Quando Anastasia Steele, graziosa e ingenua studentessa americana di ventun anni incontra Christian Grey, giovane imprenditore miliardario, si accorge di essere attratta irresistibilmente da quest’uomo bellissimo e misterioso. Convinta però che il loro incontro non avrà mai un futuro, prova in tutti i modi a smettere di pensarci, fino al giorno in cui Grey non compare improvvisamente nel negozio dove lei lavora e la invita a uscire con lui. Anastasia capisce di volere quest’uomo a tutti i costi. Anche lui è incapace di resisterle e deve ammettere con se stesso di desiderarla, ma alle sue condizioni. Travolta dalla passione, presto Anastasia scoprirà che Grey è un uomo tormentato dai suoi demoni e consumato dall’ossessivo bisogno di controllo, ma soprattutto ha gusti erotici decisamente singolari e predilige pratiche sessuali insospettabili… Nello scoprire l’animo enigmatico di Grey, Ana conoscerà per la prima volta i suoi più segreti desideri. Tensione erotica travolgente, sensazioni forti, ma anche amore romantico, sono gli ingredienti che E. L. James ha saputo amalgamare osando scoprire il lato oscuro della passione, senza porsi alcun tabù. Il successo senza precedenti della trilogia Cinquanta sfumature, di cui questo è il primo volume, è iniziato grazie al passaparola delle donne che ne hanno fatto nel mondo un vero e proprio cult. Come un ciclone inarrestabile, la passione proibita di Anastasia e Christian ha conquistato le lettrici prima attraverso la diffusione in e-book, poi in edizione tascabile, ponendosi al primo posto in tutte le classifiche del mondo. L’autore E. L. James, londinese, moglie e madre di due figli, lavora in televisione. Ha sempre sognato di scrivere storie di cui i lettori si sarebbero innamorati, ma ha accantonato fino a oggi questa passione per concentrarsi sulla famiglia e sulla carriera. Alla fine, però, ha preso il coraggio a due mani e ha scritto il suo primo romanzo, Cinquanta sfumature di Grigio, cui fanno seguito Cinquanta sfumature di Nero e Cinquanta sfumature di Rosso. E. L. James CINQUANTA SFUMATURE DI GRIGIO Traduzione di Teresa Albanese MONDADORI MML 027 Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale. Per Niall, il signore del mio universo Ringraziamenti Ho un debito con le seguenti persone, per l’aiuto e il sostegno che mi hanno dato: mio marito Niall: grazie perché tolleri la mia ossessione, perché sei un angelo del focolare e per aver fatto il primo editing; il mio capo, Lisa: grazie per avermi sopportato nell’ultimo anno, mentre io indulgevo in questa follia. CCL: non lo dirò mai, ma grazie; le mie amiche nella buona e nella cattiva sorte: grazie per il vostro affetto e il vostro sostegno costante; SR: grazie per tutti gli utili consigli che mi hai dato fin dall’inizio e per avermi fatto strada; Sue Malone: grazie per avermi rimesso in sesto; Amanda e a tutti quelli della TWCS: grazie per aver puntato su di me. 1 Mi guardo allo specchio, arrabbiata e delusa. Al diavolo i miei capelli, che non vogliono saperne di stare a posto, e al diavolo Katherine Kavanagh, che si è ammalata e mi sottopone a questa prova. Dovrei studiare per gli ultimi esami, che saranno la settimana prossima, e invece eccomi qui a cercare di domare questa chioma ribelle. “Non devo più andare a letto con i capelli bagnati. Non devo più andare a letto con i capelli bagnati.” Recitando più volte questo mantra tento, di nuovo, di addomesticarli con la spazzola. Contemplo esasperata la diafana ragazza castana con gli occhi azzurri, troppo grandi per il suo viso, che mi fissa dallo specchio, e depongo le armi. La mia unica possibilità è legarli in una coda e sperare di avere un aspetto almeno presentabile. Kate è la mia coinquilina, e fra tutti i giorni possibili ha scelto proprio questo per farsi venire l’influenza. Così, non può fare l’intervista, programmata per il giornale studentesco, a un pezzo grosso dell’industria che io non ho mai sentito nominare, e mi sono dovuta offrire di andarci al posto suo. Ho gli esami da preparare, una tesina da finire, e nel pomeriggio dovrei presentarmi al lavoro, ma no… oggi mi tocca guidare per più di duecento chilometri fino a Seattle per incontrare il misterioso amministratore delegato della Grey Enterprises Holdings Inc. Il tempo di questo eccezionale imprenditore, nonché importante sponsor della nostra università, è straordinariamente prezioso – molto più del mio – ma ciò non gli ha