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Cosmologia del XX secolo PDF

552 Pages·2023·24.182 MB·Italian
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Jacques Merleau-Ponty ha svolto un lavoro pionieristico nello studio della co- J JACQUES MERLEAU-PONTY A smologia contemporanea e il suo libro Cosmologia del secolo XX è oggi giu- C Q stamente considerato un classico del genere. A partire dagli anni Trenta, con U COSMOLOGIA la teoria einsteiniana della relatività generale e con l’osservazione astronomica E S attraverso i telescopi spaziali, la cosmologia era diventata una scienza a sé M DEL SECOLO XX stante. Questo campo nuovo da esplorare sollecitò l’interesse di molti filosofi, E R attratti dal significato che i modelli e i concetti teorici nascenti potevano rivesti- L E PREFAZIONE DI VINCENZO FANO re. Guidato dalla ferma convinzione della necessità di un dialogo autentico tra A U filosofia e scienza, Merleau-Ponty ci racconta la storia delle conquiste cosmo- - INTRODUZIONE DI GIOVANNI MACCHIA P logiche contemporanee in un’avvincente narrazione, svelandoci le scoperte O N che avrebbero trasformato profondamente il volto dell’universo in cui viviamo. T Y C O Jacques Merleau-Ponty (Rochefort-sur-Mer, 1916 - Cepoy, 2002) è stato un filosofo, S epistemologo e storico della scienza francese, professore di epistemologia all’Universi- M tà di Parigi X-Nanterre. Cugino del celebre filosofo Maurice Merleau-Ponty, è ricordato O L per i suoi studi sulla cosmologia relativistica. O G IA D E L S E C O L O X X ISBN 978-88-6802-466-6 PGreco Edizioni P G R E PGRECO 30,00 euro 9 788868 024666 CO JACQUES MERLEAU-PONTY COSMOLOGIA DEL SECOLO XX Prefazione di Vincenzo Fano Introduzione di Giovanni Macchia PGRECO Titolo originale dell’opera: Cosmologie du XXe siècle Traduzione di Sergio Chiappori © 2023 – PGRECO EDIZIONI Via Gabbro 4-20100 Milano Per informazioni E-mail: [email protected] www.edizionipgreco.it ISBN: 9788868024666 L’editore ha effettuato, senza successo, tutte le ricerche necessarie al fine di identifica- re gli aventi titolo rispetto ai diritti dell’opera. Pertanto resta disponibile ad assolvere le proprie obbligazioni. i Prefazione di Vincenzo Fano vii Introduzione di Giovanni Macchia Prefazione a “Cosmologia del secolo XX” di Jacques Merleau-Ponty di Vincenzo Fano* Nei paragrafi finali dei Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive (1746), tradotto meritoriamente da Mimesis nel 2019, un Kant ventiduenne prova a de- durre la tridimensionalità dello spazio assumendo che valga la legge newtoniana della forza di gravità. Kant qui è ancora leibniziano e quindi tende a considerare lo spazio come un epifenomeno rispetto ai contenuti fisici. Per questa ragione la legge di gravità è più profonda ontologicamente ed epistemologicamente rispet- to alla natura dello spazio. In effetti, assumendo che la forza di gravità sia una forza centrale, che cioè agisca lungo la linea retta che congiunge i due corpi che la provocano e dipenda solo dalla posizione reciproca dei due corpi, il fatto che questa forza sia inversamente proporzionale al quadrato della distanza è un forte argomento a favore della tridimensionalità dello spazio. Indubbiamente, la forza in uno spazio tridimensionale si diluirà su delle superfici sferiche concentriche, la cui area è proporzionale alla distanza al quadrato. Nei Prolegomeni (1783) § 38, Kant a seguito della sua “rivoluzione copernicana”, darà più oggettività allo spazio, anche se solo come intuizione a priori, per cui farà l’inverso, cioè dedurrà la legge di gravità dalla tridimensionalità dello spazio1. Questo esempio serve per individuare un punto messo molto bene in luce da Jacques Merleau-Ponty in questo straordinario libro, che Mimesis mette nuovamente a disposizione del lettore italiano. Quando facciamo scienza e filosofia, che cosa dobbiamo dare per scontato? E Merleau-Ponty propone proprio l’esempio della tridimensiona- lità dello spazio2, chiedendosi se sia una caratteristica che esige una spiegazione, * Dipartimento di Scienze Pure e Applicate, Università di Urbino Carlo Bo 1 Su questo argomento si veda Friedman (1992, pp. 25 e 166). 