Jean-Luc Nancy Corpus a cura di Antonella Moscati Titolo originale Corpus © 1992 Éditions A. M. Métailié © 1995 Edizioni Cronopio - I Edizione © 2001 Edizioni Cronopio - Il Edizione © 2004 Edizioni Cronopio - III Edizione © 2007 - I Ristampa Calata Trinità Maggiore, 4 - 80134 Napoli Tcl./fax 0815518778 Progetto grafico di Andrea Branzi www.cronopio.it e-mail:[email protected] ISBN 10: 88-85414-94-X ISBN 13: 88-85414-94-5 Indice Corpus 7 Strani corpi stranieri 10 Scrivere il corpo 12 Afallico e acefalo 14 Scrivere al corpo 18 Psyche ist ausgedehnt 21 Ego 24 Alter 26 Esposizione 29 Pensiero 32 Viene il mondo dei corpi 34 Arealità 37 Mistero? 38 Giusta chiarezza 40 Citazione 43 Corpus: altra partenza 44 Entrate 47 Corpo glorioso 52 Incarnazione 54 Corpo significante 57 Buco nero 61 Una piaga 63 Corpus, anatomia 67 Quel che di una scrittura non si può leggere 70 T échne dei corpi 72 Pesare 76 Infimo dispendio di qualche grammo 80 L'immondizia 84 Lavoro, capitale 89 Altra citazi'one 90 Un corpo è !'in-finito di un pensiero 91 Corpus: corteccia 94 Corpo goduto 96 Corpus 97 Postfazione: Corpi di nessuno 99 6 Corpus Hoc est enim corpus meum: veniamo da una cultura nella quale questa frase rituale è stata pronunciata, instancabilmen te, da milioni di ministri di milioni di culti. In questa cultura tutti la {ri)conoscono, cristiani o meno. Tra i cristiani alcuni la considerano una consacrazione reale - il corpo di Dio è là - altri un simbolo - in cui comunicano coloro che fanno coryo in Dio. Tra noi essa è anche la ripetizione più manifesta di un paganesimo ostinato o sublimato: pane e vino, altri corpi di altri dei, misteri della certezza sensibile. Nello spazio delle nostre frasi è forse la ripetizione per eccellenza, fino all'os sessione - «questo è il mio corpo» diventa così anche l'og getto di una quantità di facezie. È il nostro Om mani padne ... il nostro Allah ill'allah ... il nostro Shema lsrael ... Ma la variante della nostra formula indica subito la nostra differenza più propria: siamo ossessio nati dal voler mostrare un questo e vogliamo convincer(ci) che questo questo, qui, è quel che non si può né vedere né toccare, né qui né altrove - e che questo è quello, non in una maniera qualunque, ma come il suo corpo. Il corpo di quello* * ça. Ricordiamo che questo termine è anche la traduzione francese dcli' Es di Freud. Talvolta, soprattutto nel capitolo intitolato Pesare, abbia mo tradotto ça con questo (N.d.T.). 7 (Dio, assoluto, ecc.), che quello abbia un corpo o sia un cor po (e, dunque, si può pensare che sia il corpo, assolutamente) - ecco la nostra ossessione. Il questo in cui si presenta I' As sente per eccellenza: incessantemente lo abbiamo chiamato, convocato, consacrato, abbordato, captato, voluto, voluto as solutamente. Abbiamo voluto l'assicurazione, la certezza pu ra di un ECCO: ecco, senz'altro, assolutamente, ecco, qui, questo, la stessa cosa. Hoc est enim ... affronta e placa tutti i nostri dubbi sulle apparenze, conferendo al reale il vero ultimo tocco della sua Idea pura: la sua realtà, la sua esistenza. Di questa frase sono possibili infinite varianti (cito a caso: ego sum, il nudo nella pittura, il Contratto sociale, la follia di Nietzsche, i Saggi di Montaigne, il Pesanervi, «Madame Bovary, sono io», la testa di Luigi XVI, le tavole di Vesalio o di Leonardo, la voce - di castrato, di soprano ecc. -, la canna pensante, l'isterica, in ve rità questo è il tessuto di cui siamo fatti ... ). Hoc est enim ... può generare l'intero corpus di un'Enciclopedia generale del le scienze, delle arti e dei pensieri dell'Occidente. Il co,po: ecco come l'abbiamo inventato. Chi altri al mon do lo conosce? Ci si può immaginare l'angoscia terribile: «ecco» non è si curo, bisogna assicurarsene. Non è affatto certo che la cosa stessa possa essere là~•.L à, dove noi siamo, forse non ci sono che riflessi, ombre fluttuanti. Si deve insistere: «hoc est enim, in verità vi dico, e sono io a dirvelo: chi potrebbe essere più certo della mia presenza in carne e sangue? Questa certezza diventerà vostra, insieme con questo corpo che avrete incor porato». Ma l'angoscia non cessa: che cos'è questo questo che " Precisiamo che etre-là (essere là) è la traduzione francese del Dasein di I-leidcgger. Quando abbiamo potuto, abbiamo tradotto etre-là con i due termini essere là cd esserci per rendere subito evidente il riferimento ad I-lci dcggcr (N.d.T.). 