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Del Senso PDF

319 Pages·1974·188.057 MB·Italian
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A.IGreimas SB IIlt!!illIJI!J Miif f• h acuradiUmbertoEco Ii"lncu•mnfm tè~m ii ~ Im ~ ~ fin - • • • • -nn1;.fium.1@fin~Im ! . cm • ••• tm iNlhihtt iffl FmEffl!H tttifèoti@fu, 1ml ~ ~•m'l ~ tmm (filfèliOfflt ~(•Jifffilt9 cffl ciiffltiftcg~mmgm~Gi41R4bn1-fmffm cfufful Cimmm'lìfifit•nfl <ffl ~ lhtè~iièh llil~~ ~cffl~~'!'lt':0:@~tf~.t;tg ~ fiif.liriJ r:fflI'tw1nHdbm mm fm ~ n.1111 ~l#Olt9 ~ m{ tqjiloiit,1 ~ ~ A'nc4m, ~ ~ 1•"01fili"Grmm.m)1ffihffiftffl 1m ~ ~~ ~~==,~~~;~m Q.Af•~ cffl ~ ti'fft4i;c,1i@f!l~~ fmltft@(ff!mfdmjfmfmllg-~ R:Jiltmil mi Cilfm §Il- ~ ~ ~ @tJiil_g ~ ~FDa ~fd[tg~mffm~~iilii~mffm. gJl:JiiOit1'fflim hH=~ rumftmffm @ ~ ~ ~ ~-@Cffl@ffl.!Jf r;r.mtt-iffltnmf1 m,ffi~~ !M - ~ I C!bil filt!)Jl,imrtl@cfufful ~ tiMVJ!)iHffJ1 miThl cfi41 ~ f:NiJ.ffi [t{t)ìj1,1i~ [§f!L ~ rg~ = e .!bflbm l.indlnm ~ !iJiffil !rn i!Al!m;fu mal 11.\im OOiil i ~~~~~~~ m~ . Studi Bompiani 8 Il campo semiotico a cura di Umberto Eco \ l I I ..j_ _ Titolo originale: Du Sens © 1970 by Editions du Seuil, Paris © 1974, Casa editrice Valentino Bompiani & C. S.p.A, Via Pisacane, 26 - Milano CL 04-1461-l Algirdas Ju lien G reimas Del senso Traduzione di Stefano Agosti Bompiani IL SENSO SUL SENSO È estremamente difficile parlare del senso e dire su di esso qualcosa di sensato. L~unico mezzo per raggiungere tale scopo sarebbe quello di costruirsi un linguaggio che non significasse ,nulla: in tal modo verrebbe stabilita una distanza oggettivan te che permetterebbe di tenere discorsi sprovvisti di senso su discorsi sensati. Tale è appunto il sogno e l'aspirazione dei logici, i quali hanno addirittura inventato l'espressione "sprovvisto di sen so~ per caratterizzare una determinata classe di parole grazie alle quali risulti possibile parlare di altre parole. Purtroppo l' espre·ssione "sprovvisto di sen~o" non è affatto sprovvista di senso; essa è anzi all'origine delle filosofie dell'assurdo. D'al tra parte, nemmeno le parole che essa concerne lo sono: se ci interroghiamo sul senso di "e", di "o", di "se", e se sostituia mo ad esse "congiunzione", "disgiunzione", "possibilità", non facciamo altro. che intraprendere quella corsa circolare e interminabile verso i sinonimi e·l e definizioni che, nelle pagi ne dei dizionari, si succedono, incrociandosi, gli uni alle altre. Naturalmente, ci si potrà sempre fermare su una qualsiasi piattaforma metalinguistica, e dire a se stessi che non si pro cederà più oltre, che i concetti inventariati permangono inde finibili, e che è tempo di passare a cose più serie, e cioè alla fondazione di una assiomatica che sola permetterà di ridiscen~ dere, di gradino in gradino, sino al senso delle parole e agli effetti che le loro combinazioni producono in noi. È forse la procedura più saggia, ma è anche urìa confessione d'impotenza. Ci si può anche sbarazzare provvisoriamente di questo sen so ingombrante spostandone la problematica. Un quadro, una poesia, non sono çhe pretesti,. in quanto non hanno · che quel senso - o quei sensi - che noi conferiamo loro. Ed ecco il noi elevato a istanza suprema del senso: è questo noi che impone DEL SENSO 8 e? il filtro culturale d_ella nost~a pe~cezio~e "~el f?