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CALVIno AmerICAno PDF

18 Pages·2012·0.12 MB·Italian
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ALessAndro rAVeggI CALVIno AmerICAno Identità e viaggio nel nuovo mondo Le Lettere INDICE Abbreviazioni ............................................................... p. 9 Ringraziamenti ............................................................. » 10 I. Allegorie di viAggio ............................................ » 11 Allegorie e miti dell’America, p. 19 - La strategia geografica nell’America di Calvino, p. 26 - Forme che persistono attraverso i cambiamenti. Palomar nel Massachusetts, p. 39. II. Specchi profondi .................................................. » 44 Un soggetto desiderante, tra le rovine e le selve mes- sicane, p. 52 - I tempi e le forme ridondanti del Mes- sico, p. 58 - Imperatori e re, cannibalismi e sacrifici. Il viaggio come introiezione, p. 71 - Dimenticare per ricordare l’identità. L’insegnamento di un intellettua- le messicano, p. 78. III. ponti AnAlogici .................................................... » 81 Due Lectures differenti e affini, in un cambiamento epocale, p. 84 - La spirale. Il terzo tempo della lette- ratura come mediazione, p. 87 - Il cavolo di Cirano. Analogia e comunità di tutti gli esseri, p. 98 - Una ter- za via, una terza città possibile, p. 106. IV. città del deSiderio .............................................. » 109 Perché si ama la città? Città invisibili, città invivibili, p. 110 - Come si ama la città? Un erotismo intermit- - 7 - tente, p. 114 - Chi si ama nella città? Calvino e Fuen- tes, sull’identità nazionale, p. 122 - Due testimoni e attori del desiderio della città, p. 134. V. ritorni A cASA ....................................................... p. 140 Narrazione nazionale ambigua o viaggio contrappun- tistico. Due modelli, p. 142 - «Entropologia», colle- zione e residenza in viaggio. Tre categorie del viag- giare in Calvino, p. 154 - Il viaggio di un cosmopolita italiano, p. 166. BiBliogrAfiA ................................................................ » 171 - 8 - II. sPeCCHI ProFondI* si potrebbe considerare ora di riproporre lo stesso metodo di viaggio fatto trapelare nel caso degli stati Uniti, circoscri- vendo il legame tra Calvino e l’altra America, quella latinoa- mericana: per relazioni umane e per dimensioni spaziali. Per relazioni umane, si può citare da subito lo storico messicano Fernando Benítez, conosciuto a l’Avana nel 1964. È l’amico messicano al quale Calvino in uno spagnolo stentato annun- ciava per lettera l’imminenza e tutta l’emozione di un nuovo viaggio in messico, nel 19761. Quindi, arrivando alla lette- ratura, segnaleremo una certa predilezione, non senza ecce- zioni, per gli scrittori argentini: Julio Cortázar, Jorge Luis Borges, silvina ocampo, Adolfo Bioy Casares, Juan Carlos onetti e non ultimo macedonio Fernández, che Calvino vol- le proporre a einaudi senza successo. mentre potremmo ci- tare l’uruguaiano originalissimo Felisberto Hernández, scrit- tore di culto pubblicato grazie a Calvino nel 1974, i cubani * Questo capitolo è l’adattamento di un saggio in spagnolo pubbli- cato col titolo Si una noche de invierno un viajero conquistara las Américas. Calvino y la experiencia de la alteridad mexicana, in f. iBArrA, M. lAMBerti, (a cura di), Italia y los italianos: lengua, literatura e historia, Universidad nacional Autonoma de méxico, méxico 2011, pp. 11-30. 