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Cannibali e re : le origini delle culture PDF

207 Pages·1994·1.356 MB·Italian
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Titolo dell'opera originale CANNIBALS AND KINGS. THE ORIGINS OF CULTURE © 1977 by Marvin Harris La traduzione è stata pubblicata in seguito ad accordi con la Random House, Inc., New York Traduzione dall'americano di MARIO BACCIANINI © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in "L'avventura umana" ottobre 1979 Prima edizione nei "Saggi" febbraio 1984 Prima edizione nell"'Universale Economica" maggio 1988 Terza edizione settembre 1994 ISBN 88-07-81030-1 6 Indice Pagina 9 Introduzione 15 Capitolo primo Cultura e natura 19 Capitolo secondo Assassini nell'Eden 31 Capitolo terzo Le origini dell'agricoltura 43 Capitolo quarto L'origine della guerra 58 Capitolo quinto Le proteine e il popolo crudele 67 Capitolo sesto L'origine della supremazia maschile e del complesso di Edipo 80 Capitolo settimo L'origine degli antichi Stati 97 Capitolo ottavo Gli Stati precolombiani dell'America centrale 111 Capitolo nono Il regno dei cannibali 126 Capitolo decimo L'agnello della misericordia 142 Capitolo undicesimo La carne proibita 7 154 Capitolo dodicesimo L'origine della vacca sacra 169 Capitolo tredicesimo La trappola idraulica 180 Capitolo quattordicesimo Le origini del capitalismo 193 Capitolo quindicesimo Il sogno industriale 205 Epilogo e soliloquio morale 211 Ringraziamenti, riferimenti bibliografici e note 221 Bibliografia 8 Introduzione Il mondo occidentale è vissuto per secoli nella confortevole convinzione che il progresso materiale non sarebbe mai finito. Automobili, telefoni, e impianti di riscaldamento centralizzati sono considerati la prova che la vita è molto più comoda per noi oggi di quanto lo fosse per i nostri antenati. E sebbene riconosciamo che il progresso può essere lento e ineguale, con temporanei regressi, riteniamo tuttavia che la vita, nel complesso, sarà in futuro molto più facile di adesso. Questa credenza è alimentata da teorie scientifiche formulate in gran parte un secolo fa. Dal punto di vista privilegiato degli scienziati vittoriani, l'evoluzione della cultura appariva come una scalata a una montagna, dall'alto della quale i popoli civilizzati potevano guardare alle varie epoche di schiavitù e di barbarie che le culture "inferiori" dovevano ancora attraversare. Ma i vittoriani esageravano la povertà materiale dei cosiddetti selvaggi, e al tempo stesso sopravvalutavano i benefici della "civiltà" industriale. Si raffiguravano l'antica età della pietra come un'epoca di grande paura e incertezza, in cui gli uomini passavano i giorni alla ricerca incessante del cibo e le notti riuniti attorno a fuochi in nude caverne assediate da tigri dai denti aguzzi. Solo quando venne scoperto il segreto dell'agricoltura i nostri antenati "selvaggi" trovarono il tempo di insediarsi in villaggi e costruire confortevoli dimore. E solo allora riuscirono ad immagazzinare eccedenze alimentari ed ebbero il tempo di concepire e sperimentare nuove idee. Ciò che a sua volta, si pensa, portò all'invenzione della scrittura, delle città, dei governi organizzati e alla fioritura dell'arte e della scienza. Poi venne la macchina a vapore, che inaugurò una nuova e più rapida fase di progresso la rivoluzione industriale con la sua miracolosa cornucopia di macchine prodotte in serie per risparmiare lavoro e la sua tecnologia per migliorare la vita. 9 Introduzione Non è facile superare questi pregiudizi. Sempre più numerosi, tuttavia, sono coloro che ritengono che la società industriale sia prossima al declino, e che, sebbene i mass-media ci prospettino un'allettante dilatazione del tempo libero, la nostra progenie dovrà lavorare sempre più sodo per mantenere quei pochi lussi di cui oggi godiamo. La grande cornucopia industriale non solo ha inquinato la terra con rifiuti e veleni; ha pure riversato fuori beni e servizi scadenti, costosi e difettosi. In questo libro mi propongo di sostituire la concezione vittoriana ascendente del progresso con una spiegazione più realistica dell'evoluzione culturale. Ciò che sta avvenendo per il nostro tenore di vita attuale è accaduto anche in passato. La nostra cultura non è la prima tecnologia che è fallita. Né è la prima che abbia raggiunto i suoi limiti di crescita. Anche le tecnologie delle culture precedenti fallirono più volte, per essere sostituite da nuove tecnologie. Limiti di crescita furono raggiunti e superati solo per esserlo ancora una volta. Quello che oggi ci sembra un progresso è, in effetti, in gran parte una riconquista di livelli di vita largamente diffusi in epoche preistoriche. Gli uomini dell'età della pietra vivevano una vita più sana di quella di molti dei loro posteri: nell'epoca romana le malattie erano ovunque molto più diffuse rispetto a prima; e persino in Inghilterra, agli inizi del XIX secolo, le probabilità di sopravvivenza dei bambini non erano forse molto diverse da quelle di 20.000 anni prima. I cacciatori dell'età della pietra, inoltre, per assicurarsi la sussistenza, lavoravano molto meno dei classici contadini cinesi ed egiziani o degli operai delle fabbriche moderne, nonostante i sindacati. Riguardo poi ad amenità quali il buon cibo, i divertimenti e i piaceri estetici, gli antichi cacciatori e raccoglitori si concedevano lussi che solo i più ricchi americani di oggi possono permettersi. Per godersi due giorni all'aria aperta, fra laghi ed alberi, un funzionario attuale deve lavorare cinque giorni. Oggi intere famiglie faticano e risparmiano per 30 anni per concedersi la soddisfazione di intravedere pochi metri quadrati d'erba fuori dalle loro finestre. E si tratta di pochi privilegiati. Dicono gli americani: "È la carne che fa il pasto". La loro dieta è ricca (anche troppo secondo alcuni) di proteine animali, ma i due terzi della popolazione mondiale sono oggi vegetariani loro malgrado. Nell'età della pietra, era assicurata a tutti una dieta ad alto valore proteico e a basso contenuto di amidi. E la carne non era congelata o gonfiata con antibiotici e coloranti artificiali. 