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Divi Di Stato Il controllo Politico su Hollywood PDF

395 Pages·2.164 MB·Italian
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Questo volume è stato digitalizzato nell'ottica di una migliore e più capillare distribuzione dei temi in esso contenuti. Per cui leggetelo, e se vi piace consideratene l'acquisto. http://www.ilcerchio.it/ La cultura indipendente va finanziata. HISTORIA 18. John Kleeves DIVI DI STATO IL CONTROLLO POLITICO SU HOLLYWOOD Copyright © 1999 Edizioni Settimo Sigillo EDIZIONI SETTIMO SIGILLO Europa Libreria Editrice Sas Via Sebastiano Veniero 74/76 00192 Roma Tel. 06/39722155 - Fax 06/39722166. INTRODUZIONE Staccate da un muro un manifesto pubblicitario, portatelo da un critico d'arte e chiedetegli che cos'è quell'oggetto. Cosa pen- sereste se costui lo prendesse per una stampa come un'altra e si perdesse in lunghe e dotte descrizioni sul formato del foglio, la grammatura della carta, la scelta dei colori, le scene rappresen- tate, lo stile, la "scuola" e così via, e mancasse di notare: È una stampa pubblicitaria? Pensereste che forse è un grande intendi- tore d'arte ma che sicuramente non sa dove vive. Ebbene esattamente questo è l'atteggiamento dei nostri critici cinematografici di fronte ai prodotti della filmografia statuni- tense, per antonomasia Hollywood. Pensano che sia una filmo- grafia come un'altra, come una qualunque filmografia Occiden- tale, o almeno come una qualunque filmografia espressa da un paese a governo parlamentare e ad economia di mercato. Pen- sano che i film di Hollywood siano il frutto di artisti o artigiani - i registi - liberi di esprimere la loro visione delle cose e il loro talento, solo condizionati dall'esigenza dei loro finanziatori - le Case di produzione - che il lavoro fatto sia commercialmente valido, che "si venda". Pensano cioè che l'unico vincolo cui deve sottostare Hollywood è la redditività commerciale. Invece mentre ciò è vero per la generalità dei paesi Occidentali non così è per gli Stati Uniti. Qui la produzione filmica oltre che alla redditività commerciale deve sottostare anche ad un'altra esigenza: fare propaganda per il Paese, nei termini e con le mo- dalità stabilite dal governo. In parole povere Hollywood è con- trollata dal governo centrale di Washington ed esprime ciò che né più né meno si chiama una filmografia di Stato. La situazio- ne è del tutto analoga a quella che si verifica nei paesi totalitari classici, con la sola benché notevole differenza che mentre in questi ultimi la filmografia è completamente finanziata dal go- verno, che si accolla utili e perdite relative, negli Stati Uniti la medesima si deve autofinanziare: i suoi prodotti devono sia avere la desiderata valenza propagandistica che essere commer- cialmente validi. Così i nostri critici parlano e riparlano dei film americani, e li esaminano da ogni punto di vista, da ogni angolatura possibi- le, e fanno certamente un grande sfoggio di erudizione e di competenza artistica, ma mancano di notare la cosa più impor- tante: questi film sono il prodotto di una filmografia di Stato. Ciò non toglie che i medesimi non possano essere valutati an- che dal punto di vista artistico. Il film La corazzata Potemkin di Sergej Ejzenstejn era certamente il prodotto di una filmogra- fia di Stato, e niente di meno che di quella dell'URSS di Stalin, ma ciò non impedì che risultasse un capolavoro filmico. È esat- tamente come nel caso dei manifesti pubblicitari: queste opere possono anche risultare artisticamente valide, ma rimangono dei manifesti pubblicitari, prodotti per certi scopi e con certi criteri ben definiti e in genere estranei al loro autore materiale. Ciò il pubblico ha il diritto di saperlo. Mi rendo conto che quanto appena detto giunge nuovo al let- tore, e gli pare forse stupefacente: nei più o meno tanti anni della sua vita probabilmente mai aveva sentito tale cosa sulla cara, vecchia, familiare Hollywood. Ma ciò sarà dimostrato con abbondanza nel prosieguo di questo libro. Ho iniziato puntando il dito sui critici cinematografici perché sarebbe stato proprio il loro mestiere individuare tale status di Hollywood: relazionan- do su un manifesto pubblicitario possono entusiasmarsi o di- sgustarsi quanto vogliono sui suoi contenuti ma la prima cosa che devono dire è che si tratta di un manifesto pubblicitario. Il problema però è più generale, come oramai si comincia a intuire. I nostri critici cinematografici hanno potuto compiere questo clamoroso errore di valutazione perché tutta la nostra società - la società Occidentale - aveva compiuto a monte un errore di prospettiva ancora più grande. Mi riferisco natural- mente agli Stati Uniti, la matrice di Hollywood. La nostra so- cietà li ritiene un normale paese "Occidentale" e così diventa logico assegnare lo stesso status alla sua filmografia. Invece gli Stati Uniti non sono davvero un "normale paese Occidentale". Come è stato possibile un errore così grande e così generaliz- zato? Non è un mistero extraterrestre, non è una questione me- tafisica. Prima del 1945 l'Occidente europeo aveva una nozione se non