LE BUSSOLE Chiare, essenziali, accurate: le guide di Carocci per orientarsi nei principali temi della cultura contemporanea ARCHEOLOGIA CERAMICA E ARCHEOLOGIA La ceramica è stata inventata dagli agricoltori del neolitico o dai cacciatori paleolitici dell'ultima era glaciale? È veraments esistita, nell'evoluzione del tornio del vasaio, una "ruota lenta"? Cosa si può capire dai contenuti organici assorbiti nelle pareti dei cocci? E hanno ancora senso i tradizionali studi tipologici? li libro affronta questi e altri interrogativi, senza perdere di vista i percorsi sinora tracciati dall'archeologia del passato, ma accompagnando al tempo stesso il lettore in un campo scientifico che sta affrontando trasformazioni tanto profonde quanto imprevedibili. Massimo Vidale è archeologo presso l'Istituto Centrale per il Restauro di Roma e insegna Preistoria e protostoria dell'Asia presso l'Università di Bologna. Ha condotto numerose ricerche archeologiche ed etnoarcheologiche in Italia, Asia e Africa. In questa stessa collana ha pubblicato Che cos'è l'etnoarcheo/ogia (2003). ISBN 978-88-430-4281-4 111111111111111111111111111111 9 788843 042814 € 9,50 l'edizione, luglio 2007 © copyright 2007 by Carocci editore S.p.A., Roma Finito di stampare nel luglio 2007 da Eurolit, Roma ISBN 978-88-430-4281-4 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Via Sardegna 50 00187 Roma. TEL 06 42 81 84 17 FAX 06 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it Massimo Vidale Ceramica e archeologia Carocci editore Per Giovanni Leonardi, C/,audio Balista e Sandro Salvatori, i miei imegnanti di archeologia Avvertenz:a Come noto, per le moderne scienze dei materiali i prodotti ceramici comprendono anche il vetro e altri materiali sinterizzati, cioè parzial mente vetrificati. Questo libro tratta della ceramica archeologica fabbricata con le più comuni miscele argillose e non di corpi ceramici sinterizzati o vetrificati (come il gres e le porcellane); e non entra in merito ai rivestimenti vetrosi, che si fanno più comuni in età tardo antica e medievale. Nel vasto repertorio dei manufatti ceramici del mondo antico, il testo tratta dei vasi, della loro fabbricazione, uso e interpretazione, a scapito dei laterizi e di altri tipi di prodotti in terra cotta altrettanto importanti. Indice 1. La ceramica sul nostro tavolo 7 1.1. Ridimensionare il dato ceramico? 7 1.2. Punti di vista dislocati 9 1.3. Materie prime, parole e processi 10 Per riassumere... 19 2. Una lunga corsa tecnologica 20 2.1. Innovazione paleolitica 20 2.2. Il divenire delle tecnologie 26 2.3. Interazione tra domini tecnici 43 Per riassumere... 46 3. Funzioni e trasformazioni 47 3.1. Le funzioni più comuni e il riciclaggio 47 3.2. Diagnosi dell'uso 54 3.3. La sfera dell"'ideofunzione" 59 Per riassumere... 70 4. Un archivio geoarcheologico, chimico e fisico 72 4.1. Un coccio, un "microbacino" 72 4.2. Tracce organiche nelle pareti 83 4.3. Limiti concettuali e statistici 85 Per riassumere... 87 5 5. Classificazioni e tipologie 88 5.1. Classificazioni ceramiche: concetti generali 88 5.2. Passato e presente 96 5.3. Un nodo teorico delle tipologie 104 Per riassumere... 110 6. La ceramica tra archeologia e restauro 112 6.1. Dopo lo scavo 112 6.2. Rotture, forme, reintegrazioni 115 6.3. Verso un nuovo "triangolo" conoscitivo 118 Per riassumere... 121 Conclusioni 123 Bibliografia 124 6 1. La ceramica sul nostro tavolo 1.1. Ridimensionare il dato ceramico? Presso le comunità uadizionali, i continui processi di fabbricazione, rottura, riciclaggio di vasi che "vivono" da pochi mesi ad alcuni anni e l'abbandono nel terreno di pezzi di vasellame creano nei depositi un onnipresente archivio di testimonianze indeperibili. I cocci registrano il variare nel tempo di mode, funzioni tecniche e simboli. La coscienza del fatto che le principali variazioni morfologiche di vasi, armi, pietre scheg giate erano ben delimitabili nel tempo e nello spazio risale agli albo ri delle scienze preistoriche. Se controlliamo la stratigrafia, e defi niamo in dettaglio le variazioni dei frammenti, possiamo datare con precisione crescente strati o contesti di scavo. Poiché l'archeologia è l'unica branca del sapere antropologico che esplora il tempo, la cera mica rappresenta in tal modo, per gli archeologi, un orologio o una via d'accesso insostituibile. Ma questo è quanto la ceramica può fare ora, per noi, e per i nostri particolarissimi interessi di osservazione diacronica, che si sviluppa, cioè, nel corso del tempo - (funzione peraltro ridimensionata dall'introduzione, nel dopoguerra, delle datazioni assolute con scale radiometriche). Cosa significava, inve ce, la ceramica per le società estinte che studiamo? In questa seconda luce, il predominio della ceramica nella docu mentazione dipende più da come sono raccolti e organizzati i dati archeologici che non dalla loro consistenza quantitativa. In fram menti, la ceramica è spesso solida, di dimensioni piccole o medie, e ha una forma ben percepibile; può essere facilmente estratta dal deposito archeologico, pulita e disegnata. È insomma