DINAMICA PIANISTICA IVattato sull’insegnaniento razionale del pianoforte (Lazzari) RICORDI K.H. 2()0() Renewed © 1989 CASA RICORDI S.r.l. - Milano Tutti i diritti riservati - All rights reserved ER 2606 ISMN 979-0-041-82606-6 Attilio Brugnoli ricordato da Enzo Calace II <( Maestrino » Attilio Brugnoli! Quale faro luminoso, nel lontano 1901, nella classe di Florestano Rossomandi al Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli, quando, quasi spauriti ragazzini, entrammo a far parte di quella indimenticabile famiglia di giovani aspiranti artisti. E il nostro «Maestrino » (così venivano chiamati i diplomando in queir epoca, anche perché curavano Fandamento degli studi dei « piccoli ») era giovane, per noi era affascinante, per noi suonava sbalorditivamente bene! Quale ricordo! Ho nella mente la sensazione profonda di quei tempi e mi vedo, appol laiato con tutti gli altri intorno al pianoforte, ad ascoltare la 111 di Beethoven o un concerto di Liszt! Rividi Brugnoli, poi, durante il mio corso in Conservatorio, già baciato da un alone di gloria per aver vinto un concorso ministeriale, per essersi decisamente affermato al concorso Rubinstein, a Parigi, e in occasione dei suoi esami finali di composizione; ma noi osavamo appena un timido saluto, non avevamo l'animo di trattarlo confidenzialmente. Passarono gli anni e diventammo amici. Insegnava, nel 1927, al Conservatorio di Firenze (che aveva F ran- chetH alla Direzione) e fui chiamato, quale commissario estraneo, agli esami di pianoforte, anche per diradare tutte le ombre sorte tra i due parliti, quello dell*indimenticabile Ernesto Consolo e quello di Attilio Brugnoli. Riuscii nella mia ardua impresa? Non posso dirlo, anche per il semplice motivo che per un certo numero di anni non ebbi più occasione di avvicinare Cambiente artistico fiorentino. Intanto Brugnoli, quale insegnante e in veste di concertista, veniva sempre maggiormente conosciuto ed apprezzato in tutta Italia e la sua Dinamica Pianistica (pubblicala da Ricordi nel 1926) Io [/oneva fra i maggiori esponenti delle forze pianistiche italiane. Non esito a classificarlo un vero caposcuola sia per il numero di grandi allievi, che oggi onorano i nostri conservatori e licei musicali con il loro insegnamento, sia per la pubblicazione della Dinamica Pianistica, della eccellente revisione dell'opera pianistica di Chopin e della pubblicazione di ottimi pezzi pianistici, fra i quali un concerto per pianoforte e orchestra, che meriterebbe di essere ripresentato dai gio vani pianisti di oggi. Bene ha fatto, perciò, Aldo Lazzari a condensare in un volume più snello tutto l'enorme materiale della Dinamica Pianistica del 1926, (la cui ristampa è sollecitata da un importante gruppo di didatti) togliendo tutte le dimostrazioni di esercizi ginnastici preparatori (ormai superati dalla generalizzazione anche in Italia del sistema della gravitazione del braccio, della rotazione, della caduta, della dosatura del peso) e rendendolo così accettabile a tutti e preziosissimo. Sì, amici, questo volume dovrebbe essere riletto da tutti gli anziani, da lutti i giovani e persino da tutti quegli amatori di musica che si dilettano a trovare sui tasti gli spunti più belli dei diversi lavori ascoltati. / primi potrebbero riconoscere più ampiamente l'opera di Attilio Brugnoli (divulgatore in Italia, sapiente e fervido, di queste teorie oggi da tutti applicate), i giovani per imparare a conoscere anche dal punto di vista psico-fisio logico il sistema che applicano quasi inconsciamente (per assimilazione) e la numerosa classe degli amatori (notale bene che non parlo di dilettanti!) per apprezzare sempre con maggiore conoscenza Venorme lavoro di intelligenza, di pazienza, di perseveranza (quasi, direi, scientifico) dell'esecutore moderno. PROF. ENZO CALACE Titolare di pianoforte nel Conservatorio Verdi di Milano e Vice Direttore 4 novembre 1959. ;> S O M M A R I O Attilio Prugnoli ricordato da Enzo Calate pag. 3 CAPITOLO I .......................................................................................................................................................................7 Sommario: Potere