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Commento al Vangelo di Giovanni PDF

1083 Pages·2018·2.52 MB·Italian
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BOMPIANI Il PeNsIerO OccIdeNtAle Direttore GIOvANNI reAle MeIster eckhArt cOMMeNtO Al vANgelO dI gIOvANNI Testo latino a fronte Introduzione, traduzione, note e apparati di Marco Vannini BOMPIANI Il PeNsIerO OccIdeNtAle ISBN 978-88-587-7496-0 Realizzazione editoriale: Vincenzo Cicero – Rometta Marea (ME) www.giunti.it www.bompiani.eu © 2017 Giunti Editore S.p.A./Bompiani Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia Piazza Virgilio 4 - 20123 Milano Prima edizione digitale: febbraio 2018 Sommario introduzione 7 Nota bio-bibliografica 53 Nota editoriale 63 Commento al Vangelo di Giovanni 65 Note al testo 925 indici 1027 INTRODUZIONE 1. Il Commento al Vangelo di Giovanni – la più ampia e signi- ficativa delle opere latine di Eckhart – ci è pervenuto in due manoscritti: il primo, a Cues, biblioteca dell’ospizio, di pro- prietà di Niccolò Cusano, composto intorno al 14441 e conte- nente quasi tutti gli scritti latini del Maestro domenicano, fu scoperto da Denifle nel 1886; il secondo, nella Staatsbiblio- thek di Berlino, sempre risalente al XV secolo e contenen- te soltanto l’opera in questione, è stato scoperto nel 1934 da Karl Christ2, curatore – insieme a Josef Koch – dell’edizione critica del testo3. Non sappiamo quando il Commento al Vangelo di Gio- vanni sia stato redatto: probabilmente al tempo del secondo magistero parigino (1311-1313); ma una datazione precisa è resa assai difficile dal fatto che Eckhart rivedeva e rielaborava di continuo i suoi scritti, per cui sono di poca utilità anche i riferimenti interni, relativamente abbondanti nel contesto delle opere latine4. Possiamo comunque affermare che la 1 Cf. H. Denifle, Das Cusanische Exemplar lateinischer Schriften Eckeharts in Cues, in «Archiv für Literatur- und Kirchengeschichte des Mittelalters», 2 (1886), 673-687; J. Marx, Verzeichnis der Handschriften- Sammlung des Hospitals zu Cues, 1905. 2 Cf. K. Christ, Eine neue Handschrift von Meister Eckharts Kom- mentar zum Johannes-Evangelium, in «Zentralblatt fur Bibliothekswe- sen», 51 (1934), 10-29. 3 Magistri Echardi Expositio Sancti Evangelii secundum Iohan- nem, herausgegeben und übersetz von Karl Christ und Joseph Koch, Kohlhammer, Stuttgart-Berlin 1936. I primi fascicoli sono usciti nel 1936, ma il completamento dell’opera è avvenuto solo nel 1990, con il contributo di altri studiosi. 4 Cf. in proposito quanto scrive Kurt Ruh nel suo Meister Eckhart, a cura di M. Vannini, Morcelliana, Brescia 1989, 105 ss. 8 INTRODUZIONE piena maturità di pensiero del Maestro tedesco si dispiega in questo Commento, che può essere perciò visto come corona- mento del suo progettato – e a noi giunto solo parzialmente – Opus expositionum5. Un preciso filo conduttore lega, infatti, il Commento al primo libro dell’Antico Testamento – la Genesi – con quello al quarto Vangelo: dalle premesse teoriche ai cri- teri interpretativi, fino ai contenuti specifici, vediamo proprio come il Commento al Vangelo di Giovanni porti a compimen- to quella interpretazione mistico-speculativa della Scrittura di cui il Commento alla Genesi aveva segnato l’inizio. Non a caso molte pagine delle due opere sono dedicate alla spiegazione dei rispettivi versetti iniziali, tanto simili e tanto diversi: «In principio Dio creò il cielo e la terra» e «In principio era il Verbo». Non v’è poi dubbio che al quarto Vangelo vadano – tra gli scritti neotestamentari – le preferenze del Maestro tedesco, che in esso ritrova quella concezione di Dio come Spirito che è a lui più congeniale, e non stupisce neppure che buona parte dell’opera sia dedicata alla spiegazione del Prolo- go, nel quale si concentrano i temi più ‘forti’ della riflessione eckhartiana. La interpretazione del Maestro domenicano è – come ve- dremo – assolutamente personale, ma questo non significa che non si inserisca in una precisa tradizione: i Commenti al Vangelo di san Giovanni di Tommaso d’Aquino, di Alberto Magno, e soprattutto di Agostino, insieme alla Omelia sul Prologo di Giovanni di Giovanni Scoto, ne sono, anzi, pre- supposti insostituibili e ne formano l’orditura continua. Oggi, ovvero dopo la recente pubblicazione del Corpus Philosopho- rum Teutonicorum Medii Aevi, sappiamo anche meglio quan- to Eckhart sia legato agli autori della cosiddetta scuola dome- nicana renana 6, e in particolare a Teodorico di Freiberg per 5 Per un chiarimento in merito, si può vedere la Introduzione a Mei- ster Eckhart, I Sermoni latini, a cura di M. Vannini, Città Nuova, Roma 1989. 