esatta almeno abbastanza approssimata della realtà sta- tunitense. Si parlava infatti al riguardo di una "plutocrazia", ter- mine abbastanza aderente ma appunto dimenticato. Dopo quel- la data, e cioè dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti per dei precisi motivi che vedremo iniziarono e con- tinuarono a diffondere nel mondo una propaganda politica e culturale di intensità e dimensioni cosi' colossali da risultare difficili da credere, ma in verità perfettamente adeguati alle loro dimensioni (all'epoca rappresentavano più della metà del Prodotto Interno Lordo mondiale; ora ne rappresentano un quarto). Tale propaganda, in cui la para-statalizzata Hollywood veniva a giocare un ruolo sempre maggiore, aveva molti scopi ma il principale alla fin fine era proprio quello di camuffare la realtà statunitense, di farla passare per qualcosa che non era. Così col tempo le impressioni del periodo precedente si offu- scavano sempre più e venivano sostituite dalle nuove, proposte dalla propaganda statunitense, mentre mano a mano nascevano nuove generazioni. Di qui l'errore. Una situazione un po' complicata dunque: non riusciamo a riconoscere la reale natura di Hollywood perché non ricono- sciamo la reale natura del suo paese produttore, e ciò per azio- ne in gran parte della medesima Hollywood. Ma è il problema che si incontra ogni volta che si affronta un aspetto della realtà americana: non lo si può trattare indipendentemente da tutto il resto perché tale realtà è un sistema chiuso, autosufficiente e al- tamente interdipendente, e in più diverso da ogni altro. In effet- ti, e come già detto, gli Stati Uniti non sono un "normale paese Occidentale, "essi sono in verità una civilizzazione a sé stante, e che con l'Occidente ha ben poco a che vedere benché da que- sto sia derivata. Perciò, il punto di partenza per spiegare Holly- wood sarebbe un'esposizione finalmente corretta della realtà americana in toto, nelle sue componenti di storia e attualità e bonificata dei luoghi comuni, delle falsificazioni e degli equi- voci portati da mezzo secolo di inquinamento propagandistico statunitense. Ciò è stato da me fatto nel libro Un Paese perico- loso. Storia non romanzata degli Stati Uniti d'America (Edizio- ni Barbarossa, Milano, 1999), che non è naturalmente possibile riprodurre qui. Eseguirò allora nella Premessa una stringatissi- ma sintesi del medesimo, rimandando sin d'ora i più allibiti od increduli al medesimo per ogni possibile ed esauriente confer- ma. Quindi passerò allo scopo proprio del presente lavoro, e cioè a dimostrare come Hollywood esprima una filmografia di Stato. Hollywood non è nata in questa maniera; vi è stata pro- gressivamente ridotta e ciò che sarà fatto sarà sostanzialmente di esporre la storia di tale asservimento, ed i suoi effetti. In questa storia spicca un periodo nodale: quello che va dal 1947, l'anno in cui iniziarono le inchieste su Hollywood dell'HUAC (House Committee on Un-American Activities), al 1953, l'anno in cui venne creata l'USIA ( United States Information Agency). Tale periodo opera uno spartiacque nella storia del- l'asservimento di Hollywood, e così l'esposizione sarà divisa in tre capitoli; nel primo sarà esaminata la filmografia americana dalle origini al 1947, nel secondo saranno esposte le motivazio- ni politiche e le metodologie giudiziarie che travolsero Holly- wood dal 1947 al 1953, e nel terzo sarà considerata la filmogra- fia americana che ne risultò, che è quella ancora stabile al gior- no d'oggi. PREMESSA Un po' di storia americana GLI INIZI COLONIALI. A proposito della fondazione del loro Paese gli statunitensi amano raccontare la storiella dei Pylgrims - Founding Fathers (Padri Fondatori): 100 (o 101 o 102 a seconda delle fonti) po- veri emigranti inglesi di fede Separatista sbarcati dal veliero Mayflower nell'attuale Massachusetts, dove nello stesso 1620 fondarono la città di Plymouth. Ci fu tale sbarco, ma non da esso ebbe vita la colonia del Massachusetts e quindi degli Stati Uniti. Si trattò di un episodio molto marginale, scelto dalla sto- riografia ufficiale americana perché coreografico, adatto ad ali- mentare la nota leggenda di un Paese nato da emigranti poveri e pii, in cerca solo di sostentamento materiale e di libertà di re- ligione. In effetti i Pylgrims non furono neanche i primi inglesi sbarcati su quelle coste: già nel 1607 altri inglesi, in analogo numero (erano 107) avevano fondato più a sud la città di Jame- stown, attorno a cui nel 1619 sarebbe stata costituita ufficial- mente la prima colonia inglese in America, la Virginia. Qui nel- lo stesso 1619 giunsero i primi schiavi neri, portati da una nave negriera olandese. Con un colono virginiano si sposò Pocahon- tas (1595-1617), la figlia di un capo indiano che garantì così la pace dopo iniziali dissapori. Poi nel tempo anche questi indiani sarebbero stati sterminati, come gli altri. Il carattere della colonizzazione inglese invece fu fissato dal- l'emigrazione Puritana: dal 1630 al 1640 giunsero in Massachu- setts 20.000 Puritani e furono loro ad organizzare l'omonima

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