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Dante Alighieri nella biblioteca reale e immaginaria di Ippolito Nievo. PDF

215 Pages·2013·1.25 MB·Italian
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Preview Dante Alighieri nella biblioteca reale e immaginaria di Ippolito Nievo.

Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Filologia e letteratura italiana Tesi di Laurea Dante Alighieri nella biblioteca reale e immaginaria di Ippolito Nievo . Relatore Ch. Prof. Saverio Bellomo Laureanda Sofia Facchin Matricola 834051 Anno Accademico 2012 / 2013 1 Ad E.B. Tu fosti come l’onda che va e viene sul piede arenoso dello scoglio. Saldo come la rupe io l’attesi sempre. I. Nievo, Le Confessioni d’un italiano 2 INDICE Introduzione……………………………………………………………………………………5 Tavola bibliografica. Abbreviazioni e sigle……………………………………………...…….7 Parte prima DANTE ALIGHIERI NELL’OTTOCENTO ITALIANO I. Leggere Dante alla luce di Nievo: una ipotesi di lavoro………………………………….9 I.1 Le età dell’uomo……………………………………………………….……………16 I.2 Pisana, Beatrice moderna?...........................................................................................23 I.3 Il viaggio…………………………………………………………………………….28 II. La riscoperta ideologica di Dante………..……………………………………….............33 II.1 Libertà……………………………………………………………………………...38 II.2 Patria……………………………………………………………………………....43 II.3 Italia……………………………………………………………………………......45 III. I commenti a cavallo di quei due secoli………………………………………………....52 Parte seconda BIBLIOTECHE REALI E IMMAGINARIE I. La biblioteca come prigione………………………………………………………………63 II. La lettura come consapevolezza…………………..……………………………………..72 III. Il dantino di Ippolito Nievo……………………………………………………………...78 IV. I discendenti di Dante nella biblioteca di Carlino e di Ippolito Nievo…………………..87 3 Parte terza LA VARIA PRESENZA DI DANTE ALIGHIERI NELL’OPERA DI IPPOLITO NIEVO I. L’epistolario nieviano…………………………………………………………………..100 I.1 Lettere a Matilde Ferrari……………………………………………………….101 I.2 Lettere agli amici………………………………………………………………108 I.3 Lettere alla famiglia……………………………………………………………120 II. Antiafrodisiaco per l’amor platonico………………………………………………….122 III. Le raccolte poetiche di Ippolito………………………………………………………...130 IV. Amor profano, amor di patria……………………………………………………….….157 V. Breve digressione su Francesco Petrarca…………………………………………….….165 VI. Due romanzi. Due lettrici………………………………………………………………170 VII. L’archetipo dantesco nell’incontro amoroso infantile: l’influsso del numero nove…..178 Parte quarta QUALCHE ALTRO SPUNTO DI RIFLESSIONE I. Appelli al lettore………………………………………………………………………...186 II. Sopra un canto dantesco………………………………………………………………..196 Bibliografia…………………………………………………………………………………204 Ringraziamenti……………………………………………………………………………...215 4 INTRODUZIONE Gli studi su Nievo non sono più inadeguati, come scriveva Pier Vincenzo Mengaldo1 all’inizio degli anni Ottanta, perché di Ippolito in generale si è cominciato a proporre una visione meno angusta quale gli è spesso stata riservata attribuendogli l’epiteto di poeta soldato. Ciò è la conseguenza di un aumento degli studi critici ed interpretavi non solo sulle Confessioni, ma anche sugli altri suoi scritti. Questo ha permesso di delineare il tipo di cultura di cui lo scrittore si ciba per comporle, e che di riflesso gli appartiene. Molto però si deve ancora fare, a mio parere, riguardo i singoli influssi. Questa trattazione si propone proprio lo scopo di indagare, o almeno di tentar di fare luce, su una specifica fonte: Dante Alighieri. Il problema di tale lavoro è nel distinguere tra la biblioteca dei protagonisti delle opere narrative di Ippolito e quella di Nievo stesso. La questione è complessa se si considera che la venerazione dantesca è