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dell'Ottimo commento alla Divina Commedia: Purgatorio e Paradiso PDF

682 Pages·2009·3.24 MB·Italian
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Preview dell'Ottimo commento alla Divina Commedia: Purgatorio e Paradiso

Università degli Studi di Napoli Federico II Dottorato di ricerca in Filologia moderna Coordinatore: Prof. Costanzo Di Girolamo Tesi di dottorato Ciclo XXII La «terza redazione» dell’Ottimo commento alla Divina Commedia: Purgatorio e Paradiso Candidato: Dott. Ciro Perna Tutore: Prof. Enrico Malato Cotutori: Proff. Corrado Calenda, Andrea Mazzucchi Napoli 2009 I NDICE 1. Introduzione: 1. L’Ottimo commento. 3 2. La «terza redazione» dell’Ottimo commento. 38 2. Prospetto delle sigle e bibliografia 98 3. Nota al testo: 107 1. I manoscritti. 107 2. Classificazione dei testimoni. 112 2.1. Rapporti tra BA e VA. 112 2.2. Rapporti tra BA e NY. 120 3. I vuoti strutturali di BA e NY. 130 3.1. Lacune d’antigrafo e inserzioni seriori nel codice BA. 130 3.2. La mano B: fonte esegetica e natura testuale. 135 3.3. La mano B: nota linguistica. 150 3.4. Le chiose singolari di NY. 154 4. Criteri di edizione e costituzione degli apparati. 159 5. Criteri grafici e di trascrizione. 161 6. «Terza redazione» dell’Ottimo commento: 163 Purgatorio. 164 Paradiso. 392 7. Indice dei nomi. 671 2 I NTRODUZIONE 1. L’O . TTIMOCOMMENTO 1.1. Nell’editio princeps del loro Vocabolario gli Accademici della Crusca indicarono con la designazione di Ottimo, scelta innanzitutto per ragioni di purezza linguistica e codificata dal primo ed unico editore, Alessandro Torri,a un commento anonimo alla Commedia, traendone, già nella prima impressione della monumentale opera, circa 1400 lemmi, destinati a crescere nelle edizioni successive.b Una delle prime menzioni del commento sembrerebbe risalire al Vasari, il quale ne riportò nella Vita di Cimabue (seconda redazione, 1568) la chiosa ai celebri versi di Purg., XI 94-96 («Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura»), e lo collocò intorno al 1334: nella dichiarazione de’ quali versi un commentatore di Dante, il quale scrisse nel tempo che Giotto vivea, e dieci o dodici anni dopo la morte d’esso Dante, cioè intorno agli anni di Cristo 1334, dice, parlando di Cimabue, queste proprie parole pricisamente: fu Cimabue di Firenze, pintore nel tempo di l’autore, molto nobile, di più che homo sapesse, et con questo fue sì arogante et sì disdegnoso che se per alcuno li fosse a sua opera posta alcun fallo o difetto, o elli da sé l’avesse veduto (ché, come accade molte volte, l’artefice pecca per difetto della materia in che adopra o per mancamento ch’è nello strumento che lavora) inmantenente quell’opra disertava, fussi cara quanto volesse. Fu et è Giotto intra li dipintori il più sommo della medesima città di Firenze e le sue opere il testimoniano a Roma, a Napoli, a Vignone, a Firenze, a Padova et in molte parti del mondo etc. Il quale commento è oggi appresso il molto rev. Don Vincenzio Borghini, priore degli Innocenti, [...] che ha meritato esser giuditiosamente eletto dal signor Duca Cosimo in suo luogotenente nella nostra Accademia del disegno.c a L’Ottimo commento della ‘Divina Commedia’: testo inedito di un contemporaneo del poeta, a cura di A. TORRI, Pisa, Capurro, 1827-1829, 3 voll. Rist. anast., con prefaz. di F. MAZZONI, Sala