizzazione, ricerca e cultura e eventi politici sembrano trovare un pubblicazione delle fonti e dei documenti. At­ fecondo punto di contatto. traverso questa strada la storiografia si vien La recente monografia di Ilaria Porciani su staccando dalla letteratura, le università creano L’“Archivio storico italiano”. Organizzazione gli insegnamenti specializzati, gli storici si ven­ della ricerca ed egemonia moderata nel Risor­ gono cementando in una comunità, arbitra del­ gimento (Firenze, Olschki, 1979, pp. VI-302, le regole della nuova disciplina. In questa at­ 162 Rassegna bibliografica mosfera il ruolo della scuola di Ranke e del suo cultura italiana e su quella storica in particola­ Seminario storico, la creazione di commissioni re. L’A ripercorre le fitte trame che confluisco­ per l’esame dei documenti, la nascita dell'Ecole no nella rivista e che la legano alle vicende des chartes, la conduzione di un’impresa come politico e istituzionali di quel tratto di storia la pubblicazione dei Monumenta Germaniae italiana: ma ne mette bene in rilievo i momenti Histórica, o la fondazione della “Historische del dibattito interno più propriamente storio­ Zeitschrift” tra il 1850 e 1870 rappresentano grafico e che a quello esterno vengono ranno­ solo alcuni momenti significativi dell’afferma­ dandosi. Un’opera certamente importante, zione della disciplina storica. questa della Porciani, in cui il taglio nuovo e Se così si presenta il processo negli stati di stimolante si accosta ad una ricerca puntuale e più consolidata coscienza nazionale, e più at­ capillare dei materiali d’archivio. trezzata struttura statuale, ben più lentamente e In un periodo più vicino a noi si muove il per vie meno lineari si verrà formando l’esigen­ saggio di Antonio Casali sulla “Nuova Rivista za del recupero della storia alla causa nazionale Storica (Storici italiani tra le due guerre. La in Italia. Se scarsa, infatti, si rivelerà la capacità “Nuova rivista storica”, 1917-43, Napoli, Guida di coagulo della Deputazione di storia patria di 1980, pp. XXII-212, lire 10.000). Torino prima del il 1848, rispetto agli altri stati Impostata secondo canoni più consueti que­ regionali e poco efficace pure si mostrerà nel sto lavoro si pone comunque in una prospettiva decennio di preparazione, ben altrimenti deci­ di ricerca dei legami che stringono i protagoni­ sivo e influente per la nascita di una coscienza sti di questa importante esperienza culturale tra storica e per la nascita della storia “organizzata” le due guerre. L’iniziativa editoriale di Corrado in Italia si mostrerà l’esperienza dell’“Archivio Barbagallo nasce nel nuovo clima politico, so­ storico italiano” di G.P.Vieusseux. ciale e ideale successivo al primo conflitto Nato da intenti privatistici dopo la chiusura mondiale. In questo periodo contrassegnato della “Antologia”, la nuova testata verrà ri­ dalla confusione e dal rimescolamento dei tratti unendo intorno a sé nel decennio di prepara­ culturali, la rivista si impone come veicolo per il zione e nei primi anni postunitari una prima rinnovamento della cultura storica nazionale. schiera di cultori dediti esclusivamente alla sto­ Emerge abbastanza distintamente nelle pagine ria. Prima rivista italiana dedicata esclusiva- di Casali la figura attiva, eclettica e impegnata mente a questo ordine di studi, 1’“Archivio” del direttore. L’A. mette bene in rilievo — e verrà ponendo, soprattutto nel corso degli anni sarebbe interessante riuscire ad andare al di là cinquanta, una solida supremazia nel campo di certi accostamenti esterni — l’opera di orga­ degli studi patri, effetto, oltre che stimolo del nizzatore di cultura, nella Milano del dopo­ processo di crescita della coscienza nazionale. guerra, del Barbagallo. Proveniente dalle fila Attraverso l’immenso materiale d’archivio che del socialismo e in quegli anni spostatosi su l’A. ha tratto alla luce, l’opera di Vieusseux e dei posizioni decisamente nazionalistiche, la figura moderati toscani ci appare nel vivo della lotta e il percorso dello storico siciliano sembrano quotidiana alle prese con problemi di finan­ incarnare le incertezze e le suggestioni, gli slanci ziamento e vendite per l’allargamento di quel e i dilettantismi di quel periodo particolarmente circolo di idee, scopo precipuo della sua nascita. intricato. Sensibile all’esperienza della “Revue Ma se nel vivo della lotta risorgimentale la de synthèse historique” di H. Berr, imbevuto rivista apparirà come uno strumento impor­ degli aspetti più sociologizzanti del materialis­ tante dell’affermazione del ceto medio politico mo storico di fine secolo, non del tutto insensi­ moderato, nel corso dell’unificazione verrà pre­ bile alle venature irrazionalistiche tipiche di sentandosi come tentativo di resistenza e fon­ quegli anni, ancora negli anni venti Barbagallo dazione di un’egemonia regionale toscana sulla non cesserà di indicare nel magistero di Bene­

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Arte e cultura in Italia, a cura della ripartizione cultura e spettacolo del comune di Milano, Mazzotta ed., Non tutti i saggi mostrano equali capacità
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