emotivo della musica in confronto a quello della letteratura. — L'arte delfese- cuziono equiparata alla concezione. — Le grandi scuole del passato. — I grandi virtuosi vissuti fino a oggi. Rivendicazione delle origini italiane delPartc deli’cseeuzione pianistica. — Influenza delFinscgnantc sullo sviluppo delTallievo. — Bach, Czerny, Liszt e Chopin. — Influenza di Paganini su Liszt e Chopin. CAPITOLO I I ...................................................................................... » 13 Sommario: Clementi, primo vero pianista e pedagogista. — Virtuosismo. — Evoluzione di Liszt. — Liszt virtuoso e insegnante. — Che cos’è l’esecuzione artistica. CAPITOLO I I I .............................................................................................. i» 15 Sommario: Criteri didattici adottati nel passato. Immobilità della mano. Norme di vari peda gogisti. — L’imitazione: suoi vantaggi e svantaggi. — I pseudo-razionalisti. Il razionalismo vero. CAPITOLO IV . 20 Sommario: Clavicordo, clavicembalo, pianoforte e suo sviluppo. CAPITOLO V ........................................................ « 23 Sommario: Dinamica. — Agilità, velocità. — Dissociazione muscolare. — Indipendenza, volontà, intelligenza. — Agilità contrattile in rapporto all'espressività e alla velocità. — Agilità c intelligenza. CAPITOLO V I........................................................................................................................... » 2 5 Sommario: Intensità sonora in rapporto alle varie cause che possono produrla. — Azione muscolare, peso, inerzia. — Inerzia c agilità. — Azione alternativa di attività e riposo muscolare. — L’azione del peso considerata in rapporto ai vari elementi costituenti il braccio e alla velocità con cui il peso si fa agire sulla tastiera. — L'inerzia muscolare nella dinamica dei claviccmbalisti, dei poli fon isti e dei pianisti. — Suono naturale. — Energia e j>eso in rapporto al lavoro prodotto a fini artistici. — Impiego razionale d’energia. — Inerzia. Inopportunità di certi esercizi erroneamente supposti elementari. CAPITOLO V I I ................................................................... » > 2 7 Sommario: Sensibilità. — Sensibilità psichica. Che cosa significa « capire la musica ». — Sensibilità tattile. — Suo meccanismo e applicazione. — Sensibilità muscolare in rapporto alla motilità e alla energia. Sensibilità c arte. — Posizione della mano sulla tastiera. - A quale concetto è ispirata e a quale dovrebbe invece ispirarsi la costruzione di esercizi tecnici. CAPITOLO Vili ............................................................................................................................................... » 31 Sommario: Timbro, altezza, intensità dei suoni. - Tocco e cavata. - Mano magra e mano grassa. — I/arcuazione delle dita in rapporto a tale percezione. CAPITOLO IX ....................................................................................................................................................................... SOMMARIO: Osservazioni preliminari dn a le azioni muscolari delTallievo principiante. Escn izi per il rilassamento del braccio nel suo insieme. Azioni pei sviluppare rallernativa di attività e di riposo prima in tutto il braccio, poi nelPavambraccio. nella mano e nelle dita. — Op|mrtunilà di controllo nelle azioni muscolari durante rallenamento. Azione prensile applicata al bracci») in sospensione per equilibrarla col suo peso. Sua applicazione sulla tastiera. Sua funzione normale: procedimento per disciplinarla. - Attacco per caduta. Sua applicazione sia su note isolate sia su doppie note. CAPITOLO X .......................................................... SOMMARIO: L'azione degli estensori iielTesecuzione »lei suoni collegati. Il suono legato <• sua essenza, come si produce, come si ottiene. Indipendenza ed energia. L'immobilità della mano come risultato della |>t:rfeziont* nel moto. — Azione articolar»! e prensile nclTrsceuzùme cleri suoni collegati. — Esercizi su due, tre e quattro suoni consecutivi in tutte le combinazioni. Il moto divergente in rapporto alla struttura del corpo umano. Il moto parallel»). Esercizi