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Dal cartesianismo all'illuminismo radicale PDF

344 Pages·2010·1.54 MB·Italian
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GIORNALE CRITICO DELLA FILOSOFIA ITALIANA QUADERNI 19 Direzione Aldo Brancacci, Massimo Ferrari, Sebastiano Gentile, Gianna Gigliotti, Maurizio Torrini (coordinatore) Comitato scientifico Carlo Borghero, Michele Ciliberto, Tullio Gregory, Helmut Holzhey, Sir Geoffrey E.R. Lloyd, Denis O’Brien, Dominic O’Meara, Gianni Paganini, Gennaro Sasso, Loris Sturlese, Giuseppe Tognon, Mauro Visentin Redattore Alessandro Savorelli DAL CARTESIANISMO ALL’ILLUMINISMO RADICALE a cura di Carlo Borghero e Claudio Buccolini Le Lettere Il volume è stato pubblicato con il contributo del PRIN 2007: “Descartes e il paradigma cartesiano”. Copyright © 2010 by Casa Editrice Le Lettere – Firenze ISBN 978 88 6087 75 3 6 www.lelettere.it Carlo Borghero CARTESIANISMO, ILLUMINISMO RADICALE E STORIOGRAFIA FILOSOFICA. UNA VICENDA E TRE RACCONTI Introduzione 1. Sulla vicenda della fortuna settecentesca di Descartes già i contemporanei elaborarono racconti divergenti, utili per mettere l’accento su aspetti diversi della filosofia dei Lumi che lo specchio del cartesianismo poteva rendere più evidenti. Il più noto è quel- lo di Voltaire, destinato a divenire una bandiera per le Lumières anche perché ripetuto in alcuni dei manifesti di quella cultura, dal Discours préliminaire dell’Encyclopédie, redatto da dd’’AAlleemm-- bert, che ne celebra il momento trionfante, al Tableau historique des progrès de l’esprit humain, scritto da Condorcet poco prima della morte, che ne difende il messaggio anche dinanzi all’appro- do tragico della Rivoluzione. Nelle Lettres philosophiques (1734), e più tardi nel Siècle de Louis XIV (1751), Voltaire ci narra di un cartesianismo ormai estenuato e incapace di orientare il sapere scientifico e filosofico, soppiantato anche in Francia dalla scienza newtoniana e dalla filosofia lockiana. Certo, il ruolo innovativo di Descartes nella storia del pensiero è innegabile e Voltaire lo ri- vendica senza infingimenti, ricordando i meriti dell’uomo e del filosofo che ha distrutto le cattedrali della scolastica aristotelica e insegnato ai moderni a pensare. Ma lo consegna, appunto, alla storia, perché altre sono ora le guide spirituali che devono orien- tare l’opinione pubblica del Settecento: vengono d’oltre Manica e insegnano il valore dell’esperienza e l’inattualità della fisica e del- la metafisica cartesiane. Perciò Descartes, non diversamente da Pierre Bayle, è un «apostolo della ragione» che ci ha insegnato a combattere i suoi stessi errori ma la cui filosofia «chimerica» deve essere considerata ormai altrettanto falsa di quella peripatetica. Si trattava di un racconto parziale, che dava voce a un’opi- nione diffusa nella prima metà del secolo ma che, sia in riferi- VIII camlo bomghemo mento alla scomparsa del cartesianismo sia rispetto alla data in cui sarebbe stato sostituito dal newtonianismo, generava imma- gini distorte, comprensibilmente condivise e propagandate dalla prima generazione dei philosophes in quanto funzionali alla loro battaglia politico-filosofica, e più inspiegabilmente adottate a lungo da una letteratura scientifica alquanto pigra. Bisogna però ammettere che l’insistenza sulla «trinità inglese» (Bacon, Locke e Newton) come unica genealogia dei Lumi ha avuto il merito di sfatare la leggenda della ‘povertà filosofica’ dell’illuminismo, della sua dipendenza dalle filosofie dell’ordine seicentesche; un dogma storiografico che da noi aveva portato a teorizzare un’unica età cartesiana nella quale veniva incluso il ‘razionalismo’ dei Lumi. Anche se