1 COLLEGIA Le associazioni professionali nel mondo antico ARTI E MESTIERI NEL MONDO ROMANO ANTICO Collana edita con il patrocinio dell’Assessorato della Piccola e Media Impresa, Commercio e Artigianato del- la Regione Lazio Comitato scientifico: Filippo Coarelli, Università di Perugia Giuseppe Della Fina, Università dell’Aquila Gianfranco Gazzetti, Soprintendenza Etruria Meridionale In copertina: Commercianti nel Foro. © Roma 2007, Edizioni Quasar di Severino Tognon S.r.l. via Ajaccio 41-43, 00198 Roma- tel 0685358444 email: [email protected] e-ISBN 978-88-7140-608-4 ARTI E MESTIERI NEL MONDO ROMANO ANTICO 1 Francesca Diosono COLLEGIA Le associazioni professionali nel mondo romano EDIZIONI QUASAR Se la conoscenza del proprio passato è sempre una condizione utile e spesso imprescindibile per orga- nizzare il futuro, ciò è particolarmente vero per la Regione Lazio per la funzione avuta da Roma nella storia dell’Italia antica, dell’Europa e del bacino mediterraneo. La conoscenza dell’archeologia del territorio, degli usi antichi e delle tradizioni che formano il tessuto speci- fico della regione, costituiscono oggi una opportunità e uno strumento eccezionale di sviluppo non solo cul- turale, ma anche economico grazie agli indotti che essa genera anche nell’ambito delle attività produttive. L’Assessorato è dunque lieto di dare il suo patrocinio alla collana di divulgazione “Arti e mestieri nel mondo romano antico”, promossa dalla Edizioni Quasar, casa editrice regionale ben nota per le sue pubblicazioni di archeologia, topografia ed epigrafia del Lazio antico e per la sua particolare attenzione ad affiancare alla ricerca specialistica collane di divulgazione riservate a quanti sono interesseati a cono- scere il nostro passato e agli insegnamenti che possono valorizzare la specificità del Lazio, in un contesto anche internazionale. La collana “Arti e mestieri” affianca la collana “Vita e costumi” (avviata dal 1986 la quale - giunta ormai al vol. 29 - si concluderà con il vol. 30) e intende illustrare i vari aspetti nel settore delle attività produttive nella Roma antica, approfondendone articolazioni e caratteristiche che, in forme diverse, sopravvivono ancora oggi, soprattutto nei settori artigianali e commerciali. Questo primo volume fornisce un quadro complessivo delle associazioni professionali per collegi - i Collegia - allo scopo di chiarire il ruolo economico e sociale svolto dalle categorie produttive all’interno delle quali i grandi mercanti trovavano un valido sistema per esercitare pressioni e rafforzare la propria produzione, mentre i lavoratori avevano uno strumento di difesa dei propri interessi e un mezzo di pro- mozione sociale e di reciproca assistenza. I collegia possono quindi essere considerati antenati dei nostri moderni sindacati di categoria. I collegi, la cui nascita, attribuita al re Numa Pompilio, si colloca agli inizi della storia di Roma, as- sunse via via sempre maggior importanza, tanto che il potere politico, volendone controllare le attività creò un sistema capace di legarli con obblighi precisi ai municipi, blandendoli contemporaneamente con facilitazioni, anche fiscali. La stessa organizzazione statale finì per dipendere dai servizi prestati dai collegi, tanto da renderli, nella tarda età imperiale, obbligatori per alcune categorie di artigiani e commercianti. L’auspicio di questo Assessorato è che questa iniziativa si affermi come ulteriore strumento di conoscenza della storia della nostra Regione. Francesco De Angelis Assessore della Piccola e Media Impresa, Commercio e Artigianato Regione Lazio INTRODUZIONE Ai miei nonni, mio zio Carlo e mio fratello Marco, perché non possono leggerlo Per una storia dei collegi professionali romani I collegi rappresentano un fenomeno sociale fondamentale nel mondo romano per diffusione e quantità di individui coinvolti; proprio per questo esaminarne la storia e le caratteristiche rappresenta un compito assai duro. Si ritiene che, in età imperiale, almeno un terzo della popolazione urbana facesse parte di un collegio e questo ne spiega l’importanza, ma, nello stesso tempo, fa sì che quelli che in latino si chiamavano collegia, corpora, societates, sodalitates, sodalicia ed in greco thiasoi, koinai, technai, eranoi, sunergasia siano ancora oggi soggetti che sfuggono ad una semplice definizione. La terminologia stessa utilizzata nel mondo romano per indicarli è piuttosto varia e non ne determina né chiarisce le differenze, che non appaiono rigide o non sono percepite come tali; avveniva di frequente che la stessa associazione si identificasse, in più iscrizioni, con differenti termini intercambiabili tra loro e che i suoi membri si definissero socii, sodales, corporati o collegiati senza far intravedere un distinto significato attribuibile alle diverse parole. Probabilmente le differenze tecniche tra le varie definizioni non erano avvertite dal popolo, che utilizzava indifferentemente l’uno o l’altro termine. D’altronde, la distinzione non appare molto chiara neppure nei testi giuridici che se ne occupano: nonostante la giurisprudenza romana sia la fonte storica caratterizzata dalla maggior ricerca di precisione ed esattezza terminologica, tanto da avere intere sezioni dedicate al corretto significato delle parole, nel riferirsi alle associazioni essa è spesso costretta a ricorrere a perifrasi o a riportare uno dopo l’altro tutti i termini più diffusi e considerati significativi. Una definizione moderna1 che si può proporre per le associazioni è quella che identifica in esse delle unioni volontarie di individui che perseguano uno scopo comune e permanente in base a delle regole comuni. Nel caso