impedito di concedere a Kate un’intervista. Un vero scoop, mi dice lei. Al diavolo la mia amica e le sue attività extracurricolari. Kate è raggomitolata sul divano del soggiorno. «Ana, mi dispiace. Mi ci sono voluti nove mesi per ottenere questa intervista. Ce ne vorrebbero altri sei per spostare l’appuntamento, e a quel punto saremo entrambe laureate. Come direttore del giornale, non posso giocarmi questa chance. Ti prego» mi implora con la voce rauca per il mal di gola. Ma come fa? Anche da malata è uno schianto, con i capelli ramati in perfetto ordine e gli occhi verdi splendenti, anche se adesso sono cerchiati di rosso e lacrimano. Ignoro un inopportuno moto di compassione. «Certo che ci andrò, Kate. Ora è meglio che tu torni a letto. Vuoi un po’ di NyQuil o di Tylenol?» «NyQuil, grazie. Qui ci sono le domande e il registratore. Basta che premi questo pulsante. Prendi appunti, poi trascriverò tutto io.» «Non so niente di quel tizio» mormoro, cercando invano di reprimere il panico. «Basta che segui l’ordine delle domande. Adesso vai. Il viaggio è lungo. Non vorrei che arrivassi in ritardo.» «Va bene, vado. Tu torna a letto. Ti ho preparato una zuppa da scaldare.» Le lancio uno sguardo pieno d’affetto. “Lo faccio solo perché sei tu, Kate.” «D’accordo. In bocca al lupo. E grazie, Ana… Come al solito, mi salvi la vita.» Mentre prendo lo zainetto, le rivolgo un sorriso tirato, esco e mi dirigo verso l’auto. Non posso credere di essermi lasciata convincere a fare questa pazzia. D’altra parte Kate convincerebbe chiunque a fare qualsiasi cosa. Diventerà una grande giornalista. È decisa, persuasiva, polemica, bella… ed è anche la mia più cara amica. Le strade sono sgombre quando parto da Vancouver, nello Stato di Washington, alla volta dell’I-5. È ancora presto, e devo essere a Seattle non prima delle due del pomeriggio. Per fortuna, Kate mi ha prestato la sua macchina sportiva, una Mercedes CLK. Non sono certa che Wanda, il mio vecchio Maggiolino, mi avrebbe portato a destinazione in tempo. Con la Mercedes si fila che è una meraviglia e schiacciando a fondo l’acceleratore si bruciano i chilometri. La mia meta è il quartier generale della multinazionale di Mr Grey. Un enorme palazzo con uffici di venti piani, tutto vetro e acciaio, la fantasia funzionale di un architetto; sulle porte a vetri dell’ingresso, in caratteri molto sobri, la scritta GREY. Arrivo alle due meno un quarto, alquanto sollevata di non essere in ritardo, e mi inoltro nell’immenso, e decisamente imponente, atrio. Da dietro la massiccia reception una bionda splendida e tutta in tiro mi sorride amabilmente. Indossa il più elegante tailleur color antracite, con camicia bianca, che abbia mai visto. Ha un aspetto impeccabile. «Sono qui per vedere Mr Grey. Anastasia Steele per conto di Katherine Kavanagh.» «Mi scusi un attimo, Miss Steele.» Inarca un sopracciglio, mentre aspetto impacciata davanti a lei. Comincio a rimpiangere di non essermi fatta prestare una delle giacche eleganti di Kate, invece di accontentarmi della mia giacca sportiva blu marina. Facendo uno sforzo, ho indossato la mia unica gonna, i miei dignitosi stivali marroni al ginocchio e un maglioncino azzurro. Questo, per me, è il massimo dell’eleganza. Mi infilo una ciocca ribelle dietro l’orecchio, fingendo di non essere intimidita da quella donna. «Miss Kavanagh era attesa. Per favore, firmi qui, Miss Steele. Deve prendere l’ultimo ascensore sulla destra. Ventesimo piano.» Mi sorride gentilmente, senza dubbio divertita, mentre io firmo. Mi porge un pass con la scritta OSPITE. Non riesco a evitare un sorrisetto. Mi pare ovvio che sono solo un’ospite. Non c’entro niente con questo posto. “È sempre la stessa storia” mi dico con un sospiro. Dopo averla ringraziata, mi dirigo verso gli ascensori, passando accanto ai due addetti alla sicurezza, entrambi molto più eleganti di me nei loro abiti neri di sartoria. L’ascensore mi porta al ventesimo piano a velocità supersonica. Le porte si aprono e mi ritrovo in un altro vasto atrio, sempre di vetro, acciaio e arenaria. Incappo in un’altra reception e in un’altra giovane bionda, impeccabilmente vestita in bianco e nero, che si alza per accogliermi. «Miss Steele, le dispiace aspettare qui, per cortesia?» Indica un salottino con poltrone bianche di cuoio. Dietro si apre una enorme sala riunioni dalle pareti di vetro, con un altrettanto enorme tavolo di legno scuro e almeno venti sedie