INTRODUZIONE é difficile apprezzare nella doverosa valenza le alterne vicissitudini, le trasformazioni, le modifiche di un ambiente o di un sito se non le rap- portiamo continuamente all’avventura storica di coloro che ne furono i fruitori, per un verso, e i protagonisti, per l’altro. Dal paesaggio agreste (suggestivo nella sua apparente ingenuitˆ) al rude borgo medievale; dall’elegante tessuto urbano della signorile cittˆ rinascimentale (cos“ personalizzata nelle sue linee e nei suoi spazi) alle caotiche, sfuggenti, fredde metropoli contemporanee: ogni realtˆ intrisa di umano. Quindi ognora da correlare con le personali espe- rienze di chi, per una serie non sempre definibile di motivazioni, la alte- ra, la trasforma e - a seconda dei punti di vista - di conseguenza la mor- tifica o l’esalta. Esula dagli intenti di questa pubblicazione riflettere ancora pi di quanto non sia stato fatto in altra sede sulla complessa spiritualitˆ e sul- la statura storica di Giovanni Leonardi. Ma le vicende della chiesa di Santa Maria Corteorlandini, almeno per ci˜ che si verificato nel primo ventennio dall’arrivo in essa della nuova comunitˆ religiosa, sono tal- mente legate alla figura del Santo Fondatore per cui di quando in quan- do sarˆ necessario seguirlo nelle sue molteplici attivitˆ di sacerdote, di riformatore, di intimo amico e famigliare di tanti personaggi dell’epoca come Filippo Neri, i cardinali Baronio e Tarugi, Giuseppe Calasanzio, il domenicano p. Paolino Bernardini e i pontefici Clemente VIII, Leone XI e Paolo V. La cordiale dimestichezza con prestigiose figure della Riforma Cat- tolica significherˆ per lui non solo pi partecipata contiguitˆ con il com- plesso mondo della curia papale dalla quale verrˆ coinvolto in varie mansioni di Visitatore Apostolico e Amministratore Pontificio, ma anche preziosa presa di contatto con la cultura e con la sensibilitˆ estetica del mondo romano dove ormai da decenni vengono portate avanti aggior- nate forme di apostolato che determinano spesso anche fastosa creati- 13 vitˆ decorativa la quale si coniuga senza discrasie col rinnovato linguag- gio di fede; con esso, anzi, pienamente si integra in una sentita esigen- za di dichiararsi e di esplicitarsi. Le esperienze che ne derivarono furo- no, spesso, preziosa conferma a certe sue geniali intuizioni di ordine ca- techetico e liturgico e finirono per riflettersi sullo stesso edificio sacro che si andava radicalmente trasformando dal tempo in cui era stato af- fidato alla sua Congregazione. Giovanni Leonardi e i suoi religiosi saranno perci˜ a loro volta, per l’ambiente lucchese viva ed entusiastica mediazione di questo gusto per l’ornato nell’arredo sacro e del dignitoso fasto nelle celebrazioni li- turgiche. é indubbiamente il portato di un’epoca tendente a connotarsi per l’enfasi e l’esuberanza con le quali dichiara all’esterno la sua anima pi profonda. Ma quest’ansia di rivelare le proprie idealitˆ rivisitata dal personalissimo carisma del Fondatore dei Chierici Regolari della Madre di Dio come urgenza di un annuncio profetico da proporre nelle forme maggiormente adeguate al mistero per sua natura ineffabile, non dicibi- le attraverso il quotidiano linguaggio delle comuni categorie logiche; ed ecco allora la innovativa riqualificazione dell’arte la quale, grazie al suo lessico allusivo e simbolico, consente il superamento dei rigidi schemi dell’immanenza. * * * Il mio intento stato quello di decodificare, attraverso un’accurata analisi filologica e documentaria, la pregnanza di un messaggio espres- so, nel caso specifico, da grandiosi affreschi, da pale d’altare e da pre- giati arredi liturgici. Lo studio di questo patrimonio stato spesso cor- redato non solo delle relative fonti archivistiche, ma anche di puntuali ri- chiami biblici con la citazione di quella particolare pericope eventual- mente correlata alla scena dipinta o al simbolo inciso e che, nell’obiettivo dei committenti, doveva essere