(t) Saggi Vilayanur S. Ramachandran Che cosa sappiamo della mente Gli ultimi progressi delle neuroscienze raccontati dal massimo esperto mondiale OSC\Rl~10NDADORI Dello stesso autore nella collezione Oscar La donna che mori dal ridere (con Sandra Blakeslee) Vilayanur S. Ramachandran Che cosa sappiamo della mente Gli ultimi progressi delle neuroscienze raccontati dal massimo esperto mondiale Traduzione di Laura Serra Comune di Roma - I.S.8.C.C. Biblioteca Cornelia -tel. 06 45~6041~ [email protected] ~.~J.. 9 ..C ..................~ ........... . Inv. N. .......... .t j*2' ·" OSCAR.M.ONDADOBI , 1 © 2003 Vtlayanur S. Ramachandran Titolo originale dell'opera: The Emerging Mind © 2004 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione Saggi ottobre 2004 I edizione Oscar saggi gennaio 2006 ISBN 88-04-55151-8 Questo volume è stato stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento NSM -Cles (TN) Stampato in Italia. Printed in Italy www.librimondadori.it Indice 3 Introduzione 9 I Fantasmi nel cervello 29 II Credere è vedere 43 m Il cervello artista 63 IV Numeri viola e formaggi piccanti 85 v Neuroscienza, la nuova filosofia 113 Note 135 Glossario 145 Bibliografia 153 Ringraziamenti 157 Indice dei nomi Che cosa sappiamo della mente Ai miei genitori, Vilayanur Subramanian e Vilayanur Meenakshi A Diane, Mani e f aya A Semmangudi Sreenivasa Iyyer Al presidente Abdul Kalam, che ha saputo condurre i giovani del nostro paese nel nuovo millennio A Shiva Dakshinamurti, signore della gnosi, della musica, della conoscenza e della saggezza Introduzione È stato un onore, per me, essere invitato a tenere le Reith Lectures del 2003: sono il primo psicologo sperimentale cui sia stato affidato l'incarico da quando il ciclo di confe renze fu inaugurato da Bertrand Russell nel 1948. Poiché negli ultimi cinquant'anni le Reith hanno avuto grande ri lievo nella vita culturale e intellettuale britannica, è stato un grande piacere entrare nel nutrito novero di conferen zieri, che conta nomi come Peter Medawar, Amold Toyn bee, Robert Oppenheimer, John Galbraith e lo stesso Ber trand Russell, illustri scienziati le cui opere mi avevano conquistato quando ero ragazzo. Ho subito capito che, data la statura eccezionale di si mili personaggi e il ruolo fondamentale avuto da molti di loro nel definire l'ethos intellettuale della nostra epoca, mi sarebbe stato difficile seguire le loro orme. Mi imbarazza va inoltre la richiesta di usare un linguaggio comprensibi le non solo allo specialista, ma anche alla gente comune, così da soddisfare la finalità divulgativa voluta in origine da Lord Reith per la BBC. Poiché sono state compiute innu merevoli ricerche sul cervello, ho ritenuto non convenisse tanto cercare di presentare un quadro onnicomprensivo della materia, quanto fornire spunti ed esempi, anche a ri schio di semplificare troppo i problemi e di urtare la su scettibilità dei colleghi specialisti. Come ebbe a osservare lo stesso Lord Reith, «ci sono persone la cui suscettibilità si ha il dovere di urtare». È stato bello viaggiare per la Gran Bretagna tenendo le 4 Che cosa sappiamo della mente conferenze. Non dimenticherò mai la prima, presso la Royal Institution di Londra: è stata un'occasione partico larmente gioiosa per me, non solo perché tra il pubblico ho riconosciuto i volti di colleghi, studenti ed ex inse gnanti, ma anche perché ci trovavamo nella stessa sala in cui Michael Faraday dimostrò per la prima volta il legame tra elettricità e magnetismo. Mi pareva quasi che Faraday, uno degli eroi della mia adolescenza, fosse presente e as sistesse accigliato ai miei goffi tentativi di collegare mente e cervello. Dunque in queste conferenze ho cercato di rendere le neuroscienze, ossia lo studio del cervello, comprensibili a un più vasto pubblico (ai «lavoratori», come avrebbe detto Thomas Huxley). Come punto di partenza ho preso in esame le disfunzioni neurologiche prodotte da lesioni ad aree circoscritte del cervello e mi sono chiesto: Perché questi strani sintomi? Che cosa ci dicono riguardo al fun· zionamento del cervello normale? Studiare questi distur bi può contribuire a spiegare in che modo l'attività di cento miliardi di neuroni cerebrali produce l'enorme va rietà delle nostre esperienze consce? Dato il tempo limita to che avevo a disposizione, ho deciso di concentrarmi da un lato sui fenomeni di cui mi ero occupato in prima per sona (come gli arti fantasma, la sinestesia e il processo vi sivo), dall'altro su quelli che presentano un accentuato in teresse interdisciplinare e che possono aiutarci a colmare l'enorme divario tra mondo scientifico e mondo umani stico, le «due culture» di cui parlò C.P. Snow nel suo fa moso libro.1 La terza conferenza è dedicata alla «neuroestetica», la neurologia dell'esperienza artistica, un argomento contro~ verso e per molti privo di dignità scientifica, che analizzo per puro divertissement, giusto per dimostrare come un neuroscienziato può affrontare l'argomento. Non intendo scusarmi per il taglio teorico o per essermi avventurato «dove non osano gli angeli». Come osservava Peter Me dawar, «La scienza è essenzialmente un'incursione imma-