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Che cosa ha veramente detto Bruno PDF

177 Pages·1971·5.473 MB·Italian
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· . Delle molte interpretazioni che han no caratterizzato la 'fortuna' di Bruno negli ultimi due secoli, ben poche hanno retto alla nuova misura che la critica si è imposta. Gli studi bruniani hanno messo in luce elementi che la critica del passato non aveva saputo o potuto considerare, come il momento ermetico-magico della filosofia di Bru no; accanto a questi elementi si sono studiate le finora insospettate compo nenti politiche della filosofia del No lano. Un altro aspetto che ugualmente è risaltato in primo piano è il tenta tivo di Bruno - del resto strettamente connesso con gli altri momenti - di fondare una nuova scienza. Ma è tut tavia emerso che il Bruno in questa direzione, pur avendo avuto singolari presentimenti destinati a rimanere tali, non ha potuto fornire una fondazione scientifica del suo dire. Questo perché alla base del suo insegnamento, nono stante ogni sincero tentativo in con- . trario, nonostante ogni smentita o pro testa della critica posteriore, è rimasta una forte costante platonica, che ha sempre riportato il Bruno su posizioni delle quali il Nolano avvertiva la debo lezza, ma che, con gli strumenti di cui disponeva, egli era impotente a supe rare. Questo volume segue l'intera evo luzione del pensiero bruniano, alla luce segue in terza pagina dt copertina dei più importanti apporti critici, attra verso l'esposizione puntuale delle opere maggiori e con esaurienti resoconti di tutte le altre, nell'ambito della prospet tiva critica sopradelineata. * * * L'autore, Icruo VECCHIOTTI, da molti anni collaboratore della nostra casa editrice, è nato a Roma. Laureato in Giurisprudenza e in Filosofia nella Università di Roma, poi assistente vo lontario e libero docente nella stessa Università ed ora Incaricato di Storia della filosofia medioevale nelle Univer sità, ha pubblicato numerose opere di ricerca filosofica e storico-filosofica. Fra queste ricordiamo: Pensatori dell'India Contemporanea (1959), Premessa a Jacobi (1959), Relazione e Concreto (1960), Bhagavad-Gita (1965), Che cos'è la filosofia indiana .(1968), La dottrina di Schopenhauer (1969), In trod,uzione a Schopenhauer (1970), La filosofia di Tertulliano (1970). Esperto cultore di lingue, ha anche scritto per l'Astrolabio il volume su Le lingue del mondo di prossima pubblicazione. CHE COSA HANNO 'VERAMENTE' DETTO VOL. XXXVI CHE COSA HA 'VERAMENTE' DETTO BRUNO cli Icruo VECCHIOTTI © 1971, Casa Ed. Astrolabio -Ubaldini Editore, Roma. I. Vecchiotti CHE COSA HA veramente Bruno DETTO UBALDINI EDITORE Cronologia bruniana 1548. Nasce a Nola Filippo Bruno (che assumerà in 'religione' il nome di Giordano) da Giovanni, soldato di ventura, e da Fraulissa Savolina.. Risale ai primi mesi della sua vita un episodio, raccontato dal Bruno nel Sigillus sigillorum II, II, pp. 184-5, ma cui si attribuisce scar:,a credibilità: scorgendo un grosso serpente che si avvicina alla culla dopo essere uscito da un foro della parete, il bimbo ne fu tanto turbato da chiamare in modo distinto il padre che dormiva nella camera accanto e da capire tutto quello che successivamente accadde: l'accorrere della fami glia, le grida di spavento e d'ira e cosl via: tutta la scena sarebbe stata da lui ricordata e accuratamente descritta ai famigliari alcuni anni dopo, con gran meraviglia di tutti. Il Bruno ci ha lasciato commosse descrizioni della regione dove era nato in varie opere (De Immenso, I, I, p. 313; De la Causa, ed. Aquilecchia-Gentile, p. 205; Can delaio, ed. Spampanato, p. 157 e 