~ndo,,, è lui che seleziona e ordma le epistemi che si 1mplicitano m que gli oggetti particolari - _q uad~i, poesie! ra~con_ti - ~ quali non sono altro che il risultato di determmatl sviluppi e connes sioni del significante. L'~pe:a.zio~e. è _riuscit~, _il senso è _stato evacuato dagli oggetti sign1ficat1vi, il rela!i~i~mo ha vinto: il senso non è più là, tutti i sensi sono possibili. In realtà nul la è mutato e la medesima problematica - con le medesime tassonomie ~pistemiche e le stesse combinazioni si~tattiche - finisce per porsi di nuovo a un livello più "profon~o" o, semplicemente, diverso. Il problema del sen~o resta mtatto, comunque esso venga collocato: appena dietro le parole, davanti alle parole o dopo le parole. Qualche tempo fa si pensava,. e lo si_p ensa ancor oggi, di stornare la difficoltà affermando, sulla traccia di Saussure, che le parole non hanno senso, che vi sono soltanto opposizioni e relazioni, le quali conferiscono qualche parvenza di senso ai ter mini che esse stesse sommuovono. Purtroppo le parole, così destituite di senso, non fanno altro che trasmetterlo alle rela zioni, le quali, da parte loro, continuano a significare, anche se in maniera meno diretta e soprattutto più elastica, dando così adito, ancora una volta, a quel famoso dinamismo che è, quasi sempre, semplicemente una licenza metodologica e una orgia di termini. Ma vi è, soprattutto, un ostacolo maggiore: quello rappresentato dalla nostra inevitabile inserzione nell'uni , I verso chiuso del discorso, da cui consegue che, non appena apriamo la bocca e ci mettiamo a parlare di relazioni, queste si trasformano come per magia in sostantivi, vale a dire in termini di cui siamo ·c ostretti a negare il senso postulando nuove rela zioni, e così all'infinito. Ogni metalinguaggio che possiamo in ventare o immaginare per parlare del senso . è non solo un linguaggio significante ma anche sostantivamente, che coagula ogni dinamismo del progetto in una terminologia concettuale. A questo punto, arriviamo a dirci che i nostri predecessori non '?ra~ò poi così sprovveduti come in genere si pensa, quan ?o dichiar~vano -:- al modo di Bloomfield, ad esempio - che il senso esiste sì come un'evidenza, come -un dato immediato, ma che non s_i può _dirne niente di più. In ogni caso, costoro hanno_ ~vuto il merito di riqurre il problema a un livello più a~cessibile, cercando di studiare le condizioni della manifesta zione del_ senso, vale a dire descrivendo quella copertura sono ra O g~afica che, pur non avendo nulla a che vedere col senso, lo lascia comunque filtrare e giungere sino a noi. Se, alla resa SUL SENSO 9 dei conti, la lor~ im~res~ è_ fallit~; ciò è dovuto in parte al fatto che - soddisfatti dei risultati ottenuti nell'analisi del si gnifica~te -:- essi sono p_assati ai morfemi, ossia ai segni, pen sando 1n certo modo d1 eludere, grazie a procedure formali il sen·so e di passare insensibilmente da un livello all'altro, d~ un al di qua del senso alla distribuzione delle significazioni. Essi ci hanno comunque trasmesso il concetto di "senso nega tivo", e cioè la possibilità di dire che "passo" non è "bas so", in quanto fra i due vi è uno scarto di senso. Ed ecco che l'immenso lavoro compiuto per evitare la colli sione col senso non solo si giustifica in sé, ma assume, per noi, un senso nuovo: le cosiddette procedure di descrizione e di messa a nudo del piano del significante diventano, per la semantica, procedure di verifica, da utilizzare contemporanea mente alla descrizione della significazione. Se il menomo mu tamento nello stato del significante segnala qualche mutamen to di senso,. inversamente non si dovrà registrare il menomo mutamento di senso qualora non possa essere verificato trami te il rilievo d'uno scarto corrispondente nel significante. Non ci dobbiamo comunque fare illusioni: tali procedure non ci dicono nulla sul senso: esse non fanno altro che stabi lire una correlazione di controllo fra i due piani autonomi del linguaggio. Se la descrizione