su cinque suoni secondo le sole permutazioni. — Come le azioni lente siano le più adatte all*indagine, al controllo c alla perfezione delle azioni muscolari. CAPITOLO XI .......................................................................................................................................... . SOMMARIO: Essenza degli arpeggi. Arpeggi nei limiti dell estensione della inano. Criterio fonda mentale per la diteggiatura degli arpeggi nel legalo. — Im|x»sibilità eli collega!e arenrdi molto distanti fra loro. — In qual modo si possano utilizzare brani »li composizioni per allenamento occasionale. CAPITOLO XII ............................................................................................................................................................. Sommario: I movimenti di rotazione; loro origine funzionale. Quale uso ne fecero i pianisti del passato. Considerazioni sulTcv»>luzione in arte. Il dogma dclTimmobililà della mano studiato in rapporto alla deformazione del concetto che l’aveva ispirata. L’impiego della rotazione descritto da Mugellini c l'uso deH'articolazione delle dita. — La rotazione involontaria durante Tesceiizione del trillo. —• Il trillo; sua origine cd essenza. — Per quali ragioni il trillo è difficile. La diteg giatura a scambio attribuita a Herz. Esercizi per il trillo e. implicitamente, per l’acciaccatura o l'appoggiatura breve. — Come debba iniziarsi il trillo. — I trilli nella musica di Clementi. — Trilli a mani alternate, in note semplici o doppie. CAPITOLO X I I I ........................................................................................................................................................... Sommario: L'uso del pollice nell’esecuzione delle scale. Inconvenienti che derivano dall'uso irra zionale di questo dito. Esercizi per Tallonamento dei flessori del pollice. — Allenamento per ¡'esecuzione delle scale. Diteggiatura razionale e modo di applicarla. Quadri comprendenti l'ordine progressivo secondo cui le scale vanno studiate. Scala cromatica. CAPITOLO XIV ................................................................................................................................................... Sommario: Quanto c necessaria la varietà di tocco nella polifonia. — Derivazioni della polifonia strumentale da quella vocale. — La polif»>nia di Erescobaldi. — L'importanza della polifonia di Bach nel campo artistico e in quello pedagogico. Esercizi jier la polifonia fondamentale. - Esercizi per lo scivolamento delle dita da un tasto all'altro e per la sostituzione. -- Esercizi relativi a questi due generi di tecnica e come da questi derivi il tecnicismo delle note ribattute. — Per le sostituzioni doppie. Esercizi per lo scavalcamento delle dita. — Per le scale scivolate (glissés) su tasti bianchi. — Esercizi in doppie terze svolti su disegni di tre. quattro e più gradi. — Esercizi per lo scavalcamento d'una coppia di dita su un'altra. — Scale in doppie terze con la diteggiatura più semplice. — Quadro di diteggiature varie j>er le scale in doppie terze. — Scale diatoniche in doppie seste e doppie ottave. — Necessità dell’azione prensile nel tecnicismo delle ottave. Ottave e doppie note a qualsiasi intervallo, distaccate e staccate. Scale cromatiche in doppie note. Trillo in doppie note e in ottave. — Dell’uso e della segnatura del pedale. CAPITOLO X V ............................................................................................................................................................. Considerazioni e consigli. i C A P I T OL O I I .J A PAROLA è mezzo spesso inadeguato alla manifestazione del sentimento. Tutti indubbiamente abbiamo provato o proviamo, in qualche momento della nostra vita psìchica, l’impotenza di trasfondere in altri Pentita e la profondità del sentimento che ci agita, pur valendoci del linguaggio più ricco, più immaginoso, più vario. I) letterato può giungere a rappresentare il proprio stato d’animo o quello attribuito al personaggio da lui creato: può se Pio del lettore c capace di vibrare all’unisono con quello dclPartista c d’intuirnc le gioie c i tormenti, suscitare