Bolognese, Forni, 1995. b Cfr. Vocabolario degli Accademici della Crusca con tre indici delle voci, Venezia, Alberti, 1612. A p. 3 n. n. della Tavola delle abbreviature si legge: «Comento sopra Dante, da alcuni chiamato l’Ottimo. Manuscritto. Oggi della libreria de’ Medici in S. Lorenzo di Firenze». c G. VASARI, Vita di Cimabue pittore fiorentino, in ID., Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architetti, Firenze, Le Monnier, 1846, 12 voll., vol. 1, p. 227. Cfr. inoltre Vita di Giotto, ivi, p. 336. Luigi Rocca collocò erroneamente il passo citato del Vasari nel 1550: il terminus post quem è sicuramente il 1563, anno in cui Borghini ricevette la suddetta nomina da Cosimo I. Cfr., per tutta la questione, ROCCA, p. 229 e M. CORRADO, Per l’identificazione di un nuovo esemplare borghiniano dell’‘Ottimo commento’ alla ‘Commedia’: il ms. Laur. Ashb. 832, in RSD, a. V, 2005, fasc. 1, pp. 161-181, spec. a p. 167. Per una disamina più approfondita della circolazione cinquecentesca dell’Ottimo, vd. il recentissimo contributo di M. CORRADO, Lettori cinquecenteschi dell’‘Ottimo commento’ alla ‘Commedia’ (Giambullari, Gelli, Vasari, Borghini, Salviati, Piero del Nero), in RSD, a. VIII, 2008, fasc. 2, pp. 394-409, dove si dimostra, tra l’altro, che la prima citazione esplicita del commento è riscontrabile nella «lettura» di Purg., XVI 85- 93, tenuta da Giovan Battista Gelli nel 1543 (a p. 400). 3 Pochi anni dopo, infatti, nel 1573, i «Deputati» fiorentini alla correzione del Decameron, tra i quali era Vincenzio Borghini, ricavarono da un siffatto apparato di glosse parecchi esempi per le loro Annotazioni, confermandone la datazione al 1333- 1334 e lodandone nel Proemio la bontà della lingua. Pur possedendo e studiando assiduamente il commento, il Priore degli Innocenti non riuscì, però, a dare un nome all’ignoto autore, che venne quindi da lui designato ora «il Buono», ora «l’Antico commentatore»: ma perché, come ad altro proposito si è detto, non si truova in un solo scrittore ogni voce, non è disutile di maggior momento senza comparatione, et per lingua et per dottrina et per notitia di molte proprietà di que’ tempi migliore, è un commentatore di Dante, del quale per diligentia che messa ci habbiamo, non ci è venuto fatto di ritrovare il nome, onde è da noi chiamato quando il Buono et quando l’Antico commentatore. Né è Benvenuto da Imola costui quantunque molte cose ne cavasse egli et molte, a parlar propriamente, ne copiasse: et la diversità di molti luoghi che sono in questo, facilmente ce ne assicura, oltre che fu generalmente Benvenuto nelle cose di filosofia e teologia di questo molto inferiore. La lingua è intorno al CCCXXX, cioè nell’ultima età di Dante, del quale fu coetaneo e forse familiare, dicendo egli sopra quel luogo: que’ cittadini che poi la rifondarno etc., havernelo dimandato et distesamente mette quivi tutto quello che nella novella della statua di Marte et di quelle favole degli antichi avea ritratto da lui. Et si conosce che cominciò questo commento l’anno CCCXXXIIII, dicendo chiaramente nel sopradetto luogo: onde caduto il ponte sopra il quale era la detta statua, sì come cadde la notte del die quattro di novembre MCCCXXXIIII, anno prossimo passato. Et nel Paradiso, dove mette per ordine i Maestri Generali dell’Ordine di S. Domenico: sedicesimo frate Ugo di Valsamano al presente, eletto