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Deleuze e i concetti del cinema PDF

144 Pages·2012·3.986 MB·Italian
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Daniela Angelucci Deleuze e i concetti del cinema Quodlibet Prima edizione: giugno 2012 © 2012 Quodlibet Srl Via Santa Maria della Porta, 43 - 6zioo Macerata www.quodlibet.it Stampa a cura di PDE Spa presso lo stabilimento di L.E.G.O. Spa - Lavis (TN) ISBN 978-88-7462-474-4 Volume pubblicato con un contributo del Dipartimento di Filosofia dell'Università degli studi Roma Tre. Indice 7 Premessa II I. Movimento 2. Tempo Z3 35 3- Virtuale 45 4- Modernità 61 5- Falso 75 6. Vita 87 7- Ripetizione 97 8. Simulacro 107 9- Sadismo 117 10. Caso 131 Bibliografia 139 Indice dei nomi 145 Indice dei film Premessa L'uomo è l'animale che va al cinema. Giorgio Agamben L'idea che anima questo libro è quella espressa nelle pagine finali dei volumi sul cinema di Gilles Deleuze, in cui viene affer- mata la coincidenza tra arte cinematografica e filosofia. Imma- ginando un'ora fatidica, «mezzogiorno-mezzanotte», in cui chie- dersi che cos'è il cinema significa domandarsi anche cos'è la filo- sofia, Deleuze dà inizio a un modo inedito di intendere il rap- porto tra le due pratiche, l'uno creazione di immagini, l'altra invenzione di concetti. In questo nuovo scenario, la filosofia non considera l'insieme dei film - e magari soltanto il contenuto nar- rativo - semplicemente come serbatoio di esempi per avvalora- re le sue riflessioni, come a volte accade nell'attuale panorama della filosofia del cinema, che in tal modo arriva spesso a trat- tare le scelte stilistiche come se fossero un semplice complemen- to. Tra cinema e filosofia si instaura invece un rapporto di radi- cale analogia, per cui si può dire che entrambi si occupano, ognuno con i propri strumenti e i propri mezzi di espressione, degli stessi problemi. Ma quale forma assume questo rapporto? Se «per imparare a pensare non è mai bastata la buona volontà» - è ancora Deleuze che lo scrive, nel momento in cui si pone la domanda diretta sulla natura della filosofia -, se cioè è necessario sentirsi spinti da un'urgenza, questo bisogno emerge quando il filosofo, più che commentare la produzione di un regista, avverte di avere con lui una questione, una causa in comune. Questa sorta di amicizia fondata sulla condivisione di un medesimo obiettivo, della stes- sa preoccupazione, è anche il motivo che spinge Deleuze ad occu- 3 6 DELEUZE E I CONCETTI DEL CINEMA parsi di un aurore della tradizione filosofica o di un artista; con il cinema tuttavia questo incontro sembra avvenire in modo più spontaneo e forte rispetto alle altre arti, poiché si determina a partire dall'impatto, a volte anche violento, delle immagini. E spesso queste immagini rivelano una «attitudine inaspettata» a mostrare la vita del pensiero condensata in una visione. In questo senso, il vero oggetto della teoria del cinema sono i concetti che il cinema suscita, in quanto pratica delle immagi- ni. E in questo senso, soltanto la filosofia, in quanto pratica con- cettuale, potrà arrivare a «costituire i concetti del cinema stes- so», come recita l'ultima frase di Immagine-tempo, nonché il titolo di questo libro. Attorno ad alcuni di questi concetti, dieci in tutto, si concentra il nostro percorso, che vuole essere in primo luogo un'introduzione al pensiero sul cinema di Deleuze, ma si concede anche di rimarcarne soprattutto alcuni aspetti, tentando di evitare, come diceva lo stesso filosofo, una doppia ignominia: quella dell'eccessiva erudizione, che rende complica- ta e noiosa la lettura, ma anche quella dell'esagerata familiarità, che tende a riprodurre lo stile dell'autore, operazione che con- duce sempre a pessimi risultati. L'itinerario prevede quindi un'esposizione, nei primi quattro capitoli, delle tappe fondamentali di L'immagine-movimento e L'immagine tempo, sulla scorta del pensiero di Bergson. In primo luogo, le questioni del cinema che Deleuze definisce classico: l'idea che il movimento sia connaturato all'unità piiì piccola del film, ovvero il piano-sequenza, e la declinazione dell'immagine cinematografica in percezione, azione e affezione (cap. I). In secondo luogo, l'emergere del cinema moderno: la possibilità di una resa in immagine del tema del tempo, che, indipendentemen- te dal procedere della trama, diviene protagonista attraverso l'ap- parizione e la diffusione di un nuovo stile cinematografico (cap. II). Nel descrivere le due epoche del cinema, si terrà conto soprat- tutto del passaggio alla modernità, del momento in cui, a partire dal neorealismo e dalla nouvelle vague, questioni filosofiche come quella della virtualità e del falso sembrano assumere il ruolo di personaggi stessi dei film (capp. III-IV). La parte centrale del libro è invece una sosta nella costellazio- ne di problemi che ha origine dal tema del falso, inteso come PREMESSA capacità dell'arte, e del cinema in particolare, di un procedere sempre nuovo e originale che si collochi oltre la questione della verità (cap. V). Il superamento della veridicità e del giudizio signi- fica per Deleuze credere alla vita come forza affermativa e a un sistema di valori immanenti (cap. VI); il divenire di una realtà così concepita si costituisce tramite una serie di atti e invenzioni simili a quelli del procedere dell'arte, che non imita, ma ripete il reale. Si tratta di una ripetizione, pensiamo al dispositivo cine- matografico, che si determina però già in origine come sposta- mento e, paradossalmente, come differenza (cap. VII). Per quel che riguarda la questione del falso come potenza dell'arte e del cinema moderno, è Orson Welles il regista con cui Deleuze ha in comune una causa; all'origine di questo incontro si può colloca- re il pensiero di Nietzsche, ispiratore del concetto di vita come forza che tende incessantemente a superare se stessa, e come ade- sione «alla terra e agli uomini». Per la ripetizione, andremo inve- ce a cercare una causa comune con Freud, una ricerca difficile - e dagli esiti meno ovvi rispetto alle amicizie filosofiche e cinema- tografiche appena proposte - sostenuta dall'idea che un passag- gio dalla coazione a ripetere alla ripetizione come spostamento differenziale si possa intuire già in alcuni scritti freudiani. Verrà proposta, infine, la lettura di alcuni film in risonanza con particolari categorie filosofiche deleuziane: la linea di pensie- ro che dalla ripetizione come differenza conduce al tema del dop- pio e del simulacro viene ripresa attraverso un film di Raul Ruiz (cap. Vili); nel film The most dangerous game {Caccia fatale) di Ernest Schoedsack e Irving Pichel individueremo una trama, dei personaggi, dei luoghi descritti e costruiti in modo tale da con- fermare l'interpretazione, critica e clinica insieme, del sadismo (e del masochismo) presentata da Deleuze in II freddo e il crudele (cap IX); un confronto con la pittura di Picasso mostrato al lavo- ro nel film di Henri-Georges Clouzot ci fornisce l'occasione per evidenziare il tema del caso, della involontarietà e della libertà dell'azzardo, nei processi pittorici e nell'arte in generale (cap. X). Da alcuni anni mi occupo di estetica del cinema assumen- do come prospettiva quella alla base del percorso di Deleuze. Pertanto alcuni di questi temi - in particolare il falso, la vita,

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