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Crisi e critica dell’antropologia. Epistemologia, etica e scrittura PDF

214 Pages·2008·2.566 MB·Italian
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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI VALERIO PANZA CRISI E CRITICA DELL’ANTROPOLOGIA Epistemologia, etica e scrittura NELLA SEDE DELL’ISTITUTO NAPOLI 2008 1 Momenti e problemi della storia del pensiero 34 2 4 In questa collana vengono pubblicati i risultati di ricerche, seminari, convegni o corsi di lezioni su momenti e problemi della storia del pensiero promossi dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. © Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Palazzo Serra di Cassano Via Monte di Dio 14, Napoli www.iisf.it ISBN 978-88-89946-35-0 5 a Ninna, per isorrisi... e ad Arianna con i suoi sogni 6 7 RINGRAZIAMENTI Frutto di una ricerca finanziata dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, questo volume approfondisce e rimedita i contenuti della tesi di dottorato in “Scienze antropologiche e analisi dei muta­ menti culturali”, discussa presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”. Alcune delle idee presentate nella tesi sono state espresse qui in modo diverso, ma l’originaria ispirazione e le ipotesi portanti restano in gran parte invariate. Le correzioni, le integrazioni e le aggiunte apportate riguardano essenzialmente l’organizzazione della materia, la struttura argomentativa, la forma e lo stile. La mia gratitudine va in primo luogo a Carla Pasquinelli, che ha diretto la ricerca con attenzione e acume critico rappresentando, in tal modo, una preziosa guida e un costante punto di riferimento per la riflessione sui problemi metodologici e interpretativi. Ringrazio, inoltre, Clara Gallini, Amalia Signorelli, Claudio Marta e Pietro Angelini - membri del collegio dei docenti del dottorato -, i quali mi hanno stimolato e incoraggiato nella ricerca, seguendomi con dispo­ nibilità e fiducia ineguagliabili. La pubblicazione di questo volume mi offre anche l’occasione per ringraziare la Prof. Marisa Tortorelli Ghidini, relatrice della mia tesi di laurea in Storia delle Religioni all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, figura determinante per la mia formazione e per la prosecuzione dello studio e della ricerca. Ringrazio in modo particolare Francesco De Sio Lazzari, docente di Storia delle Religioni all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, che da anni segue e sostiene le mie ricerche, e che con puntualità e precisione ha dedicato tempo prezioso alla lettura finale del testo. Le sue acute osservazioni, le indicazioni e le sue illuminanti domande mi sono state di grande aiuto, tanto da rivelarsi decisive e indispensabili per la stesura definitiva del volume. 8 VALERIO PANZA Grazie a Oriana Scarpati e a Lorenzo Miletti, amici sinceri, che mi hanno fornito consigli e utili suggerimenti redazionali. Sono grato, inoltre, all’Avv. Gerardo Marotta, al Prof. Giovanni Pugliese Caratelli, al Prof. Antonio Gargano e al Prof. Vittorio De Cesare per aver reso possibile la pubblicazione del volume nella col­ lana dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Da ultimo, la mia affettuosa riconoscenza va al Prof. Giovanni Marino, per l’incoraggiamento e il confortante esempio di operosità. 9 INTRODUZIONE Fin dalle sue origini l’antropologia culturale ha posto al centro dei propri interessi i simboli e il linguaggio riconoscendo il ruolo deter­ minante delle pratiche comunicative e linguistiche nella formazione e trasformazione delle culture, nonché nell’attribuzione e nella distri­ buzione sociale del potere. Forse proprio la lunga consuetudine a trattare simili questioni come “oggetti del campo” - osservati da una lente esterna - ha reso particolarmente destabilizzante per lo statuto della disciplina il dibattito sul linguaggio e sul potere, quando lo sguardo dell’antropologia è stato rivolto in modo riflessivo