nel MCCCXXXIIII. Potette nondimeno penare qualche anno a finirlo, ma questo, come è cosa non certa, così poco rileva.a Dopo l’ampio utilizzo del commento da parte degli accademici della Crusca, Antonio Maria Biscioni fece eseguire, verso la prima metà del Settecento, una copia del codice Laurenziano Plutei 40 19 (ricorrendo, per il Paradiso, al Laurenziano Plutei 40 2), costituita dagli attuali manoscritti II II 111-113 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (d’ora in poi BNCF), in vista di un’edizione che, tuttavia, mai venne realizzata. La conferma di questo progetto editoriale si ricava da una nota del 5 febbraio 1746 di Anton Maria Salvini, trascritta nel codice marucelliano A XXVII, a carta 131v: «Il sig. Can.co Biscioni [...] ha fatto copiare il Comento detto l’Ottimo sopra Dante, che è nella Laurenziana ed è grosso assai, e dico che andrebbe stampato col testo di Dante Purgato».b L’abate fiorentino Lorenzo Mehus, poi, nella Praefatio alla sua Vita Ambrosii Traversarii, edita nel 1759, inserì alcuni cursori riferimenti all’anonimo a V. BORGHINI, Annotazioni e Discorsi sopra alcuni luoghi del ‘Decameron’, Firenze, Giunti, 1574, pp. XVI-XVII. Cfr., inoltre, Le Annotazioni e i discorsi sul ‘Decameron’ del 1573 dei deputati fiorentini, a cura di G. CHIECCHI, Roma-Padova, Antenore, 2001, pp. 35-36. b Cfr. N. BIANCHI, Un capitolo dell’esegesi minore della ‘Commedia’ tra XVII e XVIII sec.: le postille di Anton Maria Salvini, in RSD, a. III, 2003, fasc. 1, pp. 135-155. 4 commentatore, definito «Anonymus Dantis interpres Poetae aequalis», il quale «super Dantis Comoedia circiter an. 1334 italice scribebat».a Sullo scorcio del secolo, nel 1790, l’erudito veronese Giovanni Jacopo Dionisi, nella sua Serie di Aneddoti, si soffermò a lungo sul commento, pubblicandone, poi, anche un breve saggio circoscritto al primo canto infernale.b Il lavoro presenta rilevanti novità nel panorama delle (ridottissime) indagini sull'Ottimo fino a quel momento condotte, in particolare per la quaestio attributiva: fra gli espositori danteschi, il più sterminatamente lungo di tutti e però il manco letto [...] è un Anonimo, da molti creduto il primo luminare della Commedia, forse perché dagli Accademici della Crusca e da’ Deputati al Decameron del Boccaccio egli è detto l’Antico ed anche (non so se per bontà di Commento o di lingua) il Buono e l’Ottimo.c Il Dionisi ipotizzava un autore presumibilmente ghibellino, attivo intorno al 1334, toscano, non di Firenze, «poiché, favellandone spesso, non dà il minimo indicio che a lei, né in bene, né in male appartenga»d e, tuttavia, di scarso rigore critico e argomentativo: «egli non ebbe niente o quasi niente di critica, ond’ei si credette e diede a credere delle cose da pigliar colle molle».e Il merito maggiore dell’erudito veronese consiste, ad ogni modo, nell’aver stabilito con grande lungimiranza l’alterità del commento rispetto alle chiose di Jacomo della Lana, contraddicendo per la prima volta quella tendenza diffusa già da tempo tra gran parte degli intellettuali che si accostarono all’anonimo commento.f Appurato che l’ignoto commentatore «d’altrui chiose fa egli in a L. MEHUS, Historia litteraria florentina, Firenze, Caesareo, 1759, p. CXXVII. Cfr., inoltre, pp. CLI, CLXXX, CLXXXII, CLXXXIX. b G. J. DIONISI, Serie di Aneddoti Num. V de’ codici fiorentini, Verona, Carattoni