196; Ars memoriae, II, 1, pp. 95-6; Spaccio della Bestia trionfante, ed. cit., pp. 633 e 639). Alla sua terra è legato del resto dalle difficoltà psi cologiche che egli prova nel tentativo di liberarsi dai con dizionamenti biopsicologici della superstizione: di ciò vedia mo il segno nel racconto della trave infocata che il Bruno avrebbe visto passare a gran velocità sui tetti di Nola e poi allontanarsi velocemente al di là della montagna (De Im menso, I, II, p. 120) ma anche nel suo credere a fatti miracolosi o strani come il malocchio o cose del genere (De rerum principiis, III, p. 564; De magia, III, p. 431). Frequenta la scuola di un sacerdote nolano, Gian Domenico de Ja nnello ( che gli insegna a leggere e scrivere) e poi quella, pubblica, di Bartolo Aloia delle Castelle. 1562. Prima di quest'anno va a Napoli: "Sono stato in Napoli a imparar littere de umanità, logica e dialettica sino ai 14 anni; e solevo sentir le lezioni pubbliche d'uno 6 CHE COSA HA 'VERAMENTE' DETTO BRUNO che si chiamava il Sarnese, ed andavo a sentir privatamente la logica da un padre augustiniano, chiamato fra' Teofilo da Vairano, che doppo lesse la metafisica in Roma" (Doc. Veneti, VIII, c. 7). Il Sarnese era Vincenzo Colle da Sarno che 'leggeva' i libri 'dialettici' di Aristotele, seguendo le interpretazioni del pugliese Girolamo Balduino. Maestro indimenticabile fu però per il Bruno fra' Teofilo, del quale assumerà il nome nei dialoghi della Cena de le Ceneri. Al Cotin, bibliotecario di S. Victor, il Bruno dichiarerà che Teofilo era stato il 'principale' fra tutti i suoi maestri. Discusso il magistero di un altro maestro e cioè del Porzio, che secondo il Corsano avrebbe svolto a Pisa. la maggior parte della sua attività, mentre il Badaloni ha insistito sull'importanza per il Bruno del magistero del Porzio, nel senso della opposizione della fisicità alla logicità, combinata con un 'ritorno' ai presocratici. Sorge a questo punto una questione: quella dell'età alla quale il Bruno avrebbe vestito l'abito domenicano. Le ricerche dello Spampanato hanno portato allla conclusione che ciò non puo essere accaduto prima che il Bruno compisse diciotto anni. Il 1562 sarà pertanto l'anno dell'entrata, il 1565 l'anno della vestizione. 1565. Anno di noviziato. 15 giugno: veste l'abito di _novizio, secondo i registri di S. Domenico Maggiore. Lo studio napoletano era annesso al convento domenicano. Il B. comincia una nuova educa zione: studia retorica ecclesiastica sulla base di Aristotele, Cicerone, Quintiliano. Studia. i Padri. E' processato e ammonito per il suo spirito d'indipendenza. 1566. 9 gennaio: è eletto papa - Pio V - fra' Miche le Ghislieri, domenicano. Grandi festeggiamenti per il confratello. Più tardi il B. sarà invitato a Roma da Pio V e reciterà davanti a lui un salmo in ebraico, per dar prova della sua memoria artificiale. Questo sta a provare che anche durante gli anni del convento ha studiato mnemo tecnica. 1566. Dopo l'anno di retorica, Bruno è ammesso agli studi 'materiali': logica e metafisica: studia le Sum- Cronologia bruniana 7 mulae di Pietro Ispano e dei vari commentatori - to misti - delle opere di Aristotele. 1572. B. è ordinato sacerdote e dice la prima messa. 21 maggio: è assegnato come studente di Sacra Teo logia al convento di S. Domenico e pertanto avviato agli studi teologici superiori, che comportavano quattro anni di studio: base, la Summa Theologica, i Quattuor libri sententiarum di Pietro Lombardo, con il commento del Capreolo. Paga undici carlini per una cella nello Studio, dove ha come maestri i più illustri teologi domenicani. 