in chi legge una sensazione che gli permetta di rendersi conto di quanto Pallista stesso ha provato o immaginato di provare. Ma non potrà mai ridestare in altri, con intensità equivalente, le emozioni profonde, le sensazioni indefinibili dalle quali il suo essere fu scosso durante la concezione dell’opera d’arte. Altro c la percezione, altro Pesteriorizzazione del sentimento! In sostanza, nell'io del lettore si può produrre un determinato stato d’animo, non tanto per la parola che vorrebbe suscitarlo, quanto per la facoltà, varia nei diversi individui, di vivere per un momento una vita intcriore che non è la propria ; a meno che nell’opera letta non siano esjioste circostanze affini o del tutto identiche ad altre vissute dal lettore stesso, nel qual caso egli rivive per un attimo la sua stessa vita. Si produce cosi una rievocazione pura c semplice, quindi un fenomeno soggettivo, non oggettivo. Forse da questa possibile consonanza di emozioni deriva la preferenza che ciascuno di noi ha per un libro o per un autore e, forse, in ciò risiede anche la causa della maggiore efficacia delle arti rappresentative in confronto al Parte muta, lu letteratura. Infatti, più che dalla lettura per se stessa, l’entità d’tin sentimento viene percepita quando alla parola si unisce il gesto, che richiedep erò anch’esso nello spettatore la facoltà di riprodurre, rievocare, o comunque provocare iti se stesso le sensazioni più varie, perche, pur essendo un elemento espressivo prezioso ausiliario della parola, esso è tuttavia insufficiente per aggiungere alla parola stessa tutto quanto le manca in potere espressivo. Clii potrà mai fissare graficamente il significato o l’efficacia d’un silenzio o d’una pausa nel momento culminante d’uria scena drammatica? Quale scrittore potrà mai riprodurre la sensazione generata dalla Ristori, (1) quando, recitando alla presenza d’una spettatrice augusta, la sua invocazione per la .salvezza del figlio fu così viva c palpitante da trascinare la spettatrice stessa, dimentica per un istante della finzione scenica, a gridarle dal suo palchetto che il figlio le sarchile stato reso? Come si potrà fissare l’accento dato dalla Malibran (2) alla frase «Ah! m’abbraccia...)» nella Sonnambula, a Londra, accento tale che Bellini, il quale assisteva ignorato alla rappre sentazione, dimentico di tutto e di tutti non poté frenarsi dal gridare: « Viva, viva, brava! » con grande scandalo del pubblico inglese non abituato a simili interruzioni? Come descrivere la potenza commovente del canto di Farinelli (3) nella scena d’un’opera in cui, rappresentando egli la parte dello schiavo c il Scnesino (4) quella del tiranno, questi, preso da invincibile emozione per il canto del Farinelli, abbandonò le catene da cui era avvinto per stringere il rivale nelle braccia, fra la delirante commozione del pubblico? Eppure anche questi, che costituiscono esempi luminosi dello potenza emotrice dell’arte, rappresentano pur sempre eccezioni rare, registrate dallo storia appunto perché tali. La causa della sproporzione fra il sentimento provato e ¡’espressione di esso sta nel fatto che la parola, sebbene (1) Grande attrice tragica (1822-1906). (2) La più celebre cantante c insuperabile interprete delle opere italiane (1808*18361. (3) Celebre cantante (1705* 1782). M) Celeberrimo cantante (1680-?). 8 Dinamita P¡fini\?<nr * CetiKUtío ! naia spontaneamente dalla necc.vdlá di manifestai lo, non è il sentimento stesso, ma un mezzo più o meno allo ad esprimerlo. Si immagini quindi quali difficoltà ostacolino l’esteriorizzazione musicale del sentimento, se si considera che la parola, insieme di lettere e di sillabe, ha un significato convenzionale, il cui valore è determinato ed è perfetta mente noto, mentre in musica di determinato, di convenzionale e di perfettamente noto abbiamo soltanto i suoni, i quali costituiscono le lettere dell’ulfabeto musicale. Le sensazioni ioniche che possiamo sognare sono infinite: quelle realizzabili — pur essendo moltissime, incalcolabili Inumo efficienza limitata dalle&tensione degli strumenti, dalla loro accordatura, dalla loro struttura stessa, fattori da cui deriva una limitata