Stampatori Vescovili, 1790. Si vedano in partic. i capitoli XIV (De’ codici dell’Anonimo Commentatore, pp. 86-90), XV (Della simplicità dell’Anonimo Commentatore, pp. 90-94), XVI (Saggio delle spiegazioni dell’Anonimo Commentatore e di quelle di Jacopo della Lana, pp. 95-100), XVII (Se l’Anonimo sia Jacopo della Lana, pp. 101-107), XIX (Di alcune voci e maniere dell’Anonimo non registrate nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, pp. 113-119) e XXI (Si dà il Commento dell’Anonimo dal principio a tutto ’l primo capitolo dell’Inferno come giace nel Codice Laurenziano, regolata solo l’interpunzione, pp. 128- 136). c ID., ivi, p. 86. d ID., ivi, p. 88. e ID., ivi, p. 90 f Sull’attribuzione a Jacomo della Lana cfr. L. SALVIATI, Degli avvertimenti della lingua sopra ’l ‘Decamerone’, in ID., Opere, Milano, Società Tipografica Classici Italiani, 1809, 2 voll., vol. 2, pp. 220- 224; A. ZENO, in Giornale de’ letterati d’Italia, Venezia, appresso G. Ertz, to. VI 1711, art. IV, p. 183; G. M. CRESCIMBENI, Dell’istoria della volgar poesia, Venezia, Basegio, 1730, 7 voll., vol. 2, p. 272. Ipotesi a favore della paternità lanea del commento, successive al saggio di Dionisi, si leggono in L. PORTIRELLI, La ‘Divina Commedia’ di Dante Alighieri illustrata di note da L. P., Milano, Società Tipografica Classici Italiani, 1804-1805, 3 voll., vol. 1, p. XIX; U. FOSCOLO, Discorso sul testo della ‘Divina Commedia’, in ID., Studi su Dante, parte I, a cura di G. DA POZZO, Firenze, Le Monnier, 1979, pp. 528-535; A. GUALANDI, Giacomo dalla Lana bolognese primo commentatore della ‘Commedia’ di Dante Alighieri. Notizie biografiche con documenti, Bologna, Fava e Garagnani, 1865, pp. 32-37; LANA, vol. I, pp. 20-21. 5 più luoghi menzione»,a Dionisi sosteneva che «chi il crede di nazion bolognese e con Jacomo della Lana il confonde totalmente s’inganna»,b salvo imputare, poi, nel capitolo XVII, agli accidenti della trasmissione ovvero alle ingerenze dei copisti quella manifesta identità che sovente viene alla luce tra i due commenti: donde dunque dirassi la simiglianza o la copia che nel capitolo antecedente [cap. XVI] si vede? Sappiasi che nel codice di Jacopo della Lana, fin dal tempo de’ suoi traduttori latini, sono stati in gran parte inseriti, dove due, dove tre commenti diversi, uno de’ quali è appunto quel dell’Anonimo. Chi abbia fatto cotal unione non so di certo.c Altri excerpta delle glosse dell’Ottimo, ancora indicato come «Anonimo», comparvero poi nel volume IV dell’edizione in folio della Divina Commedia cosiddetta dell’Ancora tra il 1817 e il 1819,d seguiti da ulteriori florilegi di estratti dell’«Anonimo Fiorentino» utilizzati da Ferdinando Arrivabene in un saggio apparso poco prima dell’editio pisana.e Occorre attendere, infatti, fino al 1827-1829 per la pubblicazione dell’opera in tre ampi tomi a cura del veronese Alessandro Torri:f l’editore non ebbe a disposizione che due soli codici laurenziani, di cui l’uno, segnato Plutei 40 19, riporta tutte e tre le parti del commento, mentre l’altro, il Plutei 40 2, tramanda esclusivamente le chiose paradisiache, accanto ad un miscellaneo apparato notulare ricavato da diversi commenti. L’edizione pisana non è altro, quindi, che la riproduzione del testo tràdito dal Laur. Pl. 40 19, mentre nell’ultima cantica è segnalata in apparato la varia lectio del secondo codice: