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deshimaru, lo zen e le arti marzia PDF

60 Pages·2005·0.45 MB·Italian
by  Unknown
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TAISEN DESHIMARU LO ZEN E LE ARTI MARZIALI TRADUZIONE DI FAUSTO GUARESCHI PRESENTAZIONE DI MARC DE SMEDT POSTFAZIONE DI CLAUDE DURIX Titolo originale:Zen et ats martiaux © ÈDITIONSSEGHERS, PARIS, 1977 © 1995 SE srl via Manin 13– 20121 MILANO ISBN88-7710-313-2 2 DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI PRESENTAZIONE DI MARC DE SMEDT Nel 1975, durante una sesshin, in Svizzera, di iniziazione alla pratica dello Zen e delle arti marziali, si avvertì il bisogno di approfondire i rapporti esistenti tra meditazione e azione. Il maestro Deshimaru tenne dunque alcuni kusen (insegnamento orale durante zazen) su questo tema e illustrò la vera filiazione dello Zen e delle arti marziali, che conducono entrambi allo «spirito della Via». Ogni combattimento, infatti, sia che si svolga dentro o fuori di noi, è sempre un combattimento contro noi stessi. Le nozioni fondamentali riguardanti il ki (l'energia vitale) - l'opportunità, la tensione, l'apprendimento della tecnica, la condizione del corpo, lo stato della coscienza e del risveglio spirituale - furono allora approfondite e poi illustrate attraverso alcuni combattimenti diretti dal maestro Yuno, ottavo dan di kendo, giunto espressamente dal Giappone per prender parte a questasesshin. Tutti i partecipanti poterono così sperimentare nell'intimo del loro essere le parole del grande stratega cinese Sun Tzu, che scrisse: Se conosci il tuo avversario e conosci te stesso, potrai combattere cento volte e cento volte vincerai. Se non conosci il tuo avversario e conosci te stesso, le possibilità di vincere o di perdere si pareggiano. Se non conosci il tuo avversario e non conosci te stesso, conoscerai solo sconfitte. Il dojo si trasformava, a seconda delle circostanze, in luogo di meditazione in cui regnavano la calma e il silenzio delle posture immobili in zazen, o in luogo di combattimento. Ma, al di là di ogni nozione di vittoria o di sconfitta, la grande lezione di quellasesshinfu che lo Zen e le arti marziali sono l'iniziazione alla vita e alla morte. I testi delle conferenze del maestro Deshimaru sono stati qui integrati da una serie di colloqui (mondo)che il maestro successivamente ebbe, nella sua stanza parigina, con alcuni discepoli. Hanno partecipato in modo particolare alla realizzazione di quest'opera Janine Monnot, Evelyne de Smedt, Claude Durix, Vincent Bardet, Fausto Guareschi, oltre a tutti i partecipanti allasesshinconsacrata allo spirito dello Zen e delle arti marziali. DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI 3 PARTE PRIMA «BUSHIDO»: LA VIA DEL SAMURAI La sala degli esercizi in cui s'impara l'arte della spada porta sin da tempi remoti questo nome: Luogo dell'Illuminazione. Eugen Herrigel, Lo Zen e il tiro con l'arco 4 DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI Bushido, la Via del samurai DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI 5 FORZA E SAGGEZZA Come divenire il più forte? Il più potente? Come rischiarare il proprio spirito, guidare la propria condotta, diventare saggi? Sin dagli albori della sua storia l'essere umano ha manifestato il desiderio di superarsi, aspirando a raggiungere la più grande forza e la più alta saggezza. Ma in qual modo si può diventare al tempo stesso forti e saggi? In Giappone si tenta di farlo attraverso la pratica delle arti marziali, o Budo, e attraverso la via dello Zen. Questo insegnamento tradizionale si è mantenuto, sebbene il Budo giapponese tenda attualmente a diventare dualista: si vuole imparare a esser forti piuttosto che a divenire saggi. Forza e saggezza: lo Zen ci insegna a unificare le due vie. Com'è noto, le possibilità del nostro corpo e della nostra mente sono limitate: è la sorte della condizione umana. L'uomo non può pretendere di possedere la forza fisica del Leone, né tanto meno di eguagliare la saggezza di Dio. Ma non esiste dunque una Via che permetta all'uomo di superare i limiti della propria natura? Di andare oltre se stesso? È per dare una risposta a questa aspirazione fondamentale che ilBudoha prodotto il waza, che può esser definito come un'arte, una tecnica superiore trasmessa dal maestro al discepolo, che può così elevarsi al di sopra degli altri uomini. Il waza del Budo giapponese risale all'epoca dei samurai. È un potere al di là della forza propria di un individuo. Lo Zen, da parte sua, ha creato un'altra tecnica superiore che non soltanto conferisce la forza fisica e mentale, ma apre anche la via di una saggezza simile a quella di Dio e di Buddha. Questa tecnica è zazen, consistente, com'è noto, nel rimaner seduti in meditazione nella postura tradizionale, nel camminare, nello stare in piedi, nel respirare correttamente. Zazen è un'attitudine mentale, lo stato di coscienza hishiryo, un'educazione profonda, complessiva. 