quantità e qualità di mezzi meccanici e di timbri. Ognuno può facilmente capire quanto queste limitazioni ostacolino il realizzarsi della concezione d'un musicista, sì clic a questi non è possibile trasfondere in altri se non una parte di quanto ha voluto esprimere. Se così è per la composizione, gli ostacoli esistenti fra quanto Pallista vuoi far udire e quanto effettivamente riesce a realizzare, si può dire siano ancora maggiori per quanto riguarda l’esecuzione. Basta pensare che l’esecutore deve intuire, per riprodurle, infinite sensazioni provale dall'autore nel momento della concezione, a precisare le quali non esistono adeguati segni grufici; basta osservare che, per realizzare quelle sensazioni, pur avendole intuite, Pesce ut ore si trova alle prese col meccanismo dello strumento, le cui risorse mom circoscritte entio limiti imposti dalla sua costruzione, per ammettere che, nella comprensione dell’opera d’arte musicale, metà del valore spetta all’esecuzione. Wagner ha potuto scrivere che u chiunque udì Liszt eseguire le sonate di Beethoven ebbe realmente coscienza d’essere in presenza non di una riproduzione, ma di una vera produzione x» c chi ha udito da Busoni la musica di Liszt o di Bach ha avuto Pimprcssionc ch’cssa fosse concepita da lui stesso all’atto dell'esecuzione. Appunto perche l’esecuzione può assurgere all'altezza d'una creazione, i grandi virtuosi sono stati esaltati in ogni tempo, dacché esiste Parte musicale. Non occupiamoci dei virtuosi leggendari o mitologici, ai quali si attribuivano origini c qualità divine, e che appunto perciò ci possono inteiessarc soltanto quali simboli: e veniamo ai grandi esecutori vissuti dopo il 13CJM). Non si può ammettere che il loro virtuosismo non fosse trascendentale come taluni affermano, se 30.000 pedone accorsero ila ogni parte in S. Pietro per udire Frescobaìdi suonare Porgano e se Bach potè scrivere ed eseguire tutto quanto noi conosciamo e anche più, chê i suoi manoscritti - divisi alla sua morte fra i numerosi suoi figli — andarono in gran parte dispersi. Anzi, c’è ragione di supporre die anche gli artisti vissuti fino all'epoca di Bach, avessero raggiunta una perfezione tecnica superlativa relativamente a! genere di musica ehe dovevano eseguire. In ciò che riguarda Parte dei claviccmbalisti e degli organisti, possono consentire anche taluni dissenzienti circa i risultati dell’arte pianistica del passato, assai denigrata in anni icccnti. Si è avuto l’aria di dire, o lo si c detto esplicitamente, che nessuno prima d’ora ha saputo suonare il pianoforte e che soltanto oggi si è riusciti a trovare il mezzo per giungere alla perfezione. Ebbene: anche prescindendo dal fatto che il Diruta, 150 anni prima di Bach, dettò norme per ben suonare (empiriche finché si vuole, ma piene di buon senso) io non so come si possa sostenere che virtuosi quali Clementi, Muschele*, Tausig, Thalberg, Rubinstein, Bülow, Chopin, Liszt, Cesi, Sgambati, Martucci, ccc., abbiano potuto suonar maie, quando la loro fama è giunta a noi come affermazione decisa del genio, quando sulle loro esecuzioni si sono scritte frasi che fanno pensare a! miracolo. Pur senza aver avuto la fortuna di udire la maggior parte di quegli artisti, è possibile rendersi conto del grado di eccellenza cui giunse il loro virtuosismo e della potenza d’espressione da essi ottenuta al pianoforte. Uno storico quale Marmontcl — per esempio — non può essere tacciato d'ignoranza, esondo egli stesso un virtuoso; né di mania apologetica... per la stessa ragione, ma per considerazioni di altra indole. 