1 Cfr. Lettera a Fernando Benítez, Parigi - 5 febbraio 1976, in Lettere, pp. 1295-1296. - 44 - Lezama Lima, Calvert Casey e norberto Fuentes. ma vedre- mo come l’incontro con gli scrittori latinoamericani passi at- traverso l’esemplarità che Calvino trasmette ad alcuni autori a lui successivi: come i più recenti Carlos Fuentes, «Carlos el embajador»2 proprio nella lettera a Benítez, il Fuentes mes- sicano che, come vedremo, rilegge il nostro come fautore di una poetica della differenza nella ricerca di un’identità. e anche ricordiamo, ancora più vicini a noi, sergio Pitol, let- tore delle Lezioni americane nel suo Pasión por la trama, che definiva il panorama culturale di Calvino come «felizmente ecuménico»3, e Juan Villoro che legge Le città invisibili per rileggere la propria città, Città del messico, e Sotto il sole giaguaro per comprendere la passione smodata dei messicani per le pietanze e i chiles piccanti4. La lista di autori latinoa- mericani che si intrecciano con il nostro sarebbe infinita e meriterebbe uno studio a parte5. Tra tutti, il riferimento di Calvino a Borges è ovviamente quello notoriamente più fre- quentato – distribuito nei saggi da quelli più giovanili sino a Lezioni americane – e non si tratterà qui di enumerarne le occorrenze. Ci basti ricordare un discorso pronunciato da Calvino al ministero della Pubblica Istruzione nel 1984, in occasione di una visita a roma dell’argentino, in cui il nostro dichiarò il motivo d’accoglienza di Borges in Italia, partendo 2 Ivi, p. 1296. 3 S. pitol, Calvino y la montaña mágica, in Pasión por la trama, Huer- ga y Fierro, madrid 1999, p. 131. 4 Cfr. J. villoro, Safari accidental, Joaquin mortiz, méxico 2005; id., La ciudad es el cielo del metro, in r. gAllo, (a cura di), México D.F. Lectura para paseantes, Turner, madrid 2005. 5 Cfr. A. MeliS, Calvino y la literatura hispanoamericana: el paradigma rioplatense y el paradigma andino, in AA., Borges, Calvino, la literatura: Co- loquio Internacional, a cura di Université de Poitiers. Centre de recherches latino-américaine, Fundamentos, madrid 1996, pp. 39-48. Cfr. anche un libro pensato per un pubblico latinoamericano, contenente molti saggi di studiosi di lingua spagnola: n. Bottiglieri, I luoghi di Calvino. Guida alla lettura di Italo Calvino, edizioni dell’Università di Cassino, Cassino 2001. - 45 - ancora una volta dalla propria esperienza personale. Il «moti- vo d’adesione più generale», diceva Calvino, è quello di «aver riconosciuto in Borges un’idea di letteratura come mondo costruito e governato dall’intelletto»6, mentre nello specifico è l’insegnamento borgesiano dell’economia dell’espressione scritta che faceva dell’argentino un maestro, la capacità cioè di condensare nello scrivere breve una plurivocità di sensi e mondi. se poi l’ontologia borgesiana eleggeva la scrittura a unica materia del mondo, questa stessa aveva per Calvino un fondo etico: un «forte impatto sull’immaginazione»7 e sul vissuto personale e collettivo. Il nostro autore si rifletteva qui chiaramente in Borges, il Borges che giocava coi mondi, ma attraverso una scrittura cristallina. Così come si rifletteva certo in Cortázar, autore seppur non totalmente amato, nelle sue due anime: quell’anima legata al caso e all’improbabili- tà, al gioco, e quell’anima geometrizzante, impegnata a co- struire architetture linguistiche esatte, nell’impossibilità d’i- stituire un vero e proprio discrimine tra un’immaginazione instancabilmente eccedente in sviamenti e una imagery ordi- nante – i due demoni di Cortázar, il «demone del gratuito» e il «demone del sistematico»8, che si intrecciavano in quel «pensare per immagini», un descrivere forme che nascon- dono però «una logica di connessioni e contrapposizioni e ribaltamenti»9, proprio come nella logica palomariana. Chiudendo al momento la carrellata sommaria di au- tori latinoamericani in cui Calvino si rifletteva (Borges e Cortázar) e per i quali fu specchio a suo volta (Fuentes, Pitol 6 I gomitoli di Jorge Luis, in «La repubblica», 16 ottobre 1984, poi come “Jorge Luis Borges”, in Perché leggere i classici, mondadori, milano 1991, quindi in Saggi, I, p. 1293. 7 Ivi, p. 1297. 8 Nota in J. cortázAr, Storie di cronopios e di fama, einaudi, Torino 1971, quindi Julio Cortázar, Storie di cronopios e di fama, in Saggi, I, p. 1303. 