abbinate tutt’intorno. Al di là, c’è una vetrata a tutt’altezza con una vista sullo skyline di Seattle che arriva fino al Puget Sound. È un panorama mozzafiato, che per un attimo mi annichilisce. “Wow.” Mi siedo, prendo l’elenco delle domande dallo zainetto e le leggo in fretta, maledicendo Kate per non avermi fornito qualche breve dato biografico. Non so niente dell’uomo che sto per intervistare. Potrebbe avere novant’anni come trenta. L’incertezza è irritante e il nervosismo riaffiora, facendomi agitare sulla poltrona. Non ho mai amato le interviste a tu per tu, preferendo l’anonimato di una discussione di gruppo, dove posso sedermi in fondo alla stanza e farmi notare il meno possibile. Anzi, per essere onesta, la cosa che preferisco in assoluto è rimanere per conto mio a leggere un romanzo inglese, raggomitolata in una poltrona nella biblioteca del campus. Alzo mentalmente gli occhi al cielo. “Calmati, Steele.” A giudicare dall’edificio, troppo asettico e moderno, Grey potrebbe essere sulla quarantina: snello, abbronzato, capelli biondi in tinta con quelli del resto del personale. Un’altra elegante e impeccabile bionda esce da una porta sulla destra. Cos’è questa fissazione per le bionde perfette? Mi sembra di essere in una soap opera. Con un respiro profondo, mi alzo in piedi. «Miss Steele?» chiede l’ultima bionda della serie. «Sì» gracchio. Mi schiarisco la voce. «Sì.» Ecco, così suonava più autorevole. «Mr Grey la riceverà fra un attimo. Posso prendere la sua giacca?» «Oh, sì, grazie.» Me la sfilo, un po’ impacciata. «Le hanno offerto qualcosa da bere?» «Mmh… no.» Oh, cavolo, la Bionda Numero Uno adesso è nei guai? La Bionda Numero Due aggrotta la fronte e guarda di traverso la ragazza alla reception. «Gradisce un tè, un caffè, un bicchiere d’acqua?» chiede, riportando l’attenzione su di me. «Un bicchiere d’acqua, grazie» mormoro. «Olivia, per cortesia, porta un bicchiere d’acqua a Miss Steele.» Ha un tono severo. Olivia balza dalla sedia e si dirige immediatamente verso una porta dall’altra parte dell’atrio. «Le faccio le mie scuse, Miss Steele, Olivia è la nostra nuova stagista. Mr Grey la riceverà tra cinque minuti.» Olivia torna con un bicchiere di acqua ghiacciata. «Ecco a lei, Miss Steele.» «Grazie.» La Bionda Numero Due si dirige verso la reception, con i tacchi che risuonano sul pavimento. Si siede. Lei e la collega riprendono il loro lavoro. Forse Mr Grey vuole che tutte le sue dipendenti siano bionde. Mi sto oziosamente chiedendo se ciò sia legale, quando la porta dell’ufficio si apre ed emerge un attraente afroamericano con corti dreadlocks, alto e ben vestito. Decisamente, ho scelto il look sbagliato. Si gira e chiede dalla soglia: «Questa settimana si gioca a golf, Grey?». Non sento la risposta. L’uomo si volta, mi vede e sorride, stringendo gli occhi scuri. Olivia è balzata a chiamare l’ascensore. Sembra eccellere nel salto dalla sedia. È più nervosa di me! «Buon pomeriggio, signore» saluta lui, uscendo. «Mr Grey è pronto a riceverla, Miss Steele. Si accomodi» dice la Bionda Numero Due. Mi alzo, cercando di dominare l’agitazione. Prendo lo zainetto, abbandono il bicchiere d’acqua e mi dirigo verso la porta socchiusa. «Non occorre che bussi, può entrare.» Mi sorride con gentilezza. Apro la porta e inciampo. Cado lunga distesa in mezzo all’ufficio. “Merda… Imbranata che non sono altro!” Mi ritrovo carponi mentre due mani premurose mi aiutano a rialzarmi. Sono così imbarazzata, maledetta la mia goffaggine! Devo farmi forza per alzare lo sguardo. Porca miseria… è giovanissimo. «Miss Kavanagh.» Quando sono di nuovo in piedi, lui mi porge una mano dalle dita affusolate. «Sono Christian Grey. Va tutto bene? Vuole sedersi?» Giovanissimo… e bello, bello da morire. È alto, indossa un elegante completo grigio, una camicia bianca, una cravatta nera, ha una ribelle chioma biondo rame scuro e intensi, luminosi occhi grigi che mi scrutano con attenzione. Ci metto qualche istante a trovare la voce. «Mmh. In realtà…» mormoro. Se questo tipo ha più di trent’anni, io sono la regina Elisabetta. Stordita, avvicino la mia mano alla sua e gliela stringo. Quando le nostre dita si toccano, sento una strana, inebriante scossa. Ritiro subito la mano, imbarazzata. Dev’essere l’elettricità statica. Sbatto in fretta le palpebre, a ritmo con il battito del mio cuore. «Miss Kavanagh è indisposta, quindi ha mandato me. Spero che non le dispiaccia, Mr Grey.»