2 A p. 79. Però Merleau-Ponty pensa a Eddington, non a Kant. II Cosmologia del secolo XX oppure vada data per scontata. Dare qualcosa per scontato, cioè senza spiegarlo, è una necessità di qualsiasi teoria scientifica, come ha mostrato la nuova filosofia della scienza di Popper, Kuhn ecc.3, ma per la cosmologia la questione è parti- colarmente delicata, poiché una componente teorica a priori sembra proprio necessaria. Le teorie scientifiche danno sempre qualcosa per ovvio. Magari una teoria T assume a, e poi un’altra T prova a spiegarlo, assumendo però b che 1 2 T spiegava. In altre parole in ogni programma di ricerca è necessaria quella che 1 Lakatos chiamava una “cintura protettiva” (1976). La cintura protettiva di un programma di ricerca è costituita da quelle ipotesi che lo caratterizzano e non possono essere messe in discussione senza abbandonare il progetto. Come ve- dremo meglio, la cosmologia si fonda esplicitamente su una cintura protettiva, costituita dall’assunzione dell’omogeneità e dell’isotropia dello spazio-tempo, che vanno a costituire quello che Milne ha chiamato il “principio cosmologico”. La relazione fra dogmi filosofici a priori e teorie scientifiche empiricamente con- trollabili domina tutta la discussione della storia e della filosofia della cosmolo- gia di Merleau-Ponty. Vediamone alcuni aspetti. Quando Einstein nel 1917 con le sue Considerazioni cosmologiche dava inizio alla cosmologia scientifica moderna, assumeva senza dubbi che l’universo fosse statico. Per questo non si avvide che il modello che proponeva era altamente instabile, nel senso che bastava cambiare di poco il valore della costante cosmo- logica per renderlo in evoluzione. Merleau-Ponty spiega bene nei primi capitoli del libro, la fatica epistemologica (pp. 67-68) che dovettero affrontare personalità del calibro di De Sitter, Eddington e Hubble nell’accettare che l’universo non fosse statico né stazionario. Sarà Friedman già nel ’22, l’unico senza pregiudizi a mettere a punto un quadro teorico più generale. E sulla strada di mettere in discussione le nostre più ovvie convinzioni metafisiche il nostro autore fa un passo avanti, allo stesso tempo audace e provocatorio: e se la dinamicità dell’u- niverso scoperta negli anni ’20 del secolo scorso fosse qualcosa di intrinseco, che non avrebbe bisogno di spiegazione4? E se tale dinamicità non andasse pensata – come siamo abituati a fare – come un processo che abbia un inizio e una fine, ma come puro cambiamento5, come immaginava Aristotele (p. 302)? Potrebbe cioè essere che l’universo sia solo cambiamento, senza necessariamente dover introdurre la nozione di un inizio di tale cambiamento e/o di una sua fine. Tale cambiamento intrinseco sarebbe rappresentato dal valore della costante cosmo- 3 Vedi, ad esempio, Watkins, 1958. 4 Come la tridimensionalità dello spazio dell’esempio precedente. 5 Per Aristotele, che Merleau-Ponty cita esplicitamente, il cambiamento è un concetto modale essenzialmente incompleto e quindi senza inizio e senza fine. Prefazione a “Cosmologia del secolo XX” di Jacques Merleau-Ponty III logica nelle equazioni di Einstein. La storia e la filosofia della cosmologia di Merleau-Ponty non sono solo aderenti alla fisica e alle fonti, ma sanno essere piene di inaspettate suggestioni, come questa. Si può fare cosmologia completamente a posteriori, come voleva Tolman (pp. 95ss.)? No, perché l’universo è un oggetto unico e dobbiamo assumere che le leggi della fisica che conosciamo localmente siano estrapolabili a questo strano e unico sistema fisico. Non solo, a partire da osservazioni locali, dobbiamo assu- mere alcune caratteristiche generali dell’universo, che non possiamo controllare, in particolare che lo spazio-tempo sia isotropo e omogeneo. Se procedessimo in maniera solo induttiva, arriveremmo al massimo a sostenere che tali caratteri- stiche valgono sul nostro cono luce passato, poiché non riceviamo informazioni né su ciò che capita dentro il cono, né su ciò che succede fuori dal cono. E in effetti il nostro cono luce passato propone un’evidenza sperimentale molto forte a favore dell’omogeneità e dell’isotropia dello spazio-tempo, che quando Merleau-Ponty scrisse il libro ancora non si aveva, cioè la radiazione cosmica di fondo. Questa evidenza, però, non basta. Per fare cosmologia, dobbiamo assu- mere qualcosa che assomigli al Principio Copernicano, cioè alla tesi che il nostro punto di osservazione sia tipico, ovvero che se noi osserviamo omogeneità e isotropia localmente, allora possiamo estendere questo dato all’intero universo. Questa estensione è molto audace e quindi