6 DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI LA NOBILE LOTTA DEL GUERRIERO Il Budo, la Via del guerriero, designa l'insieme delle arti marziali giapponesi. Il Budo ha approfondito in maniera diretta le relazioni esistenti tra etica, religione e filosofia. Il suo rapporto con le discipline sportive è decisamente recente. I testi antichi che lo riguardano trattano essenzialmente della cultura mentale e della riflessione sulla natura dell'ego. In giapponese Do significa «la Via». Come praticare questa Via? Attraverso quale metodo la si può percorrere? Il Budo non è soltanto una tecnica, un waza, e ancor meno una competizione sportiva. Include arti come il kendo, il judo, l'aikido e il kyudo, ossia il tiro con l'arco. Eppure il kanji (l'ideogramma) bu significa anche «interrompere, arrestare la lotta». Poiché nel Budo non si tratta soltanto di competere, ma di trovare la pace e il dominio di se stessi. Do, come abbiamo detto, è la Via, il metodo, l'insegnamento per comprendere perfettamente la natura del proprio io. È la Via del Buddha, Butsu Do, che permette di scoprire realmente la propria natura originaria, di risvegliarsi dal sonnodell'ego assopito (il nostro piccolo io) e di raggiungere una personalità superiore, completa. In Asia questa Via è divenuta l'espressione più elevata della morale, e l'essenza di tutte le filosofe. Lo yin e loyangdell'I Chingo «l'esistenza è nulla»di Lao-tzu affondano qui le loro radici. Tutto questo significa che è possibile dimenticare il proprio corpo e il proprio spirito individuali, che si può cogliere lo spirito assoluto, il non-ego. Significa armonizzare, fondere il cielo e la terra. Lo spirito interiore lascia scivolar via pensieri ed emozioni. È totalmente libero da ciò che lo circonda. L'egoismo è superato. E questa la fonte delle filosofie e delle religioni dell'Asia. Lo spirito e il corpo, l'interno e l'esterno, la sostanza e i fenomeni non sono né dualistici né opposti, ma formano un'unità inscindibile. Le nostre azioni personali e quelle altrui sono in una relazione d'interdipendenza. « La vostra felicità dev'essere la mia, e se piangete, piangerò con voi. E se siete tristi lo sarò anch'io, e se siete felici lo sarò con voi ». Tutto è legato, tutto s'interpenetra nell'universo. Non si può separare una parte dal tutto: l'interdipendenza regge l'ordine cosmico. In cinquemila anni di storia orientale, la maggior parte dei saggi e dei filosofi si sono concentrati su questo spirito, su questa Via, e l'hanno trasmessa. Nello Shin Jin Mei, un testo molto antico di origine cinese, si dice: «La Via più alta non è ardua, ma non bisogna scegliere». Anche nel San Do Kai, un altro testo DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI 7 fondamentale dello Zen, si dice: «V'è separazione come tra una montagna e un fiume, se mantenete delle illusioni ». Lo Zen è la via per giungere al dominio del pensiero al di là di ogni discriminazione, al di là di tutte le categorie, e che ingloba tutte le espressioni del linguaggio. Questa dimensione può essere raggiunta attraverso la pratica di zazen e del Bushido. 8 DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI I SETTE PRINCÌPI La fusione del Buddhismo e dello Shintoismo ha permesso la nascita delBushido,la Via del samurai, che può esser sintetizzata in sette punti fondamentali: 1. Gi: la decisione giusta ed equanime, l'atteggiamento giusto, la verità. Quando si deve morire, bisogna morire. 2. Yu:l'abilità, il coraggio tinto d'eroismo. 3. Jin:l'amore universale, la benevolenza verso l'umanità. 4. Rei:il retto comportamento. 5. Makoto:la sincerità totale. 6. Melyo:l'onore e la gloria. 7. Chugi:la devozione, la lealtà. Sono i sette princìpi dello spirito del Bushido (bu: arti marziali; shi: guerriero; do: via). La Via del samurai è imperativa e assoluta. In essa è fondamentale la pratica che si manifesta attraverso il corpo e nasce dall'inconscio. Di qui la grande importanza conferita all'educazione del giusto comportamento. L'influenza tra Bushido e Buddhismo è stata reciproca, ma quest'ultimo ha determinato il primotramite cinque aspetti: 1. L'acquietamento dei sentimenti. 