la giusta insistenza sull’unità di filosofia e scienza nel- la cultura illuministica aveva finito per sacrificare al modèle aaannn--- glais la ricchezza dei Lumi, col risultato di sottovalutare le cor- renti radicali che provenivano dalla filosofia e dall’erudizione seicentesca, portate oggi sul proscenio dagli studiosi del Radical Enlightenment. Per quanto riguarda più specificamente il cartesianismo, oggi sappiamo che non era scomparso ma si era avviato a una sua fase ‘carsica’ nella quale divenne oggetto di nuove letture che ne tra- sformarono profondamente la fisionomia, soprattutto sul tema dell’interazione mente-corpo, per renderlo compatibile con le nuove forme di materialismo biologico e medico. Ne dà testi- monianza lo stesso Voltaire, il quale a partire dagli anni Sessanta riprende in mano il dossier Descartes per accentuare le critiche ai suoi «romanzi filosofici disprezzati oggi in tutta Europa» e redigere, nell’articolo «Cartésianisme» delle Questions sur l’En- cyclopédie (1770), un puntiglioso elenco degli errori cartesiani. Voltaire reagiva così agli Eloges del filosofo, proliferati in occa- sione del concorso bandito nel 1765 dall’Académie française, ma intendeva soprattutto ribadire che dal cartesianismo si era ge- nerata quella filosofia radicale che è lo spinozismo. Lo aveva già detto nella Métaphysique de Newton (1740), ma trent’anni dopo, quando il duro confronto coi materialisti è diventato il secondo fronte nella sua militanza intellettuale, ne dava una raffigurazio- ne icastica dipingendo nel poema Les Systèmes (1772) Spinoza «nascosto sotto il mantello di Descartes, suo maestro». Infatti, l’eternità della materia e l’ateismo – come aveva detto nell’arti- colo «Athée, Athéisme» del Dictionnaire philosophique – sono contenuti nella metafisica e nella fisica di Descartes, perché sono una conseguenza coerente, anche se non intravista dal filosofo, intmoduzione IX dell’opinione che fa il mondo infinito e pieno. Se è possibile sal- vare Descartes dall’imputazione di essere stato ateo è solo perché, come ci ha insegnato Bayle, gli uomini «non si conducono quasi mai secondo i loro principi»; ma, quanto alla coerenza del siste- ma, l’ateismo ne è un esito obbligato perché il teismo è garantito soltanto dall’esistenza del vuoto e dal riconoscimento delle cause finali. Come mostra appunto l’esempio di Spinoza col suo cieco necessitarismo, edificato «sull’ignoranza della fisica e sul più mo- struoso abuso della metafisica». 2. Circolava dunque, nella Francia degli anni Sessanta e Settanta del Settecento, un cartesianismo materialista che contraddiceva il dualismo delle sostanze e la dottrina dell’automatismo animale, la più contrastata delle opinioni cartesiane. Voltaire lo aveva in- dividuato precocemente già nel 1734 quando aveva detto che, se gli animali fossero davvero macchine, la differenza tra un cane e l’uomo sarebbe assimilabile a quella che esiste tra un girarrosto e un orologio a ripetizione. Ma con questa osservazione, parados- sale alla sua maniera, l’autore del Traité de métaphysique espri- meva un’idea largamente diffusa nella letteratura anti-cartesiana. Il rifiuto dell’automatismo animale era cresciuto sul disagio ma- nifestato già dagli amici di Descartes, se è vero che nelle Sextæ Objectiones un perplesso Mersenne aveva intravisto il perico- lo che dalla tesi degli animali-macchina prima o poi qualcuno avrebbe ricavato per estensione analogica la conseguenza di una differenza soltanto quantitativa tra l’uomo e le bestie. Un’osser- vazione, questa, che rende giustizia alla pretesa cecità dei teologi riguardo alle implicazioni della filosofia cartesiana, di cui parlerà un secolo dopo La Mettrie. Sicché, prima