un elemento che appartiene sia a Carlo Altoviti, protagonista delle Confessioni, sia allo stesso Ippolito. Carlino è una specie di Don Chisciotte al positivo perché se l’uno si fa influenzare fatalmente dalla letteratura, perdendo la ragione, l’altro non sui libri, ma dai libri costruisce la propria identità. E momento importante di questo processo di conoscenza è la scoperta del dantino, che si caratterizza come una vera e propria lettura di iniziazione alla maturità. Non è Carlino che legge Dante, ma il contrario perché egli si ritrova nelle pagine del libricciuolo. E ciò vale anche per Nievo che ammette che l’Alighieri “avea preveduto tutto!”2, cioè ha saputo rappresentare tutta la gamma dei sentimenti umani. Quantificare, censire e studiare questa influenza tra narratore e autore è ciò che ci proponiamo. La riscoperta ottocentesca di Dante è un aspetto della critica dantesca ampiamente affrontato, come dibattuto e indagato è tale influsso nei principali poeti che in quel tempo operano e scrivono, ma ad esclusione di un saggio di Giannetti3 il tema non è mai stato affrontato nello specifico per questo autore. Il lavoro si dipana su diversi piani: dopo qualche primo spunto di lettura, entriamo nell’ottica ottocentesca per cercare di capire le aspettative che si depositano su un autore che nei secoli precedenti è poco frequentato. La seconda parte è dedicata esclusivamente al censimento della 1 “L’impressione irrefutabile di ogni utente della bibliografia critica su Nievo è comunque sempre quella di una sua generale inadeguatezza, e qualche volta timidità, specialmente quando si venga a discorrere proprio delle Confessioni”. P. V. Mengaldo, Appunti di lettura sulle Confessioni di Nievo in Studi su Ippolito Nievo: lingua e narrazione, Padova, Esedra, 2011, p. 152. Il saggio è per la prima volta edito nel 1984. 2 Lettera a Caterina Curti Melzi, 7 aprile 1858, n. 322, p. 283. 3 V. Gianneti, Nievo e la 'Religione dantesca', «Lettere italiane», LIV (2002), 3. 5 presenza di Dante nella maggiori opere narrative e poetiche di Ippolito Nievo. Questo dimostrerà quale tipo di rapporto esiste tra Dante e Ippolito: è una consonanza spirituale – che in generale ogni scrittore dell’Ottocento, politicamente impegnato, sente di avere con il fiorentino-, più che vera affinità tra due uomini di lettere. Quindi spesso verrà dato spazio ad altri autori che Nievo frequenta: questo perché, se il tema della trattazione è il rapporto che lui istituisce con l’Alighieri, non ci si può dimenticare che tale dialogo è spesso mediato da altri letterati il cui stesso messaggio poetico si presta a connessioni con la sua figura. Ciò vale anche in nome di una questione di metodo: soffermarsi troppo sul particolare, e come esso si integri con il tutto, può farci perdere le tracce dell’unità. Più specifiche le citazioni dantesche tratte dalle opere narrative e poetiche di Ippolito; alcune di esse sono ormai parte del nostro vocabolario, ma non del nostro sapere. Le si usa con una discrezione che nella stragrande maggioranza dei casi ne tradisce il senso, mera retorica da abbellimento con cui infarcire i discorsi, spesso mal riportate. Nemmeno nel nostro autore sono sempre perfette e puntuali perché quella per Dante è una memoria di cuore, una memoria comune come dirà negli Studi sulla poesia popolare e civilmente massimamente in Italia. Nel caso della nostra contemporaneità la citazione imperfetta è solo simbolo della decadenza culturale. Un ultimo capitolo riguarda due questioni specifiche: gli appelli al lettore e il canto di Paolo e Francesca. Molto spazio è stato concesso al problema della biblioteca, alla sua descrizione, e al ruolo che i libri possono svolgere all’interno di un’opera