10 Introduzione Ma non ho scritto questo libro per sminuire il moderno tenore di vita di europei e americani. Nessuno può negare che oggi viviamo meglio dei nostri avi di un secolo fa, né che la scienza e la tecnologia hanno contribuito a migliorare la dieta, la salute, la longevità e la vita materiale di centinaia di milioni di persone. Per quanto riguarda la contraccezione, la sicurezza contro le calamità naturali e la facilità dei trasporti e delle telecomunicazioni, abbiamo ovviamente superato anche la più ricca delle società precedenti. La questione principale, a mio avviso, non è quella di stabilire se i vantaggi ottenuti negli ultimi 150 anni siano reali, ma se siano permanenti. La recente abbondanza industriale può essere considerata la punta di un'unica curva, continuamente in ascesa, di progresso materiale e culturale, o è l'estremo picco di una curva che scende altrettanto spesso di quanto non sale? Ritengo che questa seconda ipotesi sia più conforme alle acquisizioni, empiriche e teoriche, dell'antropologia moderna. Il mio obiettivo è di mostrare il rapporto esistente tra benessere materiale e culturale e i costi-benefici di vari sistemi per aumentare la produzione e controllare la crescita demografica. In passato, spinte demografiche irresistibili derivanti dalla mancanza di mezzi contraccettivi sicuri ed efficaci portavano a ricorrenti intensificazioni della produzione. Queste si risolvevano sempre in un esaurimento delle risorse ambientali, che generalmente dava luogo a nuovi sistemi di produzione ciascuno con una forma caratteristica di violenza istituzionalizzata, di lavoro penoso, di sfruttamento o di crudeltà. Pressione demografica, intensificazione della produzione e esaurimento delle risorse sembrano pertanto costituire la chiave per comprendere l'evoluzione dell'organizzazione familiare, dei rapporti di proprietà, dell'economia e delle credenze religiose, compresi le preferenze e i tabù alimentari. Le moderne tecniche abortive e contraccettive entrano in questo quadro come nuovi elementi, potenzialmente decisivi, in quanto eliminano le terribili conseguenze delle tecniche preesistenti, affrontando direttamente le pressioni demografiche attraverso il controllo delle nascite. Ma forse queste nuove tecniche sono giunte troppo tardi. Le società attuali puntano all'intensificazione del modo di produzione industriale. Abbiamo appena cominciato a pagare lo scotto dell'esaurimento delle risorse derivante da questa nuova fase di intensificazíone, e nessuno può prevedere quali nuove costrizioni saranno necessarie per trascendere i limiti di crescita della società industriale. 11 Introduzione So che le mie teorie del determinismo storico possono provocare reazioni di rigetto. Alcuni lettori non vedranno di buon occhio i nessi causali che istituisco fra cannibalismo, religioni dell'a more e della misericordia, vegetarianesimo, infanticidio e costi benefici di un dato sistema di produzione. Rischio così che mi si accusi di voler imprigionare lo spirito umano entro un sistema chiuso di rapporti meccanici, quando il mio intento è esattamente l'opposto. Se una cieca forma di determinismo ha dominato il passato, ciò non significa che dominerà anche il futuro. Prima di proseguire, dovrei chiarire il significato del termine "determinismo". Nella scienza del XX secolo, non si parla più di causa ed effetto nel senso di un rapporto meccanico univoco fra variabili dipendenti e indipendenti. Da tempo, nella fisica sub-ato- mica, il "principio di indeterminazione" di Heisenberg postula l'esistenza di relazioni causali "probabilistiche" e non più "certe" riguardo alle micro particelle. Il paradigma "una sola eccezione smentisce la regola" non ha più corso in fisica, e non intendo certo applicarlo ai fenomeni culturali. Quando parlo di un rapporto deterministico fra fenomeni culturali, intendo semplicemente che variabili simili tendono, in condizioni simili, a dar luogo a sequenze simili. Poiché credo che il rapporto fra processi materiali e orientamenti morali sia costituito da probabilità e somiglianze, piuttosto che da certezze e identità, ritengo senz'altro sia che la storia è determinata, sia che gli esseri umani hanno la capacità di effettuare scelte morali e di agire liberamente. Insisto anzi sulla possibilità che si verifichino eventi storici improbabili, che comportano il rovesciamento imprevisto di normali rapporti di causa effetto fra processi materiali e valori, e che pertanto siamo tutti responsabili del nostro contributo alla storia. Ma sostenere che siamo in grado di rendere la storia e la cultura conformi ai criteri che abbiamo liberamente scelto non significa dire che la storia sia in effetti l'espressione di questa capacità. Tutt'altro. Come vedremo, le varie culture in generale si sono sviluppate lungo sentieri paralleli e convergenti, altamente prevedibili in base a una conoscenza dei processi di produzione, riproduzione, intensificazione e sfruttamento dell'ambiente. E includo anche i riti e le credenze, apprezzati o detestati, di qualsiasi parte del mondo. A mio giudizio, libero arbitrio e scelta morale non hanno avuto praticamente alcun effetto significativo sulle linee di sviluppo dei sistemi sociali. 12

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