che l’Homme-machine (1748) desse corpo ai fantasmi, ci si era chiesti se il dualismo cartesiano non fosse una maschera per nascondere un monismo materialistico, coerente col meccanicismo. La Mettrie racconta la vicenda di questo cartesianismo coperto, che nella dottrina del- le bêtes-machines trova non il suo limite bensì l’espressione più genuina della convinzione segreta che l’anima non esiste come realtà separata, ma è essa stessa corpo. Descartes era riuscito a celarla ai teologi soltanto con la retorica dell’anima e del duali- smo, insieme copertura e costrizione dei tempi che impedivano all’autore dell’Homme di dichiarare apertamente le proprie in- tenzioni e lo impegnavano a spiegare l’unione dell’anima col cor- po con l’assurdo sistema delle cause occasionali. Un sistema che, aveva detto Voltaire a proposito di Malebranche, può essere reso X camlo bomghemo intelligibile soltanto ricorrendo allo spinozismo. Quello dell’au- tore dell’Homme-machine è il racconto di un cartesianismo che aveva attraversato la svolta del secolo, resistendo all’opposizione al dualismo diffusa nella letteratura clandestina. Questa si era orientata di preferenza verso forme di vitalismo materialistico, che poggiavano su una lettura radicale del naturalismo aristoteli- co, alimentavano la iatromeccanica, influenzavano la medicina di Montpellier, per venire alla luce nella formula dell’animale-mac- china introdotta da La Mettrie. Quella che si conclude con l’estensione all’uomo dell’automa- tismo animale è però solo una tappa del percorso da Descartes a Diderot, individuato più di mezzo secolo fa da Aram Vartanian, nel corso del quale il riferimento a un Descartes monista e mate- rialista è non di rado un telo che copre una realtà più complessa, difficilmente riducibile a un mero trionfo del meccanicismo. In- fatti nella cultura dei medici trovava posto la fisiologia cartesiana quale l’aveva fissata il maestro di La Mettrie a Leida, Hermann Boerhaave, il quale aveva esordito col rifiuto di HHoobbbbeess eee dddiii SSSpppiii--- noza, ma aveva avviato una fisiologia meccanicistica che, dopo di lui, si sarebbe sempre più caratterizzata come priva della cornice dualistica, sostituita dal riferimento a un’anima estesa e immate- riale quando non ridotta a forma del corpo, sotto la copertura di un aristotelismo utilizzato per sostenere che le funzioni intel- lettuali sono effetto del livello di organizzazione della materia, e che quindi l’anima è materiale anch’essa e mortale. Però i riferi- menti filosofici al cartesianismo erano spesso più poveri di quan- to non venisse dichiarato. In questo senso l’Homme-machine, e la celebrazione del meccanicismo nell’ambito della biologia e della fisiologia umana, è sì parte di un grande progetto filosofi- co, ma anche una sorta di eccezione di breve durata. Non solo perché rappresenta una tappa per lo stesso La Mettrie che vi era arrivato grazie a una revisione del suo iniziale naturalismo ‘ari- stotelico’ per poi allontanarsene di nuovo nel momento in cui, subito dopo, con la metafora dell’Homme-plante, estenderà a tut- ti i viventi il principio della spiegazione analogica di una natura uniforme; ma perché nuove scienze come la chimica andavano scalzando il primato epistemologico della fisica, e le ricerche su magnetismo, irritabilità muscolare, elettricità animale, rendevano difficile la vita della iatromeccanica cartesiana. Diderot e RRoouuss-- seau, incoraggiati da d’Holbach, frequentano le lezioni tenute dal maestro di Lavoisier, Guillaume-François Rouelle, al Jardin du Roi nella sua veste di démonstrateur en chimie, e DDiiddeerroott sssttteeesss---

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