nei canti XXVIII-XXXIII le varianti divengono particolarmente consistenti ed estese, tanto da dover essere raccolte dal curatore in apposite appendici. Condotta quasi esclusivamente sulla base di un solo testimone, l’edizione Torri si presenta evidentemente scorretta: errori di ogni genere, omissioni e letture errate sono pressocché onnipresenti in questa infelice stampa. Così l’editore si rivolge «ai lettori benevoli»: i riscontri a poco giovano quando unico è il codice intero e scorretto n’è il testo, ché in molti luoghi [...] abbiamo dovuto porre in nota le storpiature che vi sono frequenti, fatte previamente le rettificazioni che a nostro giudizio richiedeva il discorso. E dove gli errori erano evidenti in quanto ai nomi di luoghi e di persone credemmo ufficio nostro il sostituire i nomi legittimi a G. J. DIONISI, Serie di Aneddoti, ecc., cit., p. 88 b Ibidem. c ID., ivi, p. 107. d La ‘Divina Commedia’ di Dante Alighieri, a cura di A. RENZI, G. MARINI, G. MUZZI, con [125] tavole in rame, Firenze, nella Tipografia all’insegna dell’Ancora, 1817-1819, 4 voll., vol. 4, pp. 39-251. e F. ARRIVABENE, Il secolo di Dante. Comento storico, in La ‘Divina Commedia’ di Dante Alighieri giusta la lezione del codice Bartoliniano, a cura di Q. VIVIANI, Udine, pei Fratelli Mattiuzzi nella Tipografia Pecile, 1823-1828, 3 voll., vol. 3/I, pp. 1-790; poi in vol. autonomo: F. ARRIVABENE, Il Secolo di Dante. Commento storico necessario all’intelligenza della ‘Divina Commedia’ colle illustrazioni storiche di Ugo Foscolo sul poema di Dante, Monza, Tipografia Corbetta, 18383. f L’Ottimo commento, ecc., cit. 6 senza neppure farne cenno o ben di rado, ché troppo nojosa ed inutile cura sarebbe stata il dare la serie interminabile di tali sfiguramenti [TORRI, vol. I, p. VI], salvo poi ammettere: confidiamo che i lettori benevoli [...] vorranno condonarci i falli in cui siamo caduti per difetto di cognizioni [...] né presumiamo di aver tolte o additate tutte le imperfezioni del nostro, ché anzi non poche ci accorgiamo rimanere [ivi, vol. I, p. IX]. Né fu l’unico il Torri a riscontrare tali imperfezioni, tanto che nel 1830 apparve a Firenze un Saggio di correzioni all’Ottimo Commento della Divina Commedia di Giovan Battista Piccioli,a in cui venivano espresse gravi riserve sul modus operandi con il quale era stata condotta l’edizione, anche e soprattutto attraverso la correzione di un consistente numero di passi del commento, «i quali, o non furono emendati, o [...] mal emendati dall’Editore»:b colla pisana edizione si appagò finalmente il comun voto; ma solo in parte: poiché il trascurato modo con cui fu quella eseguita lascia ancor molto a desiderare. Di fatti gli errori dell’antico copiatore del codice uniti a quelli del moderno Editore vi abbondano talmente, che poche sono le pagine, per non dire i periodi, ne’ quali il lettore non trovi qualche ostacolo a coglierne il senso. E rispetto ai primi, essi sono tali quali erano da aspettarsi da un amanuense, uomo senza lettere e al sommo grado ignorante. I secondi sono, quali esser doveano gli errori di un Editore di testi antichi, che toglie, cangia ed arbitrariamente corregge quanto, o non gli piace, o non intende.c Questo intervento scatenò un’aspra polemica tra i due letterati, come dimostrano la Risposta di Alessandro Torri alle osservazioni di Giovan Battista Piccioli e la successiva