un'entità culturale accessibile e manipolabile, con immediati risultati cono scitivi. Ma pensiamo alle pietre raccolte e portate in un sito per esse re usate come materiale da costruzione; ai materiali argillosi, limosi o sabbiosi, e alle loro misture, il tutto impiegato ai fini più diversi; ai resti microscopici di molluschi o di altri piccoli animali; ai cicli dell'uso del legno e ai pollini e ai semi che abbondano negli strati; agli onnipresenti effetti dell'acqua nei depositi di un sito archeolo- 7 gico. Non è affatto scontato che proprio la ceramica rappresenti in ogni caso la classe più rilevante, né dal punto di vista del numero di reperti individuali né da quello del peso complessivo delle diverse componenti del deposito. Le classi di reperti che abbiamo appena menzionato appaiono, a torto o a ragione, "meno culturali" dei vasi, e quindi meno inter pretabili. A esse, in sede di analisi e pubblicazione dei materiali, è dedicata un'attenzione minore o sono studiate collateralmente e in un secondo tempo, separandole spesso, di fatto, dal principale flus so ricostruttivo. Ad esempio, alla tecnologia e ai cicli dell'acqua, l'unica materia prima davvero vitale per la sopravvivenza di una comunità, gli archeologi prestano un'attenzione ben minore di quel la riservata ai cocci. Lo studente impara che la ceramica è gran parte di ciò che sopravvive nel record archeologico e, implicitamente, accetta che il carattere del mondo antico sia di natura "ceramica". Concentrando l'attenzione sulle caratteristiche formali dei vasi e dei frammenti, inizia ad affron tare difficili questioni di carattere tipologico, a partire dal problema della comparazione di frammenti e forme intere, fa confronti e classi ficazioni, trova somiglianze e sottili differenze tra i suoi cocci e mate riali pubblicati in precedenza. Compirà inavvertitamente dei frog leaps, cioè "salti da rana", arbitrarie estensioni interpretative nelle quali la ceramica è usata per congetture sulla cronologia, sull'identità etni ca di una cultura e sulla storia di un sito archeologico; la parte predo minante di un rapporto di scavo sarà formata (nei casi migliori!) da tavole e tavole di cocci, tornando così ad avvalorare l'idea parziale che il mondo antico fosse fatto di ceramiche. Un'unica parte del mondo del passato è così sopravvalutata come l'aspetto dominante della docu mentazione e delle interpretazioni, mediante una crescente astrazione e idealizzazione dello stesso dato. Eppure a partire dalle "società complesse" e dai primi stati creati dagli agricoltori della preistoria e della protostoria, la ceramica fu, in gene re, un fatto tecnologico, economico e sociale del tutto secondario, prodotto da attori marginalizzati ( donne e artigiani di basso rango) per funzioni umili e scontate. La distribuzione e il commercio di vasi 8 non furono quasi mai attività di grande rilevanza economica, e solo in casi rari - se al momento escludiamo il buco nero in cui l'archeologia ha trasformato il lavoro domestico (femminile) di ogni tempo e cultura - i contenitori ceramici ebbero ruoli tecnici di primo piano nel!' estrazione e nella trasformazione delle risorse naturali ( cfr. CAP. 3, anche se uno studio realistico delle ceramiche usate nel lavoro dome stico femminile potrebbe evidenziare interferenze di larga scala da parte di politiche centrali e organismi statali). Gli stessi frequenti casi di regresso e perdita totale delle industrie ceramiche, sia per feno meni di contrazione ed estinzione della vita e dei mercati urbani, sia - come avvenne ad esempio nel corso delle migrazioni in Oceania - per la scarsità o l'assenza delle materie prime, indicano che la cerami ca non fu sempre indispensabile per le società antiche. La prassi di ricostruire la storia di antiche comunità estinte sul variare nel terreno di frammenti di vasetti e pentolame vario risulterebbe insensata agli occhi dei redivivi di qualsiasi cultura. Il modo migliore per rivalutare il dato ceramico è forse quello di criticare e in qualche modo ridimensionare la costruzione scientifi ca, in parte inconscia, appena descritta. L'uso della ceramica in archeologia va disarticolato, enfatizzando da un lato il significato della ceramica come puro indicatore cronologico a nostro specifico uso e consumo, continuando a raffinare la nostra capacità di legger ne e registrarne le mutazioni diacroniche, ma studiando intensa mente dall'altro i ruoli e le funzioni che la ceramica materialmente svolgeva nel mondo antico: considerandola uno strumento come gli altri, usato in antico per la trasformazione della natura e la comu nicazione umana. 1.2. Punti di vista dislocati Le ricerche etnoarcheologiche osservano nella realtà vivente l'infinita complessità delle relazioni che legano il comportamento sociale umano alle trasformazioni dei contenitori ceramici; quelle etnostoriche ricostruiscono simili processi nel corso dell'evoluzione di società tradizionali ora estinte. Una volta, in modo paternalistico, gli archeologi parlavano anche di" scienze sussidiarie dell'archeologia" (scienze dei materiali, biolo- 9