9 Dinamica Pianistica • Capitoio I Egli dunque, contemporaneo di molti di quei grandi e di molti altri, avendo avuto notizie dirette da ehi li aveva uditi, cosi scrive nel suo libro Les pianistes célèbres: di Clementi: « Nessun artista possedeva come lui l’uguaglianza meravigliosa delle due mani, quella chiarezza c finezza di esecuzione nei pezzi fugati che ne mettevano in rilievo ogni più piccolo dettaglio. La sua tecnica mciavigliosa per correttezza e regolarità lasciava immobile la mano; le dita sole, morbide, agili, indipendenti, con una chiarezza incomparabile, traevano dal pianoforte una sonorità armoniosa e una dolcezza infinita »; di Moschklks: « Il suo virtuosismo trascendentale meravigliava artisti c dilettanti: la possente sonorità, la nobiltà dello stile, ( eleganza del fraseggiare, stupivano c avvincevano »; di THALBERG: « In Thalbcrg si ritrovava sempre la stessa esecuzione ideale: sonorità morbida nel canto, limpidezza trasparente nelle frasi, ampiezza, potenza, delicatezza. La sua arte meravigliosa di far cantare il piano- finte, sia col bel portato dei suoni, sia con eilet ti di sonorità, soggiogò e meravigliò amatori e artisti »; di Cramer: « La sua esecuzione si distingueva per ('uguaglianza meravigliosa c Findipcndcnza perfetta delle dita e delle mani. I«a sua maniera di fraseggiare e di far cantare il pianoforte era un modello di espressione e di naturalezza »; di Field: « Allievo preferito di Clementi, ne aveva tutte le belle qualità, la perfetta indipendenza delle dita, l'uguaglianza c il suono legato. La sua leggerezza nei passaggi rapidi era incomparabile, come era incomparabile il sentimento dolce c tenero delle frasi cantate»; di Kalkbrennen: « Il pianoforte sotto le sue dita dava sonorità eccezionali ç mai stridenti... La sua esecuzione legata, sostenuta, armoniosa, avvinceva e deliziava. Una chiarezza irreprensibile c la mano sinistra d’una bravura senza pari, lo rendevano un virtuoso eccezionale » ; di Bkrtim: « Il suo suonare aveva la chiarezza c l'uguaglianza di quello di Clementi, quantunque la sua esecuzione fosse affatto personale e di raro valore » ; di Heller: <« La sua esecuzione è fine e delicata; la sonorità dolce, armoniosa: non aspira agli effetti, ma interessa ed avvince j>er qualità più intime»; di Hiller: « Nessun maestro possiede come Hiller il grande stile, la bella sonorità, la vivacità e la finezza del fraseggiare, la maniera larga e vocale di far cantare lo strumento, la facoltà di ottenere dal pianoforte i timbri più svariati si da renderlo un'orchestra in miniatura»; di Chopin: il Aveva un tocco flessibile, morbido, delicato; otteneva effetti di sonorità d’ima iìuidità vaporosa di cui egli solo conosceva il segreto. Nessun pianista ha impiegato i pedali alternativamente o simultaneamente con altrettanto discernimento c abilità, ottenendo melodie armoniose, sussurri delicatissimi che sbalordivano e avvincevano ». Si potrebbero citare molti altri critici c cronisti: ma i loro scritti ci ripetono con parole diverse apprezzamenti dello stesso genere. Non basta ciò a convincere che non soltanto oggi si è pervenuti a suonar bene? Il pianista principe, Busoni, a Milano, dopo un concerto in cui il pubblico sembrava delirante, a chi gli disse che il suo successo oscurava quelli di Rubinstein, rispose con grande semplicità c convinzione: « il pubblico però dimentica facilmente ». Tale frase sembrò a qualcuno dettata da eccessiva o non sincera modestia. Io penso invece fosse l’espressione convìnta di un ingegno superiore, cosciente del proprio valore, ma non perciò misconoscente del valore altrui. Ma se si può con animo tranquillo giurare sulla grandezza degli artisti «lei passato, è inevitabile rassegnarsi a riconoscere che le scuole da loro fondate non hanno corrisposto in tutto a quanto era lecito aspettarsi. La causa determinante tale parziale insuccesso nelle scuole tenute da artisti anche sommi, risiede nel criterio empirico predomi nante nell'insegnamento. Accanto ai risultali buoni o mediocri ottenuti da tali scuole, si sono verificati eccezionalmente risultati sorprendenti da scuole mediocri. Non si può in tal caso attribuire all’insegnante la gloria di allievi eccezionali, poiché egli, dominato dall'istinto dell’allievo, molto spesso riduce la propria azione a sorvegliarne e constatarne lo 10 Dinamica Pianistica Capitolo l * sviluppo intellettuale che in breve giunge ad un grado infinitamente superiore a quello dell’insegnante stesso. Il caso del primo maestro di Chopin lo prova per tutti. Zvwny, l’illustre ignoto il cui sistema pedagogico consisteva nel picchiare con la matita sulle dita o sulla testa delPallievo, non solo risparmiò al giovinetto Chopin tale mezzo eccessivamente persuasivo, ma si ridusse a magnificarne il