Risposta di Giovan Battista Piccioli al Signore Alessandro Torri, entrambe del 1830.d L’edizione procurata dal Torri, comunque, «scellerata stampa [...], che fa vergogna alla dantofilia e alla editoria italiana»,e costituisce a tutt’oggi, a distanza di più di un secolo e mezzo e nonostante i giudizi assolutamente negativi susseguitisi negli a G. B. PICCIOLI, Saggio di correzioni all’‘Ottimo Commento’ della ‘Divina Commedia’, Firenze, nella Tipografia all’Insegna di Dante, 1830. b ID., ivi, p. 5. c ID., ivi, pp. 3-4. d Cfr. A. TORRI, Risposta alle osservazioni del sig. G. B. Piccioli all’‘Ottimo Commento’ di Dante, Pisa, Nistri, 1830; G. B. PICCIOLI, Risposta al Signore Alessandro Torri, Firenze, Pagani, 1830. e G. L. PASSERINI, La vita di Dante, Firenze, Vallecchi, 1929, p. 382. 7 anni,a l’unico testo integrale di riferimento per l’Ottimo messo a disposizione degli studiosi.b I primi tre canti infernali, secondo la lezione del codice San Daniele del Friuli, Biblioteca Comunale Guarneriana 200 si possono leggere, inoltre, in un saggio del 1868 di Giusto Grion.c Quest’ultimo ritornò ancora sul problema della datazione e su quello attributivo, seguendo la linea dell’alterità del commento rispetto alle chiose lanee: [il] compilatore del commento sandanielese si volse liberamente e della compilazione dell’Ottimo e del lavoro originale del Lana, seguendo, però, una trama tutta sua; [...] io vorrei credere il commento volgare anteriore di non poco alla morte di Boccaccio, sebbene posteriore al commento di Pietro ed anche all’avventurosa lettera di Dante a Cangrande.d Giova ricordare, infine, che numerosi passi dell’Ottimo, ricorretti rispetto all’edizione Torri e rivisti su alcuni manoscritti fiorentini (in particolare i codici Laur. Pl. 40 19, Ashb. 832 e Conv. Soppr. 113), vennero pubblicati nella monumentale antologia del «secolare commento», promossa da Guido Biagi.e a Vari interventi recensori all’edizione Torri sono ricordati da P. COLOMB DE BATINES, Bibliografia dantesca, ossia catalogo delle edizioni, traduzioni, codici manoscritti e comenti della ‘Divina Commedia’ e delle opere minori di Dante, seguito dalla serie de’ biografi di lui, Prato, Aldina, 1845-1846, 2 voll., vol. 1, pp. 621-622. b Solo per il Purgatorio è fruibile un’edizione critica condotta sulla base di una completa escussione del materiale testimoniale e secondo i più moderni criteri ecdotici in M. CORRADO, L’‘Ottimo Commento’ alla Commedia (‘Purgatorio’). Studio della tradizione e testo critico del codice Ricc. 1004, tesi di Dottorato di Ricerca in «Civiltà del Medioevo e del Rinascimento», XVII ciclo (2002-2004), relatrice prof.ssa L. COGLIEVINA, Univ. degli Studi di Firenze, Fac. di Lettere e Filosofia, 2005. Cfr., inoltre, M. CORRADO, Uno stemma per l’‘Ottimo Commento’: il ‘Purgatorio’, in RSD, a. III, 2003, fasc. 2, pp. 253- 316. c G. GRION, Commento volgare ai tre primi canti della ‘Divina Commedia’ del codice di San Daniele del Tagliamento, in «Il Propugnatore», vol. I, 1868, pp. 332-55, 435-64; poi in vol. autonomo: Commento ai primi tre canti della ‘Divina Commedia’, non mai fin qui stampato, Bologna, Fava e Garagnani, 1868. Cfr. inoltre le osservazioni di T. LANDONI, Intorno al commento ai primi tre canti di Dante pubblicato dal cav. G. Grion, Bologna, Fava e Garagnani, 1869. d G. GRION, Commento volgare, ecc., cit., p. 333. e