narrativa. Questo perché si voleva andare oltre il singolo particolare della citazione, cercando di sondare come può un autore o un libro influenzare il lettore - quello che vive nella mera finzione del racconto, ma anche quello che l’autore immagina come reale e a cui può parlare grazie agli appelli. Tale connessione è possibile in base al postulato che esiste un rapporto fra ciò che si legge e ciò che si fa. Questo è ancor più importante in un autore come Ippolito che ha una certa “inclinazione a leggere il mondo sociale alla luce della letteratura” nella convinzione che “la letteratura serva a interpretare […] l’esperienza reale”4. Perché la vita è essa stessa un libro pieno di imprevisti, colpi di scena, buio, luce, pianto e riso. 4 B. Falcetto, L’esemplarità imperfetta. Le Confessioni di Ippolito Nievo, Venezia, Marsilio, 1998, p. 13. 6 TAVOLA BIBLIOGRAFICA. ABBREVIAZIONI E SIGLE Abbreviazioni e sigle per le opere di Ippolito Nievo maggiormente citate: AA: Antiafrodisiaco per l’amor platonico, a cura di S. Romagnoli, Napoli, Guida, 1983. AB: Angelo di Bontà. Storia del secolo passato, a cura di A. Zangrandi, Venezia, Marsilio, 2008. Gli Amori Garibaldini: in Poesie, a cura di M. Gorra, Milano, Mondadori, 1970. BN: Il Barone di Nicastro, prefazione di F. Portinari, Milano, Serra e Riva Editori, 1980. CI: Le Confessioni d’un italiano, a cura di S. Romagnoli, Venezia, Marsilio, 2000. CP: Il Conte Pecoraio. Storia del nostro secolo, in Id., Tutte le opere narrative, vol. I, Romanzi, racconti e novelle, a cura di F. Portinari, Milano, Mursia, 1967. Lettere: in Lettere, a cura di M. Gorra, Milano, Mondadori, 1981. Viene riportato il numero dell’epistola corrispondente all’edizione citata. Versi [1854], Versi [1855], Le Lucciole [1857]: in Poesie, a cura di M. Gorra, Milano, Mondadori, 1970. Alla raccolta segue il numero dei versi citati e le pagine corrispondenti. Studi: Studi sulla poesia popolare e civile massimamente in Italia, a cura di M. Gorra, Udine, Istituto Editoriale Veneto Friulano, 1994. Abbreviazioni e sigle per le opere di Dante Alighieri maggiormente citate: Cn: Convivio, a cura di Giorgio Inglese, Milano, Rizzoli, 1993. VE: De vulgari eloquentia, a cura di P. V. Mengaldo, Padova, Antenore, 1968. Ep: Epistole, a cura di A. Frugoni e G. Brugnoli, in Opere Minori, Milano-Napoli, Ricciardi, 1979-1984, t. II. If, Pg, Pd: La Commedia secondo l’antica vulgata, a cura di G. Petrocchi, Milano, Mondadori, 1966-1967. Mn: Monarchia, a cura di Federico Sanguineti, Garzanti, Milano, 2011. Rm: Rime, a cura di Domenico De Robertis, Firenze, Le Lettere, 2002. Vn: La Vita Nuova, a cura di M. Barbi, Firenze, Bemporad, 1932. 7 PARTE PRIMA DANTE ALIGHIERI NELL’OTTOCENTO ITALIANO 8 “Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere.” K. Popper, Conoscenza oggettiva. Un punta di vista evoluzionistico “Come frecce in mano agli eroi sono i figli della giovinezza.” Salmo 127 I. Leggere Dante alla luce di Nievo: una ipotesi di lavoro. Ciò che offro qui sono semplici spunti di lettura; svilupperò, prendendo a pretesto alcune tematiche, il pensiero nieviano e dantesco in modo che il lettore possa più agilmente seguire la seconda parte della trattazione, meglio indirizzata allo studio puntuale della presenza di Dante nell’opera di Nievo. “Sull’uomo Nievo è sempre attraente il bel ritratto di Croce […]” scrive Pier Vincenzo Mengaldo, “Tutta crociana è l’idea che le Confessioni non siano veramente un capolavoro letterario perché il capolavoro di Nievo fu la sua vita pratica”5 e così Croce finisce, sempre per Pier Vincenzo Mengaldo, per rinchiudere la vita di Nievo nella formula di poeta soldato, quando si proponeva di smentirla. Sempre Croce cade nell’errore - di