6 Cf. in proposito Alain de Libera, Introduction à la mystique rhéna- ne, d’Albert le Grand à Maître Eckhart, Paris 1984. introduzione 9 la fondamentale questione dell’intelletto agente7, così come ci è nota la profonda influenza di Avicenna, nel quadro di quell’aristotelismo tomista che costituiva (e costituisce anche in questo Commento) il normale e continuo riferimento di un domenicano agli inizi del Trecento. 2. Attraverso il lungo commento al testo giovanneo si articola essenzialmente un concetto: la nascita del Logos nell’anima, e si delinea così una figura: quella dell’uomo giusto, dell’uomo nobile, del Figlio. Intorno a questo, che è il vero centro della riflessione eckhartiana, si sviluppa tutta la ricchissima spie- gazione del testo, nei suoi aspetti multiformi, a volte anche strettamente «tecnici». Non presentiamo perciò qui un impossibile riassunto dell’opera, ma ne indichiamo in sintesi alcuni punti essenziali, che possano servire di orientamento alla lettura. Per comprendere il pensiero di Eckhart occorre afferrare alcuni princìpi metodologici fondamentali, seguendo le indi- cazioni che egli stesso ci offre, un po’ in tutti i suoi scritti. Anzitutto bisogna ricordare che oportet in divinis intellectua- liter versari, non in ymaginationes deduci 8, e con ciò si spazza via risolutamente ogni tipo di rappresentazione, che, legata com’è al tempo e allo spazio, conduce l’uomo nella falsità, o comunque in forme di pensiero ben lontane dall’intelligenza. Si tenga presente che tutt’uno fanno, per un verso, spiritus, 7 Cf. in proposito Burkhard Mojsisch, Die Theorie des Intellekts bei Dietrich von Freiberg, Meiner, Hamburg 1977; Marco Vannini, Introdu- zione a Eckhart, Le Lettere, Firenze 2014, che contiene anche le impor- tantissime Quaestiones parisienses I e II su Dio e l’intelletto. 8 Cf. G. Théry, Édition critique des pièces relatives au procès d’Eckhart, contenues dans le manuscrit 33b de la bibliothèque de Soest, in «Archives d’Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen Age», 1926, 195-196: «...premissorum apparet veritas et ratio veritatis ex hiis quae hic supra notavi et contradicentium vel certa malitia, vel crassa ignorantia qui materiali ymaginatione divina et subtilia et incorporalia metiri conantur, contra illud quod Boetius in libro De Trinitate ait: In divinis intellectuali- ter conversari oportebit, neque ad ymaginationes deduci». 10 introduzione unum, aeternitas e, per un altro, corpus, multitudo, tempus9: da una parte la dimensione della ragione e della verità, dall’al- tra quella dell’errore – l’agostiniana «regione della dissomi- glianza» – in cui si è gettati lontani dall’essere, lontani da Dio. Il rigoroso primato dell’intelligenza, il rifiuto delle rappresen- tazioni, si esprime anche nell’altro importantissimo principio: nos non debemus scire de quocunque propter quid vel de quare extra nos, nec deum, nec creaturam, nec propter nos ipsos nec propter aliquam rem extra nos, quia ad quodcunque movemur aliter quam ex nobis, hoc totum est actus mortalis peccati 10. Parallelamente, proprio in questo Commento, Eckhart scri- ve: Hoc enim proprie vivit quod est sine principio. Nam omne habens principium operationis suae ab alio, ut aliud, non pro- prie vivit11, e, citando il prediletto Liber de causis, più avanti12: omnis sciens, qui scit essentiam suam, est rediens ad essentiam suam reditione completa. Ait autem signanter «completa», quia ubicumque sistit reditio ad se, ibi sistit et cognitio, quia ibidem mox subintrat et manet alienum et per consequens incognitum. Queste proposizioni sono state intese in senso modernis- simo, diciamo così feuerbachiano o anche marxiano13, giac- ché rifiutano ogni concezione alienante della verità, ma il loro vero senso è quello agostiniano: chi cerca la verità all’esterno non la trova in nessun modo14. E questo è vero proprio per la 9 Cf. n. 376: Haec tria: spiritus, unum sive unitas et aeternitas pro eodem accipiuntur condivise contra eorum opposita quae sunt corpus, multitudo et tempus. Deus autem unus est, aeternitas est, et ideo spiritus est. Cf. anche I Sermoni latini, n. 277, p. 284. 10 Cf. G. Théry, op. cit., p. 236. 11 Cf. n. 19. 12 Cf. n. 222. 13 «Emancipazione è ricondurre il mondo e tutti i rapporti umani all’uomo stesso», scrive Marx in Zur Judefrage (Die Frühschriften, ed. Landshut, 199). Sulla interpretazione marxista di Eckhart si può vedere A. Haas, Maître Eckhart dans l’idéologie marxiste, in «La Vie Spirituel- le», LIII (1971), 62-79, nonché quanto scrive Ernst Bloch nel suo Atei- smo nel cristianesimo (Feltrinelli, Milano 1971, 97-99). 14 De vera religione XLIX, 94. Si noti che proprio Agostino viene addotto da Eckhart per spiegare il passo citato al n. 222 (vedi nota 12).

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