alle prati­ che della ricerca e alla costruzione dei testi etnografici. Già alla metà degli anni Sessanta la discussione sulla natura delle “fonti” del sapere antropologico aveva inaugurato una riflessione via via piu corrosiva nei confronti del concetto di cultura, mettendone in luce il carattere dinamico in opposizione alla tradizionale visione omeostatica. Benché tendesse ad accentuare l’instabilità dei dati, tale dibattito lasciava intatta la fiducia nei testi - contenitori in cui le fonti sarebbero semplicemente ordinate e riprodotte -, nonché l’autorità con cui la disciplina ha da sempre perseguito la promessa relativistica di far parlare “altre voci”. Negli stessi anni, il confronto tra filosofi e antropologi sul tema della razionalità (Rationality Debate) portò ad una decisiva relativiz- zazione del modello classico di conoscenza basato sulle leggi della logica aristotelica. Ciò contribuì a consumare lentamente la fiducia in una forma di oggettivismo che presupponeva la rigorosa concor­ danza di idee e concetti con i dati del reale, e che escludeva qualsiasi condizionamento interpretativo del soggetto. Il confronto interdisci­ plinare agì nei confronti dell’antropologia indirizzandola verso nuovi ambiti di riferimento. Ad esempio, il recupero in chiave antropolo­ 10 VALERIO PANZA gica della filosofia del linguaggio di Wittgenstein si rivelò determi­ nante per lo sviluppo di una decisa critica ai presupposti empiristi dell’antropologia classica. Ma sarà Clifford Geertz, all’inizio degli anni Settanta, a proporre in modo sistematico uno specifico interesse per le forme di costruzione testuale degli “oggetti” etnografici, così rispondendo in parte agli interrogativi emersi dal Rationality Debate. I dilemmi che negli anni Sessanta resero sempre piu instabile il campo della disciplina hanno un’origine lontana. Rimandano, infatti, alle difficoltà e alle contraddizioni nate dai processi d’istituzionaliz­ zazione accademica dell’antropologia nella tradizione britannica, e di professionalizzazione della ricerca sul campo in ambito americano. L’esito di tali sviluppi è esemplificato nell’esperienza di ricerca e di scrittura di Bronislaw Malinowski (1884-1942). L’autorevole modello malinowskiano di monografia etnografica (Argonauti del Pacifico Occidentale, 1922) fissa anche gli estremi del problema della costru­ zione dei testi, ovvero la complessa pratica attraverso cui si compie il passaggio dall’esperienza sul campo alle spiegazioni etnografiche nel testo. Questa difficile articolazione tra esperienza di ricerca sul campo e scrittura sarà l’eredità piu pesante da gestire nello sviluppo successivo della disciplina. Negli anni Ottanta, il seminario avanzato “The Making of Ethno- graphic Text” svoltosi alla School of American Research di Santa Fe (New Mexico), e il volume Scrivere le culture1 proporranno l’analisi di tali questioni come nucleo di una “svolta” per il rinnovamento delle linee di sviluppo dell’antropologia, del suo linguaggio, dei suoi modi di pensare e, soprattutto, di scrivere. II seminario fissa simbolicamente lo scenario istituzionale e la data d’inizio di un dibattito che determinerà il recupero e l’accelera­ zione (nonché il parziale riorientamento verso nuove direzioni) delle spinte manifestatesi, dagli anni Sessanta, sul piano etico e politico nella critica del colonialismo, sul piano epistemologico con la svolta 1J. Clifford-G.E. Marcus, (a cura di), Scrivere le culture. Poetiche e politiche in etnografia, Prefazione all’edizione italiana di G. E. Marcus, Meltemi, Roma 1997. Il volume raccoglie le relazioni - rielaborate in forma di saggio - presentate al seminario ‘avanzato’ su “La costruzione del testo etnografico” svoltosi nel 1984 alla School of American Research di Santa Fe (New Mexico). Cfr. J. Clifford- G.E. Marcus, «The Making of Ethnographic Text: A Preliminary Report», in Current Anthropology, 26, 1985, pp. 267-271.

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