cui metteremo i lettori in guardia qui, ma anche successivamente - di confondere Nievo con Carlino, autore con personaggio. Ugualmente lo studioso che si appresta a discutere di Dante, o della sua influenza, deve purgare ogni suo teoria dal dato psico-biografico, anche alla luce dell’impossibilità di scindere la persona dalla sua poesia, e la sua poesia dalla sua dottrina. Solo teoricamente possiamo distinguere Dante Alighieri (personalità storica), Dante-Personaggio pellegrino (colui che nella Commedia compie il viaggio, peccatore pentito che si appresta ad un processo penitenziale) e Dante-Poeta (colui che scrive). La problematicità –che qui ha senso indagare a dimostrazione della particolarità del poema dantesco rispetto ogni successiva prova letteraria– deriva dal fatto che tutti questi aspetti “convivono, ogni interpretazione esplicita la potenzialità del testo senza mai esaurirla del tutto”6. Se volessimo conoscere Dante Alighieri, la Commedia potrebbe offrirci interessanti spunti fin 5 P. V. Mengaldo, Appunti di lettura sulle Confessioni di Nievo cit., p. 153. Per il ritratto di B. Croce, La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, I (1914), Roma – Bari, Laterza, 1973, pp. 108-128. 6S. Bellomo, Filologia e critica dantesca, Brescia, La Scuola, 2008, p. 178. 9 dall’incipit in cui si dichiara che il viaggio è intrapreso da un “io” all’età di trentacinque anni. Curioso è l’episodio che ci racconta in If XIX 16-21: ci informa di aver rotto un battezzatoio per salvare un bambino che stava annegando. Durante il suo andare incontra personaggi con cui ha avuto rapporti o che, in qualche modo, lo hanno influenzato. Sceglie come guida per il Paradiso una donna della sua stessa città, Beatrice Portinari. Queste informazioni, che a prima vista ci offrono una visuale, seppur scarsa, dell’uomo che è stato Dante, in realtà non sono elementi biografici. Bisogna considerare che secondo le convenzioni letterarie medievali non è lecito parlare di sé stessi, perché atto di superbia, a meno che non lo si faccia per due motivi, come viene spiegato nel Convivio: • discolparsi da qualche accusa che si ritiene ingiusta (come in De Consolatione Philosophiae dove Manlio Severino Boezio è in prigione) • raccontare una esperienza che può essere utile ad altri (come nelle Confessiones dove S.Agostino testimonia la sua conversione). Dante non solo vuole opporsi alle accuse che lo hanno obbligato all’esilio, ma in più vuole raccontare una esperienza istruttiva, di purificazione, degna di essere narrata perché utile a tutti coloro che si trovano in stato di peccato. Anche l’ottuagenario scrive le sue memorie mosso da propositi pedagogici e morali: la sua vicenda può risultare utile ai lettori italiani, soprattutto ai più giovani che erediteranno la storia italiana collettiva riassunta nella vicenda individuale di Carlo Altoviti: Io nacqui Veneziano ai 18 Ottobre del 1775, giorno dell’Evangelista San Luca; e morrò per la grazia di Dio Italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo. […] Ma in tutto ciò nulla sarebbe di strano o degno di esser narrato, se la mia vita non correva a cavalcione di questi due secoli che resteranno un tempo assai memorabile massime nella storia italian (CI, I, pp. 3-4). Dante non si nomina mai, cioè non si presenta, se non in Pg XXX 54 quando, apostrofandolo, Beatrice gli si rivolge per la prima volta nel poema. E Dante si appresta a giustificare questa infrazione alla norma: 10

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in Filologia e letteratura italiana I.2 Pisana, Beatrice moderna? . sempre perfette e puntuali perché quella per Dante è una memoria di cuore, una
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