Cfr. La ‘Divina Commedia’ nella figurazione artistica e nel secolare commento, a cura di G. BIAGI, G. L. PASSERINI, E. ROSTAGNO, U. COSMO, Torino, UTET, 1924-1939, 3 voll. 8 1.2. Nel quadro dell’ermeneutica dantesca delle origini, l’Ottimo commento assume un ruolo di assoluta rilevanza, tanto in termini cronologici, quanto per le peculiari caratteristiche linguistiche e strutturali, connotandosi quale primo commento integrale alla Commedia prodotto a Firenze nel XIV secolo. Del tutto consapevole è il carattere che l’autore ha scelto per le sue glosse, concepite innanzitutto come una summa delle pregresse esperienze esegetiche. Nella prima parte del proemio generale (non rilevabile nell’edizione Torri per la caduta di una carta al principio del codice Laur. Pl. 40 19), l’autore manifesta, infatti, gli intenti compilatori: Intendendo di sponere le oscuritadi che sono in questo libro intitulato Comedia, composta per Dante Alleghieri fiorentino, e narrare le storie e lle favole della presente opera, e dare più piena notizia delle persone nominate in essa, delle chiose di più valenti huomini che a isponerle puosono loro utile fatica accolte le [ms. acciò che lle] infrascritte, e aggiuntevene alquante, cominceroe questo comento nel nome d’Iddio, Padre Figliuolo e Spirito Santo. [BNCF, ms. Conv. Soppr. J V 8, olim S. Marco 219, c. 1r]. Che si tratti innanzitutto di un auctor-compilator risulta evidente dal frequente ricorso al materiale esegetico disponibile a quell’altezza cronologica. È innanzitutto la prima cantica a mostrare rapporti fitti e diffusi con una siffatta tradizione, a partire dalle chiose all’Inferno in volgare di Jacopo di Dante, che l’autore sembrerebbe conoscere nella medesima lectio tràdita dalle cosiddette «Chiose Palatine». Il figlio di Dante è citato apertis verbis in un singolo codice (il Laur. Ashb. 832) in una glossa sulla Fortuna, a carta 16rb: «Giacopo di Danti sopra questa matera chiosa [...]».a Ancora per la prima cantica è indubbio il ricorso al commento latino all’Inferno elaborato intorno al 1324 da Graziolo Bambaglioli, cancelliere di Bologna, conosciuto secondo il testo del cosiddetto volgarizzamento toscano A.b Andrà rilevata a questo proposito la duplice occorrenza, a Inf., VII 89 e XIII 91, di due espliciti riferimenti al cancelliere, nominato espressamente «ser Graziolo»: il cancelliere di Bologna ser Graziolo chiosò sopra queste parole [...], [TORRI, vol. I, p. 121] a Cfr. S. BELLOMO, s. v. Iacopo Alighieri, in ID., Dizionario dei commentatori danteschi. L’esegesi della ‘Commedia’ da Iacopo Alighieri a Nidobeato, Firenze, Olschki, 2004, pp. 62-77 (pp. 75-77 in partic. per la bibl. cit.); ID., s. v. Chiose Palatine, in ID., ivi, pp. 222-225 (p. 225 in partic. per la bibl. cit.) e ID., s. v. Ottimo commento, in ID., ivi, p. 357. Cfr., inoltre, Chiose Palatine: ms. 313 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a cura di R. ABARDO, Roma, Salerno Editrice, 2005. Sul ricorso dell’Ottimo al commento di Iacopo Alighieri cfr. ROCCA, pp. 242-245; G. DE’ MEDICI, Le fonti dell’’Ottimo commento’ alla ‘Divina Commedia’, in IMU, a. XXVI, 1983, pp. 73-74. Cfr., poi, J. ALIGHIERI, Chiose all’’Inferno’, a cura di S. BELLOMO, Padova, Antenore, 1990. b Cfr. S. BELLOMO, s. v. Graziolo Bambaglioli, in ID., Dizionario, ecc., cit., pp. 112-124 (pp. 121-124 in partic. per la bibl. cit.) e G. BAMBAGLIOLI, Commento all’‘Inferno’ di Dante, a cura di L. C. ROSSI, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1998. Sui rapporti tra l’Ottimo commento e le glosse del Bambaglioli cfr., inoltre, ROCCA, pp. 245-246; G. DE’ MEDICI, Le fonti dell’Ottimo, ecc., cit., pp. 74-75. 