9 L’uomo che lottò con una scala, in «La repubblica», 14 febbraio 1984, quindi In memoria di Julio Cortázar, in Saggi, I, p. 1308. - 46 - e Villoro), passiamo, come promesso, alla dimensione spa- ziale del viaggio. Consideriamo così un viaggio a mio avviso altrettanto importante rispetto a quello statunitense, il viag- gio di Calvino in messico. Ho scelto qui di privilegiare que- sto paese perché l’esperienza intellettuale dell’autore, con- cretizzatasi ricordiamolo nei due viaggi americani nel 1964 e nel 1976, potrebbe esser presa a modello, e ci è utile per intendere e approfondire la traveling theory dell’identità di Calvino, con riferimento a quelle Americhe plurivoche come terra di futuro, ma anche di un passato, specchio profondo e comune. Questo ulteriore viaggio transoceanico di Calvino, se ricordiamo specialmente saggi, prose e memorie scritte dalla fine degli anni settanta agli inizi degli ottanta, non ci mostra solo l’esperienza autobiografica d’un intellettuale ita- liano nei confronti di quello che, a prima lettura, potrebbe parere l’estraneo ed esotico panorama messicano, ma un’e- sperienza di limite del linguaggio e resistenza dell’umano come limite e scopo della letteratura, nella permanenza di un punto di vista singolare e qualitativo, di fronte all’abisso di un’alterità variegata, che però si farà anche intima, profonda, come quella dello specchio già incontrato negli stati Uniti, perché alterità nostra. Il messico di Calvino segna anche una tappa fondamen- tale e postrema d’una ricerca letteraria, che passa dalla figura quasi tragica del signor Palomar, nella sua volontà caparbia di fissare lo sguardo per descrivere la varietà di un campo universale, o meglio su di un prato universale che riguarda anche le culture, come quel prato infinito fatto di differenze, di tipologie di foglie, di sottoinsieme e diversità, oscillante tra l’idea di un «universo come cosmo regolare e ordinato» e quella di un «universo come proliferazione caotica»10. Un’al- ternativa aperta tra ordine e caso, cosmo ordinato e caos 10 Il prato infinito, in Palomar, einaudi, Torino 1983, quindi in Ro- manzi e Racconti, II, p. 900. - 47 - indifferenziato, verso la quale Calvino direziona la capacità della letteratura, come quando, attraverso una solo provvi- soria poetica dei cinque sensi, traccia il racconto di Sapore sapere o (meglio conosciuto come) Sotto il sole giaguaro, che si lega agli episodi di Palomar attraverso l’importante trait- d’union della conferenza Written and Unwritten World del 1983. Chi scrive questa conferenza, chi parla attraverso le descrizioni di Palomar, chi si confronta con il messico della cucina ambigua e vertiginosa di Sapore sapere, tenta a mio avviso di rilanciare un percorso che contiene come la recon- dita «volontà di rianimare il soggetto storico», anche se non il soggetto centrato dello storicismo hegeliano, ma un sog- getto decentrato ed etnografico, che emerge nel confronto con le culture incontrate nel viaggio, «e di indurlo ad urtarsi con la storia»11, tuttavia una storia come mosaico di storie, al plurale, di culture emergenti e ricombinantesi in nuove nebulose d’umanità. dove la distanza è annullata e la prossi- mità ricercata, in una dialettica di timore per la dispersione e slancio verso una nuova comunione, terrore entropico e desiderio utopico. L’esplorazione messicana di Calvino sarà così lo spazio ideale per affrontare un viaggio interiore e collettivo con una mappa d’ordine ideale, con un disegno che sia aperto, così come un’antica cartografia è disegnata a partire da una «spinta soggettiva», diceva sempre l’autore nel già citato Il viandante nella mappa, anche in una «operazione che sembra basata sull’oggettività più neutra quale la cartografia»12. Le mappe delle letteratura sono così esse stesse ideali mappe di viaggio aperte perché, come Calvino indicava in Lezioni americane, il nostro vivere ed esperire nel linguaggio è col- pito sempre più da una peste del linguaggio, prodotta dal bombardamento dei media, generando non solo l’omologa- 11 c. cAlligAriS, Italo Calvino, mursia, milano 1973, p. 109. 