talento, sia con la parola clic col fatto, fino a raccogliere cd annoiare, perche non andassero perdute, le prime composizioni che Chopin sapeva bensì concepire, ma non ancora scrivere. L’insegnante, se colto e d’ingegno, esercita effettivamente un'influenza decisiva sullo sviluppo intellettuale dell'allievo, come può esercitarla deleteria se limitato od incapace. Educatore della mente e del gusto, guida ai più profondi misteri dell’arte, segna l’indirizzo verso cui il giovane si orienterà nell’avvenire e ne sviluppa, al limite massimo, le facoltà musicali. Ma se questa guida fallisce, {>erehé incapace ed inetta, l’allievo ne diventa la vittima; le sue qualità naturali, anziché svilupparsi, si rimpiccioliscono e scompaiono. Accettato questo concetto, vediamo derivarne constatazioni oltremodo lusinghiere per ì'Italia. Bach, rimasto orfano a dieci anni — secondo quanto affermano alcuni storiografi — fu affidato successivamente a tre zìi, che il conte Schwarzburg-Amstadt, loro protettore, aveva precedentemente mandali a studiare in Italia. Essi, prima ancora dei Froberger, diffusero in Germania le cognizioni acquistate in Italia e guidarono l’educazione musicale del piccolo Johann Sebastian, il quale, perciò, può ritenersi derivare da Fresco baldi. Palestrina, Carissimi, eoe. Ernest David parla esplicitamente soltanto di Henry Bach come di quegli che fu mandato in Italia a studiare, il che però non contraddice quanto ho detto ora. A questa derivazione puramente materiale, altre se ne accoppiano d’indole eminentemente didattica c psichica. Johann Christoph, figlio di Henry, glorificato dallo stesso Johann Sebastian, dal figlio di lui Philipp Emanuel non meno che da Fctis c David quale grande musicista, non senti alcuna simpatia per lo stile italiano in voga ai suoi tempi (leggi; musica teatrale e clavicembalistica) e quindi, senza preoccuparsi della critica dei suoi contemporanei, fece Tarte a modo proprio, o, meglio, secondo quanto gli aveva insegnato suo padre Henry, il quale aveva studiato con i polifonisti italiani. Johann Christoph, fratello anziano di Johann Sebastian, allievo dello zio omonimo e maestro del fratello più giovane, ma immensamente di lui più grande, anche se — come suppone il David — ne fu geloso, non può avergli insegnato se non secondo l’indirizzo ricevuto dal proprio zio c maestro. David dice che per bene apprezzare il genio di Johann Sebastian Bach si deve tener conto che i compositori tedeschi del suo tempo erano lungi dal possedere una polifonia fluida c chiara e clic perciò le loro o|>ere non poterono servire di guida al nostro grande. Dice anche, e ciò può essere facilmente constatato, che nei suoi primi lavori né lo stile, né la tecnica sono perfetti. A Weimar Bach conobbe e trascrisse numerosi concerti di Vivaldi ed altri per il clavicembalo e tre per l’organo, arricchendone notevolmente l’originale, ma assimilandone i pregi. Il Concerto nello stile italiano costituisce però la sintesi di quella assimilazione. Nel 1714 Bach copiò di sua mano le opere di Frescobaldi distinte col titolo Fiori nimicali: frutto di ciò fu una Canzone ed una Alla breve, fuga a quattro voci con contrappunto obbligato. Conobbe anche i lavori di Albinoni, Legrenzi, Gorelli, dei quali usò temi per sviluppare composizioni proprie. Tutto ciò, mentre è un indizio dei progressi di Bach, è anche un documento della fonte cui egli attingeva i suoi modelli c da cui derivavano i suoi stessi progressi. Inoltre Froberger, allievo di Frescobaldi, ebbe una grande influenza sullo sviluppo artistico di Bach, la cui massima perfezione si manifestò appunto dopo che n'ebbe conosciute le opere. Schütz (1585-1672), considerato il « padre della musica tedesca », fu allievo di G. Gabrieli. Hassler — del quale Bach aveva tanta stima da valersi d’un suo inno per ben cinque volte nella Matthaeus-Passion e due volte nel Weihnachis'Oratorium — fu anch’csso allievo di G. Gabrieli. Dinamica Pianistica - Capitolo / 11 Meyerbeer, Pietro de Winter (allievo anche di Salieri), e C. M. Weber, che i tedeschi glorificano quale coni* jx>sitorc nazionale, furono allievi di Vogler, il quale aveva studiato con Padre Martini c