9 e ancora: ma avegnaché queste parole sieno così de l’Autore scritte, neente meno Ser Graziolo dice [...]. [TORRI, vol. I, p. 248]. Da accertare, invece, i rapporti con il cosiddetto «Anonymus Lombardus», misterioso autore di un ristretto corpus di glosse latine estese alle prime due cantiche, il cui terminus ante quem sembrerebbe da fissare, per alcuni riferimenti interni al testo, al 1326;a altrettanto incerti appaiono, inoltre, i legami con le Expositiones all’Inferno di Guido da Pisa, note probabilmente all’Ottimo commentatore attraverso un’epitome in volgare contenuta nel manoscritto già Poggiali-Vernon, poi Ginori Conti (ora Ravenna, Bibl. del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali, 1).b Nel già citato codice BNCF Conv. Soppr. J V 8, inoltre, alla carta 130v, è trascritta una lunga chiosa sui destini oltremondani delle anime dei suicidi (Inf., XIII 93-108) attribuita esplicitamente al francescano Accursio Bonfantini († 1337), maestro di teologia e rettore in Santa Croce nel 1318, nonché primo lettore pubblico di Dante, secondo una notizia riportata dal Mehus e senza alcun altro riscontro: aetate quoque par erat [Danti] Accursus de Bonfantinis e Minorum familia Monachus, qui Dantis Comoediam exposuit. Bonfantini autem expositionem adlegat anonymus ille, qui super Dantis Comoediam circiter an. 1334 italice scribebat, ut supra dixi.c Il Mehus, dunque, annoverava tra le fonti esegetiche dell’Ottimo (definito, qui come altrove, «anonymus») il commento del Bonfantini: di quest’ultimo, tuttavia, non si conosce che la succitata chiosa a Inf., XIII 93-108, riportata proprio dal solo codice Conv. Soppr. J V 8.d Il «modo centonistico di operare»e dell’Ottimo commentatore si realizza in maniera precipua nel rapporto con il commento volgare, per la prima volta esteso a tutta la Commedia, del bolognese Jacomo della Lana, anch’esso conosciuto secondo una lezione dalla patina linguistica fortemente toscanizzata. Anche se totalmente assenti le esplicite chiamate in causa dell’autore, l’apparato laneo costituisce, dato l’altissimo numero dei rimandi, la fonte esegetica privilegiata dell’Ottimo commento, che dunque a Cfr. S. BELLOMO, s. v. Anonimo Latino, in ID., Dizionario, ecc., cit., pp. 102-111. Cfr. inoltre, 3.4., pp. 154-158. b Cfr. S. BELLOMO, s. v. Guido da Pisa, in ID., Dizionario, ecc., cit., pp. 268-280 e ID., Primi appunti sull’’Ottimo Commento’ dantesco. II. Il codice Palatino 313, primo abbozzo dell’’Ottimo Commento’, in GSLI, CLVII, 1980, pp. 532-540 c L. MEHUS, Historia litteraria florentina, cit., p. CLXXXII. d Cfr. G. DE’ MEDICI, Le fonti dell’Ottimo, ecc., cit., pp. 71-123, spec. a p. 78; S. BELLOMO, s. v. Accursio Bonfantini, in ID., Dizionario, ecc., cit., pp. 189-191. e S. BELLOMO, s. v. Chiose Palatine, in ID., Dizionario, ecc., cit., p. 223. 10

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riferimenti biografici su alcuni personaggi della Commedia.c Nella glossa su Geri del. Bello a Inf., XXIX 31, inoltre, è riportata la citazione di un motto
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