della significazione permane arbitraria, le procedure di controllo ne garantiscono in ogni caso - e in larga misura - la coerenza interna. E la coerenza, come si sa, resta uno dei rari criteri di verità che l'uomo ab bia immaginato. Per riflettere comodamente su questo "scarto differenzia le", possiamo ipotizzare una condizione figurativa; e immagi nare un fondale di fumo allestito per noi - l'universo del sen so - e proprio dinanzi a tale fondale una ragnatela appena visibile, fatta di migliaia di scarti differenziali intrecciati: è la visione saussuriana del linguaggio. È evidente che quella ra gnatela articolata non corrisponde affatto a ciò che è realmen te alla portata della nostra percezione, al mondo variegato! pesante e cristallizzato delle cose; e che di conseguenza quegh scarti differenziali non si producono direttamente in questa "sostanza,,, ma sono, al contrario, semplicemente delle conse guenze della presa di possesso delle disconti_nu~tà, in un mon: do di cui non sappiamo nulla; ciò che costituisce lo scarto e - f'I 1: ,I DEL SENSO 10 1a fondazione d'una relazione, d'una differenza fra gli aspetti paragonabili delle cose, . Per poco che si dconosca eh~ tale _presa d1 possesso è logi camente anteriore allo scarto r1conoscmto come tale e che se ne deducano le conseguenze - affermando, a esempio, che la sostanza del significante è semplicemente un pretesto che per mette la presa di possesso del senso, che essa è "informata" da quest'ultima, e che la forma del significante, ossia l'insie me degli scarti, deriva, come un'articolazione, dalle operazioni di quella presa di· possesso medesima - il problema delle · condizioni della significazione, posto correttamente sul piano del significant·e e del ·non senso, rimbalza e vien~ a situarsi proprio nel cuore della manifestazione del senso. Infatti il problema della costituzione .d el significante è già il problema del senso. II concetto, cosl rassicurante, di senso negativo, non appare maggiormente fondato di quanto Io siano, per tut to il resto, le procedure inventate dallo strutturalismo forma lista di. qualche anno fa. Ciò che è imbarazzante, non è tanto questo ritorno alle ori gini del senso, quanto piuttosto la constatazione _che ogni ri flessione sulle condizioni di base .d ella presa di possesso del senso - o, se si vuole, della produzione o della generazione del senso - non fa che imbattersi in concetti epistemologici d'ordine generale quali quélli del medesimo e dell'altro, della negazione e dell'affermazione, del soggetto e dell'oggetto, del la forma e della sostanza, ecc. Senza volerlo,· ci troviamo così immersi di nuovo nella "filosofia eterna"; continuando su· questa strada, rischiamo di trasformarci da linguisti, mestiere in cui ci sentivamo più o meno a nostro agio, in cattivi filo sofi. Riflettere sulle condizioni necessarie della manifestazione del senso, comporta infatti, inizialmente, è di necessità, l'e splicitazione e ·la manipolazione di tutti quei concetti che stanno alla base delle diverse teorie della conoscenza e di tut te le categorie assiomatiche con cui si costruiscono i linguaggi formali, logici e matematici. In un concerto epistemologico la voce di un semiotico corre il rischio di farsi sentire ben poco. Ma è forse questa una ragione plausibile per affidare agli altri la cura di definire la semantica? La preoccupazione fondamentale del filosofo è quella di comprendere: egli costruisce così, per se stesso, un discorso sul senso che è come un'immensa metafora isotopa 1 del mon- 1 Col termine di isotopia, intendiamo generalmente un fascio di cate-

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