con Valloni. Non tutti i biografi sono d’accordo sulla derivazione artistica di Czerny (1781*1857). Marmonlel, ad esempio, 10 dice allievo di suo padre che conobbe Beethoven dal quale era benvoluto. Ma molti altri biografi affermano invece ch’egli fu anche allievo di Hummel e di Clementi. Ad ogni modo, anche se ciò non fosse, (c non v’è ragione di ammetterlo) sta di fatto che tutti i migliori allievi di Czerny, dopo aver studiato con lui, frequentarono la scuola di Clementi o di qualche suo grande allievo. Liszt, allievo di Czerny per il pianoforte, studiò composizione con Paër, Ricci e Salieri. Qualcuno afferma che con Czerny non andasse molto d’accordo: ma si deve tener conto che quando Liszt frequentava la sua scuola era appena adolescente e che, appunto perché tale, mal soffriva la disciplina ferrea impostagli dal suo maestro, il quale voleva ottenere da quell’allievo eccezionale il massimo risultato possibile. La dedica premessa agli Stadi d'esecuzione trascendentale (« A Carlo Czerny, il suo allievo Franz Liszt ») nella sua umiltà veramente nobile è una prova che, se screzi vi furono durante l’adolescenza di Liszt, essi non esclusero resistenza di una gratitudine. Caivocoressi (5) scrive clic « la comparsa di Paganini nel 1831 venne a dare ai pensieri del giovane musicista un orientamento più conforme ai bisogni del suo sviluppo artistico. Liszt fu talmente scosso dall’interpretazione geniale del nostro maestro violinista, che comprese la necessità di ottenere al pianoforte la stessa perfezione ottenuta da Paganini col violino: ed egli si rimise a studiare il pianoforte. Contemporaneamente abbozzò le trascrizioni dei 24 Capricci per violino di Paganini, pubblicate assai più tardi, nel 1839, nelle quali arricchì prodigiosamente la tecnica del pianoforte ». Tutto quanto precede rende veramente perplessi di fronte all’ingiusto apprezzamento che si fa in generale dell’arte italiana. Lo stesso Liszt, il quale pure amava il nostro paese, in una lettera a un’amica si meraviglia che a Roma si eseguisse per la terza o la quarta volta la sua Dante-Symphonie « la quale godeva colà di una certa popolarità » che all’estero non aveva ancora raggiunta. E soggiunge: u nessuno meno di me avrebbe immaginata tale bizzarria della sorte; ma è un fatto! ». E altrove, scrivendo sempre alla stessa amica, dice di Sgambati: «È un vero e raro artista. Ha talvolta qualcosa di Bronsart e di Tausig. Quale strana mescolanza, non è vero, per un italiano puro sangue, che ha inoltre occhi altrettanto belli che quelli del re di Baviera! ». Liszt stesso così scrive degli artisti ai quali ha raffrontato Sgambati: «Mi sono molto attaccato a Bronsart che ha acquistato un vero talento d’esecuzione e ha composto un trio che ritengo uno dei migliori scritti del genere e molto supcriore, ad esempio, ai trii di Rubinstein. Ritengo che Bronsart farà molto buon cammino; perché ha tatto, talento, c un carattere fine c distinto ». « Ho accettato stamane un nuovo allievo di 13 anni e mezzo che si chiama Tausig, di Varsavia. E un vero monello sbalorditivo, che credo destinato a una carriera straordinaria fra due o tre anni. Egli suona già qualunque cosa in modo strabiliante e compone dei pezzi assolutamente piccanti ». Spero che queste mie parole contribuiscano a modificare l’apprezzamento ingiusto e ch’esse valgano soprattutto a ridarci fiducia in noi stessi. Tale fiducia è uno degli elementi più preziosi per una rigenerazione completa. Essa, derivante dalla nozione del vero, ci permetterà di riflettere che, nel passato, ragioni storiche ed economiche hanno sempre costretto i nostri migliori ingegni a cercare fuori del nostro paese un campo d’azione che permettesse loro di vivere non meno che di manifestarsi. Ecco perché l’arte strumentale, emanazione prettamente italiana, ebbe 11 suo maggiore sviluppo aH’estero, dove non sono mancati solidi ingegni c talvolta anche veri geni, ma dove proprio e soltanto i nostri artisti hanno insegnato e diffuso tesori di erudizione e di ispirazione artistica. Ricordiamo che, malgrado ciò, le tradizioni più pure della scuola classica italiana non sono andate perdute (5J Musicologo (1877* 1944).