deve essere stabilita a priori. Fra l’altro, è difficile trovare anche metodi indiretti di controllo. Vediamo perché. Assumiamo che per l’universo valgano le equazioni di Einstein. E già questo è un forte presupposto. Merlau-Ponty racconta a lungo della scuola fortemen- te aprioristica di Milne (capp. IV e V) che non accettava la relatività generale come teoria cosmologica di riferimento; non solo, oggi, per spiegare la materia oscura, sono state proposte ipotesi di cambiamento delle leggi di gravitazione, le cosiddette teorie MOND (Merritt, 2020). Assumiamo, inoltre, il principio cosmologico, cioè che lo spazio-tempo su larga scala sia omogeneo e isotropo. Con questi due assunti possiamo dedurre l’esistenza della radiazione cosmica di fondo (Liddle, 2015, cap. 10). Potremmo allora considerare la radiazione cosmica di fondo una conferma dei nostri due assunti? No, purtroppo, perché per arrivare a eseguire il conto che predice la radiazione cosmica di fondo è suf- ficiente il principio cosmologico applicato solo all’universo osservabile, non è necessario assumere che valga per tutto l’universo. Questo vuol dire che la radia- zione cosmica conferma solo il fatto che l’universo osservabile sia relativistico, isotropo e omogeneo e non che la stessa cosa valga per l’intero universo. Recentemente (Manchak, 2009) ha provato a dimostrare che sarebbe impos- sibile fare cosmologia di tutto l’universo, cioè che dovremmo accontentarci di IV Cosmologia del secolo XX una cosmologia che riguardi solo l’universo osservabile, che ha un diametro di circa 100 miliardi di anni luce. Il conto è facile da eseguire. Il nostro universo ha circa 13,7 miliardi di anni e in questo periodo si è espanso di un fattore “4”, per cui il suo raggio sarà circa di 50 miliardi di anni luce. Manchak avrebbe mostrato che può esistere un universo completamente diverso dal nostro, del tutto equivalente al nostro dal punto di vista osservativo – quindi per noi indi- stinguibile dal nostro – e fisicamente ragionevole in tutte le sue parti osservabili. Questo vorrebbe dire che una cosmologia dell’intero universo sarebbe esclu- sa per ragioni di principio, finché assumiamo la geometria dello spazio-tempo come aspetto fondamentale che definisce la natura dell’universo. In realtà Cinti e Fano (2021) hanno mostrato che il teorema di Manchak assume sì ragio- nevolezza fisica nella parte osservabile dell’universo, ma riesce a dimostrare la possibile intrinseca diversità dal nostro nella parte non osservabile solo a costo di introdurre strani fenomeni abbastanza astrusi dal punto di vista fisico dove i nostri strumenti non possono arrivare. Questo non vuol dire che si possa fare cosmologia dell’intero universo a cuor leggero, ma significa che non sia impos- sibile farla, almeno stando alle nostre conoscenze attuali6. Certo, però, come aveva ben chiaro Merleau-Ponty (p. 64), dobbiamo assumere qualcosa a priori, cioè che la relatività generale, l’isotropia e l’omogeneità dello spazio-tempo ab- biano validità universale. Le pagine indimenticabili del testo di Merleau-Ponty sono tante. All’inizio degli anni ’60, parecchio prima dell’articolo fondamentale di Earman (1970), Merleau-Ponty -contrariamente a quanto pensavano in molti – ha ben chiaro (p. 44ss.) che le equazioni di Einstein, con grande dispetto del suo autore, non rispettano il cosiddetto “principio di Mach”, cioè la tesi secondo cui l’inerzia dipenderebbe solo dalle masse e non dalla geometria dello spazio-tempo (p. 37). Non solo, in alcune soluzioni delle equazioni di Einstein, l’universo può possedere una rotazione assoluta (p. 260), come ribadito anche da Earman, sta- bilendo così qualcosa in parte analogo all’esperimento del secchio di Newton. Tutto il libro è pervaso inoltre da un autentico afflato religioso, nel senso di rispetto per ciò che va aldilà di noi. Merleau-Ponty cita con approvazione il famoso adagio di Pascal, secondo cui, un po’ di scienza allontana da Dio, molta scienza invece avvicina a Dio (p. 109). In pagine bellissime, l’Autore esprime infine il senso di insignificanza del genere umano rispetto all’immensità che 6 C’è però da dire che le nostre rilevazioni attuali sembrano giustificare che l’universo sia piat- to e quindi infinito. Tale infinità toglie buona parte della rilevanza epistemica delle nostre osservazioni locali.

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