1575. B. ottiene la licenza in teologia, discutendo alcu ne tesi, fra cui 'Verum est quicquid dicit D. Thomas in Summa contra Gentiles', 'Verum est quicquid dicit magister sententiarum' (cioè Pietro Lombardo). Nasce quindi un altro problema e cioè se risponda a verità quanto disse il B. ai giudici dell'Inquisizione veneziana, di aver trascurato gli studi teologici per i filosofici. Si deve in realtà pensare ad una sorta. di pretesto, per la difesa che il B. si andava costruendo, sulla base del fatto che un errore teologico si può spiegare per ignoranza: è praticamente impossibile che in quella severa scuola di teologia si ottenesse una licentia a buon mercato. Per altro verso, è perfettamente vero che le regole dell'ordine permettevano di studiare al lume della lucerna e che il Bruno approfittò del permesso, per studiare non solo i filosofi antichi e dei secoli di mezzo, ma anche la letteratura e tutte le scienze che potessero giovargli. La testimonianza della prodigiosa cultura che egli poté procurarsi in questi anni - non certo dopo, nella sua vita errabonda - sta non soltanto nelle testimonianze che ce ne recano i contemporanei, ma nelle sue opere stesse, piene zeppe di citazioni e di riferimenti dotti. Il fatto che assai spesso le citazioni non siano del tutto esatte è spiegabile con la fiducia che il Bruno aveva nella sua tecnica mnemonica. Se comunque si dovesse fare un elenco degli autori da lui studiati, questo sarebbe assai lungo. Tutte queste letture contribuiscono al formarsi delle sue tendenze eterodosse, dei 'dubbi', che il B. ebbe ed alimentò fin da suoi diciotto anni (Doc. Veneti, XI, 17). 8 CHE COSA HA 'VERAMENTE' DETTO BRUNO In questi anni accadono alcuni fatti spiacevoli, per cui il Bruno si rende sospetto d'eresia 1576. "Dubitando di non esser messo preggione" (Doc. Ven., XIII, 33) fugge da Napoli e va a Roma, dove chiede ospitalità al convento domenicano di S. Maria sopra Minerva: spera di vivere tranquillamente, nascon dendo il proprio passato. Viene a Roma un suo confra tello napoletano, da cui il B. sospettava di essere stato denunciato. Il confratello finisce nel Tevere, in seguito a circostanze non bene accertate. Il B. è costretto di nuovo a fuggire, sotto accusa di essere responsabile del luttuoso incidente, che egli negherà di aver provocato. Si mette in abiti civili e va al nord, dove infuria la peste. 1572. Va prima a Genova, poi a Noli, dove rimane quattro mesi, insegnando ,grammatica e fisica; poi a Sa vona, poi a Torino, quindi a Venezia per via fluviale. A Venezia rimane un mese e mezzo, per far stampare l'opuscolo De' segni dei tempi. Poi a Padova, a Berga mo, a Chambéry (autunno o inverno 1578). 1578-9. A Chambéry. 1579, verso la primavera. A Ginevra, è costretto ad immatricolarsi nel registro calvinista (20 maggio). E' am messo all'Accademia ginevrina; è tenuto alla rigida osser vanza della professione calvinis_ta e della filosofia aristo telica. Non sa trattenersi dal pubblicare un opuscolo in cui annovera venti errori (cento, secondo il Cotin) in una lezione del teologo Antoine de la Faye. E' arrestato con il suo tipografo, processato, costretto a riconoscersi col pevole e a sottomettersi alla pena ( 1O agosto). Appena può, lascia Ginevra. 1579-1581. Va a Lione (per un mese) poi a Tolosa, dove spera di guadagnare con l'insegnamento. Consegue il diploma di magister artium e vince il concorso a Let tore ordinario di filosofia; resta quindi a Tolosa proba bilmente fino all'estate del 1581, spiegando 'doi anni continui' il De anima di Aristotele ed ahri testi. Secondo alcuni studiosi, sarebbero sta.ti appunto questi testi non specificati a compromettere il Bruno. Si sarebbe trattato

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