delle associazioni professionali, la finalità che viene perseguita è collegata al mestiere esercitato dai soci. I soci possono decidere di costituire un’associazione per perseguire, attraverso la propria organizzazione, un fine comune che si mantiene nel tempo, oppure possono essere spinti da un interesse, anche temporaneo, di natura totalmente privata e pratica, quale la conclusione di un affare o di un investimento. In quest’ultimo caso, però, non siamo davanti ad un collegio quanto ad una società di capitali. Inoltre, è possibile formare sia un collegio che presenti caratteristiche, anche 5 se non esclusive, di finalità pubblica, sia un collegio volto a soddisfare mere esigenze di carattere privato, siano esse commerciali, religiose o di mutua assistenza. Quale che sia l’attività prevalente che caratterizzi il collegio, essa non deve far dimenticare tutte le altre che venivano comunque condotte all’interno di ogni associazione. Sarebbe infatti fuorviante identificare l’interno complesso delle attività svolte da un’associazione solo con l’elemento costitutivo da cui questa prende il nome ufficiale, mentre esso va considerato all’interno di un quadro storico-sociale assai più articolato. Un aspetto che va compreso prima di addentrarsi nel mondo delle organizzazioni antiche, professionali o meno, è che la vita ed ogni attività, anche la più umile ai nostri occhi, erano all’epoca permeate di religiosità. Ma non bisogna farsi disorientare da questo e di conseguenza affermare, ad esempio, come ancora spesso si fa, che un collegio artigianale come quello dei fabri nascesse con il solo scopo di onorare Minerva; è più corretto ritenere che i membri si riunissero spinti dai loro interessi professionali e che, nello stesso tempo, onorassero la loro dea protettrice. Sarebbe stato impensabile per la mentalità dell’epoca non unire questi due interessi tra loro. Invertire il rapporto causa/effetto impedisce di comprendere appieno i vari obiettivi ed aspetti di un collegium, finendo col fraintendere o col sottovalutare anche alcune caratteristiche dell’economia romana; se ci si attiene ad una interpretazione troppo religiosa delle attività dei collegiati, si finisce per proporre di essi un ritratto meno “mercantile” di quanto in realtà non fosse. Lo scopo economico delle associazioni è addirittura dubbio per la maggior parte degli studiosi che se ne sono occupati. Mentre Mommsen affermava che almeno alcuni collegi professionali dovevano essere sorti per tutelare i propri interessi, ottenere monopoli commerciali e privilegi economici o controllare i mercati ed i prezzi, gli storici di fine Ottocento misero decisamente da parte questi aspetti e l’abbandono di una tale concezione non è ancora del tutto avvenuto2. I collegi professionali rappresentano anche un indicatore di attività economica, in quanto sono le zone economicamente marginali o non interessate da rotte commerciali o traffici quelle in cui i collegi sono più rari. Rappresenta un approccio errato, spesso dettato da una volontà di catalogare piuttosto che di comprendere in profondità, il voler attribuire ad un collegio un’attività esclusiva, un aspetto predominante. Questo perché nei collegia si intrecciano tra loro in maniera indissolubile caratteristiche professionali (è un’unione di persone che esercitano lo stesso mestiere e mettono in comune vantaggi e svantaggi della loro attività), economiche (la gestione della cassa comune e di altri beni mobili, immobili e rendite, nonché la gestione di monopoli e di concessioni statali), territoriali (in grandi centri i membri spesso lavorano nella stessa zone, nei piccoli centri rappresentano un settore produttivo cittadino di fronte a quelli di altre realtà vicine), religiose (i soci fanno dediche alle divinità specifiche protettrici del collegio o ad altre, praticano insieme gli stessi culti, compreso quello imperiale), sociali (si pongono collettivamente nei confronti dello stato, dei notabili, delle alte cariche amministrative, dei personaggi influenti, ed in cambio viene loro riconosciuto un ruolo civile ed una posizione nella gerarchia cittadina), politiche (intessono rapporti di mutuo interesse con patroni e personaggi pubblici ed influenti), assistenziali (nei confronti dei membri più poveri o delle famiglie dei defunti), funerarie (la maggior parte delle associazioni si occupa delle esequie dei soci o partecipa alle cerimonie in loro memoria), conviviali (con lo svolgimento di banchetti, feste, cerimonie, riunioni, distribuzioni), giurisdizionali (hanno il diritto di assegnare multe e 6 Fig. 1. Pompei. Termopolio di via dell’Abbon- Fig. 3. Pompei. Larario del Sarno (da Pompei pit- danza (da Pompei pitture e mosaici). Il termo- ture e mosaici). Il proprietario di questa domus, polio è un’osteria in cui si possono consumare probabilmente un commerciante, fa dipingere sul- vino e varie pietanze, anche calde, aperta la base del proprio larario domestico una scena che sulla strada. In questo caso il bancone, in cui illustra la raccolta di prodotti agricoli ed il loro si aprono i contenitori dei cibi, ha a fianco il trasporto per via fluviale sul Sarno, fiume alla cui larario del proprietario, a dimostrazione della foce sorgeva il porto di Pompei. Il proprietario in- commistione tipica della mentalità romana tra voca così la protezione divina anche sulle sue atti- elementi sacri ed aspetti della vita materiale. vità commerciali. Fig. 2 Roma. Minerva in una bottega di falegname (da Adam). In questo rilievo il falegname è rappresentato nella sua bottega mentre lavora sotto la protezio- ne della dea Minerva, che nella mentalità popolare è la protet- trice degli artigiani. 7