partecipata proprio in virt 14 di questi singolari mezzi espressivi. L’aver circoscritto il presente lavoro in un arco di tempo ben definito che va dal 1580 (l’anno in cui i Leonar- dini assunsero dal vescovo di Lucca, mons. Guidiccioni, la gestione del- la chiesa di Santa Maria Corteorlandini) al primo ventennio dell’Ottocento indica, di conseguenza, una precisa scelta di campo sto- rico-ascetico. Pur non trascurando le persistenti ancorchŽ fragili vesti- gia della spiritualitˆ alto-medievale tuttora parzialmente attestate in mo- do assai segmentato in certi fraseggi architettonici, la prevalente ristrut- turazione avvenuta in ambito barocco ha sollecitato prepotentemente una rilettura di tutto il complesso costituito dal tempio, dall’annesso convento e dalla Biblioteca, ora Statale, alla luce dei valori eterni dello Spirito cos“ come venivano riproposti dalla Riforma Cattolica. é noto quale suggestione didascalica il Concilio di Trento attribuis- se alla capacitˆ evocativa dell’arte; ecco perchŽ per circa due secoli e mezzo si assiste a un continuo fermento creativo nel quale sarebbe im- possibile segnare distinti confini tra squisita sensibilitˆ estetica e trepi- dante premura pastorale. A questa fase epocale segu“ quella costituita da gelosa conserva- zione e custodia, nonostante il succedersi di vicende penose come in- cameramenti, alienazioni varie o interventi non sempre felicissimi. Forse non del tutto inutile richiamare subito all’attenzione come il presente lavoro si proponga essenzialmente quale rivisitazione, sia pure attraverso un percorso tratteggiato in modo eminente dal segnale dell’arte, delle vicende relative a un centro religioso-culturale come la chiesa di Santa Maria Corteorlandini. Ne deriva che lˆ dove ho dovuto parlare di maestri indiscussi, come Guido Reni, o Luca Giordano, o Francesco Vanni mi sembrato fuori luogo far cenni biografici o fornire giudizi di ordine estetico giˆ largamente rintracciabili in testi specifici. Quando invece la storia di questo complesso architettonico e culturale mi ha consentito la conoscenza di personaggi, certamente meno noti, ma pur vivi nella realtˆ artistica lucchese, mi parso opportuno e dove- roso consentire il conveniente recupero della loro identitˆ creativa quale emerge proprio all’interno di un itinerario segnato dai contributi pi di- sparati. 15 Nel rievocare gli eventi succedutisi dopo l’ingresso dei Chierici del- la Madre di Dio in questa chiesa si rivivono nell’ambiente cittadino, a fronte dell’apostolato profondamente innovativo di Giovanni Leonardi, atteggiamenti di grave ritardo liturgico-devozionali o tensioni determina- te da persistenti diffidenze da parte degli ultimi epigoni di quello che era stato il precedente dissenso religioso. Viceversa la ramificata promo- zione culturale sollecitata dalla nuova Congregazione spazia dalle rap- presentazioni sacre, agli oratori musicali, dalla crescita bibliografica, all’intimo rapporto con accreditati e prestigiosi artigianati, quali i fiam- minghi in certi pezzi dell’arredo, o quelli originalmente locali, come av- viene per buona parte del patrimonio tessile, fino a stabilire interessanti legami con varie scuole pittoriche quali la senese, la napoletana, la ro- mana, la bolognese. Il restauro di tutto questo patrimonio, oggi portato avanti con impe- gno e professionalitˆ, non solo ripristino di un antico splendore talvolta offuscato e reso labile dal fatale fluire del tempo parallelamente al con- tinuo, mutevole divenire dei gusti e al diversificato atteggiarsi dei co- stumi. Esso fortuita, se pur preziosa, allegoria di un pi approfondito riesame che la storiografia sta promuovendo verso passate stagioni percorse da svariati e polemici fermenti, ma anche da intense e creative idealitˆ. La presente pubblicazione, sollecitata dal convincimento che Santa Maria Corteorlandini esprima raffinata sintesi di molteplici apporti cultu- rali finalizzati dall’urgenza di un misterioso annuncio da mediare, ha la presunzione di volerne essere pensosa, operativa memoria. Lucca, 1 Settembre 1996 Vittorio Pascucci 16 Capitolo I Riforma cattolica e riflessi estetico-liturgici * * Saggio pubblicato in La Pittura a Lucca, nel primo Seicento, M. Pacini Fazzi Editore, Lucca 1994, pp. 45-53. 