2. L'accettazione serena di fronte all'inevitabile 3. La padronanza di sé in qualsiasi circostanza 4. La maggiore intimità con l'idea della morte che con quella della vita. 5. La pura povertà. Prima della Seconda guerra mondiale, il mio maestro Zen Kodo Sawaki teneva delle conferenze ai più grandi maestri d'arti marziali, alle più alte autorità del Budo. In esse soleva dire che lo Zen e le arti marziali costituiscono un'unità. Nello Zen, come nelle arti marziali, la costanza è decisiva. «Per quanti anni devo praticare zazen?» mi domandano in molti, e io rispondo: «Fino alla vostra morte», e questo inquieta i miei interlocutori, perché gli europei vogliono imparare rapidamente, alcuni addirittura in un sol giorno! Anche nelBudobisogna perseverare fino alla morte. DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI 9 LE TRE TAPPE Shojin è la prima tappa, nel Budo come nello Zen: è un periodo di pratica, che dura dai tre ai cinque anni, con la volontà e la coscienza. In altri tempi si protraeva per oltre un decennio, in cui si perseverava nella pratica di zazen. Poteva accadere che dopo alcuni anni il maestro accordasse al discepolo lo shiho, la trasmissione. A quei tempi bisognava vivere in un tempio e seguire dellesesshin,ossia dei ritiri di meditazione, che duravano più giorni o più settimane. Nel Giappone attuale, lo shiho viene trasmesso di padre in figlio, ed è diventato un mero aspetto formale. Per questo motivo il vero zazen è in declino e non esistono quasi più veri maestri. In passato bisognava trascorrere almeno tre anni nei templi di Eiheiji o Sojiji prima di ricevere l'ordinazione. Ora è sufficiente un anno o ancor meno, o anche una sola sesshin, per poter diven-tare monaco. Chi è il vostro maestro? Questa domanda è decisiva. Ad essa la maggior parte dei monaci giapponesi risponderebbe: «Mio padre». Io ho avuto la rara fortuna di esser stato discepolo di Kodo Sawaki, un vero maestro. Il dojo di Kodo Sawaki era privo di ogni formalismo, diversamente da quello di Eiheiji! Il maestro diceva sempre: «Il mio è un dojo ambulante». Si recava di tempio in tempio, nelle scuole, nelle fabbriche, talvolta persino nelle prigioni. Il suo insegnamento aderiva alla vita. La seconda tappa, nello Zen come nel Budo, è quella della concentrazione senza coscienza, e ha inizio dopo loshiho.Il discepolo è in pace, e può diventare un vero assistente del suo maestro. Durante il terzo periodo, lo spirito attinge la vera libertà. Il discepolo diventa un maestro autentico, completo. Queste tre tappe sono comuni allo Zen e alBudo. 10 DESHIMARU- LO ZEN E LE ARTI MARZIALI IL SEGRETO DEL « BUDO », IL SEGRETO DELLO ZEN Un giorno, nell'epoca Tokugawa, un samurai, grande maestro di kendo, volle scoprire il vero segreto della sua arte. A mezzanotte si recò al santuario di Kamakura, salì i numerosi gradini che portavano al tempio e rese grazie al dio del luogo, Hachinam, un grande bodhisattva divenuto, in Giappone, il protettore del Budo. Ridiscendendo i gradini, intuì davanti a sé, sotto un grande albero, la presenza di un mostro. D'istinto sguainò la spada e l'uccise all'istante, inconsciamente. Il bodhisattva Hachinam non gli aveva rivelato il segreto del Budo, ma grazie a questa esperienza, sulla via del ritorno, comprese. L'intuizione e l'azione devono scaturire nel medesimo istante; non è permesso pensare nella pratica del Budo. Quando si agisce, intenzione e azione devono essere simultanee. Se ci si chiede: «Il mostro è là, come ucciderlo?», se si esita, è il solo cervello frontale a entrare in azione. Cervello frontale, talamo, ossia cervello profondo, e azione devono coincidere, agire nello stesso istante. Come il riflesso della luna che non rimase mai fermo sull'acqua fluente, mentre l'astro splende alto nel cielo, immobile. Questa è la coscienzahishiryo. Quando, durante zazen, esorto a rimanere perfettamente immobili, questo, di fatto, significa che non bisogna indugiare sui pensieri, ma lasciarli fluire. Rimanere immobili significa, in realtà, non esser fermi, non indugiare. È come una trottola che gira: può apparire immobile, e invece ruota vorticosamente. Non se ne può osservare il movimento che all'inizio e alla fine, quando progressivamente rallenta. Così la naturalezza nel movimento è il segreto del kendo, la Via della spada. Ed è il segreto del Budoe dello Zen. Questo stesso spirito vive in tutte le arti marziali, qualunque siano le loro differenze tattiche e tecniche. Così, il judo (ju: dolcezza; do: via) è la via della cedevolezza (yawara). Il maestro Kano ne fu il fondatore dopo la rivoluzione Meiji. I samurai, quei feroci guerrieri, apprendevano lo yawara, la tecnica della dolcezza. In Giappone i samurai dovevano imparare sia le arti della guerra che quelle della vita civile.Dovevano studiare il Buddhismo, Lao-tzu, Confucio e, nello stesso tempo, apprendere il judo, l'equitazione, il tiro con l’arco. Nella mia infanzia ho imparato lo yawaradal mio nonno paterno. Quello materno era invece dottore in medicina orientale. Ho così compreso, a poco a poco, che le arti marziali e lo Zen hanno un unico sapore, e che la medicina orientale e lo Zen costituiscono un'unità. Kodo Sawaki diceva che il loro segreto è Kyu Shin Ryu,«l'arte di dirigere lo spirito».

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