12 Il viandante nella mappa, cit., p. 430. - 48 - zione linguistica, ma soprattutto «la perdita di forma» della nostra esistenza, nella vita delle persone e nella storia delle nazioni, ridotte tutte «informi, casuali, confuse, senza prin- cipio né fine»13. È l’universo ridotto a puro segno d’equiva- lenze che dà alla letteratura il compito, al limite del linguag- gio, di essere forma aperta e incessante bisogno: forma di uno stato del desiderio, come si potrebbe citare da Ti con zero, una «tensione verso il fuori l’altrove l’altrimenti»14. se la nuova comunicazione mondiale porta al pericolo di una indifferenziazione senza forma di soggetti e culture, la spe- ranza di rompere questa crosta non sarà però l’accesso di- retto al mondo. se c’è qualcosa che sempre sfugge, secondo Calvino, alla crosta del linguaggio e che rende necessario il rilancio, questo è un’affermazione del non rappresentabile, del «vulcano da cui dilaga la colata di lava» o quel «ribollen- te cratere dell’alterità»15, che troviamo già nel 1960 nel sag- gio Il mare dell’oggettività. L’avvicinarsi con timore a questa non-rappresentabile alterità del fuori potrà consentire d’in- dividuare però la resistenza di un punto di vista singolare, potrà riattivare la varietà e differenziazione, nell’anonimo vivere contemporaneo. Considerava Calvino, già nel saggio Cibernetica e fantasmi del 1968, che la battaglia che ingaggia la letteratura è quella di «uno sforzo per uscire fuori dai confini del linguaggio» perché «è dall’orlo estremo del dicibile che essa si protende»16. Al di 13 Lezioni americane: sei proposte per il prossimo millennio, garzanti, milano 1988 (postumo), quindi in Saggi, I, pp. 678-679. 14 Priscilla, in T con zero, einaudi, Torino 1967, quindi in Romanzi e Racconti, II, p. 280. 15 il mare dell’oggettività, in «Il menabò di letteratura», 2, einaudi, Torino 1960, poi in Una pietra sopra, cit., quindi in Saggi, I, pp. 54-55. 16 Cibernetica e fantasmi (appunti sulla narrativa come processo com- binatorio), in «Le conferenze dell’Associazione Culturale Italiana», fasc. XXI, 1967-1968, succ. come Appunti sulla narrativa come processo com- binatorio, in «nuova Corrente», 46-47, 1968, poi in Una pietra sopra, cit., quindi in Saggi, I, p. 217, corsivo mio. - 49 - là di quel margine, di quell’orlo del dicibile e del conoscibile che incontriamo anche nell’esperienza del viaggio tra cultu- re differenti, persiste quella che Calvino chiama la forza del mito, origine primordiale della narrazione, che si contrappo- ne al linguaggio, ma che anche scuote come un tremore di vento la foresta dei segni, nell’azione del non-detto «mare del non dicibile»17, il risultato e residuo di un’interdizione ori- ginaria con la quale la letteratura si confronta: «un vuoto di linguaggio», scriveva ancora Calvino, «la traccia d’un tabù, d’una proibizione di parlare di qualcosa», di una «interdizio- ne attuale o antica», che proprio la letteratura ha il compito di fronteggiare, nello scavalcare «le barriere delle interdizioni»18. Quest’esperienza dell’interdizione e la conseguente necessità di comprendere un abisso informale nella forma, emergerà evidentemente nell’esplorazione messicana di Calvino, come quella di un’alterità traumatica contro la quale si scontra il linguaggio, ma dalla cui esperienza si traccia una mappa del soggetto all’interno del linguaggio stesso, che altrimenti può divenire prigione di pietra, labirinto asfissiante, foresta fitta di segno che vince il desiderio di un fuori. Il messico è in parte così un «vulcano sulfureo troppo incandescente per potervi fissare lo sguardo»19, un vulcano che minaccia il viaggiatore, così come aveva minacciato il conservatorismo tutto rivolto a una misura passata di emilio Cecchi, nel suo libro Messico, per il quale Calvino scrisse una prefazione all’edizione del 1985. Il rapporto di Calvino col messico pare così il rapporto esposto e fragile di un io conservato e intessuto nelle parole, che vorrebbe cancellarsi per scrivere in modo diverso, come il silas Flannery di Se una notte d’inverno un viaggiatore, pur preservando un’identità di fronte a quella che Calvino chiamava, proprio nel prologo 17 Ivi, p. 218. 18 Ibidem. 19 Cecchi e i pesci-drago, in «La repubblica», 14 luglio 1984, quindi Ricordo di Emilio Cecchi, in Saggi, I, p. 1039. - 50 -

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