Di lui si sa solamente che è nato cento anni dopo la scoperta delle Americhe. Anche il suo vero nome è andato perso. Tutti lo conoscono semplicemente come il Grande Scomunicato. È stato l’uomo più potente al servizio del Papa. Il più malvagio. Il male, nella Santa Città, è stata la sua miglior raccomandazione. Ma anche la sua dannazione. Per un fraintendimento fatale è caduto in disgrazia. È stato condannato a vagare per l’eternità, emarginato da ogni comunità religiosa e civile. Ma poi il Grande Scomunicato giunge in un deserto senza nome, popolato solo da dodici coppie di “mentecatti”, uomini e donne che non conoscono il trascorrere del tempo. Che non sanno cosa siano la malattia e la morte. Ed è qui che il Grande Scomunicato può tessere nuovamente la sua rete malvagia e gettare le fondamenta della sua dittatura, basata sulla corruzione del corpo come dello spirito. Innalzerà superbamente una città in pieno deserto e condannerà i suoi sudditi a vivere nel terrore. Solo l’amore di un ragazzo per l’unica figlia del dittatore si opporrà al suo regno. Solo la loro passione indicherà la via per una possibile rinascita umana e naturale. Ma saranno loro due soltanto contro la crudeltà del tiranno. Luca Di Fulvio è uno straordinario Cappellaio Matto che ci affascina con l’ambizioso sogno del Grande Scomunicato. Difficile tornare al di qua dello specchio, perché parla di noi, delle nostre debolezze, delle nostre paure e delle nostre vittorie. E quando chiudi l’ultima pagina, hai voglia di inventare un sogno tutto per te. Se Lewis Carroll e Tim Burton avessero potuto lavorare insieme, avrebbero scelto di raccontare questa storia