17 BIANCA 18 1. NUOVA ANTROPOLOGIA Le grandi scoperte scientifiche e i drammatici eventi politico- religiosi, che avevano contrassegnato la fine del XV secolo e tutto il XVI, incisero enormemente sul gusto e sul costume. La visione del mondo, disegnata da coordinate antropocentriche e definita nelle sue dimensioni ideali, entra irrimediabilmente in crisi ed percepita solo come un passato obsoleto al quale succede una conce- zione dell’essere come divenire sempre pi mutevole e cangiante. Le precedenti certezze finiscono per dileguarsi, attraverso un eroico pa- thos, in una ridda di tensioni verso un assoluto tutto da scoprire e da assaporare quasi in modo panico. Non pi regole classiche di ordinato equilibrio, nel settore dell’arte, ma rappresentazione illusiva di uno spazio infinito; e, in quello religioso, bando ad una rigida lettura del dato biblico, ma piuttosto via libera a personalissime esegesi che ponevano in crisi una tradizione di letterale rigore ermeneutico. Il reale e l’immaginario Questo diverso sentire venne via via coagulandosi in svariate e talvolta bizzarre sintesi che andavano da frequenti esaltazioni mistiche a lucide analisi razionalistiche nel campo del pensiero, mentre effetti il- lusionistici e ardite metafore investivano il mondo delle arti figurative in una festosa esaltazione della libertˆ fantastica e creativa. La rivoluzione copernicana non modific˜ soltanto la concezione del cosmo ma, con il superamento del geocentrismo, si trasform˜ radical- mente anche la stessa collocazione dell’uomo. Egli, certo, restava an- cora padrone e signore di quella terra intorno alla quale si era ritenuto che ruotasse l’universo intero, ma il suo regno ora veniva ridimensiona- to a una delle tante parti di un tutto, in un sistema regolato secondo il convincimento di una legge naturale rigida e immune da eccezioni. Ne deriv˜ una visione immanentistica la quale ora, sostituendo il trascen- dente dualismo medievale, percepiva la presenza del divino come ope- rante dall’interno. ÒTutto questo mondo visibile non che un tratto mi - percettibile nell’ampio seno della natura. Nessuna idea si avvicina a tanto. Abbiamo un bel gonfiare le nostre concezioni al di lˆ degli spazi immaginari: non generiamo che degli atomi, in paragone alla realtˆ delle 19 cose... é il maggiore carattere sensibile della onnipotenza di Dio che la nostra immaginazione si perda in questo pensieroÓ1. Quello che Pascal esprime nella sua riflessione filosofica, come intuito di infinite dimensio- ni e di intima unitˆ dell’essere, presente in tutta l’arte barocca. D’altra parte, per˜, un linguaggio che mescolava il reale all’immaginario e forniva vistose allegorie di una presenza del divino nella natura, si prestava anche ad essere prezioso strumento di persu- asione ideologica, per un verso, allo scopo di inculcare nei sudditi l’immagine di un’autoritˆ e di un potere esercitati Òper volontˆ di DioÓ e, per l’altro, mediazione al recupero di smarrite sicurezze dottrinali e dogmatiche. ÒVerso la fine del Cinquecento nella storia dell’arte italiana si veri- fica una svolta sorprendente; il freddo, complicato, intellettualistico Ma- nierismo cede il posto a uno stile sensuale, fortemente affettivo, univer- salmente comprensibile: il Barocco. Cos“, contro l’esclusivismo aristo- cratico del periodo precedente reagiscono, a un tempo, una concezione artistica sostanzialmente popolare e il nuovo atteggiamento dei ceti colti dominanti, pi solleciti ora delle grandi masse. Il Caravaggio, pittore della realtˆ, e i Carracci, pittori del sentimento, rappresentano le due tendenze.... L’importanza storica dei Carracci grandissima; da