8 è il corpo? Non solo questo che vi mostro, ma anche ogni «questo»? Tutto l'indeterminato del «questo» e dei «questi»? Tutto ciò? Una volta toccata, la certezza sensibile si dirige verso il caos, la tempesta, e tutti i sensi vi si confondono. Corpo è la certezza sconvolta, messa in frantumi. Niente cli più proprio, niente di più estraneo al nostro vecchio mon do. Corpo proprio, corpo estraneo, straniero: è il corpo pro prio che mostra, che fa toccare, che fa mangiare hoc est enim. Il corpo proprio o la Proprietà stessa, l'Essere-a-Sé in corpo. Ma immediatamente, sempre, è un corpo straniero che si mo stra, mostro impossibile da inghiottire. Non se ne esce, invi schiati in un ammasso di immagini che vanno da un Cristo che fissa pensoso il suo pane azzimo, fino a un Cristo che si estirpa un Sacro Cuore palpitante, sanguinante. Questo, que sto ... questo è sempre troppo, o non abbastanza, per essere quello. E tutte le teorie del «corpo proprio", sforzi laboriosi per riappropriarsi di quel che si ritiene ingiustamente «oggetti vato» o «reificato», tutte le teorie del corpo proprio sono del le contorsioni simili: finiscono solo per espellere quel che cercavano. L'angoscia, il desiderio di vedere, di toccare e di mangiare il corpo di Dio, di essere questo corpo e di non essere altro che questo sono il principio di (s)ragione dell'Occidente. D'un tratto, il corpo, o semplicemente corpo non vi ha mai luogo, e soprattutto -non quando ve lo si nomina e ve lo si convoca. Il corpo, per noi, è sempre sacrificato: ostia. Se hoc est enim corpus meum dice qualcosa, è oltre la pa rola, non è detto, ma scritto - a corpo morto. 9 Strani corpi stranieri Chi altri al mondo conosce qualcosa come «il corpo»? È il prodotto più tardivo della nostra vecchia cultura, quello che è stato più a lungo depurato, raffinato, smontato e ri montato. Se l'Occidente è - come dice il suo nome - caduta, il corpo è il peso ultimo, il peso estremo che precipita in que sta caduta. Il corpo è la pesantezza. Le leggi di gravitazione concernono i corpi nello spazio. Ma il corpo pesa già in se stesso: è sceso in se stesso, sotto la legge di questa gravità pro pria che l'ha spinto fino a quel punto in cui si confonde col suo carico. Con il suo spessore da muro di prigione, con la sua massa di terra, pigiata nella tomba o con la sua pesantezza vischiosa di spoglia abbandonata e infine col suo peso speci fico di acqua e ossa - ma sempre, ma innanzitutto gravato della sua caduta, caduto da qualche etere, cavallo nero, caval lo cattivo. Precipitato dall'alto, dall'Altissimo, nella falsità dei sensi, nella malignità del peccato. Corpo inevitabilmente disastroso: eclissi e caduta fredda dei corpi celesti. Avremmo forse in ventato il cielo al solo scopo di farne cadere i corpi? Ma non dobbiamo credere di esserci liberati di tutto que sto. Non parliamo più di peccato, abbiamo corpi salvati, cor pi di salute, di sport, di piacere. Ma chi è che non si accorge che così il disastro si aggrava? Il corpo è sempre più caduto, più in basso, perché la sua caduta è sempre più imminente, più angosciante. «Il corpo» è la nostra angoscia messa a nu do. Sì, quale altra cultura è riuscita a inventare ciò? li corpo così nudo: il corpo ... Strani corpi stranieri, dotati di Yin e di Yang, del terzo occhio, dei campi di Cinabro e dell'Oceano dei venti, corpi incisi, stampati, marcati, intagliati in microcosmi, in costella-