loro inizia tutta la moderna Òarte sacraÓ. Essi trasformano il difficile, involu- to simbolismo dei manieristi in quelle semplici e chiare allegorie da cui discende il moderno quadro di devozione, con i suoi simboli e le sue formule costanti: la croce, la gloria, il giglio, il teschio, lo sguardo cele- stiale, l’estasi d’amore e di doloreÓ2 L’urgenza di una catechesi Non un mistero quanto nel Concilio di Trento si avvertisse la ne- cessitˆ di una seria e capillare catechesi per far recuperare la cono- scenza delle fondamentali veritˆ di fede da parte di tanti credenti che vi- vevano la loro esperienza religiosa attraverso una stanca e passiva ri- petizione di gesti i quali avevano attinenza pi a pittoresco folclore che non a esistenziale confronto con la parola rilevata. 1 B. PASCAL, Pensieri, Sez. I, n. 72, B.U.R., Milano 1952, p. 38. 2 A. HAUSER, Storia sociale dell’arte, P.B.E., Torino 1983, vol. I, p. 468. 20 Per la veritˆ, giˆ nella seconda metˆ del Quattrocento, cos“ come aveva anticipato altre modalitˆ di intervento pastorale che sarebbero poi state fatte proprie dalla Riforma Cattolica, quali le Visite Canoniche, Sant’Antonino, arcivescovo di Firenze, aveva compilato un catechismo nel senso moderno della parola3. Nel 1514 il Concilio Lateranense V, nella Bolla De reformatione curiae4 avrebbe richiesto - ed tutto dire - che i maestri, oltre all’insegnamento delle discipline umanistiche, curas- sero per i propri alunni anche l’istruzione religiosa. Intanto, con felice intuito per quella che era l’indilazionabile esigen- za del momento, Lutero apriva la strada alla stesura di testi redatti con uno stile agile, spigliato e in forma dialogica componendo, nel 1528, un catechismo per i fanciulli nel quale la dottrina veniva esposta in rapide sintesi, salvo poi provvedere, l’anno successivo ad una pi completa esposizione con il Der grosse Katekismus per i parroci. Altrettanto face- va Calvino nel 1536 con Le formulaire d’instruire les enfants en la chre- tientŽ e nel 1542 con quello cosiddetto di Ginevra. Sempre in campo eterodosso, da ricordare quello di Pietro Martire Vermigl ipubblicato nel 1546. Nel versante cattolico si incomincia col testo del Witzel, nel 1535, per passare poi a quello del Castellino, del Contarini e del Canisio del 1554. Ma, naturalmente, fondamentale fu il catechismo ufficiale del Concilio di Trento al quale si rifecero tanti altri, come Giovanni Leonardi che a Lucca pubblicava il suo nel 15745. Quale fosse, poi, il ruolo che i padri sinodali attribuivano al lin- guaggio dell’arte per la promozione della catechesi lo si coglie facilmen- te da un esplicito decreto emanato proprio alla conclusione del Concilio nel corso dell’ultima sessione svoltasi il 3 e il 4 dicembre 1563. Non certamente un caso che il lungo lavoro di stesura del catechismo conci- liare, cominciato giˆ nel lontano 1546, si sia concluso solo dopo la fine della grande assise cattolica, nel 1564, in modo da recepire non soltan- 3 Cfr. TACCHI-VENTURI, Storia della Compagnia di Ges in Italia, Ed. D. Alighieri, Roma 1910, vol. I, pp. 279-280. Il titolo del catechismo : Libreto della doctrina christiana la quale utile et molto necessa- ria per li pizoli et zovenzelli, l’impara per saper amare et onorare Idio benedetto et schivare le tempta- tioni et peccati. 4 Cfr. G.D. MANSI, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Florentiae MDCCLVII, vol. I; Ve- netiis MDCCLVII-MDCCLXXXXVIII, voll. II-XXXI. 5 Di questo lavoro si conservano rare copie fuori commercio nell’Archivio Generale dell’Ordine della Madre di Dio (d’ora in poi AOMD.) in una successiva ristampa dal titolo: Dottrina Cristiana giˆ compo- sta e pubblicata dal V.P. Giovanni Leonardi, Lucca 1736, per Giuseppe Salani e Vincenzo Giuntini. 21 to tutto il patrimonio dottrinale, ma anche la illustrazione dei vari mezzi che avrebbero potuto essere veicolo alla sua migliore conoscenza. 22
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